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Il dubbio del 1961 richiama alla mente, subito dopo averlo visto, Il sospetto di Hitchcock del 1941 e non soltanto per la straordinaria somiglianza del soggetto. Pur essendo tratti i due film da due romanzi diversi, rispettivamente da Before the Fact di Anthony Berkeley Cox e da First train to Babylon di Max Ehrlich, il thriller di Anderson sembra quasi un remake non dichiarato del primo. Ad avvalorare questa tesi suggestiva c’è la sequenza dell’auto scoperta in corsa sulla strada a strapiombo sulla scogliera che Anderson ripropone molto simile a quella presente ne’ Il sospetto e l’identica paura della donna di essere uccisa in quei momenti dal marito, nel film di Anderson, Gary Cooper, in quello di Hitchcock, Cary Grant. Nella migliore delle ipotesi potrebbe essere stato un omaggio al maestro del brivido. Al di là di questo dubbio sull’originalità del soggetto e del sospetto che si sia trattato di un tentativo di plagio, il film di Anderson è un piacevole giallo dall’esito non scontato che ricalca lo stile di quelli del più famoso collega. Inizia come un legal thriller, ma è soltanto un antefatto, in un aula di tribunale, dove Peter Cusghing interpreta il pubblico ministero in un processo per rapina e omicidio e Gary Cooper il principale testimone dell’accusa e dopo un salto temporale di cinque anni si trasforma in un thriller psicologico basato sulle angosce della protagonista, Deborah Kerr, afflitta dal dubbio che l’improvvisa fortuna economica del marito sia dovuta non ad un colpo in borsa, come lui sostiene, ma sia il frutto invece di quel delitto avvenuto cinque anni prima. Nel film c’è uno spaccato sociale inaspettato della Londra degli anni ’60 nella sequenza in cui la donna frequentatrice dei salotti buoni della capitale, in preda ai sensi di colpa, fa visita alla moglie dell’uomo ingiustamente condannato per quell’assassinio, oramai costretta vivere in un quartiere periferico nella povertà e nel degrado.
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