Titolo originale | Terje Vigen |
Anno | 1917 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Svezia |
Durata | 54 minuti |
Regia di | Victor Sjöström |
Attori | Victor Sjöström, Edith Erastoff, August Falck, Bergliot Husberg . |
Tag | Da vedere 1917 |
MYmonetro | 3,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 14 novembre 2023
Un marinaio, durante le guerre napoleoniche, viene catturato dagli inglesi non potendo così nutrire la sua famiglia. Cova il desiderio della vendetta.
CONSIGLIATO SÌ
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Terje Vigen è un marinaio fedele alla propria moglie e affezionato alla piccola figlia. Quando scoppia la guerra attraversa il mare per portare a casa il grano per il pane. Catturato dagli inglesi verrà incarcerato e quando potrà tornare a casa non ci troverà più i familiari.
Sjöstrom crea un capolavoro che segna la storia del cinema europeo partendo da un poema di Ibsen.
Henrik Ibsen aveva conosciuto un anziano pilota marittimo nella città di Grimstad la cui vita, benché lo scrittore non lo abbia mai esplicitamente ammesso, costituì il modello per il poema "Terje Vigen". Svend Hanssen Haaø fece diversi viaggi in barca a remi in Danimarca attraverso il blocco britannico, negli anni 1807-14, per riportare di nascosto cibo alla sua famiglia. Gli inglesi lo catturarono quattro volte e alcuni membri del suo equipaggio furono messi in prigione in Inghilterra, come nel poema. Il modello è evidente. Sjöstrom vi trova materia per il suo cinema che si distacca compiutamente e volutamente dal concetto di 'imitazione' della vita. Il regista norvegese aveva studiato sia il cinema artistico francese che quello epico italiano, non trascurando di apprendere le tecniche utilizzati dalla Pathé o dalla Nordisk Films. Sono proprio queste competenze che gli permisero di dare vita ad un cinema personale nel quale la Natura è protagonista tanto quanto l'essere umano. L'influsso di documentaristi come Magnusson lo spinge a raccontare storie in cui il paesaggio non è solo location o sfondo ma assume una propria identità precisa e fondamentale per lo sviluppo della storia. In questo caso si tratta del mare. Si osservi l'inizio del film in cui l'ormai anziano Vigen guarda il mare in burrasca che rappresenta plasticamente la rabbia che ancora cova in corpo. Si tratta dell'apertura del primo atto (Sjoström omaggia così l'autore di fondamentali testi teatrali) che consentirà lo sviluppo della narrazione in flashback. Il mare da quel momento sarà al centro della maggioranza delle riprese. Non ci sono effetti speciali, i marosi sono reali e possiamo immaginare (pensando all'attrezzatura dell'epoca) quale sia stata la difficoltà di alcune riprese.
Considerato che il poema era piuttosto noto tra la popolazione (anche in funzione nazionalistica) il film nel 1917 trovava in sala spettatori in grado di recitarne a memoria il testo. A cui il film resta fondamentalmente fedele. Il regista poi aderisce talmente all'operazione da assumere il ruolo del protagonista a cui, nonostante alcune espressioni che oggi ci possono apparire come troppo teatrali, fornisce momenti di profondità psicologica non secondari. Fino ad un finale che può forse apparire retorico ma che è dotato di uno spessore umano che trova nella presenza di una bambina il senso di una scelta che va contro corrente e può, ancora in questi tempi, offrire un'occasione di riflessione.
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Terje Vigen è un marinaio fedele alla propria moglie e affezionato alla piccola figlia. Quando scoppia la guerra attraversa il mare per portare a casa il grano per il pane. Catturato dagli inglesi verrà incarcerato e quando potrà tornare a casa non ci troverà più i familiari.
Sjöstrom crea un capolavoro che segna la storia del cinema europeo partendo da un poema di Ibsen. Il regista vi trova materia per il suo cinema che si distacca compiutamente e volutamente dal concetto di ‘imitazione’ della vita. Considerato che il poema era piuttosto noto tra la popolazione (anche in funzione nazionalistica) il film nel 1917 trovava in sala spettatori in grado di recitarne a memoria il testo. A cui il film resta fondamentalmente fedele.
Il regista poi aderisce talmente all’operazione da assumere il ruolo del protagonista a cui, nonostante alcune espressioni che oggi ci possono apparire come troppo teatrali, fornisce momenti di profondità psicologica non secondari. Fino ad un finale che può forse apparire retorico ma che è dotato di uno spessore umano che trova nella presenza di una bambina il senso di una scelta che va contro corrente e può, ancora in questi tempi, offrire un’occasione di riflessione.