max821966
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giovedì 19 ottobre 2017
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capolavoro assoluto......... con un piccolo neo
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Ciao a tutti, credo che dilungarmi su questo film sia inutile, è sulla bocca di tutti!
La trama è il particolare meno importante anche se è molto originale, quello che fa di LOVING VINCENT un CAPOLAVORO è la tecnica con cui è stato realizzato: più di cento artisti che hanno dipinto in stile "VAN GOGH" ogni singolo fotogramma girato con attori in carne ed ossa, senza fondali e con pochi arredi reali.
Tutto è stato "coperto" dai colori dei dipinti......il risultato è STRAORDINARIO!!!!!!! la trovata più affascinante è quella di inserire, durante lo svolgimento del film alcuni famosissimi quadri del "padre della pittura moderna": per pochissimi millisecondi, l'immagine animata si ferma e appare la riproduzione del dipinto, la quale "riprende" immediatamente vita e imizia una nuova scena.
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Ciao a tutti, credo che dilungarmi su questo film sia inutile, è sulla bocca di tutti!
La trama è il particolare meno importante anche se è molto originale, quello che fa di LOVING VINCENT un CAPOLAVORO è la tecnica con cui è stato realizzato: più di cento artisti che hanno dipinto in stile "VAN GOGH" ogni singolo fotogramma girato con attori in carne ed ossa, senza fondali e con pochi arredi reali.
Tutto è stato "coperto" dai colori dei dipinti......il risultato è STRAORDINARIO!!!!!!! la trovata più affascinante è quella di inserire, durante lo svolgimento del film alcuni famosissimi quadri del "padre della pittura moderna": per pochissimi millisecondi, l'immagine animata si ferma e appare la riproduzione del dipinto, la quale "riprende" immediatamente vita e imizia una nuova scena.
Credo che sia stato un lavoro tremendamente faticoso, ma per chi ha avuto la fortuna di partecipare alla realizzazione sarà un ricordo meravigliosamente indelebile e motivo di orgoglio.
Il piccolo neo del titolo? Per un cinefilo appassionato come me, sarebbe un grande neo, ma la maestosità del film lo relega a un quasi insignificante particolare: il FORMATO 4:3!
Un'opera d'arte dei questa portata , meritava almeno il più moderno e accattivante 1,85:1 ( noi vediamo in orizzontale, oramai il 4:3 rischia di farci diventare strabici).
Presumo di aver capito il perchè di questa scelta: tra un fotogramma 4:3 e uno in 1,85.1 esiste una differenza di pellicola da dipingere di ca il 12%, se moltiplichiamo per tutti i 94 min ca del film, il lavoro dei cento pittori sarebbe aumentato esponenzialmente e dato che la produzione ha avuto non pochi problemi a terminare il film, giustifico la scelta del formato.
PECCATO; SE FOSSE STATO IN 1,85:1, MY MOVIES AVREBBE DOVUTO ECCEZIONALMENTE AGGIUNGERE UNA 6a STELLA!!!!!!!
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[+] neppure un neo.
(di m.m.21)
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lucascialo
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mercoledì 22 novembre 2017
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loving van gogh
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Questa operazione cinematografica è geniale per due motivi: il primo, si basa su una animazione mai utilizzata prima, animando i più importanti dipinti di uno dei più grandi pittori mai esistiti. Il secondo, riesce a trasformare la vita di questo grande artista in un Noir, dove ci sono più sospetti che rendono la versione ufficiale del suicidio meno certa. Il grande artista è Vincent Van Gogh, tormentato genio deriso e emarginato in vita, lodato, studiato e copiato dopo la morte. Il film ci mostra il lato sensibile di Van Gogh, quello che gli ha permesso di dipingere tele magnifiche, realizzando opere spinte dall'istinto e da un ineguagliabile talento. Un talento incompreso e invidiato da molti, al punto che l'ipotesi del suicidio appare anche superflua.
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Questa operazione cinematografica è geniale per due motivi: il primo, si basa su una animazione mai utilizzata prima, animando i più importanti dipinti di uno dei più grandi pittori mai esistiti. Il secondo, riesce a trasformare la vita di questo grande artista in un Noir, dove ci sono più sospetti che rendono la versione ufficiale del suicidio meno certa. Il grande artista è Vincent Van Gogh, tormentato genio deriso e emarginato in vita, lodato, studiato e copiato dopo la morte. Il film ci mostra il lato sensibile di Van Gogh, quello che gli ha permesso di dipingere tele magnifiche, realizzando opere spinte dall'istinto e da un ineguagliabile talento. Un talento incompreso e invidiato da molti, al punto che l'ipotesi del suicidio appare anche superflua. Il film indaga sulla sua morte. Perchè, se voleva farla finita, si è sparato solo allo stomaco? Perchè i suoi attrezzi da lavoro nei campi sono spariti? Dubbi che molto probabilmente resteranno irrisolti. Ma è giusto averli. E questo film li alimenta. Vincent aveva solo 37 anni e ci ha lasciati troppo presto. Pensiamo a quante altre opere avrebbe potuto regalarci. Anche perchè, per dirla col titolo di un film biografico del 1956 diretto da Vincente Minnelli e interpretato da Kirk Douglas, Van Gogh aveva una grande "brama di vivere". In fondo, come dice una delle protagoniste del film, per la quale Van Gogh nutriva grande stima e forse attrazione, al ragazzo che finisce per indagare sul suo suicidio: "Conosci tutto della sua morte. Ma cosa sai della sua vita?". Ecco, chiediamocelo. E l'unica risposta più plausibile ci arriverà contemplando le sue straordinarie opere. E guardando questo film più unico che raro.
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immadesy
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venerdì 20 ottobre 2017
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il cielo stellato di vincent
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Il film é stato interamente disegnato a mano, in pieno stile vangoghiano.
I protagonisti dei suoi quadri( père Tanguy, Paul Gauchet,il postino)si animano e prendono a respirare. Persino la carrozza della "terrazza del caffé, la notte", si muove e tu hai la percezione reale di passeggiare tra le sue tele, "inquacchiandoti" di giallo.Questo aspetto, nettamente prevalente sulla trama del fim, é vincente.
E' Vincent!
Ho molto apprezzato la ricostruzione dell'infanzia:il piccolo Vincent che prende il posto del primo fratello morto, che portava lo stesso nome.
Un' ereditá pesante quello di colmare un vuoto così profondo.
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Il film é stato interamente disegnato a mano, in pieno stile vangoghiano.
I protagonisti dei suoi quadri( père Tanguy, Paul Gauchet,il postino)si animano e prendono a respirare. Persino la carrozza della "terrazza del caffé, la notte", si muove e tu hai la percezione reale di passeggiare tra le sue tele, "inquacchiandoti" di giallo.Questo aspetto, nettamente prevalente sulla trama del fim, é vincente.
E' Vincent!
Ho molto apprezzato la ricostruzione dell'infanzia:il piccolo Vincent che prende il posto del primo fratello morto, che portava lo stesso nome.
Un' ereditá pesante quello di colmare un vuoto così profondo. Una lotta impari, quella di viversi la fratrìa con un oggetto assente ma allo stesso tempo sempre presente nella mente materna, oggetto idealizzato e perfetto. Il regista lascia intuire che Vincent avrá la sensazione di non essere né un buon pastore, né un buon pittore fino a quando non sentirá di essere visto da qualcuno, il fratello Thèo. Sará lui a sostenerlo sia economicamente che emotivamente. Con lui stabilirá un rapporto simbiotico, tanto che dopo pochi mesi dalla morte di Vincent, anche Thèo lo raggiungerá.
Del film, mi piace lo sguardo tenero e sognante con cui presenta Vincent, anche se senza dubbio, romanzato.
Ho storto il naso quando il vecchio di "alle soglie dell'eternitá", ha iniziato ad animarsi interpretando il ruolo del medico legale che aveva praticato l'autopsia sul corpo esamine del pittore. Mi é sembrata una forzatura inutile, é stato come snaturare il senso di una tela così bella, che rimanda alla solitudine e alla disperazione per quanto non si é riuscito a realizzare nella vita. E invece, nel film, il vecchio é un tipo esuberante e grottesco.
É stato bello vedere Vincent da così vicino.🌵
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andreaalesci
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martedì 24 ottobre 2017
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l'inaspettato noir sulla fine di van gogh
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Che cosa pensiamo quando pensiamo a Van Gogh? Al rosso dei suoi capelli, al giallo dei girasoli, alle forme rotanti delle sue pennellate, alle luci delle stelle in cielo, a un caffè notturno. Pensiamo ad Arles, Parigi, Auvers-sur-Oise. All’orecchio che si tagliò, alla lite con l’amico Gauguin, alla corrispondenza con il fratello Theo. Da oggi sarà inevitabile pensare anche a Loving Vincent, storia di cinema sperimentale realizzata trasformando la recitazione di attori in veri e propri quadri post-impressionistici (65.000 i dipinti a olio diventati frame).
Un progetto nato dalla passione della regista polacca Dorota Kobiela per Van Gogh, le cui lettere al fratello Theo furono al centro del suo lavoro di tesi; proprio quello il segnale che convinse il produttore Hugh Welchman a unirsi al progetto quando era in fase embrionale sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter.
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Che cosa pensiamo quando pensiamo a Van Gogh? Al rosso dei suoi capelli, al giallo dei girasoli, alle forme rotanti delle sue pennellate, alle luci delle stelle in cielo, a un caffè notturno. Pensiamo ad Arles, Parigi, Auvers-sur-Oise. All’orecchio che si tagliò, alla lite con l’amico Gauguin, alla corrispondenza con il fratello Theo. Da oggi sarà inevitabile pensare anche a Loving Vincent, storia di cinema sperimentale realizzata trasformando la recitazione di attori in veri e propri quadri post-impressionistici (65.000 i dipinti a olio diventati frame).
Un progetto nato dalla passione della regista polacca Dorota Kobiela per Van Gogh, le cui lettere al fratello Theo furono al centro del suo lavoro di tesi; proprio quello il segnale che convinse il produttore Hugh Welchman a unirsi al progetto quando era in fase embrionale sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter. Sette anni di dedizione per realizzare un film d’animazione senza precedenti. Eppure, nonostante l’inimmaginabile mole di lavoro, non basterebbe la sola forma a farne un buon film, se ad esso non si accompagnasse una narrazione che si distacca dalla consuetudine e decide di partire dal punto in cui tutto finì: dalla morte di Vincent Van Gogh.
La vera forza del film sta nel modo in cui entriamo dentro l’universo del pittore olandese. Lo facciamo per interposta persona, con quell’ultima lettera che egli scrisse al fratello Theo e che il giovane Armand Roulin (Douglas Booth) — figlio del postino di fiducia di Van Gogh, Joseph Roulin (Chris O’ Dowd) — deve recapitare a Theo, a Parigi. Siamo nel 1891 (un anno dopo la morte del pittore), ma nella capitale francese Armand apprenderà da Père Tanguy (John Sessions) che Theo è morto e che quella lettera non è più soltanto un foglio di carta ma una macchina del tempo con cui capire chi fu Vincent Van Gogh; Armand non è più soltanto un messaggero, egli diventa un detective in cerca di verità.
Proprio da Père Tanguy parte il racconto, primo dei personaggi interrogati da Armand. A ogni incursione nel passato anche la superficie cambia: il colore diventa una sommatoria di grigi, i dipinti a olio sostituiti da coloriture carboncino; buchiamo la tela per affondare nei ricordi.
Siamo dentro un noir e ci muoviamo con Armand alla volta di Auvers-sur-Oise, dove Vincent aveva vissuto le sue ultime dieci settimane, facendosi curare dal dottor Paul Gauchet (Jerome Flynn), prima di spirare nella locanda dei Ravoux. Proprio al dottor Gauchet il giovane Armand vuole consegnare l’ultima lettera di Vincent e, nell’attesa che egli rientri da un viaggio, si ferma a parlare con la gente per capire chi fosse e come morì Vincent Van Gogh.
Così incontriamo l’astiosa domestica dei Gauchet, Louise Chevalier (Helen McCrory), la signorina Marguerite Gauchet (Saoirse Ronan), la giovane locandaia Adeline Ravoux (Eleanor Tomlinson), il barcaiolo (Aidan Turner). Ciascuno con il suo pezzetto di verità da raccontare ad Armand Roulin, sempre più frastornato da un passato che non vuole ricomporsi.
Alla fine di Loving Vincent Armand riuscirà a incontrare il dottor Gauchet e con lui l’ultimo pezzo di storia sulla fine di Vincent, anche se la verità assoluta rimarrà inafferrabile. Il film di Kobiela e Welchman ha il pregio di gettarci dentro l’occhio del ruvido Van Gogh (Robert Gulaczyk), nel profondo di una notte stellata, tra le parole di carta di un genio solitario che terminava ogni lettera inviata al fratello con la più dolce delle conclusioni: Your Loving Vincent.
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barbyrosemarie
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venerdì 9 febbraio 2018
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nella "notte stellata" ci trasmette l'infinito.
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Nel film è evidente il grande impegno dei registi, nel farci entrare nei dipinti di Van Gogh, dove la forte marcatura dei suoi disegni, l’effetto cromatico di luce e oscurità, predominanti sono i colori del blu e del giallo, la sottolineatura dei margini, ci indicano un potenziamento dell’espressione che Van Gogh, attraverso il suo stile post -impressionista di matrice espressionista, vuole trasmetterci. Nei suoi dipinti traspare tutta la sua irrequietezza, sofferenza e personalità disturbata, come voler imprimere, col pennello, la sua identità.
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Nel film è evidente il grande impegno dei registi, nel farci entrare nei dipinti di Van Gogh, dove la forte marcatura dei suoi disegni, l’effetto cromatico di luce e oscurità, predominanti sono i colori del blu e del giallo, la sottolineatura dei margini, ci indicano un potenziamento dell’espressione che Van Gogh, attraverso il suo stile post -impressionista di matrice espressionista, vuole trasmetterci. Nei suoi dipinti traspare tutta la sua irrequietezza, sofferenza e personalità disturbata, come voler imprimere, col pennello, la sua identità.Van Gogh ha cercato la sua vocazione nella Parola Biblica, avrebbe voluto predicare come Pastore della Chiesa Riformata a quei poveri minatori, per i quali ebbe una totale devozione evangelica, quando andò per un incarico del Consiglio Evangelico, in una regione carbonifera belga, ma il suo modo radicale e francescano di agire non fu accettato e non gli fu permesso di abbracciare quella vocazione.Van Gogh sentiva la bellezza della natura intorno a se, scrisse al fratello Theo:””Ho un terribile bisogno della religione. Allora esco di notte per dipingere le stelle”.
La natura,il cielo con il suo quadro “Notte stellata”, colmano il suo desiderio d’Infinito, ma egli non riesce a governare la sua vita e si affida al suo talento, quello della pittura, con cui soddisfa tutta la sua capacità di donarsi agli altri attraverso l’arte.
Ciò che fa riflettere è che in ognuno vi è il sentimento vocazionale e si rivela anche nella sregolatezza per assumere una sua dimensione umanistica e finalistica. Siamo chiamati a esternare e esprimere la nostra identità per il bene comune e tanti sono i linguaggi che Dio ha messo dentro di noi e ci chiama ad attuarli con le nostre capacità.
Barbra
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