cineman94
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lunedì 14 luglio 2014
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un film coinvolgente, ipnotico e carismatico
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Questo film, fino a quando non mi è stato consigliato da un amico, anche lui appassionato di cinema, non era mai rientrato nelle mie conoscenze. Penso che questo film (diretto dal non molto prolifico Henry Bean) sia una piccola perla direttamente dal panorama indipendente, che consiglio vivamente di recuperare nel caso in cui amiate il cinema guidato dai dialoghi. Sì, perché la sceneggiatura, così come il protagonista, un fantastico Ryan Gosling in una delle interpretazioni più ipnotiche e potenti della sua carriera, riesce a sorprendere per il tema trattato e per l'originalità e l'ottica con cui guarda l'argomento. Questo film verte completamente intorno al protagonista, un ebreo nazista, e fa di questa fortissimo ossimoro la base della trama, offrendo quindi la possibilità di fare riflessioni nuove e sempre provocatorie sull'ebraismo e sul nazismo e sull'antisemitismo in generale, espandendosi in maniera efficace per lanciare un messaggio fortissimo e importantissimo (l'accettazione di sé stessi e della propria natura).
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Questo film, fino a quando non mi è stato consigliato da un amico, anche lui appassionato di cinema, non era mai rientrato nelle mie conoscenze. Penso che questo film (diretto dal non molto prolifico Henry Bean) sia una piccola perla direttamente dal panorama indipendente, che consiglio vivamente di recuperare nel caso in cui amiate il cinema guidato dai dialoghi. Sì, perché la sceneggiatura, così come il protagonista, un fantastico Ryan Gosling in una delle interpretazioni più ipnotiche e potenti della sua carriera, riesce a sorprendere per il tema trattato e per l'originalità e l'ottica con cui guarda l'argomento. Questo film verte completamente intorno al protagonista, un ebreo nazista, e fa di questa fortissimo ossimoro la base della trama, offrendo quindi la possibilità di fare riflessioni nuove e sempre provocatorie sull'ebraismo e sul nazismo e sull'antisemitismo in generale, espandendosi in maniera efficace per lanciare un messaggio fortissimo e importantissimo (l'accettazione di sé stessi e della propria natura). Il protagonista combatte tra due ideali diversi, arrivando a realizzare la soluzione a quell'ebraismo che lui chiama "malattia" nella maniera più tragica possibile, con un finale che, tra il sacro e il profano, sa far riflettere e mai in maniera spicciola. Da apprezzare la forza e la crudezza con cui il film sa essere imparziale, dando anche modo allo spettatore di prendere una o più posizioni diverse sulla tematica. Film consigliatissimo per chi preferisce un cinema riflessivo e "senza fronzoli".
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kondor17
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martedì 27 gennaio 2015
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magnetico e toccante
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Film interessante, per molti aspetti. Primo quello culturale e religioso, che vede Ryan Goslng muoversi come un infiltrato speciale tra gli ebrei e come un guru tra gli antisemiti/nazi. Secondo quello interiore, intensissimo nel descrivere il conflitto che affligge chiunque tenti di sovvertire i canoni e le regole, di una mentalità, quella ebraica, che si è svilupppata in secoli e secoli di nomadismo, di discriminazione, di gestione speculativa delle professioni povere e del denaro. Terzo, quello dei giovani ai margini, violenti e cinici, assoldati da gruppi ancor più deprecapili, che vedono in loro un'arma impropria da usare contro il potente avversario economico.
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Film interessante, per molti aspetti. Primo quello culturale e religioso, che vede Ryan Goslng muoversi come un infiltrato speciale tra gli ebrei e come un guru tra gli antisemiti/nazi. Secondo quello interiore, intensissimo nel descrivere il conflitto che affligge chiunque tenti di sovvertire i canoni e le regole, di una mentalità, quella ebraica, che si è svilupppata in secoli e secoli di nomadismo, di discriminazione, di gestione speculativa delle professioni povere e del denaro. Terzo, quello dei giovani ai margini, violenti e cinici, assoldati da gruppi ancor più deprecapili, che vedono in loro un'arma impropria da usare contro il potente avversario economico. Gli ottimi dialoghi e le intelligenti digressioni (Hitler, Israele ecc.) istruiscono e incuriosiscono lo spettatore (attento) ad approfondirne cultura, usi e tradizioni. Veramente ben fatto! Attori decisamente all'altezza.
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greice
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domenica 26 aprile 2009
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verso il vuoto
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Si tratta di un film dal contenuto molto interessante e che fa pensare. Introduce un importante tematica della cultura occidentale, la presenza del nulla. La contraddizione della vita di Danny, antisemita convinto anche se cresciuto secondo tradizioni ebraiche, è esplicativa: una violenza gratuita, un odio che non va in nessuna direzione. Se l'antisemitismo, il razzismo, il nazismo, nascono dalla paura per il diverso, come può Danny odiare se stesso?
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elgatoloco
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domenica 24 gennaio 2016
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un film che fa riflettere
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Un film(ed è cosa rara, specialmente, ma non solo , nel cinema USA)che fa rfilettere: la storia di Dan Burros(impossibile stabilire quali elementi siano strettamente biografici, quali invece"aggiunti"in funzione dimostrativa, di exemplum)è resa qui in forma apoditticamente efficacissima: l'Ebreo antisemita, che, insieme al contemptus sui, al cupio dissolvi, conserva, però, oltre a una grande(paradossale)lucidità intellettuale(senza dichiararsi tale, peraltro), un profondo attaccamento alle sue radici ebraiche, anche proprio(anzi forse soprattutto)quando le nega e rinnega totalmente o sembra farlo-volerlo fare. Oltre a dimostrare la perennità del messaggio(Bibbia, Torah e Talmud)al di là del"credere"in esse/essi(del resto il titolo"The Believer", vale a dire"il credente".
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Un film(ed è cosa rara, specialmente, ma non solo , nel cinema USA)che fa rfilettere: la storia di Dan Burros(impossibile stabilire quali elementi siano strettamente biografici, quali invece"aggiunti"in funzione dimostrativa, di exemplum)è resa qui in forma apoditticamente efficacissima: l'Ebreo antisemita, che, insieme al contemptus sui, al cupio dissolvi, conserva, però, oltre a una grande(paradossale)lucidità intellettuale(senza dichiararsi tale, peraltro), un profondo attaccamento alle sue radici ebraiche, anche proprio(anzi forse soprattutto)quando le nega e rinnega totalmente o sembra farlo-volerlo fare. Oltre a dimostrare la perennità del messaggio(Bibbia, Torah e Talmud)al di là del"credere"in esse/essi(del resto il titolo"The Believer", vale a dire"il credente"...è esemplare in tal senso...), il senso(non "messaggio", se non nell'invito a ragionare, a porsi dei problemi, senza risolverli in modo troppo facile)del film di Henry Bean sta in questo; oltre a vedere la paradossalità di un messaggio che sa negarsi(dall'Ebreo Errante, volendo, a molti teorici realmente antisemiti, pur se di origine nettamente ebraica- vari pensatori, più o meno importanti, sono da collocare in questo ambito culturale, a certo Woody ALlen, pur se là l'ironia prevale sull'"antisemitismo"). Film che talora ricorda, a parte le scene relative a lotte e attentati, mai insistite, un seminario accademico, ma ciò non dovrebbe essere considerato un limite, appunto nella direzione accennate all'inizio(film atti a far ragionare), senza inutili giochi con la m.d.p.o altro; del resto è un film di origine teatrale, dunque ciò anche"ontologicamente"(cfr.André Bazin)è da apprezzare in pieno. Billy Zane sembra uno studente più che un attivista filo-nazi e propio anche in ciò accentua la contraddittorietà feconda del senso del film, Theresa Russell(poco attiva nel cinema, dopo il famoso""whore"del suo omonimo Ken Russell)è a sua volta efficacissima, Summer Pheonix è da ammirare, anche esteticamente, ma risulta soprattutto interprete di grande spessore. El Gato
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jonnylogan
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sabato 10 febbraio 2024
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un pugno nello stomaco
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A soli tre anni da Cameron Alexander, la spiaggia di Venice, i pettorali con svastica tatuata di Ed "Derek Vinyard" Norton, e dall'odio che lo aveva divorato fin dall'adolescenza, il regista semi sconosciuto Henry Bean, due sole le pellicole all'attivo a fronte di diversi procedimenti giudiziari per un carattere decisamente ribelle, ci propose un secondo pugno in faccia, in tal caso indipendente, e vincitore del Gran premio della Giuria al Sundance Film del 2001 e liberamente ispirato alla vita del neonazista Dan Burros, storicamente conosciuto come lo stereotipo di Ebreo che odia sé stesso.
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A soli tre anni da Cameron Alexander, la spiaggia di Venice, i pettorali con svastica tatuata di Ed "Derek Vinyard" Norton, e dall'odio che lo aveva divorato fin dall'adolescenza, il regista semi sconosciuto Henry Bean, due sole le pellicole all'attivo a fronte di diversi procedimenti giudiziari per un carattere decisamente ribelle, ci propose un secondo pugno in faccia, in tal caso indipendente, e vincitore del Gran premio della Giuria al Sundance Film del 2001 e liberamente ispirato alla vita del neonazista Dan Burros, storicamente conosciuto come lo stereotipo di Ebreo che odia sé stesso.
Una pellicola passata quasi inosservata in sala, ma non agli occhi della critica, che oltre a porre l'accento su un tema controverso come l'odio per le proprie origini, ha anche il pregio di aver offerto a Ryan Gosling un ruolo per il quale ad appena 21 anni avrebbe potuto pagare di tasca propria per poterlo impersonare. E poco conta se il volto imberbe del canadese, all'epoca poco più che adolescente, pareva essere ancora quello del presentatore del Mickey Mouse Club, grazie al quale aveva mosso i primi passi nel mondo della TV.
Perché nel caratterizzare il giovane e rissoso Balint, Gosling seppe portare in scena tutta l'inadeguatezza per un animo divorato da sensi di colpa. Facendosi travolgere da un ruolo controverso, totalizzante, impersonato con il fare di un attore più esperto e maturo che non fa affidamento, esattamente come il protagonista, solo sulla forza fisica ma anche affidandosi a cambi d’espressione, di convinzione e di registro che lo porteranno a un evoluzione del character del tutto inattesa e al servizio di una pellicola che lo stesso Bean riuscì a portare a termine sovvertendo l'ordine e le certezze di chi la osserva. Riuscendo a dimostrare quanto anche il male possa essere particolarmente astuto nell'annidarsi nella mente delle persone, al punto che tutti i dialoghi altro non sono che logica applicata alla filosofia antisemita.
Cast di supporto costituito da Summer Phoenix, nel ruolo di una musa tentatrice, Billy Zane in quello di un teorico del fascismo e Theresa Russell, in quello di una facoltosa finanziatrice del nascente partito fascista a stelle e strisce.
Se vi è piaciuto American History X (id.; 1998) consigliamo di non perdere quest'opera unica nel suo genere. Perché se la pellicola di Tony Kaye aveva saputo scuotervi, per la caduta e la successiva redenzione del protagonista. The Believer rappresenta invece l'ingresso nel mondo di chi non riesce a darsi pace nemmeno a fronte della propria parte più razionale e profonda.
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