Irene Bignardi
La Repubblica
Il marito è morto alle quattro meno dieci, travolto da un'auto, ma Agnes Browne, già nell'ufficio che dovrà darle un sussidio, non versa una lacrima. Non perché non sia sensibile. Ma perché l'eroina del romanzo irlandese The Mammy di Brendan O'Carroll, è, appunto, un'eroina, indomabile e fiduciosa nel futuro quanto Rossella O'Hara. E nonostante i sette figli (ma perché tutti hanno sette figli quando la famiglia è numerosa?), nonostante la mancanza di soldi che la costringe, per i funerali, a ricorrere a uno strozzino, nonostante la fatica di mandare avanti la casa e la bottega - un banco di frutta e verdura in un mercato rionale di Dublino - la vita è bella, con l'amica Marion si fanno delle grandi risate, è in arrivo un concerto dell'adorato Tom Jones (che fa un'apparizione finale da guest star e da deus ex machina, salvando la situazione assai aggrovigliata). E un panettiere francese che sembra il cugino di Depardieu e che è, nonostante il clima dublinese, sempre in canottiera, non le toglie - ma gentilmente, e ha intenzioni serie - gli occhi di dosso. Secondo film della bella Anjelica Huston, che con allegria dirige se stessa nel ruolo dell'intrepida mamma, La storia di Agnes Browne è tanto simpatica quanto piena di stereotipi irlandesi, più una proposta e una speranza che un ritratto d'ambiente, più un divertissement sulla patria originale degli Huston che una tranche de vie alla Roddy Doyle. Aleggia, nell'allegro irrealismo di Anjelica Huston, lo spirito di Frank Capra. E, bisogna aggiungere che la signora è troppo bella e racée per essere del tutto credibile nel ruolo della coraggiosa verduraia: guardatela quando, tutta ben vestita con l'abito che i figlioletti le hanno comprato indebitandosi, va al primo appuntamento con il suo fornaio. Il film, tra un funerale alla René Clair e un'apparizione risolutiva di Tom Jones che canta (e ha ragione) "She's a Lady", tra scene di strada e di pub, procede rumorosamente e calorosamente raccontando i minuti incidenti quotidiani di una famiglia proletaria senza un penny e tratteggiando una descrizione affettuosa e colorata di un'amicizia femminile. Ed è una conversazione tra amiche la scena più genuina ed esilarante del film, quando Marion fa ad Agnes la cronaca minuziosa di due inattesi e conquistati orgasmi - costringendo la vedova recente a regolare, nella memoria, i conti con il defunto consorte e a protestare (ridendo) "Sette figli, e manco un orgasmo". Per fortuna la vita (la sceneggiatura) sembra offrirle, al di là delle gioie della maternità multipla, una seconda possibilità. Anjelica Huston regista impagina meglio (immagini, atmosfere, colori) di quanto non racconti. E se è vero che La storia di Agnes Browne non resterà nella storia del grande cinema, l'invito a sperare e a combattere dell'indomita Anjelica arriva a destinazione, con allegria.
Da La Repubblica, 18 dicembre 1999
di Irene Bignardi, 18 dicembre 1999