L'asilo dei papà |
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Un film di Steve Carr.
Con Eddie Murphy, Jeff Garlin, Steve Zahn, Regina King, Anjelica Huston.
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Titolo originale Daddy Day Care.
Commedia,
Ratings: Kids,
durata 93 min.
- USA 2003.
MYMONETRO
L'asilo dei papà
valutazione media:
2,28
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Fondare un asilo come rimedio alla disoccupazione.di Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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giovedì 5 marzo 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L'ASILO DEI PAPà (USA, 2003) diretto da STEVE CARR. Interpretato da EDDIE MURPHY, JEFF GARLIN, REGINA KING, ANJELICA HUSTON, STEVE ZAHN, ELLE FANNING
Due amici lavorano nel settore pubblicitario e tentano con scarso successo di promuovere una nuova marca di cereali biologici, venendo però sconfitti da un altro sponsor che pubblicizza cornflakes al cioccolato, che riscuotono ovviamente più fortuna presso il pubblico infantile. Il loro capo, a causa degli esiti negativi e per ragioni di personale, li licenzia, cosicché essi si ritrovano disoccupati a casa con le mogli al lavoro e un pargoletto pro capite da accudire. Dopo aver tolto i bambini da un asilo avanzatissimo dove si spendono fior di quattrini per le rette mensili, decidono di trasformare la loro “disgrazia” in un improbabile business e aprono un asilo alternativo al quale accorrono subito numerosi fanciulli. Dovranno fare i conti, tuttavia, con l’algida e spietata direttrice dell’asilo in stile Oxford University, la quale tenterà con ogni mezzo a sua disposizione di tirare l’acqua al suo mulino, senza evitare di ricorrere al gioco sporco pur di penalizzare i due nuovi e agguerriti concorrenti. Commedia con qualche patetico risvolto sentimentale, confezionata su misura per spettatori in età prescolare dai gusti non troppo raffinati. Una sceneggiatura labile che incontra un eccesso di luoghi comuni e buonismi pietosi non è all’altezza di una storia che poteva anche essere convertita in un gustoso film incentrato su una morale educativa riguardo alle condizioni in cui riversano gli uomini sposati dopo la perdita del lavoro, ma anche al problema di sistemazione dei figli piccoli in strutture a loro adeguate, dove vengano trattati per l’età che hanno e non eruditi come fossero adulti con un cervello prodigioso. La regia è purtroppo un optional facilmente sprecato, e lo scambio di S. Carr con un altro regista ugualmente accidioso e indifferente non avrebbe cambiato le cose, e si sa: quando l’elemento direttivo più importante di un film barcolla, tutto il resto non può che seguire la medesima strada verso un fallimento più o meno decisivo e un mare di banalità che deflagra in cose già viste e non soddisfa chi è alla ricerca di novità. Persino Murphy è meno buffo del solito, e dopo una mezz’ora di proiezione il suo ruolo sembra campare di rendita su un umorismo agrodolce che diverte sempre meno (se non altro, il suo eccellente doppiatore italiano Tonino Accolla risolleva un po’ questo livello deplorevole di stagnazione). La più brava del cast resta comunque la Huston, in un ruolo che le dà una carica di antipatia, flemma e malvagità che sorprende per la sua freschezza: sarà un’antagonista già incontrata lungo il percorso cinematografico delle commedie made in USA, ma questo personaggio merita una nota di merito per come è stato ben costruito e congegnato per inserire un originale cattivo di turno, che in ogni commedia che si rispetti non può mancare, almeno per il fatto che viene irrimediabilmente sconfitto. I bambini ci mettono del loro per fare bella figura con una recitazione genuina e innocente, e un frammento non troppo consistente del carico umoristico viene scaricata sulle loro spalle, ottenendo un discreto risultato che riesce parzialmente a risultare spassoso. E. Fanning (sorella minore di Dakota) avvierà poi, negli anni successivi, una buona carriera di enfant prodige in film ragguardevoli e variegati come Somewhere (2010) di Sofia Coppola e Super 8 (2011) di J. J. Abrams.
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