
Un thriller potentissimo, capace di scuotere l’anima, disponibile da oggi in streaming come omaggio a uno dei più lirici autori del cinema contemporaneo. ABBONATI | GUARDALO SUBITO »
Un thriller potentissimo, capace di scuotere l’anima, IL PRIGIONIERO COREANO (THE NET) - disponibile da oggi in streaming su FAREASTREAM, come omaggio a uno dei più lirici autori del cinema contemporaneo - racconta, senza filtri, il presente: quello della Corea del Nord e del Sud, una divisione che è ancora una ferita aperta.
ACQUISTA UN ABBONAMENTO E GUARDA SUBITO IL FILM »
Nessuno avrebbe mai immaginato che questo fosse uno degli ultimi e riuscitissimi capolavori malinconici di Kim Ki-duk che lo dirige, lo scrive e lo fotografa nel 2016. Echeggiando l’atmosfera di quel confine così difficile da comprendere, l'autore sudcoreano firma un film personale, intimo che racconta molto della sua vita passata. Una vita inaspettatamente interrotta, spezzata in un paese lontano, la Lettonia, in una sorta esilio non pacificato e altrettanto incomprensibile.
«Kim Ki-duk è l'occhio dell'Asia che mette a nudo l'estremismo delle emozioni e della vita: il desiderio, la rabbia, il dolore, la commozione. Un cinema spesso sospinto dall'ossessione di una idea o di una passione che espone ad un itinerario di ascetico martirio i suoi protagonisti, la sfida dell'individuo contro il mondo».
La storia è quella di Nam Chul-woo (interpretato da Ryoo Seung-bum, coerente e credibile in ogni sua sfumatura), un povero pescatore nordcoreano che nella sua barca ha l'unica proprietà e l'unico mezzo per dare da mangiare a sua moglie e alla loro bambina. Un giorno gli si blocca il motore mentre sta occupandosi delle reti in prossimità del confine tra le due Coree e la corrente del fiume lo trascina verso la Corea del Sud. Qui viene preso sotto controllo delle forze di sicurezza e trattato come una spia. C'è però chi non rinuncia all'idea di poterlo convertire al capitalismo lasciandogli l'opportunità di girare, controllato a distanza, per le strade di Seoul.
Il prigioniero coreano è forse il film forse più esplicitamente politico dell'autore sudcoreano, in cui avverte chiaramente il dolore per una separazione che, proprio grazie alla contrapposizione dei due sistemi, consente da un lato di mantenere un regime di terrore e dall'altro di sentirsi giustificati nel costruire una società basata sul sospetto di infiltrazioni per cui ogni persona può essere considerata infida.
Non si tratta dunque di sole reti da pesca ma di due reti ideologiche contrapposte che di fatto si sostengono a vicenda per perpetuare il controllo del potere.