Concorrenza sleale

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Un film di Ettore Scola. Con Claudio Bigagli, Gérard Depardieu, Diego Abatantuono, Sergio Castellitto, Antonella Attili.
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Commedia, durata 100 min. - Italia 2001. MYMONETRO Concorrenza sleale * * 1/2 - - valutazione media: 2,50 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Roberto Nepoti

La Repubblica

La giornata particolare nella quale Scola aveva ambientato uno dei suoi film più belli - l'arrivo di Hitler a Roma del 6 maggio 1938 - è un momento nevralgico di Concorrenza sleale. Per le sue conseguenze, soprattutto: le leggi razziali che in quello stesso anno colpirono gli ebrei italiani, demolendone la vita quotidiana con regole e divieti non sai se più crudeli o più grotteschi. Scola ce lo racconta attraverso le microstorie di due commercianti di stoffe, che gestiscono negozi attigui e combattono una piccola guerra privata per scipparsi a vicenda la clientela. Concorrenti in affari, Leone (Sergio Castellitto) e Umberto (Diego Abatantuono) hanno molto in comune: sono fondamentalmente onesti e generosi; i loro figli minori sono amici, i maggiori si amano. Come gli ripete spesso il fratello Angelo (Gérard Depardieu), insegnante di liceo antifascista, Umberto è un uomo incapace di formulare idee proprie. Le leggi razziali gli faranno scoprire di averne, invece, e delle più giuste: tali da offrire, in quelle difficili circostanze, solidarietà e amicizia al rivale. La scelta di raccontare i fatti attraverso gli occhi dello scolaretto Pietruccio, che li commenta sul quaderno illustrandoli con disegni, si direbbe una dichiarazione programmatica. I personaggi di Concorrenza sleale sono figurine d'epoca: il gerarchetto e la commessa innamorata del principale, il commissario e il maestro di pianoforte, il nonno combattivo (Jean Claude Brialy) e l'orologiaio fuggito dalla Germania (Claude Rich). In questo, il film di Scola evoca Amarcord, memoria che torna anche nell'attrazione dei due ragazzini per la bella profumiera. Però man mano che procede verso la fine il film vira all'amarezza e alla malinconia quando la presunta bonomia italiana non vale a impedire la peggiore ingiustizia. Nella dettagliata ricostruzione d'epoca, tra Idrolitina e figurine Liebig, Abatantuono e Castellitto immettono i loro talenti recitativi moderni. Basta veder la scena in cui cercano di non ridere per l'incidente occorso al cognato fascista del primo: roba buona come poc'altra per le prossime antologie del cinema italiano.
Da La Repubblica, 11 marzo 2001


di Roberto Nepoti, 11 marzo 2001

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