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the game
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sabato 25 ottobre 2008
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ecco la vera natura dell'essere umano!!
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Un plauso al grandissimo Pier Paolo per avere sviscerato la vera interiorità dell'essere umano che si conferma il peggiore essere dell'universo come crudeltà e spietatezza!!
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anonimo
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domenica 19 ottobre 2008
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non un gran film
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Credo proprio che Pasolini abbia fatto di molto meglio (soprattutto "Accattone", ma anche "Il Vangelo secondo Matteo", "Uccellacci e Uccellini", ecc. ecc.): dopo i film con Totò ha fatto solo film brutti. Bisogna essere nè apocalittici nè integrati. Un film di totale disperazione è inutile al desiderio di cambiamento. È quasi un film reazionario, nel suo borghese nichilismo.
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paride86
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lunedì 13 ottobre 2008
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contro il totalitarismo
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L'ultimo film di Pasolini è un racconto perverso, disturbante, simbolico e volutamente disgustoso. Il regista si serve della violenza per farne metafora di potere (e del totalitarismo) che chiama altro potere, continuando un cerchio concentrico che sfocia necessariamente nel sangue, nel dolore e nella sessualità estrema, concepita come umiliazione e sopraffazione. Il film ha un impatto visivo formidabile e al tempo stesso violentissimo.
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readcarpet
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mercoledì 17 settembre 2008
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salò o le 120 giornate di sodoma
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Al di là delle polemiche questo si può far vedere questo no, la tragedia di questa rappresentazione di ciò che c’è di più tremendo, maligno e chi più ne ha più ne metta, nell’animo umano. E ci sta.
Il filo logico di Pasolini (provo a riassumere brutalmente, non me ne vogliano gli esperti) parte dal presupposto dell’esistenza di un Male innato nell’uomo, il quale, con lo strumento del potere, libero da ogni libidine o freno sociale, è spinto naturalmente alla distruzione dell’altro. Per dare un esempio di questa pulsione, il regista sceglie i fascisti.
E questo non fa una piega, se non fosse per l’ipotesi iniziale. Chi l’ha detto che questo Male dev’essere per forza la condizione naturale dell’uomo? Se fosse così quante volte si sarebbe potuta consumare una barbarie simile? Certo, è successo tante volte.
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Al di là delle polemiche questo si può far vedere questo no, la tragedia di questa rappresentazione di ciò che c’è di più tremendo, maligno e chi più ne ha più ne metta, nell’animo umano. E ci sta.
Il filo logico di Pasolini (provo a riassumere brutalmente, non me ne vogliano gli esperti) parte dal presupposto dell’esistenza di un Male innato nell’uomo, il quale, con lo strumento del potere, libero da ogni libidine o freno sociale, è spinto naturalmente alla distruzione dell’altro. Per dare un esempio di questa pulsione, il regista sceglie i fascisti.
E questo non fa una piega, se non fosse per l’ipotesi iniziale. Chi l’ha detto che questo Male dev’essere per forza la condizione naturale dell’uomo? Se fosse così quante volte si sarebbe potuta consumare una barbarie simile? Certo, è successo tante volte. Ma non sempre.
E il punto è che nonostante questo pessimismo radicale, Pasolini stesso è la prova della natura “non malvagia” dell’uomo, e ce lo dimostra con la sua regia. Tutta la pietà, la compassione (e sottolineo compassione) le riversa, le infonde in ogni inquadratura dei disgraziati giovani oggetto delle sevizie dei fascisti. E questa pietà non riesce certo a nasconderla con immagini altrettanto crude!
E non ci credo che il bersaglio fossero solo i fascisti, sarebbe troppo facile come soluzione.
Poi si potrebbe stare ore a discutere sull’opportunità della violenza delle immagini (ma ancor più delle situazioni e delle azioni), ma se si riconosce questa contraddizione fin da subito, non si può che condannare la scelta di una messinscena così brutale. Per il semplice fatto che è sterile, priva di fondamento.
Dico che è un film fortemente contradditorio, e che nessuno dica che un film non c’entra con la vita privata del regista, perché non è vero. I film che un uomo fa sono sempre, volente o nolente, lo specchio del suo animo, dei suoi pensieri, e anche dei suoi dubbi.
Sconsigliato a stomaci deboli, ma direi anche a stomaci normali. Consigliato solo a chi è consapevole di cosa sta per guardare.
Detto questo preferisco non dare stelle a questo film, non sono in grado di dare un giudizio attendibile.
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(di pep82)
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micheledemichele
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giovedì 11 settembre 2008
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diritto di appello.
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A chi mi ha accusato di non capire niente (per non dire di peggio), rispondo:
Anonimo commentatore, quel che tu affermi è un attimino esagerato -credo. Il mio giudizio su questo film nasce dal fatto che, sia pur partendo da un'idea efficace, cioè quella di portare allo scoperto gli aspetti peggiori della condizione umana, al di là della sua divisione - del tutto parentetica - in classi sociali, Pasolini abbia indugiato troppo nell'essere estremamente diretto; e questo mi rincresce, poichè altrove il regista è stato altrettanto drastico ricorrendo però a un linguaggio narrativo certamente più - come dire - alto. Ad esempio, in Teorema, che è una sonora batosta al sistema cattoborghese, non c'è affatto ricorso all'immediatezza e alla brutalità documentaristica che io trovo in Salò.
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A chi mi ha accusato di non capire niente (per non dire di peggio), rispondo:
Anonimo commentatore, quel che tu affermi è un attimino esagerato -credo. Il mio giudizio su questo film nasce dal fatto che, sia pur partendo da un'idea efficace, cioè quella di portare allo scoperto gli aspetti peggiori della condizione umana, al di là della sua divisione - del tutto parentetica - in classi sociali, Pasolini abbia indugiato troppo nell'essere estremamente diretto; e questo mi rincresce, poichè altrove il regista è stato altrettanto drastico ricorrendo però a un linguaggio narrativo certamente più - come dire - alto. Ad esempio, in Teorema, che è una sonora batosta al sistema cattoborghese, non c'è affatto ricorso all'immediatezza e alla brutalità documentaristica che io trovo in Salò. E che, personalmente, non preferisco. Tutto qui.
A chi mi ha accusato di essere un Solone beffardo impreparato e senza nozioni di cinema 'serio', rispondo:
Chiarisco. Lungi fa me l'idea di aver scritto una 'recensione'! Tre righe non potranno mai esserlo. Ritengo invece di aver riassunto in esse il mio personale punto di vista sulla pellicola. So benissimo che Pasolini, in quel film, ha volutamente espresso una 'discesa agli inferi' nell'animo umano, mettendone in vivo risalto gli aspetti più oscuri e repressi. Recepisco anche che il regista ci riesce perfettamente, e ci dà un quadro spietato -ancorchè lucido - degli aspetti deteriori della condizione umana. Comprendo anche che l'aver ambientato il film nella Repubblica di Salò è un semplice espediente narrativo, non già un desiderio 'a priori' di voler realizzare un film con un messaggio schiettamente politico. Quello che a me non va giù è che per fare tutte queste cose Pasolini abbia giocato troppo direttamente, facendo a meno delle abituali sue invenzioni narrative che costellano altri suoi film (mi viene in mente Porcile). Il mio giudizio è sulla FORMA, e non sui CONTENUTI.
A chi mi contesta il fatto di aver avuto una visione estremamente superficiale del film, inoltre, dico:
Io so bene perchè il regista è stato così estremo, e so anche che la tesi che ha voluto sviluppare necessitava, secondo lui, di una realizzazione siffatta. Una discesa agli inferi nei più reconditi recessi delle basse crudeltà dell'animo umano, al di là della ipocrita divisione della cultura borghese e popolare, laica e cattolica, universale o sciovinista, deve necessariamente arrivare a mostrarne gli aspetti più deteriori. Del resto, il riferimento a De Sade presente nel titolo non è certo buttato lì per caso. Quello che a me non piace è semplicemente la estrema brutalità narrativa, che Pasolini sapeva evitare benissimo. Negli altri suoi film, Pasolini ha espresso messaggi altrettanto preganti, senza però essere così oggettivamente diretto. Se poi Pasolini ha voluto realizzare un'opera quasi fosse "épater les bourgeois", ebbene, a mio parere, non ci riesce. Per un motivo strettamente tecnico, non già strettamente ideologico- sul quale non discuto.
...e tutto questo lo faccio solo adesso perchè solo adesso mi sono accorto delle critiche.
Per me, Salò resta un film abbastanza mediocre. Peccato.
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marvelman
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domenica 7 settembre 2008
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questo è un cult movie!!!
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Come tutti quelli di Pasolini!!!
[+] ehm ehm
(di zucca)
[ - ] ehm ehm
[+] critichi thinker per la sua recensione e poi liqui
(di peo)
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[+] peccato che il commento di prima non era il mio!!!
(di marvelman (quello vero!))
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thinker
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sabato 6 settembre 2008
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un salto nella profonda merda umana
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Un'opera straordinaria, che tocca le più profonde depravazioni umane. Un'atmosfera insostenibile, una recitazione surreale: ecco cosa fa di "Salò" il film più scomodo che sia mai esistito.
Tra torture, violenze, sesso, cultura, musica - il tutto in un mix inquietante -, si apreuna delle riflessioni più attuali di ogni sempre: "Fin dove l'uomo può arrivare?"
Un capolavoro da non perdere... se ne avete il coraggio.
[+] che schifo di commento !!!
(di marvelman)
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io
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sabato 30 agosto 2008
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bleahhhhhhhhhh!!!!
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[+] fai schifo tu !!!
(di marvelman)
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pep82
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venerdì 25 luglio 2008
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irripetibile come il suo autore
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Difficile parlare di Salò, sul quale si sono spesi fiumi d'inchiostro. La critica migliore di questo film comunque la fornisce lo stesso Pasolini nelle sue ultime interviste a Bachmann. Quest'ultimo propone due modi per giudicare il film: se lo si considera tecnicamente, pur essendo ben girato, con una buona fotografia e rappresentando il culmine dello stile cinematografico di Pasolini, non è granchè innovativo; ricordiamo, infatti, che all'epoca il cinema era in fase "rivoluzionaria" con i vari Kubrick, Fellini, Herzog, ecc., maestri assoluti della forma. Se, invece, si considera la sceneggiatura, il contenuto, il messaggio profetico, le sconvolgenti, inedite e tutt'oggi, 2008, insuperate, per quanto osano mostrare, immagini, allora "Le 120 giornate di Sodoma" va accostato ai capolavori del cinema di tutti i tempi.
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Difficile parlare di Salò, sul quale si sono spesi fiumi d'inchiostro. La critica migliore di questo film comunque la fornisce lo stesso Pasolini nelle sue ultime interviste a Bachmann. Quest'ultimo propone due modi per giudicare il film: se lo si considera tecnicamente, pur essendo ben girato, con una buona fotografia e rappresentando il culmine dello stile cinematografico di Pasolini, non è granchè innovativo; ricordiamo, infatti, che all'epoca il cinema era in fase "rivoluzionaria" con i vari Kubrick, Fellini, Herzog, ecc., maestri assoluti della forma. Se, invece, si considera la sceneggiatura, il contenuto, il messaggio profetico, le sconvolgenti, inedite e tutt'oggi, 2008, insuperate, per quanto osano mostrare, immagini, allora "Le 120 giornate di Sodoma" va accostato ai capolavori del cinema di tutti i tempi. Non mi dilungherò nell'esporre la trama, che certo tutti ben conosciamo, ma proverò a "spiegare" il film in un altro modo. Ho ascoltato un'intervista a G.Fini del 1976, sulla morte del poeta e sul suo ultimo lavoro, che definì un falso storico. Ecco, come molti l'allora missino non capì che Pasolini non intendeva girare un film storico, sarebbe stato un folle ed un masochista. In realtà il potere "fantoccio" della repubblica di Salò, viene utilizzato come metafora del potere in generale e, in particolare, del nuovo potere, quello che nel '75 andava affermandosi e che oggi è giunto alla massima espressione: l'ideologia consumistica, che arriva a consumare e dissacrare la vita stessa, attraverso la manipolazione dei corpi, concedendo quante più libertà e diritti possibile, soprattutto in campo sessuale, per "liberare" l'uomo da ogni inibizione, per renderlo "falsamente" razionale, prono a qualsiasi tipo di consumo, irreligioso, per annullare ogni tipo di diversità tramite la tolleranza, l'integrazione, l'omologazione, la distruzione di ogni cultura particolare. Non dimentichiamo che Pasolini in quegli anni, andando contro la sinistra (in particolare gli odiati ed odiosi sessantottini e gli hippie) e i radicali, scrisse articoli contestatissimi come "Contro l'aborto", "Contro i capelloni", "La droga:una vera tragedia italiana", e arrivò ad auspicare che la chiesa passasse all'opposizione, poichè riteneva che, dopo secoli di nefandezze, nell'epoca moderna era diventata una vittima del nuovo sistema, un sistema che non sa che farsene di concetti quali Dio, Compassione, Pietà, Umiltà, impicci tra i piedi della massa che deve consumare; perciò la chiesa cattolica, più di qualsiasi partito o movimento, poteva, col senso del sacro, fronteggiare il genocidio dell'anarco-capitalismo libertario (strada oggi intrapresa dalla Spagna di Zapatero e, come prevedeva Pasolini, da tutta la sinistra libertaria e capitalista europea, il cui campione è la politica olandese, in cui non c'è ormai alcuna differenza tra destra e sinistra). Perciò Salò non è un'opera antifascista, lo stesso Pasolini considerava l'antifascismo, nella sua accezione originaria, ridicolo, poichè il fascismo e quel tipo di potere "arcaico" sono morti; ben più pericoloso è il nuovo fascismo, infinitamente più subdolo, meno riconoscibile, che si impone grazie alla concessione di (false) libertà, di mode pseudo-ribelli. Per sua fortuna Pasolini è morto prima di vedere lo scempio dei nostri giorni. Se chiamava i sessantottini "imbecilli", come avrebbe definito i giovani di oggi,quelli conformisti e quelli inconsapevolmente conformisti,che però indossano maschere da ribelli?
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[+] ottima recensione !!!
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giorgio
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mercoledì 25 giugno 2008
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opera sopravvalutata niente di più
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La riduzione de "le 120 giornate di Sodoma" sono, a mio parere, un tentativo di risposta di Pier Paolo Pasolini al fenomeno "Portiere di notte" e simili, ossia a certo cinema italiano (ma anche europeo: vedi Fassbinder) di recuperare certi codici espressivi aristocratici, molto ristretti ed elitari, per stigmatizzare la tendenza ARIANA insita nella culura europea. Visconti e la Cavani hanno parlato della Germania e del Nazismo (recuperando Thomas Mann), Pasolini recupera De Sade. Lo specifico di Pasolini risiede nel recupero MANIFESTAMENTE GROTTESCO e ANTI-LIRICO di questo codice etico-estetico; laddove, invece, in Visconti resisteva una certa quale fascinazione estetica; laddove nella Cavani resisteva una certa quale fascinazione romantica nell'ambiguità del rapporto vittima-carnefice.
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La riduzione de "le 120 giornate di Sodoma" sono, a mio parere, un tentativo di risposta di Pier Paolo Pasolini al fenomeno "Portiere di notte" e simili, ossia a certo cinema italiano (ma anche europeo: vedi Fassbinder) di recuperare certi codici espressivi aristocratici, molto ristretti ed elitari, per stigmatizzare la tendenza ARIANA insita nella culura europea. Visconti e la Cavani hanno parlato della Germania e del Nazismo (recuperando Thomas Mann), Pasolini recupera De Sade. Lo specifico di Pasolini risiede nel recupero MANIFESTAMENTE GROTTESCO e ANTI-LIRICO di questo codice etico-estetico; laddove, invece, in Visconti resisteva una certa quale fascinazione estetica; laddove nella Cavani resisteva una certa quale fascinazione romantica nell'ambiguità del rapporto vittima-carnefice.
Le assurde vicende porno-grafiche sciorinate nel film non sono che il riflesso di una classe che nel vizio vede rappresentata la propria eccezionalità, la propria "volontà di potenza".
Personalmente, questo gioco pasoliniano è chiaro nelle intenzioni già dalla prima sequenza; il resto del film non è che una monotona reiterazione dello stesso gioco. Il film è criticabile più per questa monotonia che per la presunta oscenità. Monotonia dovuta forse al fatto che a Pasolini è mancata la possibilità di conferirvi un'ultima mano.
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(di pep82)
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