weach
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domenica 3 aprile 2011
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in viaggio fra scienza e coscienza sofferto
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Solaris di Tarkovskij è la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di fantascienza dello scrittore polacco Stanislaw Lem.
Lem , con una fantascienza fortemente filosofica, ha generato con la sua opera di non facile lettura ,ampio dibattito fra gli estimatori della fantascienze, lasciando a questo mondo un patrimonio di domande e di tracce ancora non completamente decriptate .
Da queste premesse si comprende come l’opera di Lem si stata perfetta musa ispiriatice per un intenso ed altrettanto filosofico regista quale è stato l’immenso Andrei Tarkovskij
Oggi la lettura di Lem fatta da Tarkovskij , restando fedele , diviene cassa di risonanza di miti, sogni ,idee, ipotesi suggestive.
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Solaris di Tarkovskij è la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di fantascienza dello scrittore polacco Stanislaw Lem.
Lem , con una fantascienza fortemente filosofica, ha generato con la sua opera di non facile lettura ,ampio dibattito fra gli estimatori della fantascienze, lasciando a questo mondo un patrimonio di domande e di tracce ancora non completamente decriptate .
Da queste premesse si comprende come l’opera di Lem si stata perfetta musa ispiriatice per un intenso ed altrettanto filosofico regista quale è stato l’immenso Andrei Tarkovskij
Oggi la lettura di Lem fatta da Tarkovskij , restando fedele , diviene cassa di risonanza di miti, sogni ,idee, ipotesi suggestive.
Case èil Solaris di Andrei Tarkovskij?
Un contatto con un entità aliena , totalizzante ,onirico, destabilizzante ‘?
Oppure un viaggio nell ‘essenza del paradosso quantistico dove la realtà esisteste solo in quanto c’è un pensiero che la osserva ?
Cosa rappresenta questo oceano “plasmatico” di Solaris ?
Forse solo un luogo utopico dove le idee prendono corpo e, condensandosi , divengono materia?
E’ il punto da cui l’atto dell’intelletto inizia ad espandersi creando le forme e quindi noi?
Oppure altro.?,
Solaris ha profondità potente , è denso di riflessioni che attingono forza dal suo lento esplicarsi, dai silenzi profondi da una solitudine “che parla a se stessa “.
Solaris è una” fermata”non per la fisicità dell’uomo ma è di pertinenza della coscienza , del se profondo, che cerca un sua intima esplorazione;Solaris è un atto di fede mistico, quasi un miracolo che non si conquista su di un piano razionale ma con un atto di speranza quasi biblico;Kelvin è l’archetipo della forma che si osserva ed,in un confronto serrato ,si ritrova “nuovo” ,inesplorato ,da ridefinire.
Mentre Solaris si espande ,prende corpo una dimensione non temporale nei meandri di un pensiero che tutto può costruire e negare.
Torno sempre a dire che vedo delle similitudini fra Tarkovskij e Kubrick: entrambi traggono la loro forza nel lento divenire dell’azione scenica, nei silenzi, nelle riflessioni silenziose.
Le apparizioni di Solaris a mio modo di vedere sono l’altra parte inesplorata di un io sconosciuto ,misterioso, sognato , onirico, magico, ma che sicuramente può esistere.
Sentimenti, pensieri , sofferenze viaggiano in profondità generando una nuova possibilità in quell’oceano di creazione che è Solaris
Si può restare indifferenti di fronte a questo intenso impegno cinematografico?Assolutamente no ; è un ‘opportunità da non perdere per tentare noi stessi una nostra interpretazione.
Grazie
Weach illuminati
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maxcruise
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venerdì 21 marzo 2014
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solaris 1972: anti-odissea nello spazio
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In un futuro non precisato, Kris (interpretato dall’ottimo Banionis) é uno psicologo-scienziato incaricato di raggiungere una stazione spaziale orbitante su uno strano e sinistro pianeta chiamato “Solaris”(una sorta di ammasso gelatinoso, gassoso e liquido in continua evoluzione e dalla natura ancora incomprensibile all’uomo)e stabilire se è il caso di continuare le ricerche o dismettere tutta la missione.
Appena sbarcato, trova un ambiente surreale, i pochi membri dell’astronave rimasti in balia di miraggi e allucinazioni, sopraffatti e angosciati. Apprende solo la tragica notizia del suicidio di un membro (Ghibarian) di cui trova un messaggio registrato prima di morire.
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In un futuro non precisato, Kris (interpretato dall’ottimo Banionis) é uno psicologo-scienziato incaricato di raggiungere una stazione spaziale orbitante su uno strano e sinistro pianeta chiamato “Solaris”(una sorta di ammasso gelatinoso, gassoso e liquido in continua evoluzione e dalla natura ancora incomprensibile all’uomo)e stabilire se è il caso di continuare le ricerche o dismettere tutta la missione.
Appena sbarcato, trova un ambiente surreale, i pochi membri dell’astronave rimasti in balia di miraggi e allucinazioni, sopraffatti e angosciati. Apprende solo la tragica notizia del suicidio di un membro (Ghibarian) di cui trova un messaggio registrato prima di morire.
Solaris sembra rivelarsi un pianeta “pensante” e, attraverso un singolare processo di sintesi, materializza ricordi e esseri umani del passato già deceduti che vengono indicati dagli astronauti col nome di “ospiti”.
Infatti proprio la prima notte, appare a Kris il fantasma della moglie morta diversi anni prima (Hari) e della quale egli conserva un profondo ricordo.
Cosa vuole questo pianeta dall’uomo? Cosa é Solaris?
Opera etichettata in Italia come opera di fantascienza con il fuorviante slogan “la risposta sovietica a 2001:odissea nello spazio di Kubrick”, il Solaris di Tarkovskij non punta quasi per nulla sul piano degli effetti speciali, bensì si sviluppa più che altro come un viaggio nei meandri dell’inconscio e della mente dell’ essere umano.
La stazione spaziale del film è quanto di meno tecnologico ci possa essere: disordinata, sporca e poco accogliente.
Inoltre l’elemento fantascientifico del pianeta (il non-luogo, questo enorme oceano pensante che fà da sfondo alle vicende) diventa per Tarkovskij il pretesto, l’ invito a interrogarsi sui motivi che spingono l’uomo a esplorare altri mondi ma anche, e soprattutto, a riflettere sui limiti della propria conoscenza e razionalità.
Emblematica in questo caso la frase che Kris porge al collega cibernetico: “Snaut, ma perché andiamo a frugare l’universo quando sappiamo così poco di noi stessi..?“.
Un film “pesante”, complesso, di “fanta-coscienza” se vogliamo definirlo tale, e di non facile comprensione a causa del ritmo lento e contemplativo che impernia tutta la pellicola.
Un po’ eccessivamente lunga la scena del viaggio lungo l’autostrada di Tokyo (tagliata per l’edizione homevideo) che, a detta del regista, funge da escamotage per favorire l’“alienazione” e l’allontanamento dello spettatore dal mondo terreno prima di intraprendere il viaggio negli spazi siderali.
La scenografia scelta dal regista appare piuttosto semplice e antiquata, ma é comunque di forte impatto visivo per lo spettatore.
Particolare é l’uso dei colori (il bianco e nero viene utilizzato in diverse scene)
Molto bella e degna di nota la colonna sonora (l’adagio di Bach che accompagna le scene più suggestive come quella della “levitazione” e della scena iniziale e conclusiva del film).
Fra le scene tagliate, non mancano alcune carrellate oniriche, come quando Kris, in preda a uno stato confusionale, sogna la sua infanzia e sua madre da giovane che si prende cura di lui (a cui si sovrappone in un secondo momento la figura di Hari)
Il suggestivo finale, aperto a molteplici interpretazioni, lascia un segno agghiacciante e sconvolgente, ed induce a riflettere sul ritorno alle proprie radici (in questo caso il ritorno alla dimora paterna immersa in una natura molto meno tranquilla e statica di quanto sembra realmente..)
Nel 2002 il regista Steven Soderbergh e l’attore George Clooney realizzano un remake omonimo, ispirandosi evidentemente a questo film
Lo scrittore Lem sembra abbia apprezzato più quest'ultima versione di Solaris perché, secondo lui, più fedele alla storia del romanzo originale degli anni '60.
Forse il capolavoro di Tarkovskij, questo film risulta una piccola perla del cinema sovietico ed é ancora oggi straordinariamente valido e attuale. A mio parere merita di esser visto almeno una volta anche dai non appassionati del genere fantascienza.
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gabri0001
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giovedì 11 giugno 2015
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ricerca di dio negli spazi siderali
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Il libro di Stanislaw Lem è un libro senza ombra di dubbio molto bello e scritto bene: è narrato in prima persona, ricche e accurate sono descrizioni, ampie sono le parti scientifiche anche se, secondo la mia opinione, il lirbo è di gran lunga inferiore al film del 1972 diretto da Andrej Tarkovskij (Stalker, Andrei Rublev).
Il film, pur prendendo spunto dal libro, se ne distacca per una riflessione, a mio parere, più profonda.
Il tema principale del capolavoro di Tarkovskij, infatti, è la ricerca di Dio, illustrata attraverso quattro quadri di Peter Brugel il Vecchio, che nel film sono mostrati più volte.
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Il libro di Stanislaw Lem è un libro senza ombra di dubbio molto bello e scritto bene: è narrato in prima persona, ricche e accurate sono descrizioni, ampie sono le parti scientifiche anche se, secondo la mia opinione, il lirbo è di gran lunga inferiore al film del 1972 diretto da Andrej Tarkovskij (Stalker, Andrei Rublev).
Il film, pur prendendo spunto dal libro, se ne distacca per una riflessione, a mio parere, più profonda.
Il tema principale del capolavoro di Tarkovskij, infatti, è la ricerca di Dio, illustrata attraverso quattro quadri di Peter Brugel il Vecchio, che nel film sono mostrati più volte. Essi sono: “I cacciatori nella neve”, “La grande torre di Babele”, “Il volo di Icaro” e “Il trionfo della morte”.
Il quadro intitolato “I cacciatori nella neve” mostra tre cacciatori che, avanzando in mezzo alla neve, fanno ritorno al loro paesino nonostante la loro caccia abbia dato pochi frutti.
Vicino a loro si trova una locanda sulla cui insegna, che penzola nel vuoto perché un gancio si è rotto, è raffigurata la leggenda di sant’Eustachio, che, mentre era a caccia, vide un cervo che teneva tra le corna un crocifisso.
Secondo me quei cacciatori stavano cercando proprio il Cristo, per riportare la fede nel loro villaggio (il fatto che siamo in inverno è significativo: la neve e il gelo indicano il freddo del cuore).
Il secondo quadro, ovvero “La torre di Babele” vorrei commentarlo insieme al terzo, cioè “il volo di Icaro”.
Entrambi mostrano il continuo tentativo dell’uomo di spingersi sempre più in alto (nel cielo e nello spazio) per conoscere: in questo caso si potrebbe usare la frase greca “conosci te stesso”.
L’episodio biblico della torre di Babele racconta che gli uomini costruirono - per sfidare Dio - una torre che arrivava a toccare il cielo e che per punizione Dio decise di confondere le loro lingue in modo che non si capissero piu e i lavori così si interrompessero.
Il libro e il film mostrano una profonda riflessione sulla condizione umana, segnata comunque dalla vittoria della Morte. Infatti il quadro “Il trionfo della Morte” mostra che è inutile costruire torri, ali e astronavi per raggiungere il cielo e per spingersi fino ai confini più remoti dello spazio, perché tanto un giorno la morte giungerà lo stesso, ma quei tre cacciatori che indomiti procedono nella neve dicono anche che l’uomo non si stancherà mai di ricercare, perché è la ricerca che fa la sua dignità e la sua grandezza.
Io considero il quadro dei cacciatori come un finale aperto: chi ci dice che il cervo, di cui si parla nella leggenda di sant’ Eustachio, non esca fuori da un momento all’altro per riportare la primavera in quel villaggio stretto nella morsa di un ghiaccio che sembra invincibile?
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g. romagna
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lunedì 22 febbraio 2010
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solaris
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Kris raggiunge la stazione spaziale Solaris, ove trova solo due colleghi, Snaut e Sartorius, giacchè il terzo si è suicidato dopo aver lasciato al nuovo arrivato un messaggio video in cui lo avverte di alcuni strani fenomeni che si stanno verificando a bordo. Anche il comportamento degli altri due uomini è profondamente sospetto. Ad un tratto, si rimaterializza la moglie di Kris, morta molti anni prima. Snaut gli spiega che ciò è dovuto ad anomale radiazioni, frutto di un precedente esperimento, in grado di riportare in essere esperienze oniriche sotto forma di conglomerati di neutrini. Kris e la moglie vivono con turbamento questo nuovo mettersi in contatto, ma anche il sentimento non può che riaffiorare.
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Kris raggiunge la stazione spaziale Solaris, ove trova solo due colleghi, Snaut e Sartorius, giacchè il terzo si è suicidato dopo aver lasciato al nuovo arrivato un messaggio video in cui lo avverte di alcuni strani fenomeni che si stanno verificando a bordo. Anche il comportamento degli altri due uomini è profondamente sospetto. Ad un tratto, si rimaterializza la moglie di Kris, morta molti anni prima. Snaut gli spiega che ciò è dovuto ad anomale radiazioni, frutto di un precedente esperimento, in grado di riportare in essere esperienze oniriche sotto forma di conglomerati di neutrini. Kris e la moglie vivono con turbamento questo nuovo mettersi in contatto, ma anche il sentimento non può che riaffiorare. Peccato che il dottor Sartorius consideri la donna niente più che una "cosa" frutto di esperimenti scientifici e, pertanto, non degna di essere trattata alla stregua di un essere umano... Sceneggiature accuratissime, immagini di grande impatto e lirismo profondo fanno di Solaris un film di notevole qualità, che fluttua tra fasi in cui è la parola a ricoprire un ruolo prevalente, alla Rohmer, ad altre in cui è una forte suggestione illustrativa a dominare. La vicenda fantascientifica esplora il tema della nostalgia, dell'amore, della morte e dell'inevitabile incapacità della scienza di dare risoluzione agli ultimi perchè dell'esistenza, e lo fa in maniera audace ma non pretenziosa, districandosi egregiamente in quel mare magnum di sviluppi che analisi del genere possono far maturare, con il serio rischio di far scadere nella retorica più spicciola qualunque buon proposito. Certo, fatte le debite distanze con l'immortale capolavoro assoluto kubrickiano, Solaris è un film che può essere a buon diritto annoverato, assieme, appunto, a 2001 Odissea nello Spazio e a titoli quali Blade Runner, nella cerchia delle perle del genere fantascientifico.
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(di g. romagna)
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vania
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sabato 26 febbraio 2005
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solaris - recensione
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Alla ricerca dell’inconoscibile
Presentato come la risposta sovietica a 2001: Odissea nello spazio, il film di Tarkovskij ha in comune solo i lunghi momenti di sospensione, che bene rendono lo straniamento dell’uomo alle prese con spazi e distanze fuori dai canoni abituali. Le scene nello spazio sono precedute da un’introduzione più “terrena”, più naturalistica, la campagna della dacia del collega dove ci viene presentata un’umanità sensibile e appunto “terrena”. Quando Kris lo psicologo è inviato ad indagare sulle attività della stazione orbitante intorno al misterioso pianeta Solaris, le sospensioni, i silenzi si dilatano fino a creare una sensazione di attesa e mistero. La stazione stessa ci appare come un desolato e fatiscente “carrozzone” che sia stato teatro di scontri e misteriosi misfatti, accumuli di stravaganti oggetti, i personaggi appaiono come esseri segnati da indicibili esperienze, apparizioni di altri esseri da celare; la testimonianza di un componente dell’equipaggio morto suicida che in un video accenna a Kris il suo dramma.
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Alla ricerca dell’inconoscibile
Presentato come la risposta sovietica a 2001: Odissea nello spazio, il film di Tarkovskij ha in comune solo i lunghi momenti di sospensione, che bene rendono lo straniamento dell’uomo alle prese con spazi e distanze fuori dai canoni abituali. Le scene nello spazio sono precedute da un’introduzione più “terrena”, più naturalistica, la campagna della dacia del collega dove ci viene presentata un’umanità sensibile e appunto “terrena”. Quando Kris lo psicologo è inviato ad indagare sulle attività della stazione orbitante intorno al misterioso pianeta Solaris, le sospensioni, i silenzi si dilatano fino a creare una sensazione di attesa e mistero. La stazione stessa ci appare come un desolato e fatiscente “carrozzone” che sia stato teatro di scontri e misteriosi misfatti, accumuli di stravaganti oggetti, i personaggi appaiono come esseri segnati da indicibili esperienze, apparizioni di altri esseri da celare; la testimonianza di un componente dell’equipaggio morto suicida che in un video accenna a Kris il suo dramma. Tutto è tenuto in sospeso e il mistero lentamente si scioglie quando Kris farà le prime esperienze “extrasensoriali”. Il primo shock la moglie Hari morta dieci anni prima, che torna incarnata e gli si rivolge con naturalezza. A questo punto il mistero è svelato, le radiazioni hanno il potere di evocare il passato che torna materializzandone i fantasmi, da qui il dramma quale vita scegliere, se la “realtà” conosciuta e consolatoria scientificamente dimostrabile o l’illusoria altra dimensione possibile solo su Solaris. E’ in nome di quale realtà che dobbiamo negarci altri mondi possibili? Possiamo, dobbiamo essere obbligatoriamente razionali al punto di negare le nostre stesse pulsioni più umane? E’ in ragione di questo straziante dilemma che si combatte una lotta tutta interiore nel mondo di Solaris. Nel caso di Kris il nodo è sciolto direttamente da Hari che lentamente sta “umanizzandosi” e decide di sparire per il bene di entrambi.
Il film si chiude in modo circolare, con una bellissima scena di comprensione/compassione nella dacia dell’amico,
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kronos
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mercoledì 25 luglio 2012
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la risposta sovietica a kubrick?
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All'epoca fu propagandato come "la risposta sovietica a 2001 odissea nello spazio", anche se in comune alla pietra miliare kubrickiana ha solo una caratteristica: la fantascienza intesa come territorio in cui esplorare dimensioni arcane e metafisiche, piuttosto che giocattolo ad alto costo per l'intrattenimento popolare.
Ma se al centro di 2001 troneggiavano i misteri dell'universo, in Solaris l'attenzione di Tarkovsky si concentra sugli esseri umani, i labirinti della memoria e dell'anima.
Di questa dimensione "intima" Stanislaw Lem si è sempre lamentato, ritenendo che il regista avesse tradito lo spirito del romanzo, dominato dai misteri fisici del pianeta-oceano.
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All'epoca fu propagandato come "la risposta sovietica a 2001 odissea nello spazio", anche se in comune alla pietra miliare kubrickiana ha solo una caratteristica: la fantascienza intesa come territorio in cui esplorare dimensioni arcane e metafisiche, piuttosto che giocattolo ad alto costo per l'intrattenimento popolare.
Ma se al centro di 2001 troneggiavano i misteri dell'universo, in Solaris l'attenzione di Tarkovsky si concentra sugli esseri umani, i labirinti della memoria e dell'anima.
Di questa dimensione "intima" Stanislaw Lem si è sempre lamentato, ritenendo che il regista avesse tradito lo spirito del romanzo, dominato dai misteri fisici del pianeta-oceano.
Ma non sta scritto da nessuna parte che cinema e letteratura debbano seguire gli stessi percorsi: il maestro russo ha distillato in quest'opera la sua poetica più pura, regalandoci, nonostante alcune lungaggini, un film magico, rarefatto e visionario.
Tuttavia, è necessario vedere Solaris nella versione integrale (e in lingua originale sottotitolata) disponibile solo in Home Video: le copie del film che sono circolate in Italia fino a pochi anni fa deturpavano oltre l'immaginabile il lavoro di Tarkovsky, tagliando 40 minuti (!) di scene (in special modo la tranche iniziale, d'ambientazione terrestre), e doppiando/storpiando risibilmente le voci e i dialoghi originali.
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greyhound
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martedì 19 aprile 2016
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l'odissea dentro se stessi
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Solaris segna il passaggio del regista Tarkovskij da una tematica prettamente storica a una fantascientifica, che tuttavia non si configura come lo spettatore potrebbe aspettarsi. Qui non vi sono alieni, incrociatori stellari o armi laser, ma un tema filosofico piuttosto impegnativo e ricorrente lungo tutta la pellicola, condensabile nella seguente domanda: qual è il significato dell’essere umano?
Il protagonista, uno psicologo, viene inviato forte della sua fede nella scienza e nella ragione a comprendere cosa stia avvenendo nella stazione spaziale fluttuante nell’oceano del pianeta Solaris. In questo luogo, però, ben presto si accorgerà che la realtà non è necessariamente quella percepita con gli occhi, e andrà incontro a esperienze che non credeva minimamente possibili.
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Solaris segna il passaggio del regista Tarkovskij da una tematica prettamente storica a una fantascientifica, che tuttavia non si configura come lo spettatore potrebbe aspettarsi. Qui non vi sono alieni, incrociatori stellari o armi laser, ma un tema filosofico piuttosto impegnativo e ricorrente lungo tutta la pellicola, condensabile nella seguente domanda: qual è il significato dell’essere umano?
Il protagonista, uno psicologo, viene inviato forte della sua fede nella scienza e nella ragione a comprendere cosa stia avvenendo nella stazione spaziale fluttuante nell’oceano del pianeta Solaris. In questo luogo, però, ben presto si accorgerà che la realtà non è necessariamente quella percepita con gli occhi, e andrà incontro a esperienze che non credeva minimamente possibili. La sua salute mentale subirà un declino sempre più veloce e inarrestabile, con le stesse pareti e corridoi della struttura a fungere da gabbia stritolante e soffocante.
Non vi è un modo chiaro atto a uscire da tale situazione, e non è un caso che i suoi compagni di viaggio decidano di guidarlo lungo tale via in due maniere antitetiche: uno gli consiglia di reagire appellandosi alla scienza e al “confronto/scontro” con l’entità immateriale che sembra permeare il pianeta, l’altro suggerisce invece di abbandonarsi al semplice fatto che l’uomo non possa pretendere di conoscere il cosmo e le altre eventuali forme di vita, quando non comprende nemmeno se stesso. Di conseguenza, secondo il dottor Snaut l’ideale sarebbe “avere meno navi spaziali per esplorare e più specchi in cui riflettersi”.
In questo terzo lungometraggio Andrei Tarkovskij esprime un pessimismo piuttosto forte, mettendo lo spettatore con le spalle al muro (si veda, per esempio, la scioccante scena finale del ritorno sulla Terra), nonostante per un attimo dia l’impressione che anche di fronte a tali difficoltà e sofferenze una stilla di vita possa comunque esserci. Si prenda a dimostrazione l’inquadratura sempre più ravvicinata della piantina posta nella cabina del protagonista e cresciuta in quelle condizioni avverse (spazio e scatola di metallo).
Ma, purtroppo, il regista pare comunque suggerirci il fatto che una volta che un essere umano riesce a liberarsi di un’ossessione che gli affollava la mente, ecco che dietro l’angolo ne appare immediatamente un’altra pronta a riempire quel vuoto appena formatosi. Il tutto in un ciclo senza fine e senza opportunità alcuna di sfuggirne proprio perché, per citare una frase di Friedrich Nietzsche, “se scruti a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te”.
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iuriv
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lunedì 26 settembre 2016
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un oceano di gelatina.
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Il 2001 sovietico, come è stato talvolta impropriamente definito, porta sullo schermo le gesta narrate nel romanzo Solaris di Stanislaw Lem.
Tarkovskij tocca buona parte delle tematiche affrontate dallo scrittore polacco, come il confronto tra etica e scienza e l'incomprensione tra l'essere umano e l'oceano gelatinoso che caratterizza il pianeta.
Tuttavia il regista si sofferma sul rapporto che Kelvin vive con la sua ospite, creatura mentale materializzata dall'oceano stesso come presenza fisica in carne e ossa. Esplorando questo e regalando agli spettatori un finale spettacolare, Tarkovskij trasforma il pianeta Solaris in un luogo dove l'umanità pare aver la possibilità di tralasciare la crudezza della realtà per trasferirsi in un luogo onirico, dove i desideri più profondi riescono a prendere forma.
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Il 2001 sovietico, come è stato talvolta impropriamente definito, porta sullo schermo le gesta narrate nel romanzo Solaris di Stanislaw Lem.
Tarkovskij tocca buona parte delle tematiche affrontate dallo scrittore polacco, come il confronto tra etica e scienza e l'incomprensione tra l'essere umano e l'oceano gelatinoso che caratterizza il pianeta.
Tuttavia il regista si sofferma sul rapporto che Kelvin vive con la sua ospite, creatura mentale materializzata dall'oceano stesso come presenza fisica in carne e ossa. Esplorando questo e regalando agli spettatori un finale spettacolare, Tarkovskij trasforma il pianeta Solaris in un luogo dove l'umanità pare aver la possibilità di tralasciare la crudezza della realtà per trasferirsi in un luogo onirico, dove i desideri più profondi riescono a prendere forma.
Che Solaris sia un capolavoro ci sono pochi dubbi. Che si tratti di un'opera facilmente fruibile, invece, è tutto da stabilire. Innanzitutto, per apprezzarne al meglio le sfumature, sarebbe opportuno vedere la versione integrale, parecchio più lunga dell'edizione italiana tradizionale.
La prima parte ambientata nel giardino non può essere definita tra le più pimpanti della storia del cinema, ma aiuta molto a farsi un'idea del contesto nel quale la vicenda si svolge. Gli accenni alla solaristica, il rapporto conflittuale tra lo studio della scienza e l'esperienza pratica dell'oceano, lo scontro generazionale tra padre e figlio, sono elementi essenziali nella trama del film, senza i quali le avventure all'interno della stazione orbitante rischiano di apparire poco comprensibili.
Io mi sono goduto molto la visione, nonostante i ritmi del film non siano certo da opera pop. Il regista mantiene sempre un piede sul freno e lascia che la vicenda scorra prendendosi tutto il tempo necessario, o forse anche qualcosa in più.
Credo, però, che l'aver letto il libro da cui la pellicola è tratta, mi abbia fornito una guida utile per attraversare alcuni punti ostili di questo lavoro. La mia opinione potrebbe essere condizionata da questo.
Solaris comunque lo consiglio, anche se nella sua edizione integrale. A patto, però, di avere la possibilità di dedicargli la giusta attenzione.
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video-r
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sabato 25 gennaio 2014
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gli abissi della mente
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Sarebbe riduttivo parlare di Solaris come di un semplice film di fantascienza: la narrazione, infatti, più che verso un futuro avveniristico è introiettata nella sfera del ricordo, nel tentativo di favorire un approccio con un passato quanto mai problematico.
Lo psicologo Kris Kelvin, in procinto di imbarcarsi per una missione interstellare, viene visitato nella sua casa di campagna dal pilota Henri Berton; quest'ultimo è da poco rientrato da Solaris, il pianeta interamente coperto dall'oceano che Kelvin si appresta a visitare, dove è stato testimone di fenomeni di difficile interpretazione. Sembra infatti che l'atmosfera del luogo sia in grado di dare forma ai pensieri di chi vi accede, trasformando così la stazione spaziale in un ricettacolo di allucinazioni corporee; degli ottantanove scienziati iniziali solo tre hanno accettato di proseguire il loro incarico e uno di questi, Gibarian, si è infine suicidato, vittima di questa lucida schizofrenia.
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Sarebbe riduttivo parlare di Solaris come di un semplice film di fantascienza: la narrazione, infatti, più che verso un futuro avveniristico è introiettata nella sfera del ricordo, nel tentativo di favorire un approccio con un passato quanto mai problematico.
Lo psicologo Kris Kelvin, in procinto di imbarcarsi per una missione interstellare, viene visitato nella sua casa di campagna dal pilota Henri Berton; quest'ultimo è da poco rientrato da Solaris, il pianeta interamente coperto dall'oceano che Kelvin si appresta a visitare, dove è stato testimone di fenomeni di difficile interpretazione. Sembra infatti che l'atmosfera del luogo sia in grado di dare forma ai pensieri di chi vi accede, trasformando così la stazione spaziale in un ricettacolo di allucinazioni corporee; degli ottantanove scienziati iniziali solo tre hanno accettato di proseguire il loro incarico e uno di questi, Gibarian, si è infine suicidato, vittima di questa lucida schizofrenia. Snaut e Sartorius, gli unici due colleghi rimasti, accolgono quindi Kelvin nella loro base e lo mettono subito in guardia dai pericoli che vi si insidiano: non passerà infatti molto tempo prima che allo psicologo si presenti il ricordo tangibile di Hari, la donna che per lui si era tolta la vita dieci anni prima. I tentativi di eliminarla si rivelano inutili poiché queste presenze, apparse in seguito al bombardamento dell'oceano di Solaris, sono destinate a rigenerarsi e non possono essere distrutte se non tramite l'annichilatore, strumento creato appositamente da Sartorius; sarà Hari stessa, ormai diventata pienamente consapevole della sua natura, a scegliere questa fine e sacrificarsi per amore di Kelvin. Questi, una volta tornato sulla Terra, scoprirà però di non essersi lasciato alle spalle le sue ossessioni: l'oceano di Solaris dilaga nella sua stessa casa e il regista, attraverso un dolly vertiginoso, ci mostra l'abitazione di Kelvin che rimpicciolisce ed entra a far parte di quell'immenso mare, in una sequenza che si ricollega direttamente a quella iniziale.
Tarkovskij si appropria del genere fantascientifico per realizzare un'opera cerebrale e allo stesso tempo poetica; appare infatti chiaro che Solaris, a dispetto del suo nome, rappresenta la parte più oscura della psiche umana. Attraverso le parole di Cervantes, il regista ribalta il motto di Goya che vuole che sia il sonno della ragione a generare mostri: qui è una febbrile ansia di conoscenza a farli apparire e il sonno, o la morte, rappresentano l'unico modo per sottrarsi al loro potere. Cercare di sondare i nostri pensieri diventa quindi inutile, se non addirittura dannoso, e a forza di guardare l'abisso si finisce per venirne risucchiati, come avviene ad Hari davanti a un ipnotico quadro di Bruegel. Meglio sarebbe arginare la nostra sete conoscitiva e la lezione di Tarkovskij risulta ancora più audace se la si colloca nel contesto in cui è nata: l'Unione Sovietica in piena guerra fredda. Solaris, pur essendo un'opera all'avanguardia, è un film che cerca nella poesia un riparo dagli eccessi della tecnica e lo fa tramite una sensibilità da cui attingeranno molti dei più grandi registi delle successive generazioni, il Lars von Trier di “Melancholia” sopra tutti.
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fabio1957
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venerdì 31 luglio 2015
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ottimo film di metafisica
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Non si può classificare questo gioiello come film di fantascienza,è riduttivo.La pellicola,che si ispira a un capolavoro di Lem e che ha visto anche un remake inadeguato con Cloney,è assolutamente geniale e scava a fondo nel grande interrogativo dell'uomo.Siamo soli nell'universo?Ma soprattutto esiste Dio e se ci fosse potrebbe essere un pianeta,non inerte e inanimato, ma vivente e pulsante, capace di riprodurre cloni di persone esistite,sondando la mente di chi le ha intimamente conosciute.
Ottimo film di metafisica
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