paolo ciarpaglini
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venerdì 31 agosto 2007
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stupendo.
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Film di grande originalità, girato in modo impeccabile. Anche analizzandolo ai raggi x, non vi si trova una benchè minima 'incertezza'. La trama è forte, intessuta magistralmente. Il montaggio talmente ben riuscito che il fleschback diventa naturale, spontaneo, cammina di pari passo a tutto il resto. Sean Penn un grande. Unico neo, la descrizione del 'poeta' come un pò il pazzo di turno. Non condivido questa visione, anche se la storia dice il contrario. Il poeta è sì una sorta di anima dannata in cerca se vogliamo dell'isola che non c'è, in cerca di qualcosa che sente accanto ma che perennemente sfugge a pochi passi da lui. Questa è la fiamma che vive in cuor suo, principalmente il non essere mai soddisfatto di se stesso, ma non per questo chì vince il pulizer (della poetica) deve essere un mezzo alcolizzato, o un soggetto alla deriva.
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Film di grande originalità, girato in modo impeccabile. Anche analizzandolo ai raggi x, non vi si trova una benchè minima 'incertezza'. La trama è forte, intessuta magistralmente. Il montaggio talmente ben riuscito che il fleschback diventa naturale, spontaneo, cammina di pari passo a tutto il resto. Sean Penn un grande. Unico neo, la descrizione del 'poeta' come un pò il pazzo di turno. Non condivido questa visione, anche se la storia dice il contrario. Il poeta è sì una sorta di anima dannata in cerca se vogliamo dell'isola che non c'è, in cerca di qualcosa che sente accanto ma che perennemente sfugge a pochi passi da lui. Questa è la fiamma che vive in cuor suo, principalmente il non essere mai soddisfatto di se stesso, ma non per questo chì vince il pulizer (della poetica) deve essere un mezzo alcolizzato, o un soggetto alla deriva. Quello che colpisce in questo film è la descrizione palpabile dei personaggi, la perfetta seguenza degli accadimenti. Bellissima l'immagine della Harley che si china sotto lo scoglio, dove oltre un secolo prima si era nascosta l'omicida. Lo spessore recitativo è ai massimi livelli, il passato si fonde al presente in armonia. Vorrei spendere due parole anche sui commenti degli altri 'amici' dicendo che i film vanno giudicati a mio avviso senza preconcetti. cioè senza guardare al lavoro precedente del regista. Guardate gli scrittori: magari per dieci anni scrivono restando dei perfetti sconosciuti e poi ad un tratto buum, il successo gli piove addosso. Con 'precedenti' citati come 'Point Break', lasciando stare 'Strange Days', Kathryn Bigelow immette un'altra pietra miliare al suo attivo. Profondissimo, intelligente, oserei dire perfetto.
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[+] ottimo
(di bea)
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noia1
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martedì 30 giugno 2020
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borghesi annoiati faccia a faccia con sé stessi
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Una fotografa, accompagnata dal marito e due amici, visita un’isola desolata per far luce su un efferato omicidio avvenuto duecento anni prima.
La Bigelow fa un ennesimo film di culto, poi naturale delusione ai botteghini, e si capisce, perché se la regia è sì serrata giocandosela sul thriller quasi a volte rischiando di sfociare nell’orrore, in sostanza l’impostazione della storia è autoriale, sembra una di quelle particolarissime opere anni settanta in cui pochi intellettuali si raccolgono per discutere sulla vita. Ne esce che in fondo la condizione del borghese non è poi così tanto cambiata, una volta il timore di Dio portava ad una frustrazione ora determinata da tensioni inespresse per ricerche edonistiche di quel benessere che negando dolorosi dubbi o perplessità porta a forme di vacuità senza speranza; ne viene fuori l’odio in forme subdole, letteralmente folli; rende poi ulteriormente concreta quella tensione portata da una misteriosa insoddisfazione l’inquietante atmosfera che pervade le varie vicende, analessi pervadono i rapporti della protagonista, visioni nate dalle varie supposizioni riguardo quell’antica misteriosa vicenda su cui sta indagando all’insaputa degli altri, visioni spesso mostrate da un montaggio improvviso che in un attimo ti porta dal passato al presente e viceversa. Ecco perché non ha avuto successo, ecco perché le pellicole della Bigelow non ottengono quasi mai successo, perché ti fanno ragionare, mettono in dubbio quella tua comodissima realtà; diventano però col tempo sempre film famosi, dimostrazione di un valore dell’opera che il pubblico riconosce ma che (forse anche giustamente) fatica a digerire. Attori comunque bravissimi se si esclude quell’insulso di Josh Lucas, Sean Penn dal canto suo è immenso come al solito, il suo baffo poi è roba da storia del cinema.
Peccato per la copertina, è l’unica cosa di questo film che fa veramente pietà.
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fabal
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sabato 8 dicembre 2012
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affascinante e incompleto.
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"The weight of water": il peso dell'acqua. La resa italiana del titolo è generalista e fuorviante, in una pellicola dove una dichiarata pesantezza grava su ogni scena.
Benché il film non brilli certo per il dinamismo, questo "peso" costruisce un efficace e scaltro alibi ai numerosi tempi morti. La vicenda non decolla mai, né si capisce se e quando il doppio filo rosso troverà un punto di contatto: il montaggio, che pure si danna l'anima per alternare briosamente il presente e passato, non basta per snellire uno svolgimento pachidermico. Cieli azzurri e luce solare riflessa danno lustro a un fotografia pulita, rilassante, ma quasi irritante per uno spettatore che vorrebbe un po' di azione.
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"The weight of water": il peso dell'acqua. La resa italiana del titolo è generalista e fuorviante, in una pellicola dove una dichiarata pesantezza grava su ogni scena.
Benché il film non brilli certo per il dinamismo, questo "peso" costruisce un efficace e scaltro alibi ai numerosi tempi morti. La vicenda non decolla mai, né si capisce se e quando il doppio filo rosso troverà un punto di contatto: il montaggio, che pure si danna l'anima per alternare briosamente il presente e passato, non basta per snellire uno svolgimento pachidermico. Cieli azzurri e luce solare riflessa danno lustro a un fotografia pulita, rilassante, ma quasi irritante per uno spettatore che vorrebbe un po' di azione. E se queste sono le sue aspettative, riguardo alla suspense dovrà accontentarsi del minimo sindacale.
Per oltre un'ora non si capisce dove la vicenda voglia andare a parare: i colpi di scena solo abbozzati, gli snodi tutti potenziali. E ogni tanto viene da chiedersi se questo "mistero dell'acqua" non avrebbe più senso se si risolvesse con l'emergere (letteralmente) del Nessie di turno.
La tensione vuole invece essere più raffinata, psicologica, e collocarsi tutta al di fuori della trama: un tentativo pretenzioso ma in buona parte riuscito. Protagonisti introversi accumulano emozioni latenti ma cariche di tritolo, esaltate dalle autocitazioni di Sean Penn e dagli sguardi con le due bellezze femminili: cerebrale la Mac Cormack, sensuale la Hurley. Josh Lucas è invece in ombra.
Il vero peso è dunque costituito da questi serbatoi emotivi, gradualmente dilatati dalla longevità del film: esploderanno solo nel finale con un brusco cambiamento di registro, ma in cui non è legittimo aspettarsi fuoco e fiamme. Magari una tempesta.
Certamente originale, "Il mistero dell'acqua" scarta a priori l'idea di svolgere il compitino e punta tutto sulla voglia di sentirsi atipico. Con il risutalto di riuscire benissimo nel difficile, e meno bene nel facile: resta da decidere se questo vuoto sia un pregio o un limite. Se sia affascinante ma incompleto, o affascinante perché incompleto.
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andrea
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venerdì 11 maggio 2001
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"recensione della recensione" 1
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Sul fatto che il cinema della Bigelow sia "un animale ribelle, che si nutre di sensazioni tattili, di percezioni sottili..." e che le sue tematiche siano contenute in buona parte in questa affermazione: "I personaggi della Bigelow sono sempre in potenza, uomini e donne tesi ad indagare i propri limiti, a confrontarsi con il loro doppio oscuro, che amano spingersi oltre, fino a rischiare di perdersi" sono d'accordo dopo aver visto "Point Break" e soprattutto "Strange Days" (che mi aveva fatto pensare ad una sorta di aspirante De Palma al femminile per il virtuosismo espresso) ma che questo "SCATENI LA SUSPENSE" (ipse dixit) in “Il mistero dell’acqua” PROPRIO NO! Inoltre queste caratteristiche del cinema della Bigelow sono qui ripetute piuttosto stancamente rispetto ai due film precedenti citati.
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Sul fatto che il cinema della Bigelow sia "un animale ribelle, che si nutre di sensazioni tattili, di percezioni sottili..." e che le sue tematiche siano contenute in buona parte in questa affermazione: "I personaggi della Bigelow sono sempre in potenza, uomini e donne tesi ad indagare i propri limiti, a confrontarsi con il loro doppio oscuro, che amano spingersi oltre, fino a rischiare di perdersi" sono d'accordo dopo aver visto "Point Break" e soprattutto "Strange Days" (che mi aveva fatto pensare ad una sorta di aspirante De Palma al femminile per il virtuosismo espresso) ma che questo "SCATENI LA SUSPENSE" (ipse dixit) in “Il mistero dell’acqua” PROPRIO NO! Inoltre queste caratteristiche del cinema della Bigelow sono qui ripetute piuttosto stancamente rispetto ai due film precedenti citati. D'accordo anche sul discorso della barca (/isola, soprattutto, aggiungerei) luogo e non-luogo, ma già un certo Polanski (che mi tornava alla mente guardando le riprese della Bigelow quando la barca salpa e sulla situazione di tensione che la regista cerca progressivamente di creare a bordo) aveva già girato 39 anni fa il suo primo film (capolavoro assoluto assieme a "Rosemary's Baby", per quei 40 min. che ho potuto vedere prima che il nastro della videocassetta mi tradisse sfilacciandosi) su di un lago con tematiche e simbologie simili ma sviluppandole genialmente, creando (LUI SI'!) un’insopportabile tensione e suspense, oltre ad un incredibile affastellamento di Riflessioni.
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[+] e' arrivata la maestrina dalla penna rossa
(di sandor krasna)
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[+] andrea, è solo un film di atmosfera
(di bea)
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andrea
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venerdì 11 maggio 2001
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"recensione della recensione" 2
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Non capisco poi come possa risultare alla Pellino AVVINCENTE il semplice montaggio alternato del film (caso mai qualcosa poteva essere detto sulla fotografia e sui "quadri" creati dalla regista sfruttando il fascino dell’ambientazione scelta per “la storia ottocentesca”). Il mistero più grande, quindi, non è il film della Bigelow, ma: QUALI SAREBBERO le “riflessioni e le emozioni” CHE DOVREBBE SCATENARE LA PELLICOLA (a parte quelle sull’isolamento della donna nell’800', sulla mancata considerazione della sua persona nella vita di tutti i giorni che si contrappone alla sua [presunta] infallibilità nelle situazioni eccezionali [qui, il processo] e sulla pericolosità dell’amore incestuoso, TUTTE RIGUARDANTI “LA STORIA OTTOCENTESCA”) e: COME "il gusto di Jean nel guardare, nel cogliere e nel possedere" POSSA DIVENTARE: "il piacere di tutto il pubblico”?! Il film è, insomma, realizzato a metà, discreto visivamente e nello sviluppo narrativo per quanto riguarda “la storia ottocentesca” ma così suggerito nella storia d’ambientazione moderna (nonostante la scontata classe recitativa di Penn) da diventare non “cinema suggerente” bensì solo inconsistente.
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Non capisco poi come possa risultare alla Pellino AVVINCENTE il semplice montaggio alternato del film (caso mai qualcosa poteva essere detto sulla fotografia e sui "quadri" creati dalla regista sfruttando il fascino dell’ambientazione scelta per “la storia ottocentesca”). Il mistero più grande, quindi, non è il film della Bigelow, ma: QUALI SAREBBERO le “riflessioni e le emozioni” CHE DOVREBBE SCATENARE LA PELLICOLA (a parte quelle sull’isolamento della donna nell’800', sulla mancata considerazione della sua persona nella vita di tutti i giorni che si contrappone alla sua [presunta] infallibilità nelle situazioni eccezionali [qui, il processo] e sulla pericolosità dell’amore incestuoso, TUTTE RIGUARDANTI “LA STORIA OTTOCENTESCA”) e: COME "il gusto di Jean nel guardare, nel cogliere e nel possedere" POSSA DIVENTARE: "il piacere di tutto il pubblico”?! Il film è, insomma, realizzato a metà, discreto visivamente e nello sviluppo narrativo per quanto riguarda “la storia ottocentesca” ma così suggerito nella storia d’ambientazione moderna (nonostante la scontata classe recitativa di Penn) da diventare non “cinema suggerente” bensì solo inconsistente.
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