danilodac
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mercoledì 24 marzo 2010
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l'infernale quinlan-"a modo suo era un grand'uomo"
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Divergenze professionali tra due poliziotti di stampo opposto: Vargas (Charlton Heston), messicano della Commissione panamericana antidroga, e Jack Quinlan, americano dalla dubbia moralità, sospettato di usare la legge a modo suo. Durante il viaggio di nozze del primo insieme alla moglie, succederà di tutto: minacce, colluttazioni, sospetti. E il sottile confine tra il bene e il male unito al dilemma “Il fine giustifica i mezzi”?
Liberamente tratto da un romanzo di Whit Masterson, scritto da Orson Welles, è un eccellente film nero al di fuori della norma. Nella trasgressione degli schemi di questa insolita pellicola sono coinvolti numerosi elementi: atmosfera, narrazione, disegno dei personaggi, taglio visivo.
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Divergenze professionali tra due poliziotti di stampo opposto: Vargas (Charlton Heston), messicano della Commissione panamericana antidroga, e Jack Quinlan, americano dalla dubbia moralità, sospettato di usare la legge a modo suo. Durante il viaggio di nozze del primo insieme alla moglie, succederà di tutto: minacce, colluttazioni, sospetti. E il sottile confine tra il bene e il male unito al dilemma “Il fine giustifica i mezzi”?
Liberamente tratto da un romanzo di Whit Masterson, scritto da Orson Welles, è un eccellente film nero al di fuori della norma. Nella trasgressione degli schemi di questa insolita pellicola sono coinvolti numerosi elementi: atmosfera, narrazione, disegno dei personaggi, taglio visivo. Welles li usa tutti con una saggezza magistrale. Nel dirigere la sua 9° pellicola va alla ricerca dell’originale e del barocchismo più esaltante, qualità che in passato lo fecero emergere come un prosecutore dell’espressionismo tedesco.
L’estro visivo è il motore del film, l’atmosfera è il carburante. La straordinaria fotografia di Russel Metty immerge lo spettatore negli ombrosi e malfamati quartieri messicani, riunendo in un solo colpo tradizione hollywoodiana e originalità d’autore. Nella sceneggiatura e nella scelta degli attori infatti, (con Charlton Heston imposto a Welles dalla produzione) il film è in linea con l’ottica di Hollywood (sempre attenta al botteghino), ma analizzandone la struttura stilistica e il suo aspetto estetico Welles tiene d’occhio la lezione del cinema tedesco, aggiungendovi il suo brio visivo e allucinato.
Il film è anche una vera e propria tragedia shakespeariana, con Quinlan protagonista di un intreccio elisabettiano trasportato negli anni ’50. Nel dipingere il suo personaggio però, Welles inietta una dose di malvagità che in molte occasioni viene quasi giustificata; un’accoppiata tra uso errato della giustizia e uso razionale.
Sesso, droga (tema anomalo per quegli anni), criminalità, corruzione, omicidio, tradimento, vendetta: è una discesa all’inferno.
In “Ed Wood” di Tim Burton viene ricordata la scena in cui Welles mostrò la sua perplessità riguardo la scelta di Charlton Heston per interpretare la parte di un messicano, ma l’attore americano se la cava, insieme ad un gruppo di attori formidabili per aderenza ai personaggi e calcolata misura di recitazione, prima fra tutti Marlene Dietrich nei panni di una chiromante che legge il futuro.
E’ l’ultimo film hollywoodiano di Welles, dopo i due precedenti diretti in Europa, peccato.
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nicolò
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sabato 2 giugno 2007
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capolavoro del noir wellesiano
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Con "Quarto potere" il capolavoro assoluto di Welles, che fu capace di cavare da un romanzetto di poco conto un memorabile noir a tinte gialle, superbamente dominato dalla figura del suo personaggio, Hank Quinlan, capitano di polizia dalla fedina penale sporca perché si considera al di sopra della legge. E' in terra di confine che avviene il suo incontro, o meglio lo scontro, con il suo esatto opposto: un agente messicano (Charlton Heston) ligio al dovere che è sulle tracce del mafioso Grandi (Akim Tamiroff). Attorno ai due personaggi principali si muovono altre pedine: la moglie (Janet Leigh) del poliziotto, che viene rapita dagli sgherri di Grandi, una sensuale quanto ambigua chiromante (Marlene Dietrich).
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Con "Quarto potere" il capolavoro assoluto di Welles, che fu capace di cavare da un romanzetto di poco conto un memorabile noir a tinte gialle, superbamente dominato dalla figura del suo personaggio, Hank Quinlan, capitano di polizia dalla fedina penale sporca perché si considera al di sopra della legge. E' in terra di confine che avviene il suo incontro, o meglio lo scontro, con il suo esatto opposto: un agente messicano (Charlton Heston) ligio al dovere che è sulle tracce del mafioso Grandi (Akim Tamiroff). Attorno ai due personaggi principali si muovono altre pedine: la moglie (Janet Leigh) del poliziotto, che viene rapita dagli sgherri di Grandi, una sensuale quanto ambigua chiromante (Marlene Dietrich)... Riempito dalla musica di Henry Mancini e con un finale memorabile, "Touch of Evil" è un film che ha inevitabilmente fatto scuola, ma fu persino vittima dell'idiozia dei responsabili della Universal che diedero ad un dilettante il compito di rifare delle scene e modificare il montaggio effettuato da Welles. Un'operazione ignobile che fu colmata solo negli anni '90 quando fu effettuato, ad opera di Walter Murch (Oscar per il suono di "Apocalypse Now"), il ripristino dell'edizione originale voluta da Welles. Che fu poi ridistribuita in Italia, grazie alla Sacher, anche in inglese con sottotitoli.
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andrea
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lunedì 14 maggio 2001
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"l’uomo dai mille volti (tecnici e attoriali)"
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Capolovoro assoluto del cinema wellesiano dominato, anche quando non è fisicamente in campo, dal titanico personaggio di Quinlan, la cui dolcezza ed umanità emerge prepotentemente quando cerca (perché in questi momenti e solo in questi tutti sembrano non rispettarlo e l’interrompono con disprezzo, schiacciando il suo es ed il suo io e dimostrando così di essere interessati soltanto al suo “super-io”[il ruolo sociale di capitano di polizia]) di ricordare la sua tragedia: l’omicidio della moglie che cerca di esorcizzare utilizzando la stessa tecnica nel folle omicidio di Grande (Tamiroff). In questa scena il grandangolo, la fotografia di Metty (alla seconda esperienza con Welles dopo “The Stranger”, ma già intervenuto addizionalmente ne “L’orgoglio degli Amberson”) e i “furibondi” movimenti della m.
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Capolovoro assoluto del cinema wellesiano dominato, anche quando non è fisicamente in campo, dal titanico personaggio di Quinlan, la cui dolcezza ed umanità emerge prepotentemente quando cerca (perché in questi momenti e solo in questi tutti sembrano non rispettarlo e l’interrompono con disprezzo, schiacciando il suo es ed il suo io e dimostrando così di essere interessati soltanto al suo “super-io”[il ruolo sociale di capitano di polizia]) di ricordare la sua tragedia: l’omicidio della moglie che cerca di esorcizzare utilizzando la stessa tecnica nel folle omicidio di Grande (Tamiroff). In questa scena il grandangolo, la fotografia di Metty (alla seconda esperienza con Welles dopo “The Stranger”, ma già intervenuto addizionalmente ne “L’orgoglio degli Amberson”) e i “furibondi” movimenti della m.d.p. rendono baroccamente e splendidamente delirante la sequenza. L’estrema complessità di Quinlan, in cui spietatezza e umanità lottano instancabilmente una contro l’altra, deriva, nella sua contraddittorietà d’impianto, dal fatto che in questo personaggio Welles condensa tratti e caratteri delle precedenti interpretazioni nei suoi film da regista-attore-sceneggiatore-produttore e nelle “partecipazioni esterne”. “Mostruosa”, sconcertante al di là della padronanza assoluta del grandangolo (usato dice Welles: « unicamente perché gli altri cineasti non se ne sono serviti…il cinema è come una colonia…voglio occupare un campo libero e lavorarci » ) e della profondità di campo (di cui aveva già mostrato padronanza assoluta assieme al grandangolo a 25 anni con “Quarto potere” e nel successivo “L’orgoglio degli Amberson”) è la modernità dei movimenti della m.d.p. In questo Welles raggiunge i massimi risultati espressionisticamente espressivi nella simbiosi raggiunta con il montaggio che porta a preferire l’articolatissima e magistrale scena finale rispetto al pur meraviglioso piano-sequenza d’apertura degno di entrare in ogni antologia cinematografica. In conclusione con questa pellicola Welles “non fa altro” che continuare a dimostrare “di aver imparato la tecnica in quattro giorni e di servirsene”, come pochissimi altri per continuità e rendimento nella storia del cinema, “per fare dell’arte”.
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(di mel)
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il cinefilo
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domenica 22 agosto 2010
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un vero capolavoro di stile
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TRAMA:La storia si svolge al confine tra gli Stati Uniti e il Messico dove un poliziotto messicano onesto(l'attore è Charlton Heston)si trova a scontrarsi con i metodi investigativi ambigui del capo della polizia Hank Quinlan(Orson Welles)...RECENSIONE:Il regista e attore Orson Welles realizza con TOUCH OF EVIL(il titolo originale)una delle opere noir più complesse e affascinanti del cinema americano.
Questo film si contraddistingue da molti altri film di questo genere grazie anche all'uso geniale che O.Welles fa della cinepresa il quale,attraverso una serie di inquadrature e piani-sequenza molto particolari,riesce a farne uno strumento con il quale non si limita a filmare le potenti interpretazioni dei protagonisti ma diventa un autentica"lente d'ingrandimento"sulla personalità dei personaggi che gli attori si trovano a portare sullo schermo e soprattutto sul personaggio di Hank Quinlan.
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TRAMA:La storia si svolge al confine tra gli Stati Uniti e il Messico dove un poliziotto messicano onesto(l'attore è Charlton Heston)si trova a scontrarsi con i metodi investigativi ambigui del capo della polizia Hank Quinlan(Orson Welles)...RECENSIONE:Il regista e attore Orson Welles realizza con TOUCH OF EVIL(il titolo originale)una delle opere noir più complesse e affascinanti del cinema americano.
Questo film si contraddistingue da molti altri film di questo genere grazie anche all'uso geniale che O.Welles fa della cinepresa il quale,attraverso una serie di inquadrature e piani-sequenza molto particolari,riesce a farne uno strumento con il quale non si limita a filmare le potenti interpretazioni dei protagonisti ma diventa un autentica"lente d'ingrandimento"sulla personalità dei personaggi che gli attori si trovano a portare sullo schermo e soprattutto sul personaggio di Hank Quinlan.
La potenza del film si trova proprio nella cinepresa e nella tecnica"Wellesiana"di costruire una realtà composta unicamente di luci e ombre(che vale dal punto di vista tecnico-stilistico e da quello psicologico analizzando le personalità dei due poliziotti in cui,se da una parte uno di loro è tanto onesto e "limpido" professionalmente l'altro,al contrario,rivela un ambiguità immorale e una meschinità senza limiti)e che ricorda,sotto questo aspetto,la maestria dimostrata in QUARTO POTERE.
Il regista dimostra una grande bravura anche nel portare in scena,oltre ai protagonisti,anche una carrellata di attori secondari(ma non meno particolari)quali Marlene Dietrich e Joseph Calleia e resta indimenticabile la frase finale detta a proposito di Quinlan:"era un farabutto ma a modo suo era un grande uomo"svelando così un apparente e geniale paradosso della sceneggiatura(scritta dallo stesso regista).
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gallo1
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giovedì 7 aprile 2011
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magnifico tragico welles
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Al confine tra Messico e Stati Uniti è compiuto un delitto che coinvolge le autorità di ambedue i paesi. L'attrito tra Mike Vargas (Heston), funzionario messicano, e Hank Quinlan (Welles), capitano americano, tangibile già dal primo incontro, sfocia in una sorta di duello, combattuto da una parte con l'impegno senza macchia dell'idealismo, dall'altra con la soverchiante arroganza della corruzione morale.
Dal punto di vista tematico sono notevoli e variegati gli spunti di riflessione: si va dall'ingenuità dell'idealista, al fanatismo che può avversare l'animo umano nel perseguire cause apparentemente o inizialmente giuste, dal carisma come strumento di potere, alla pericolosità di affrontare situazioni malavitose senza fare compromessi, il tutto, unica cosa enunciata da entrambi i protagonisti maschili, sempre sottolineando quanto duro e spersonalizzante possa essere il mestiere del poliziotto.
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Al confine tra Messico e Stati Uniti è compiuto un delitto che coinvolge le autorità di ambedue i paesi. L'attrito tra Mike Vargas (Heston), funzionario messicano, e Hank Quinlan (Welles), capitano americano, tangibile già dal primo incontro, sfocia in una sorta di duello, combattuto da una parte con l'impegno senza macchia dell'idealismo, dall'altra con la soverchiante arroganza della corruzione morale.
Dal punto di vista tematico sono notevoli e variegati gli spunti di riflessione: si va dall'ingenuità dell'idealista, al fanatismo che può avversare l'animo umano nel perseguire cause apparentemente o inizialmente giuste, dal carisma come strumento di potere, alla pericolosità di affrontare situazioni malavitose senza fare compromessi, il tutto, unica cosa enunciata da entrambi i protagonisti maschili, sempre sottolineando quanto duro e spersonalizzante possa essere il mestiere del poliziotto.
Dal punto di vista tecnico si vede senza dubbio la mano del maestro. Dalla profondità di campo ai piani sequenza, dallo splendido bianco e nero alle inquadrature, ogni attimo della pellicola è ricco di tocchi magistrali. L'ambientazione non può non ricordare quelle del maestro del genere Lang, con una città buia e sporca, notturna e pericolosa, gli interni claustrofobici e misteriosi, i protagonisti meschini e corrotti. Il cast, inutile dirlo, è eccellente, anche se su tutti domina Welles, mefistofelico e tragico insieme, uno splendido esempio di corruzione dell'anima e del corpo.
Unica pecca è il personaggio di Zio Joe, eccessivamente macchiettistico e innaturale assolutamente non allineato alla drammaticità del contesto.
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jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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l'infernale quinlan di orson welles - capolavoro
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Vargas (Heston), poliziotto messicano in viaggio di nozze negli Stati Uniti, patria della moglie (Leigh), assiste ad un attentato e viene coinvolto nelle indagini, condotte dal capitano veterano Hank Quinlan (Welles), un buon poliziotto, ma che si affida solamente alle proprie intuizioni, peraltro giuste, ma pur di confermarle non esita a falsificare le prove. Ennesimo capolavoro di Welles, forse il suo film migliore dopo Quarto Potere, che l’ha sceneggiato dal romanzo Whit Masterson, peraltro mai letto del tutto e da cui ha preso solo la vicenda centrale, che ha poi integrato con alcune riflessioni geniali sul potere, la corruzione, la giustizia. Si è costruito un ruolo su misura, interpretato poi magistralmente.
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Vargas (Heston), poliziotto messicano in viaggio di nozze negli Stati Uniti, patria della moglie (Leigh), assiste ad un attentato e viene coinvolto nelle indagini, condotte dal capitano veterano Hank Quinlan (Welles), un buon poliziotto, ma che si affida solamente alle proprie intuizioni, peraltro giuste, ma pur di confermarle non esita a falsificare le prove. Ennesimo capolavoro di Welles, forse il suo film migliore dopo Quarto Potere, che l’ha sceneggiato dal romanzo Whit Masterson, peraltro mai letto del tutto e da cui ha preso solo la vicenda centrale, che ha poi integrato con alcune riflessioni geniali sul potere, la corruzione, la giustizia. Si è costruito un ruolo su misura, interpretato poi magistralmente. Quinlan, gigantesco per idee, portamento e fisico (Welles è ormai allo stato di obesità incontrollata) è l’incarnazione di un poliziotto dai grandi ideali, ma che li tradisce mettendoli in pratica. Spesso geniale, disegna alcuni personaggi memorabili, la chiromante (Dietrich), personaggio inventato da Welles apposta per una visita della Dietrich sul set, oltre al poliziotto Menzies (Calleia), che come dice deve tutto a Quinlan, ma che nel finale accetta di aiutare Vargas, così da divenire un poliziotto onesto, nonostante proprio a lui il capitano affidasse il compito di falsificare le prove. È la storia di un uomo che non ha mai mandato in prigione un uomo che non lo meritasse, come dice nella scena finale sul ponte, ma che di illegalità per far carriera ne ha compiute tante. Memorabile il finale con la chiromante che dice: “era uno sporco poliziotto, ma in fondo era anche un gran uomo”. Prodotto dalla Universal, con cui Welles accettò di lavorare per avere Heston, che però lo tagliò fino a ridurlo a 95’. Tuttavia nel 1976 fu pubblicata la versione originale voluta da Welles della durata di 107’. Nel 1998 ne è uscita una versione estesa e restaurata, mai approvata dal regista, peraltro già morto, ma in cui sono presenti alcune scene in più.
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samanta
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domenica 27 novembre 2022
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un sogno caotico
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Il film uscì nel 1958 con la regia di Orson Welles che è anche interprete e produttore (ebbe anche il sostegno finanziario di Charlton Heston). E' un film datato criticato all'inizio, in seguito sopravvalutato, è un noir che più che suspence provoca nello spettatore un'angoscia incombente aspettando chissà quale finale che non viene, in un'atmosfera onirica da incubo. L'impressione è quella che alla base ci sia un vulcano di idee geniali che scoppia all'improvviso con una lava che scorre troppo tumultuosamente.
La sceneggiatura vedendo sia l'originale cinematografico italiano sia la versione (in italiano) rimontata anni dopo, è piena di lacune, di salti logici, che mostrano una difficoltà di esposizione.
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Il film uscì nel 1958 con la regia di Orson Welles che è anche interprete e produttore (ebbe anche il sostegno finanziario di Charlton Heston). E' un film datato criticato all'inizio, in seguito sopravvalutato, è un noir che più che suspence provoca nello spettatore un'angoscia incombente aspettando chissà quale finale che non viene, in un'atmosfera onirica da incubo. L'impressione è quella che alla base ci sia un vulcano di idee geniali che scoppia all'improvviso con una lava che scorre troppo tumultuosamente.
La sceneggiatura vedendo sia l'originale cinematografico italiano sia la versione (in italiano) rimontata anni dopo, è piena di lacune, di salti logici, che mostrano una difficoltà di esposizione. Ridicoli alcuni dialoghi come quando il poliziotto messicano Vargas (Charlton Heston) dà lezioni di democrazia (!) sull'arresto delle persone al sergente americano Menzies (Joseph Calleia): nel 1958 il Messico era sotto la dittatura del P.R.I. partito praticamente unico che gli oppositori nella migliore dell'ipotesi li metteva in carcere e nella peggiore li sopprimeva. Per quanto riguarda la regia certamente c'é la tecnica anche di alto livello, non solo il famoso incipit con 12 minuti di piano sequenza , ma anche il finale, anche se è cervellotico e grottesco con Vargas che spogliandosi rincorre di nascosto con un registratore Quinlan, tecnicamente è eccellente.
Troppo caricaturale la recitazione di alcuni personaggi ad esempio: il portiere del motel (Dennis Weawer), così modesta l'interpretazione dello staff di di Quinlan come quella del procuratore distrettuale Adair (Ray Collins, il tenente Tragg di Perry Mason).Orson Welles è un Quinlan non demonio ma un pasticcione dalle idee confuse che non si sa come sia riuscito ad incantare prccura, polizia e il sindaco arrestando le persone con prove false mandando alla pena di morte presunti criminali, ma il suo comportamento è illogico come quando per vendicarsi di Vargas fabbrica prove false assurde contro la moglie Susan (Janet Leigh). Janet Leigh sembra destinata ad incubi nei motel: 2 anni dopo sarà uccisa in un motel in un film di altro spessore: Psyco, recita bene, pur con una sceneggiatura lacunosa, una donna terrorizzata da una banda di drogati. Charlton Heston è bravo e recita discretamente ma non è in parte: un uomo alto 1,90, biondo (con parrucca nera) con occhi azzurri è un messicano inverosimile. Alla stesso livello i comprimari: Akim Tamiroff è un non credibile boss mafioso, Marlene Dietrich recita sé stessa ma non siamo ne L'angelo Azzurro, guest star: Joseph Cotten e Zsa Zsa Gabor; ottima la fotografia in bianco nero e la la musica di Henry Mancini.
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luca scial�
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venerdì 7 dicembre 2012
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un poliziotto implacabile ma corrotto
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Ai confini tra Messico e California l'auto di un miliardario viene falta saltare, uccidendo il proprietario e una ballerina che lo accompagnava. Sulle tracce dell'assassino si mettono sia Vargas (Heston), funzionario messicano della Commissione panamericana antidroga, sia il capitano della polizia Hank Quinlan. I due si scontrano presto, poiché quest'ultimo troppo sommariamente vuole accusare un messicano, mentre l'altro vuole indagare su una potente famiglia malavitosa.
Orson Welles traspone il romanzo Contro tutti (Badge of Evil) di Whit Masterson, per quello che sarà il suo ultimo film per Hollywood. Chiude in bellezza, con un giallo girato con tecniche di regia molto particolari: telecamera mobile, inquadrature spiazzanti, giochi in chiaro scuro.
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Ai confini tra Messico e California l'auto di un miliardario viene falta saltare, uccidendo il proprietario e una ballerina che lo accompagnava. Sulle tracce dell'assassino si mettono sia Vargas (Heston), funzionario messicano della Commissione panamericana antidroga, sia il capitano della polizia Hank Quinlan. I due si scontrano presto, poiché quest'ultimo troppo sommariamente vuole accusare un messicano, mentre l'altro vuole indagare su una potente famiglia malavitosa.
Orson Welles traspone il romanzo Contro tutti (Badge of Evil) di Whit Masterson, per quello che sarà il suo ultimo film per Hollywood. Chiude in bellezza, con un giallo girato con tecniche di regia molto particolari: telecamera mobile, inquadrature spiazzanti, giochi in chiaro scuro. Molto efficaci le inquadrature in primo piano allo stesso Welles, che interpreta il terribile, anzi infernale, capitano Quinlan.
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tomdoniphon
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sabato 9 maggio 2015
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il "tocco" di welles
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In viaggio di nozze con la moglie messicana (Leigh), Vargas (Heston), funzionario messicano di polizia, si scontra con Hank Quinlan (Welles), poliziotto dal fiuto infallibile ma di etica assai dubbia, considerandosi al di sopra della legge.
Capolavoro della maturità del regista, con al centro un personaggio oscuro e geniale, carico di doppiezza e di mistero (“Era uno sporco poliziotto, ma a suo modo era anche un grand’uomo” dirà alla fine del film la sua amica Tanya, interpretata da Marlene Dietrich).
Mai come in questo film è stato incerto il confine tra il bene ed il male, tanto da trascendere il genere noir in cui, a rigore, andrebbe collocato: un apologo sulla legge e su chi la manovra che ritroveremo in parte nelle torbide vicende narrate (molti anni più tardi) dal romanziere James Ellroy.
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In viaggio di nozze con la moglie messicana (Leigh), Vargas (Heston), funzionario messicano di polizia, si scontra con Hank Quinlan (Welles), poliziotto dal fiuto infallibile ma di etica assai dubbia, considerandosi al di sopra della legge.
Capolavoro della maturità del regista, con al centro un personaggio oscuro e geniale, carico di doppiezza e di mistero (“Era uno sporco poliziotto, ma a suo modo era anche un grand’uomo” dirà alla fine del film la sua amica Tanya, interpretata da Marlene Dietrich).
Mai come in questo film è stato incerto il confine tra il bene ed il male, tanto da trascendere il genere noir in cui, a rigore, andrebbe collocato: un apologo sulla legge e su chi la manovra che ritroveremo in parte nelle torbide vicende narrate (molti anni più tardi) dal romanziere James Ellroy.
All’ambiguità morale della vicenda corrisponde, poi, un’ambiguità estetica, ben rappresentata dallo stile barocco del film: uso inedito del piano sequenza (come quello celeberrimo di apertura del film), profondità di campo, riprese dall’alto o dal basso creano nell’insieme un’atmosfera allo stesso tempo inquietante e magnetica (e, a differenza di buona parte del cinema “d’autore” d’oggi, non fine a se stessa).
“Touch of evil” – memorabile titolo originale del film – può quindi senz’altro essere considerato un compendio del cinema di Orson Welles, da sempre affascinato proprio da quel “tocco del male” che si insinua in quei personaggi tanto titanici quanto geniali (e il più delle volte non privi, in sottofondo, di umanità), destinati però inevitabilmente alla sconfitta.
Basti citare una delle sequenze finali del film, in qui Quinlan chiede a Tanya: “Leggimi il futuro”; e lei risponde: “Non ce l’hai…”.
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elgatoloco
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giovedì 27 maggio 2021
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capolavoro, forse"a parte"di welles
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"Touch of Evil"(Orson Welles, anche autore della sceneggiatura, liberamente tratto da un libro With Mesterson, 1957-58). Vargas, un poliziotto mexicano indaga, nella zona di confine tra Mexico e UNited States(New Mexico)cercando i repsonsabili di un grosso traffic di dorga. E'accomapgnato dlla moglie, statunintese, che soggiorna in un motel di proprietà del grande gangster che il marito di lei ricerca; in una notte, con la coomlicità"particoalredi un polizioto USA non proriamente corrottto(non s'era mai arricchito)ma decisamente razzista e comunque deciso a investigare per conto uso, contro Vargas, si ha una finta orgia(meglio: viene messa in scena una finta orgia)che coinvolge la moglie di Vargas; questi, con la complicità"prestata necessariamente"di un colalboratore-amico-complice di Quinlan, riuscirà a farlo confessare, dove il finale è veramente costellato di soluzioni tragtiche.
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"Touch of Evil"(Orson Welles, anche autore della sceneggiatura, liberamente tratto da un libro With Mesterson, 1957-58). Vargas, un poliziotto mexicano indaga, nella zona di confine tra Mexico e UNited States(New Mexico)cercando i repsonsabili di un grosso traffic di dorga. E'accomapgnato dlla moglie, statunintese, che soggiorna in un motel di proprietà del grande gangster che il marito di lei ricerca; in una notte, con la coomlicità"particoalredi un polizioto USA non proriamente corrottto(non s'era mai arricchito)ma decisamente razzista e comunque deciso a investigare per conto uso, contro Vargas, si ha una finta orgia(meglio: viene messa in scena una finta orgia)che coinvolge la moglie di Vargas; questi, con la complicità"prestata necessariamente"di un colalboratore-amico-complice di Quinlan, riuscirà a farlo confessare, dove il finale è veramente costellato di soluzioni tragtiche. Se anche non viene considerato un capoalvoro di Wells, grandissim o regista-atore-intreprte, "Touch of Evil"(il titolo italiano riferito a Quinlan è riduttivo, pur evidenziando comunque il personaggio fulcro del film, come in parte lo era /é nel romanzo), è un film stroardinario , dove veramente il bianco e nero, con tutte le sfumature che avvicinano-.allontano-dividoo i due colori, che sono tali in toto, rende un film a colori dove le sfumature del grigio(non quelle del romanetto.film erotico ancora, credo, circolante, dopo una circuitazione di un decennio...)rendono in pieno atmosfere crepuscolari, notturne, terribili, agnostciose e angoscianti, mostra come il"Touch of Evil"si annidi non solo nella po0lizia corrotta per motivi finanziari, come spesso in film politieschi dozzinali o meno, ma invece in quelle contropppsizionisizioni metafisco/.morali che senza voler necesaraiemtne invocare preoccupazioni relgiisoe, sono quasi ipostatizzate anche là dove forse non si crederebbe di ritrovarle.riscontrarle. Decisamente una dicotoomia che pssa attraverso la figura di Quinlan(quella di Vargas, reso bene da Cahrlton Heston è quasi"fatalmente"meno accenutata, come epsonente del Bene) qaule quintessenzam di un "Male"che pssa però per un personaggio , quello del captain Quinlan che, certo non alieno da vizi, ha vissuto però anni prima los trnagolamento dlela moglie, è passato attraverso fasi di etilismo acuto, tende a ricadervi, rimanendo comunque quasi un coripefo del Male,. proprio per la sua complessità caratteriale, assolutamente evidenzialta da u Orson Welles ingrassato e decisamente imbruttito ad arte(a proprostc di un grande storicao della letteratura, Luig Baldacci, una studiosa lo aveva defintio"bellocome Orson Wells"ea cnhe Welles era"bello"a suo modo, veramente)formaibaile, mentre Heston è comunque più che deocorso in un ruolo per lui insolito, C'è poi Marlene Dietrich, nel ruolo ambiguo di una enteaineuse,mentre Vivien Leigh è la moglie di Vargas, e il cast comprende altri interpreti, maschi,i e femminili di notevole qualità. Musiche efficaci di Henry Macini, per un film che qui viene proposto ora in una versione che comprende varie scene che rano state espunte, a suo tempo, dalla presentazione al pubblico nella sale e anche successivamente in TV, dunque anche un recupero filologicamente attento, da considerare anche come tale e da apprezzare. El Gato
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