Partendo dal proprio vissuto personale, Ilaria Congiu affronta il tema dell’inquinamento marino attraverso le voci di un gruppo di pescatori artigianali. GUARDA ORA IL FILM »
di Silvia Guzzo
Grande regolatore del clima planetario, il mare ci fornisce il 50% del nostro ossigeno. Polmone blu della Terra, oggi è seriamente messo a rischio dal riscaldamento globale, che ha provocato un preoccupante aumento delle temperature dei fondali marini.
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A questo si unisce l’enorme sfruttamento esercitato dalla pesca industriale, attuata dalle grandi aziende per soddisfare i bisogni dei consumatori, attirati soprattutto dai cosiddetti “pesci bistecca”, come il tonno o il pesce spada.
Per contrastare con la propria condotta personale l’abuso e l’inquinamento dei mari, è necessario, prima di tutto, conoscere l’argomento, così da poter eventualmente scegliere, con consapevolezza, una dieta che sia etica e attenta al consumo del pesce.
All’esigenza di sensibilizzare sul tema risponde il documentario d’esordio della regista italiana Ilaria Congiu. Nata e cresciuta in Senegal, laureata in giornalismo e specializzata in documentari d’inchiesta, Congiu decide con la sua opera prima di raccontare l’avvelenamento e lo sfruttamento delle acque a partire dalla propria esperienza personale.
Breath (2024) nasce infatti da un’esigenza intima dell’autrice, che fin dall’infanzia ha instaurato con il mare un legame profondo. Figlia di un imprenditore sardo che ha avvitato un’azienda dedita all’esportazione di pesce congelato dal Senegal, Congiu utilizza la ricerca al centro del film per instaurare un dialogo sincero con il padre, Francesco, e trovare risposta a un proprio dilemma etico: comprendere se e in che misura l’attività del genitore contribuisca al deperimento degli oceani e, di conseguenza, alla precarietà lavorativa di tutte quelle persone che nella pesca trovano un mezzo primario di sostentamento.
Diviso tra il Senegal, la Tunisia e il sud Italia, Breath riunisce infatti le voci di un gruppo di pescatori artigianali, intervallate sullo schermo dalle discussioni tra la regista e suo padre. Attraverso le parole dei protagonisti del documentario, che seguiamo nel corso delle giornate e delle nottate lavorative, consociamo le difficoltà quotidiane dei piccoli pescatori, schiacciati dalle grandi aziende, affaticati dalle stringenti norme europee e vittime secondarie del depauperamento dei mari.
Lo sguardo si allarga così dall’esperienza intima della regista per abbracciare il tema più ampio del cambiamento climatico attraverso interviste, riprese in mare aperto, inserti di notiziari e materiali d’archivio.
Arricchiscono la narrazione i contributi di Silvio Greco, biologo marino e docente universitario, e Rym Benzina Bourguiba, fondatrice dell’associazione tunisina La Saison Bleue, dedita alla sensibilizzazione sulla questione ambientale e impegnata nella tutela delle coste.