lunedì 3 agosto 2020 - Scrivere di Cinema
In Wasp Network, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2019 e da fine giugno disponibile sul catalogo Netflix, Olivier Assayas racconta una storia ormai quasi dimenticata che si svolge alla fine della Guerra fredda. Negli anni ’90 alcuni patrioti cubani, fingendo di scappare dal comunismo, si stabiliscono a Miami e creano una rete di spionaggio, nota appunto come Wasp Network. L’obiettivo è quello di sventare gli attacchi terroristici organizzata dalla CANF, un gruppo di esuli cubani anticomunisti che opera sotto lo sguardo benevolo dell’FBI e del governo statunitense. La CANF organizza i suoi attentati soprattutto in bar e hotel di Cuba, così da spaventare i turisti e togliere al governo castrista una delle fonti principali di guadagno.
Nel corso del racconto emerge la simpatia di Assayas per il popolo cubano (più ancora che per il suo governo), per il suo orgoglio combattivo incarnato dal personaggio di Olga (Penelope Cruz).
Ma lo scopo del regista non è fare un film schierato politicamente, bensì mostrare le storie individuali che si agitano dietro alla grande Storia. Spesso la Guerra fredda è stata rappresentata come uno scontro impersonale tra due ideologie, due monolitici modi di vivere e pensare. Al contrario Assayas mostra gli uomini dietro alle ideologie, il modo in cui i loro principi vengono messi in dubbio da passioni e sentimenti, che vanno dalla voglia di notorietà all’attaccamento alla famiglia.
Proprio per mostrare la complessità con cui la Storia si forma, il regista decide di moltiplicare voci e prospettive, anche a costo di rendere la narrazione in certi punti farraginosa. In questo senso è fondamentale il ruolo affidato alle mogli, costrette a vivere le conseguenze delle scelte dei mariti senza poter partecipare al processo decisionale. Nel loro orgoglio e tenace combattività esse rappresentano la maggior parte degli attori della Storia, ossia quei popoli costretti a subire gli effetti delle mosse politiche dei governanti.
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Il mescolarsi della Storia e delle storie dei singoli personaggi, l’armonico incontro tra una dimensione di ricostruzione documentaristica e un piano romanzesco, viene raggiunto da Assayas anche attraverso felici scelte stilistiche, come quella di inserire alcuni filmati storici in cui vediamo Bill Clinton o Fidel Castro commentare gli eventi.
Resta da chiedersi perché Assayas decida di raccontarci questa storia. Per quanto si svolgano appena una trentina di anni fa, le vicende di Wasp Network sembrano infatti provenire da un modo molto lontano da quello odierno. Oggi Cuba continua ad essere uno Stato comunista, anche se dalla morte di Fidel Castro nel 2016 fino all’attuale governo di Diaz-Canel sono state effettuate diverse aperture all’economia liberista. Anche per questo il paese dell’America centrale non rappresenta più un pericolo ideologico per gli Stati Uniti.
Come Assayas lascia trasparire nel suo film, la durezza dell’embargo imposto a Cuba e l’omertà con cui il governo statunitense ignorò l’attività terroristica della CANF negli anni Novanta non avevano più alcuna ragione concreta. Crollata l’Unione Sovietica era evidente che Cuba, Stato piccolo e povero, non rappresentasse più una minaccia militare, ma continuava ad essere un pericolo simbolico, una possibilità alternativa che negava il fascino assoluto del modello capitalista. Il desiderio di colonizzazione ideologica degli statunitensi è rappresentato da Assayas con ironia in una scena in cui all’esule cubano Juan Pablo Roque (Wagner Moura) vengono offerti un Hamburger di McDonald e una Coca-cola. I simboli della felicità e dell’abbondanza americana vengono regalati con l’ansia di chi cerca conferme della superiorità del proprio modo di vivere; infatti i militari americani sorridono soddisfatti appena Roque esprime il suo apprezzamento per il cibo.
Nel raccontare la storia del Wasp Network Assayas lascia trasparire una certa malinconia per questo tempo passato, non perché la Cuba di Castro fosse uno stato perfetto, ma perché essa rappresentava un “altrove” capace di dimostrare che il capitalismo non è l’unica forma di vita possibile, incarnava un ideale, pur imperfetto e discutibile, per cui la gente era disposta a combattere. Oggi questa resistenza ideologica sembra essere scomparsa, il modello capitalista si è affermato come legge globale e, guardando indietro nella Storia, Assayas sembra volerci avvertire dei rischi di questa evoluzione.