vighi
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mercoledì 14 settembre 2016
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unico! cult!
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Vedo tante 5 stelle e non capisco Il voto non particolarmente all'altezza.In assoluto non gli SI puo' dare 5 stelle...ma la genialita' di questo film e l'unicita'del medesimo puo' giustificare qualsiasi giudizio. Io lo adoro ma devo essere obiettivo. Non e'tecnicamente un horror ma un thriller/giallo cosi estremo che gli horror diventano poca cosa a tal cospetto! Il capolavoro di Argento prima dell'horror piu'horror di tutti I tempi che e' Suspiria...ma Questa e'un'altra storia ed un'altra recensione...
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e. hyde
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martedì 7 giugno 2016
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visioni sataniche
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5 stelle a un film epocale, girato in alcuni dei luoghi più suggestivi di Torino e Roma (unica eccezione il cimitero a Perugia). “Profondo rosso” è innanzitutto una riflessione sull'indagine e sul fatto che chi la conduce più che forza attiva è forza reattiva. Marc e il suo amico Carlo hanno molto in comune, sono entrambi personaggi tormentati, che trovano sollievo nel condividere i propri turbamenti e la propria irrequietezza. Tutto il film è impregnato di una inquietudine sessuale nonché, in gran parte, di uno stato mentale alterato, quello dell'assassino che viene rappresentato dalla telecamera che ne viene come contagiata. È il soprannaturale, anche se non sembra, a guidare il protagonista.
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5 stelle a un film epocale, girato in alcuni dei luoghi più suggestivi di Torino e Roma (unica eccezione il cimitero a Perugia). “Profondo rosso” è innanzitutto una riflessione sull'indagine e sul fatto che chi la conduce più che forza attiva è forza reattiva. Marc e il suo amico Carlo hanno molto in comune, sono entrambi personaggi tormentati, che trovano sollievo nel condividere i propri turbamenti e la propria irrequietezza. Tutto il film è impregnato di una inquietudine sessuale nonché, in gran parte, di uno stato mentale alterato, quello dell'assassino che viene rappresentato dalla telecamera che ne viene come contagiata. È il soprannaturale, anche se non sembra, a guidare il protagonista. La vicenda ha inquietanti segreti e personaggi, come la figlia del custode. Alcune scene non hanno spiegazioni razionali. Il malsano del film, giustamente ravveduto da alcuni critici, è intenzionale. Argento scelse David Hemmings dopo aver visto “Blow up”, film col quale “Profondo rosso” ha evidenti attinenze: il regista ha ammesso la forte ispirazione per il suo cinema di Antonioni. Grande lavoro dello scenografo Giuseppe Bassan e dell'operatore Luigi Kuveiller, che sfrutta le possibilità di un nuovo tipo di pellicola ultrasensibile. Il film è una opera di straordinario lavoro sull'immagine. Colpisce che Argento, che allora sfoggiava una tecnica stupefacente, non sia riuscito a fare più grandi film dalla metà degli anni '80; non ha più avuto quelle ispirazioni. Che “Profondo rosso” sia un film in qualche modo psichedelico lo conferma il fatto che Argento avrebbe voluto per la musica i Pink Floyd. Poi utilizzò quella di Giorgio Gaslini e dei Goblin in modo magistrale. Come Lucio Fulci, Argento è un regista che sublima nella iperbole gli aspetti meno evidenti della realtà, perché è di questa che si nutre la fantasia. Uno dei pregi del film è la trama, frutto molto anche delle idee di Bernardino Zapponi, uno dei più importanti sceneggiatori italiani, una storia in cui i personaggi si rispecchiano e dalla quale sono rispecchiati. Una felicissima scelta è stata quella di Daria Nicolodi, in cui Argento aveva trovato i suoi stessi gusti, una donna molto interessata alla cultura esoterica (voleva fare un film sul mostro di Firenze) e che divenne la sua compagna. Essa fa da vettore alla maggior parte dell'ottimismo, dell'ironia, della dolcezza presente nel film, che rappresentano anche il carattere del regista.
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angelino67
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venerdì 6 maggio 2016
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il più grande giallo della storia del cinema
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Un film che rimane dopo i titoli di coda. Dopo tanti anni conserva tutta la sua originalità e il suo fascino. Estremamente complesso, con vari e alternati toni. La storia tra Marc e Gianna é una vera sottotrama, che svolge un ruolo importante in contrasto con un'altra sottotrama: il rapporto strano e un po 'soffocante tra Carlo e la madre. E' come se il protagonista fosse proiettato in uno strano aldilà tra incubi mostruosi, un viaggio allucinato in una città fantastica, dove, tra subconscio e passato, le pulsioni più arcaiche si scatenano. La maggior parte del film si svolge di notte e le poche persone che camminano per le strade assomigliano a manichini intrappolati nel tempo. La Piazza CLN a Torino, in prospettive e punti di vista sconcertanti, dà l'idea di uno spazio dove tutto é possibile.
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Un film che rimane dopo i titoli di coda. Dopo tanti anni conserva tutta la sua originalità e il suo fascino. Estremamente complesso, con vari e alternati toni. La storia tra Marc e Gianna é una vera sottotrama, che svolge un ruolo importante in contrasto con un'altra sottotrama: il rapporto strano e un po 'soffocante tra Carlo e la madre. E' come se il protagonista fosse proiettato in uno strano aldilà tra incubi mostruosi, un viaggio allucinato in una città fantastica, dove, tra subconscio e passato, le pulsioni più arcaiche si scatenano. La maggior parte del film si svolge di notte e le poche persone che camminano per le strade assomigliano a manichini intrappolati nel tempo. La Piazza CLN a Torino, in prospettive e punti di vista sconcertanti, dà l'idea di uno spazio dove tutto é possibile. La scena rivelatrice è presentata come un indizio precoce ripetuto, tipico in Argento. Il fatto che l'assassino prima di uccidere imposti uno stato d'animo attraverso una nenia infantile é un effetto agghiacciante. La maestria di Argento nel governare i tempi della visione emerge nella scena della “villa del bambino urlante”, sorda e maligna, ruvida e incantata, febbrile e carezzevole. La distensione e la violenza impreparate procurano un continuo sbalzo emotivo. Tutto perfettamente evocato ed esaltato dalla musica dei Goblin, consustanza del delirio ipnotico di tante scene memorabili del film. Gli omicidi fanno leva su esperienze note: pochi hanno ricevuto una pallottola, ma tutti sappiamo cosa vuol dire sbattere la testa contro un tavolo: Argento si basa su una “memoria fisica". Essi sono girati in maniera geniale, dilatati in atmosfere sospese, senza tempo, come dei cerimoniali rituali. In quello di Amanda Righetti i campi lunghi evocano la pervasività della portata dell'assassino, che sembra essere ovunque e sempre un passo avanti su tutti. In quello di Giordani Argento usa il surreale: il pupazzo improvvisamente prende vita e si dirige verso di lui, ma come fa a camminare da solo? E' il più grande spavento in tutto il film. Gianna é dolce ma decisa e ha un che di misterioso, nel fatto per esempio di essere presente nelle situazioni di maggior pericolo. Quando Marco si sveglia con essa su di lui, con il palazzo che brucia sullo sfondo, suggerisce che potrebbe essere l'assassina la sua espressione cupa, che però poi cambia. E ambigua e inquietante é la bambina che tortura le lucertole. Gli psicopatici portano dentro di sé ciò che è da secoli nel codice genetico, la cui mutazione è più lenta di quella ideologica, morale, razionale della parte nuova del cervello, dalla corteccia. Argento aveva colto un difficile momento di transizione nel conflitto tra tradizione e modernità. Il riemergere di tendenze reazionarie in un momento rivoluzionario del costume. Egli, uomo di sinistra, non condivideva queste tendenze ma l'artista che era in lui le avvertiva e le rappresentava. Uomo per l'uguaglianza, il regista doveva riconoscere l'inuguaglianza e dare voce a un oscuro e generale disagio che ha radici antichissime. Cacciati dalla porta, i principi pre-rivoluzione francese rientrano dalla finestra dell'irrazionale, cioè dell'inconscio, che non tiene conto del tempo e del luogo. E' significativo che in Italia i film di Argento hanno avuto più successo da Firenze in giù, nelle regioni più legate alla tradizione. Il finale è geniale fantasia surrealista, di quel cinema-sogno, corrente nobilissima cui Argento appartiene.
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noia1
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venerdì 15 aprile 2016
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tantissimo sangue e finezze
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Un pianista si trova invischiato suo malgrado in un caso di omicidio.
Il salto in avanti che l’horror – o comunque il thriller – ha fatto ai tempi con questo film penso sia irripetibile ai giorni nostri. Questo accanimento sul business, se in America è presente dalla notte dei tempi, qua da noi è stata la rovina.
Il gusto esagerato che ai tempi questo film poteva permettersi ne è la prova, non tanto grottesco quanto sempre e comunque sorprendente.
Non parliamo di un buon thriller che si riconosce tra gli altri, parliamo proprio di un bel film riconoscibilissimo tra vari capolavori assoluti, tra i vari drammi e commedie. Quando non è il ritmo, la tensione o l’orrore a farla da padrone; ci pensa la trama: non c’è un personaggio che passi inosservato, che non sia interessante o che non abbia una storia alle spalle; non c’è un attimo dove non accada qualcosa passando da una trama serrata ad una quasi da commedia nera.
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Un pianista si trova invischiato suo malgrado in un caso di omicidio.
Il salto in avanti che l’horror – o comunque il thriller – ha fatto ai tempi con questo film penso sia irripetibile ai giorni nostri. Questo accanimento sul business, se in America è presente dalla notte dei tempi, qua da noi è stata la rovina.
Il gusto esagerato che ai tempi questo film poteva permettersi ne è la prova, non tanto grottesco quanto sempre e comunque sorprendente.
Non parliamo di un buon thriller che si riconosce tra gli altri, parliamo proprio di un bel film riconoscibilissimo tra vari capolavori assoluti, tra i vari drammi e commedie. Quando non è il ritmo, la tensione o l’orrore a farla da padrone; ci pensa la trama: non c’è un personaggio che passi inosservato, che non sia interessante o che non abbia una storia alle spalle; non c’è un attimo dove non accada qualcosa passando da una trama serrata ad una quasi da commedia nera.
Non si può restare indifferenti al barocchismo di Argento: colori, movimenti di macchina sontuosi, fotografia ed inquadrature impressionanti. Le scene degli omicidi poi fanno un contrasto pazzesco data la bellezza del film in sé: scene orchestrate da restar di sasso, esagerate, insopportabili, sadiche, che non lasciano spazio alla fantasia.
E poi c’è il fiore all’occhiello, la colonna sonora. Escludendo la famosissimo canzone d’apertura, i pezzi sono tutti da infarto: tesi, angoscianti, che danno il colpo di grazia al clima claustrofobico.
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ermanno67
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mercoledì 30 dicembre 2015
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come in un quadro
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Profondo rosso è il lago di sangue in cui si specchia alla fine il protagonista, mentre scorrono i titoli di coda, così come il bambino, nella scena precedente, che continua l'antefatto inserito tra i titoli di testa, osservava il coltello insanguinato. Il già visto é la chiave di questo film, quello di chi, suo malgrado, viene coinvolto in una vicenda perché ciò che ha visto, e che non riesce a mettere a fuoco (vale per lo stesso spettatore), é per lui, per la sua ipersensibilità, una ossessione che diventa una sfida all'enigma e alla paura. Il finale rilancia l'angoscia: Argento lascia passare più di un minuto prima di fermare il fotogramma, mentre il sangue continua a gocciolare, ciò che suggerisce che l'orrore non ha fine.
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Profondo rosso è il lago di sangue in cui si specchia alla fine il protagonista, mentre scorrono i titoli di coda, così come il bambino, nella scena precedente, che continua l'antefatto inserito tra i titoli di testa, osservava il coltello insanguinato. Il già visto é la chiave di questo film, quello di chi, suo malgrado, viene coinvolto in una vicenda perché ciò che ha visto, e che non riesce a mettere a fuoco (vale per lo stesso spettatore), é per lui, per la sua ipersensibilità, una ossessione che diventa una sfida all'enigma e alla paura. Il finale rilancia l'angoscia: Argento lascia passare più di un minuto prima di fermare il fotogramma, mentre il sangue continua a gocciolare, ciò che suggerisce che l'orrore non ha fine. La verità é intangibile: la spiegazione finale non risolve completamente il mistero. Non solo non é chiaro se l'assassino rivelato sia il responsabile di tutti i delitti, ma prima di arrivare a esso il film ha insinuato il terribile sospetto che anche le figure apparentemente più solari possano nascondere verità incoffessabili. E' questo che fa acquisire spessore al film. Il protagonista alla fine si salva fortunosamente, mentre una volontà occulta che tutto sa e tutto vede sembra dirigere i fatti, come le soggettive misteriose di Argento conferermebbero: il suo cinema é ormai pronto per l'horror soprannaturale di "Suspiria" e "Inferno". E' significativo cosa conduce allo svelamento della verità, dove é nascosta, in quale mondo, cosa la porta con sè. Un discorso a parte lo merita la colonna sonora, al 59° posto tra i dischi italiani più belli di sempre secondo la rivista Rolling Stone; l'album, che divenne "disco d'oro", fu per un anno tra i dieci LP più venduti in Italia, il singolo rimase al primo posto della hit parade per più di tre mesi. Una facciata del disco venne composta dal gruppo di rock progressivo dei Goblin, l'altra dal jazzista Giorgio Gaslini in collaborazione con l'allora appena tredicenne Maria Grazia Fontana. Motivi che sono rimasti nella mente degli spettatori, soprattutto il tema omonimo del film dei Goblin e la nenia infantile di Gaslini. Alla musica Argento aveva delegato un compito molto importante, ed essa, allarmante, arcana, ipnotica, è uno di quegli elementi che rendono così potente questo film, così suggestive le sequenze, come l'esplorazione della stupenda villa Liberty dove la combinazione tra location, musica e il virtuosimo tecnico del regista genera un senso di coesistenza tra il presente e il passato. E come non scorgere una parentela con quella pozza di sangue finale con quello che esce dall'ascensore (!) in "Shining" dove Kubrick sembra alludere, come con il monolito di "2001", a un ordine superiore, con il sangue che unisce tutti e che é allo stesso tempo vita e morte. Bernardino Zapponi, con la sua ironia, la riflessione e il senso dell'apologo uniti al fascino del fantastico e dell'arcano che condivideva col regista, contribuì alla costruzione di una trama solida che é una delle forze del film. Esso uscì nel cuore degli anni '70, mentre l'Italia attraversava un periodo di oscuro malessere, politico e sociale, la paura di essere uccisi non comprendendone il motivo. Da qui il bisogno di evasione, di esorcismo attraverso l'arte popolare del cinema: quello di Argento rispose meglio di chiunque altro. La dimensione fiabesca si trova nel ruolo importante assegnato a una bambina: sarà lei il deus ex machina della situazione. Infine "Profondo rosso" é anche un film d'amore.
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nuzzifra
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lunedì 28 dicembre 2015
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argento al suo massimo splendore
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Noir, horror, thriller, psicologico...questo capolavoro estetico è tutto questo e anche di più. Parliamo degli anni 70, i mezzi erano quelli che erano ma il film risulta un giallo concepito in maniera geniale, mai scontato, e a volte estremamente spietato. Ottimi gli attori, dal tormentato (ed eccelso) Gabriele Lavia, alla giornalista anticonformista interpretata da Daria Nicolodi (femminista e spregiudicata), buonissima la sceneggiatura. La sequenza iniziale segue e tormenta il protagonista fino alla fine il tutto condito con una colonna sonosra tra le più ben concepite del cinema intaliano e europeo. Argento al suo top......
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jekyll
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martedì 22 dicembre 2015
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un classico ineguagliato
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Un film che ha segnato un’epoca, un tipo di cinema che solo Argento è riuscito a fare. Virtuoso della macchina da presa, nessuno è riuscito a rendere gli omicidi come lui. Il rosso del titolo predomina: colore del sangue, della violenza e della follia. Il regista costruisce, tra Roma e Torino, una città malsana, cupa e inquietante. La sceneggiatura e l’interpretazione dei protagonisti contribuiscono insieme alle perturbanti ambientazioni a creare un’atmosfera surreale. L'alterazione della percezione degli indizi rende tutto offuscato e indistinto. La soluzione é nella mente in quanto già vista, ma il protagonista non riesce a richiamare qualcosa di fondamentale che gli è rimasto impresso in modo subliminale, un particolare importante per l'identificazione dell'assassino.
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Un film che ha segnato un’epoca, un tipo di cinema che solo Argento è riuscito a fare. Virtuoso della macchina da presa, nessuno è riuscito a rendere gli omicidi come lui. Il rosso del titolo predomina: colore del sangue, della violenza e della follia. Il regista costruisce, tra Roma e Torino, una città malsana, cupa e inquietante. La sceneggiatura e l’interpretazione dei protagonisti contribuiscono insieme alle perturbanti ambientazioni a creare un’atmosfera surreale. L'alterazione della percezione degli indizi rende tutto offuscato e indistinto. La soluzione é nella mente in quanto già vista, ma il protagonista non riesce a richiamare qualcosa di fondamentale che gli è rimasto impresso in modo subliminale, un particolare importante per l'identificazione dell'assassino. Siamo davanti alla verità, come il protagonista, ma non riusciamo a scorgere la vera realtà dei fatti; l’assassino è mostrato allo spettatore, il quale però, grazie alla messa in scena, non si accorge dello stesso. Argento mischia bene le carte, intorpidisce sapientemente le acque. Facendo leva sul perturbante, egli fa affiorare nello spettatore lo spaventoso che risale a quanto ci è noto e familiare ma che potrebbe essere rimasto nascosto da tempo. Un viaggio a ritroso nel tempo, in turbe infantili, traumi infantili che uccidono. Chi scopre la verità può pagare con la vita. Niente è ciò che sembra e la realtà è sempre altra rispetto a come appare. Capolavori nel capolavoro sono le sequenze sui feticci dell'assassino e l’esplorazione della villa abbandonata. Un ruolo importante lo svolge la musica incalzante, ossessiva dei Goblin, ipnotica ed efficace quanto la nenia infantile che scatena la mente omicida. Splendida prova dell’intero cast, tra cui spicca Daria Nicolodi.
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jekyll
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domenica 13 dicembre 2015
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eliminate l'impossibile e resterà la verità
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L'incubo irrompe nella più bella e ordinata tranquillità. La porta é socchiusa. La apriamo e il rosso del sangue rivela la nostra malattia. Anche se è finto, lo riconosciamo come una febbre nostra. Quello che rifletteva la realtà del suo tempo rientra dalla finestra in una paura che ricordiamo in un film che rivedendolo dopo anni ci sembra meno spaventoso, ma più bello e degno di ammirazione. In esso, uno dei suoi capolavori, Argento chiarisce definitivamente le sue ricerche sui tempi narrativi della tensione, sulla rappresentazione dell'irrazionale e del delirio che è stato il suo cinema prima della svolta nell'horror soprannaturale e satanico che già balena in questo film (nei suoi film gli omicidi hanno un carattere rituale e sono spesso commessi da donne).
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L'incubo irrompe nella più bella e ordinata tranquillità. La porta é socchiusa. La apriamo e il rosso del sangue rivela la nostra malattia. Anche se è finto, lo riconosciamo come una febbre nostra. Quello che rifletteva la realtà del suo tempo rientra dalla finestra in una paura che ricordiamo in un film che rivedendolo dopo anni ci sembra meno spaventoso, ma più bello e degno di ammirazione. In esso, uno dei suoi capolavori, Argento chiarisce definitivamente le sue ricerche sui tempi narrativi della tensione, sulla rappresentazione dell'irrazionale e del delirio che è stato il suo cinema prima della svolta nell'horror soprannaturale e satanico che già balena in questo film (nei suoi film gli omicidi hanno un carattere rituale e sono spesso commessi da donne). Molto inquietante e suggestiva la sequenza nella villa "del bambino urlante" (i luoghi di questo film!), il cui contenuto metaforico e allarmante é ben enfatizzato dalla musica di Giorgio Gaslini. Ma è la tecnica di Argento a costituire lo strumento di una vera poesia cinematografica, di un talento visionario che nessuno ha potuto mettere in discussione. Un esempio è lo scandaglio, con la celebre musica dei Goblin, con una cinepresa speciale che rende maestosi piccoli oggetti, gli amuleti, i feticci dell'assassino, ad assumere un significato sinistro, preavviso dell'omicidio prossimo. Argento è magistrale nel rendere il tempo relativo al terrore, dilatare la suspence, scendere nella paura della morte, entrare nella follia. La scena dell'omicidio di Giordani è resa con ben quattro minuti di preparazione, dove il regista rende credibile momenti deliranti come l'entrata in scena del pupazzo meccanico, la cui illogicicità è funzionale alla necessità di liberare l'irrazionale. La morte dell'assassino è resa, attraverso un abile montaggio, nel tempo apparente del reale spavento, che sembra lunghissimo anche quando è solo un attimo, una frazione di secondo. Emerge la solare figura di Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), un personaggio che allenta la tensione ma rimane misterioso fino alla fine a dimostrare che nessuno è insospettabile, anche se è innocente. Intanto la bambina dai capelli rossi trafigge lucertole con gli spilloni...
"Una volta eliminato l'impossibile, quello che resta, per improbabile che sia, dev'essere la verità" (Sherlock Holmes a John Watson in "Il segno dei quattro" di Arthur Conan Doyle)
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jackiechan90
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venerdì 14 agosto 2015
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un buon prodotto di suspense "artigianale"
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“Profondo rosso” è il capolavoro riconosciuto del maestro del brivido che è Dario Argento. È diventato, forse involontariamente, un cult anche grazie alla colonna sonora (firmata dal gruppo progressive “i Goblin”) e per gli effetti speciali, particolarmente elaborati per l’epoca, atti a suscitare suspense nello spettatore (il regista si guadagnò l’epiteto di “Hitchcock italiano” all’epoca) che hanno anticipato il cinema splutter successivo. Al di là di queste innovazioni che, in seguito, diventeranno un vero e proprio marchio di fabbrica del cinema di Argento e dell’horror all’italiana di cui è iniziatore, la trama risulta molto semplicistica e, a tratti, inconcludente.
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“Profondo rosso” è il capolavoro riconosciuto del maestro del brivido che è Dario Argento. È diventato, forse involontariamente, un cult anche grazie alla colonna sonora (firmata dal gruppo progressive “i Goblin”) e per gli effetti speciali, particolarmente elaborati per l’epoca, atti a suscitare suspense nello spettatore (il regista si guadagnò l’epiteto di “Hitchcock italiano” all’epoca) che hanno anticipato il cinema splutter successivo. Al di là di queste innovazioni che, in seguito, diventeranno un vero e proprio marchio di fabbrica del cinema di Argento e dell’horror all’italiana di cui è iniziatore, la trama risulta molto semplicistica e, a tratti, inconcludente. Sicuramente da questo punto di vista saranno più riusciti “Suspiria” (che anche come effetti speciali supera di gran lunga questo film) e la “trilogia degli animali” che l’aveva anticipato. Il film, infatti, è uno spartiacque tra il genere thriller, di cui rappresenta il culmine e l’arrivo delle sperimentazioni operate da Argento negli anni 60, e la successiva fase horror e ha perciò le caratteristiche del film che si pone come “via di mezzo”, combinando più generi (sono infatti presenti anche momenti comici e di poliziesco puro). La trama, come dicevamo, è abbastanza classica dei film thriller con un serial killer che miete vittime precedendo gli omicidi con una nenia infantile. A indagare sul caso una coppia di investigatori improvvisati: un pianista jazz e una giornalista. Il film appare, visto a distanza di anni, come un pallido pretesto, appunto, per sperimentare movimenti di macchina, rumori di fondo, inquadrature avveniristiche “a misura di bambino” che richiamano paure ancestrali dell’infanzia. Elementi certamente funzionali per creare suspense ma che, alla lunga, fanno sembrare la trama del film un unico grande “McGuffin” (ricollegandosi alla tradizione hitchcockiana) che rende omaggio al “Maestro del brivido” per eccellenza. Un buon film confezionato apposta per spaventare. Possiamo considerarlo un tentativo di unire tradizione e innovazione ma non di più, un anticipatore di quelli che saranno i veri capolavori del “maestro del brivido italiano”.
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francy99
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domenica 26 luglio 2015
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un film d'oro, non d'argento
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un'indagine chiara e lucida su un omicidio commesso in un palazzo, il tutto collegato ottimamente ad eventi che si intrecciano per poi unirsi in un finale mozzafiato.
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