
Titolo originale | Tartüff |
Anno | 1925 |
Genere | Commedia |
Produzione | Germania |
Durata | 72 minuti |
Regia di | Friedrich Wilhelm Murnau |
Attori | Emil Jannings, Rosa Valetti, Werner Krauss, Hermann Picha, Lil Dagover . |
Tag | Da vedere 1925 |
MYmonetro | 3,25 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 26 settembre 2023
Ispirato al Tartufo di Molière, il film ha come protagonista un ragazzo che cerca di far capire al nonno che sta per essere imbrogliato.
CONSIGLIATO SÌ
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Un giovane attore scopre che l'anziano nonno, istigato dalla governante che vuole impossessarsi dei suoi averi mostrando di essergli affezionata, sta per diseredarlo. Riesce quindi, grazie a un a proiezionista ambulante, a fargli vedere in casa un film che ha come soggetto "Tartufo" di Molière. Spera così di aprirgli gli occhi sulla realtà.
Murnau, tra L'ultima risata e Faust offre al suo attore feticcio Emil Jannings un ruolo forse meno noto ma di valore.
L'opera in cinque atti di Molière non ebbe vita facile fin dal suo esordio. Dopo che i primi tre atti vennero recitati a Versailles nel 1664 gesuiti e giansenisti si coalizzarono affinché non venisse più rappresentata. La sua prima messa in scena pubblica avvenne tre anni dopo ma si limitò ad una sola serata per poi essere vietata. Solo nel 1669 poté finalmente andare in scena con più repliche ma, ovviamente, non senza polemiche. Murnau decide di portarla sullo schermo non limitandosi a riproporre il testo molieriano ma volendo valorizzare il mezzo che intende utilizzare e cioè quello che ancora veniva chiamato con un vocabolo esteso: cinematografo. Vuole mostrare come il relativamente nuovo mezzo di comunicazione possa addirittura giungere nelle case per favorire un'apertura mentale che agli ipocriti non piace. Infatti la governante infida dichiara:" Non abbiamo bisogno di nessun cinema!" fino a quando non viene sedotta da un complimento (ipocrita) sulla sua avvenenza che non sussiste. Emil Jannings mette in gioco tutta la sua imponenza tenebrosa per impersonare un Tartufo che più che mellifluo (come è stato rappresentato in più occasioni grazie all'uso della parola) è minacciosamente invadente. Il dover utilizzare i cartelli impone delle scelte al regista che trova nei suoi interpreti le giuste reazioni.
I personaggi principali vengono ridotti da 12 a 4 (Gorgone, Tartufo, Elmira e la cameriera) e tutto si concentra nei tentativi della consorte di far comprendere a Gorgone quanto si stia facendo accecare da un uomo che costantemente finge di star leggendo testi sacri (anche quando scende le scale). Werner Krauss risulta credibile nei panni del padrone di casa convertito al credo di colui che ritiene un santo mentre Lil Dagover riesce a trasmettere la giusta dose di seduzione ad Elmira mostrandone, al contempo, la repulsione per la messa in scena a cui è costretta per smascherare l'ipocrita. Murnau va poi oltre superando la barriera dello schermo quando fa rivolgere il nipote direttamente allo spettatore con uno sguardo in macchina per rassicurarlo sul fatto che non intende arrendersi alle trame della governante. Si noti poi come il cinema stia sempre più raffinando il proprio linguaggio: il dettaglio delle calzature abbandonate in disordine dalla governante e poi rimesse a posto dal nipote racconta due modi di essere e di concepire la vita con la solo apparente semplicità di uno sguardo che è invece profondo.
Un giovane attore scopre che l’anziano nonno, istigato dalla governante che vuole impossessarsi dei suoi averi mostrando di essergli affezionata, sta per diseredarlo. Riesce quindi a fargli vedere in casa un film che ha come soggetto “Tartufo” di Molière. Spera così di aprirgli gli occhi sulla realtà.
Murnau decide di portare sullo schermo l’opera non limitandosi a riproporre il testo moleriano ma volendo valorizzare il mezzo che intende utilizzare e cioè quello che ancora veniva chiamato con un vocabolo esteso: cinematografo. Vuole mostrare come il relativamente nuovo mezzo di comunicazione possa addirittura giungere nelle case per favorire un’apertura mentale che agli ipocriti non piace.
Si noti poi come il cinema stia sempre più raffinando il proprio linguaggio: il dettaglio delle calzature abbandonate in disordine dalla governante e poi rimesse a posto dal nipote racconta due modi di essere e di concepire la vita con la solo apparente semplicità di uno sguardo che è invece profondo.