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VENEZIA, 22 APR - La vista sui tetti di Venezia, su
campanili che pare di poterli toccare, toglie il respiro, come
gli oltre novanta gradini che portano agli atelier all'ultimo
piano di palazzo Carminati, a san Stae. Ci lavorano sei giovani
artisti scelti dalla Istituzione Fondazione Bevilacqua La Masa
per la "residenza" di un anno. Altri sette hanno studio
dall'altra parte di Venezia, in un'ala dell'ex convento di Cosma
e Damiano, all'isola della Giudecca.
Da una parte, in stanze restaurate che hanno visto all'opera
Vedova o Tancredi, e prima Moggioli o Gino Rossi, si respirano
le tendenze che guardano al concettuale, allo spiritualismo
della natura o all'uso di tecnologie o mezzi meccanici per fare
arte; dall'altra, è un vortice di colori, di tele, di disegni,
di sculture a riempire le volte dell'antica dimora un tempo
luogo di preghiera. Per i 13 under 30 del contemporaneo - un
quattordicesimo ha rinunciato per motivi personali -
l'appuntamento è a metà maggio con la mostra che presenterà al
pubblico il frutto del loro agire sotto le ali storiche della
Fondazione. Un anno fa sono stati scelti: Ruth Berarha, Jaspal
Birdi, Oscar Isaias Contrera Rojas, Alessandro De Petre, Barbara
De Vivi, Chiara Enzo, Marta Fassina, Giacomo Gerboni, Yimin He,
Francesco Pozzato, Valentina Rosa, Sonia Veronese, Matteo
Vettorello, Xhabir Xhimi Hoti.
è da 120 anni, dalla stesura del testamento fatta il 18
febbraio 1898 da Felicita Bevilacqua La Masa, che generazioni di
giovani artisti si formano prima nelle sale-studio di Ca'
Pesaro, poi a Palazzo Carminati e negli ultimi anni anche nei
nuovi spazi della Giudecca. Curiosa storia quella
dell'aristocratica, nata a Verona e sposa al generale Giuseppe
La Masa, non particolarmente avvezza alla conoscenza delle arti
visive, che nelle disposizioni testamentarie rivolge lo sguardo
alle sorti dei giovani pittori, poveri o rifiutati dalla neonata
Biennale, a cui destina l'uso, quale studi gratuiti o con un
bassissimo affitto, dell'ultimo piano di Cà Pesaro, lasciato in
eredità al Comune di Venezia. Gli archivi datano 1901 le prime
frequentazioni. A metà degli anni '20, il passaggio al poco
lontano Carminati e infine anche all'ex convento.
"È uno spazio fantastico" dice Barbara mentre si muove,
nello studio che si affaccia sul cortile dell'ex convento, tra
dipinti saturi di colore che suggeriscono storie, "principi di
narrazione", attraverso spunti disseminati nei quadri che
portano alla mente frammenti di Tintoretto, di Gericault, di
Rubens. Vicino c'è un artista messicano, più in là un albanese
che confina con un cinese. Tutti sono rigorosamente domiciliati
nella città metropolitana di Venezia o residenti in Veneto.
Tanti hanno già al loro attivo mostre e premi e qualcuno non
direbbe di no a un periodo più lungo della "residenza", che non
prevede che lo studio diventi casa. Insomma, si lavora ma non si
dorme. Ma nei fatti un anno è considerato sufficiente per
aprirsi a nuove mete, a nuove strade. "Negli ultimi anni non
abbiamo mai ricevuto richieste di rinnovo per un altro anno. Il
periodo è considerato sufficiente" spiegano i curatori Stefano
Cecchetto e Stefano Coletto. Sono finiti i tempi di artisti che
rimanevano negli atelier per anni, con il record di Juti Ravenna
titolare dello studio dal 1923 al 1948. Non è cambiato, invece,
quel senso di comunità, di appartenenza. Al Carminati, si mangia
e ci si confronta attorno a una grande tavola, in attesa anche
dell'arrivo di curatori o galleristi.
La Bevilacqua La Masa, che lungo la sua storia centenaria ha
passato varie fasi di governance sotto l'egida del Comune,
insomma, non ha perso di vista la sua vocazione dedicata "alla
promozione della produzione artistica dei giovani, alla loro
formazione e al confronto con il mercato dell'arte", come ha
ricordato il presidente Bruno Bernardi.(ANSA).
(di Roberto Nardi)
(ANSA)