tommyf14
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martedì 10 dicembre 2013
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spike lee ed old boy: ma se ne sentiva il bisogno?
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Spike Lee riporta sul grande schermo, dopo solo dieci anni, Old Boy, l’acclamatissimo capolavoro del Sud Coreano Park Chan-Wook, vincitore del Gran Premio della Giuria a Cannes, nel 2003.
La storia è pressoché la stessa, salvo qualche piccolo ritocco sul finale; ma, nonostante la trama originaria fosse in sé altamente avvincente, Spike Lee riesce a rovinare quello che è un autentico gioiello del cinema contemporaneo, attraverso un remake, di cui non si sentiva davvero la necessità.
Il regista americano omette parecchi dettagli che caricavano la vicenda di interesse (il tema dell’ipnosi, tanto per dirne una, che, per altro, consentiva anche di fornire una spiegazionead alcuni avvenimenti basilari per la storia del film) e finisce col violentare un’opera che, con la sua poetica, la sua energia e la sua eleganza, era stata a ragione paragonata ad una tragedia di Euripide.
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Spike Lee riporta sul grande schermo, dopo solo dieci anni, Old Boy, l’acclamatissimo capolavoro del Sud Coreano Park Chan-Wook, vincitore del Gran Premio della Giuria a Cannes, nel 2003.
La storia è pressoché la stessa, salvo qualche piccolo ritocco sul finale; ma, nonostante la trama originaria fosse in sé altamente avvincente, Spike Lee riesce a rovinare quello che è un autentico gioiello del cinema contemporaneo, attraverso un remake, di cui non si sentiva davvero la necessità.
Il regista americano omette parecchi dettagli che caricavano la vicenda di interesse (il tema dell’ipnosi, tanto per dirne una, che, per altro, consentiva anche di fornire una spiegazionead alcuni avvenimenti basilari per la storia del film) e finisce col violentare un’opera che, con la sua poetica, la sua energia e la sua eleganza, era stata a ragione paragonata ad una tragedia di Euripide.
Ne scaturisce un esercizio meramente contemplativo di violenza becera e sconclusionata, fine a se stessa; taluni passaggi fondamentali dell’opera originaria, che trovavano espressione in alcune famose e profonde affermazioni, intorno a cui poggiava la struttura del racconto (“sia una roccia che un granello di sabbia nell’acqua affondano allo stesso modo …”; “ridi e il mondo riderà con te, piangi e piangerai da solo …”), diventano così, nella visione di Spike Lee, superflui e di conseguenza vengono radicalmente omessi.
Il frettoloso finale, in cui, come si è detto, si notano i più evidenti interventi del regista americano, mostrano solo l’intento di arrivare velocemente alla conclusione della vicenda, perdendo totalmente il pathos che costituiva l’ingrediente essenziale dell’opera originale.
Insomma: un esercizio di cui non si sentiva la necessità ed una grande delusione da parte di Spike Lee, che altre volte ci è invece molto piaciuto.
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ajeje32
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sabato 7 dicembre 2013
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qualche trovate intrigante ma spirito tradito.
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Ok, forse non è il caso di eccedere in paragoni (N.B.: in realtà ne farò un sacco) con l'immenso originale di Park Chan-wook. Non lo voleva Spike Lee, e non è nemmeno giusto né sensato pretendere un film identico all'originale. Sono andato a vederlo un po' con la puzza sotto il naso, proprio perché ho ammirato immensamente l'originale, ed ero convinto di vederlo un po' per farmi del male e un po' per farmi due risate. Alla fine, devo dire, era un po' meglio di quel che mi aspettassi. Ben giocate le citazioni cult all'originale nascoste qua e là. Ho apprezzato la scelta di non mettere una frase ricorrente (nell'originale c'era "sorridi e il mondo sorriderà con te, piangi e piangerai da solo"), probabilmente perché sarebbe suonata come un cliché hollywoodiano.
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Ok, forse non è il caso di eccedere in paragoni (N.B.: in realtà ne farò un sacco) con l'immenso originale di Park Chan-wook. Non lo voleva Spike Lee, e non è nemmeno giusto né sensato pretendere un film identico all'originale. Sono andato a vederlo un po' con la puzza sotto il naso, proprio perché ho ammirato immensamente l'originale, ed ero convinto di vederlo un po' per farmi del male e un po' per farmi due risate. Alla fine, devo dire, era un po' meglio di quel che mi aspettassi. Ben giocate le citazioni cult all'originale nascoste qua e là. Ho apprezzato la scelta di non mettere una frase ricorrente (nell'originale c'era "sorridi e il mondo sorriderà con te, piangi e piangerai da solo"), probabilmente perché sarebbe suonata come un cliché hollywoodiano.
Quello che non mi è proprio andato giù è l'aver completamente tradito lo spirito del film originale. Sì, perché nonostante tutto sembra che Spike Lee non abbia imparato nulla da quel modo di fare cinema, rimanendo ancorato a schemi troppo occidentali (caduta > risalita > redenzione e vissero tutti felici e contenti). Non c'è niente della poesia e dell'anti-manicheismo che rendevano memorabili il film coreano. Qui siamo sempre e comunque di fronte a una conduzione 'moralisticheggiante' della trama. Magari a chi ha visto solo questo film può sembrare strano dire che, alla fine dei conti, è un film con una morale (non preciso meglio per evitare spoiler); chi ha visto anche l'originale credo mi capisca.
Parliamo degli attori... Samuel Jackson mal sfruttato, nel senso che lo conciano da personaggio ma manca di personalità. Il protagonista, interpretato da Josh Brolin, oltre a non avere niente a che fare col Dae-su dell'originale (aaargh! ci sono ricascato), è un belloccio (neanche tanto) pompato e cazzone che poteva benissimo essere sostituito da un qualunque altro macho-man del cinema americano. Il cattivo - che Wikipedia mi dice chiamarsi Sharito Copley - ha un suo perché, anche se l'ho trovato piuttosto stereotipato.
Nota semi-seria: perché tutte quelle cazzo di croci?? Avete notato che molti personaggi hanno il crocifisso al collo e si vedono croci nei più diversi contesti? So che Lee è un bacchettone ma spero non fosse per suggerire una specie di percorso pseudo-gesucristico... In tal caso, bocciato in pieno.
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enzo70
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lunedì 6 gennaio 2014
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un buon remake di un grande film
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Spike Lee propone un remake del famoso film di Park ChanWook. Il protagonista John Brolin interpreta, quindi, la parte dell’uomo imprigionato per venti anni in una stanza per una oscura colpa. Poi la trama prende corpo ed il film si muove tra molti colpi di scena, con scene violente che ricordano Bruce Lee e Tarantino. La regia di Spike Lee è, al solito, perfetta nella sua stessa in consuetudine, film sempre vivo, mai noioso, avvincente. Il problema che la critica, inflessibile, e parte del pubblico reclamano è nel rapporto con il film originario, capolavoro coreano acclamato a Cannes dieci anni fa. Ma un remake è un remake, non bisogna guardare indietro, ma avanti, e poi Park ChanWook è un regista asiatico e porta i valori ed i canoni della cinematografia coreana.
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Spike Lee propone un remake del famoso film di Park ChanWook. Il protagonista John Brolin interpreta, quindi, la parte dell’uomo imprigionato per venti anni in una stanza per una oscura colpa. Poi la trama prende corpo ed il film si muove tra molti colpi di scena, con scene violente che ricordano Bruce Lee e Tarantino. La regia di Spike Lee è, al solito, perfetta nella sua stessa in consuetudine, film sempre vivo, mai noioso, avvincente. Il problema che la critica, inflessibile, e parte del pubblico reclamano è nel rapporto con il film originario, capolavoro coreano acclamato a Cannes dieci anni fa. Ma un remake è un remake, non bisogna guardare indietro, ma avanti, e poi Park ChanWook è un regista asiatico e porta i valori ed i canoni della cinematografia coreana. Spike Lee è statunitense e di quelli duri, i sui film interpretano un mondo diverso e la diversità dei modelli tende i due film incomparabili. Comunque un film vivamente consigliato.
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elgatoloco
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lunedì 11 dicembre 2017
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comunque notevole, pur se...
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Precisando che non conosco né il manga da cui anche il film coreano del 2003, di cui questo è il remake, né il film del 2003 in questione, ritengo che Spike Lee qui perda di originalità, in qualche modo, in quanto sarebbe stato opportuno fornire qualche segnale in più(i pochi nella stanza in cui il protagonista è recluso non bastano, francamente)per accrescere sia il processo conoscitivo da parte dello spettatore, sia portare la suspense a un livello maggiore, mentre qui, in questo"Oldboy"del 2013, firmato, appunto, Lee, si è "condannati"ad aspettare le rivelazioni finali, per così dire, ossia alla sorpresa, non alla suspense-certo non è propriamente un"thriller"ma siamo nella "zona grrgia"(o di mezzo, volendo)tra film drammatico e thriller.
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Precisando che non conosco né il manga da cui anche il film coreano del 2003, di cui questo è il remake, né il film del 2003 in questione, ritengo che Spike Lee qui perda di originalità, in qualche modo, in quanto sarebbe stato opportuno fornire qualche segnale in più(i pochi nella stanza in cui il protagonista è recluso non bastano, francamente)per accrescere sia il processo conoscitivo da parte dello spettatore, sia portare la suspense a un livello maggiore, mentre qui, in questo"Oldboy"del 2013, firmato, appunto, Lee, si è "condannati"ad aspettare le rivelazioni finali, per così dire, ossia alla sorpresa, non alla suspense-certo non è propriamente un"thriller"ma siamo nella "zona grrgia"(o di mezzo, volendo)tra film drammatico e thriller... La vicenda dell'uomo, certo cinico(telefonata iniziale alla moglie, anzi ex-moglie a proposito del compleanno della figlia), condannato a 20 anni di reclusione da parte di un privato senza capire in alcun modo il perché della"condanna"(che si rifà a vicende passate quanto traumatiche e consiste in molto di più della reclusione stessa), è legata a canoni dostoevskjani, sulla colpa da espiare comunque, sul"senso di colpa"(non parlerei di"complesso"di colpa, invece), a un qualcosa che si è rimosso ma che, "fatalmente", ritorna, a...un"imponderabile"che comunque si fa valere. Sulla bravura e l'originalità registica di Lee è difficile eccepire, anche se rimane, per chi scrive, la totale"ignoranza"sia del primo film sia del relativo manga... Brolin è interprete a tratti legnoso, quasi incapace di libeerarsi dalla scorza iniziale di "menager"duro e inflessibile, tanto che il passaggio alla sua condizione di recluso non appare convincente, mentre Samuel L.Jackson è carceriere(si capirà dopo)interessante, per la sua amibguità comunque sempre presente, Elisabeth Olsen dà spazio interpretativo sufficiente e coinvolgente al suo essere aiutante, poi amante(prescindiamo dalla rivelazione del finale o immediato sottofinale), dove il"parco interpreti"USA è comunque ben più ampio di quello a disposizione di qualunque cinema made in Europe... El Gato
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dandy
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mercoledì 7 febbraio 2018
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troppo "americano" rispetto al prototipo.
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A 10 anni dal film di Park Chan Wook,Lee ne gira un remake assai scialbo.Forse perchè come nel film coreano non sono temi nuovi quelli qui affrontati,ma se Wook è riuscito a rendere il suo film unico usando uno stile personale,il regista afroamericano non è stato capace di fare altrettanto.Iniziamo dai personaggi:a dispetto dell'impegno del cast sono sterotipati e prevedibili in quasi ogni loro azione(l'innamoramento tra Joe e Marie avviene praticamente in automatico).Joe nella parte iniziale è eccessivamente negativo,per non dire caricaturale.Nella seconda è la solita macchina di morte -mix di personaggi alla Stallone post Mercenari,Jason Momoa,Jason Statham e via discorrendo.
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A 10 anni dal film di Park Chan Wook,Lee ne gira un remake assai scialbo.Forse perchè come nel film coreano non sono temi nuovi quelli qui affrontati,ma se Wook è riuscito a rendere il suo film unico usando uno stile personale,il regista afroamericano non è stato capace di fare altrettanto.Iniziamo dai personaggi:a dispetto dell'impegno del cast sono sterotipati e prevedibili in quasi ogni loro azione(l'innamoramento tra Joe e Marie avviene praticamente in automatico).Joe nella parte iniziale è eccessivamente negativo,per non dire caricaturale.Nella seconda è la solita macchina di morte -mix di personaggi alla Stallone post Mercenari,Jason Momoa,Jason Statham e via discorrendo.E il fatto che da ubriacone gonfio e traballante si trasformi da solo in un fustaccio resistentissimo e marzialista stando chiuso 20 anni in una stanza guardando la tv è una semplificazione esagerata.Il suo antagonista è mediocre e per chi ha già visto il film di Wook,la compassione faticherà assai a scattare nei suoi confronti.La confezione è curatissima,c'è un bel discorso a parte sulla manipolazione fasulla da parte dei media ,che impone una prevaricazione sulla società americana.Le scene d'antologia del primo film(il polpo,la lotta nel corridoio)sono reinventate con abilità.Il finale è più adatto nell'ottica del film rispetto a quello dell'originale,ma il confronto fra Joe e Adrian è sbrigativo e fiacco.E anche la violenza,su cui alcuni hanno ricamato,non è così abbondante o sgradevole come sembra:tant'è che nelle scene in cui il protagonista affronta gli scagnozzi in massa armato di martello e taglierina non c'è una goccia di sangue.Samuel L.Jackson a mio avviso è sprecato,in un ruolo poco incisivo.Questo remake è un action dall'involucro di classe,con dinamiche un pò più complesse del solito,ma uguale a troppe altre cose per convincere appieno,o per reggere il confronto con il film coreano.Che infatti ha floppato di brutto presso critica e pubblico.Per la prima volta Lee ha rinunciato alla scritta "A Spike Lee joint" nei titoli di testa per protestare contro i tagli imposti dai produttori.
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rickyfusari
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venerdì 6 dicembre 2013
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schema classico, trama non scontata
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Se è vero che la vendetta è ormai una delle tinte di cui sempre più spesso si colorano i thriller, tuttavia questo film non si perde in una rigidità schematica e scontata, ma mette efficacemente in evidenza il contrasto di un uomo perso, che ritrova se stesso proprio quando gli viene rubata l'identità, e lotta contro un nemico ignoto. Spike Lee riesce con successo nel suo intento di americanizzazione del gioiello coreano, Oldboy, plasmando un film denso, disorientante, che non si serve della violenza per alzare il livello d'attenzione, quanto per coronare il processo di alienazione che si completa dopo 20 anni di prigionia nell'animo del protagonista.
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Se è vero che la vendetta è ormai una delle tinte di cui sempre più spesso si colorano i thriller, tuttavia questo film non si perde in una rigidità schematica e scontata, ma mette efficacemente in evidenza il contrasto di un uomo perso, che ritrova se stesso proprio quando gli viene rubata l'identità, e lotta contro un nemico ignoto. Spike Lee riesce con successo nel suo intento di americanizzazione del gioiello coreano, Oldboy, plasmando un film denso, disorientante, che non si serve della violenza per alzare il livello d'attenzione, quanto per coronare il processo di alienazione che si completa dopo 20 anni di prigionia nell'animo del protagonista. Josh non cerca più la liberta, ma solo sua figlia, e per farlo è disposto a rispettare tutte le regole perverse che vengono dettate dal "cattivo" del film, un oscuro quanto deviato Sharlto Copley. Chiudete gli occhi invece nelle scene di combattimento, non per la loro crudezza ma per la stupidità con cui si comportano i numerosi nemici di josh, che lo attaccano uno ad uno, permettendogli di avere facilmente la meglio, davvero pessima qualità. Per il resto film discreto, non adatto ai deboli di stomaco.
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flyanto
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martedì 10 dicembre 2013
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a volte sarebbe più opportuno non conoscere la ver
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Remake dell'omonimo film del coreano Park Chan-wook in cui si narra di un uomo che viene imprigionato segretamente per circa vent' anni da un misterioso personaggio e per cause a lui del tutto ignote. Quando uscirà dalla sua lunga prigionia egli si adopererà in tutte le maniere al fine di scoprire le motivazioni del suo forzato sequestro e soprattutto l' identità della persona che lo ha voluto ed progettato. Grazie anche all' aiuto di una giovane dottoressa e non dopo numerose avventure e ricerche il protagonista finalmente riuscirà a svelare il mistero approdando ad una verità per lui molto agghiacciante e del tutto inaspettata. Il regista Spike Lee qui riprende di pari passo la vicenda del precedente film, appunto, di Park Chan-wook e senza, purtroppo, raggiungerne l'alto livello artistico nonchè originalità.
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Remake dell'omonimo film del coreano Park Chan-wook in cui si narra di un uomo che viene imprigionato segretamente per circa vent' anni da un misterioso personaggio e per cause a lui del tutto ignote. Quando uscirà dalla sua lunga prigionia egli si adopererà in tutte le maniere al fine di scoprire le motivazioni del suo forzato sequestro e soprattutto l' identità della persona che lo ha voluto ed progettato. Grazie anche all' aiuto di una giovane dottoressa e non dopo numerose avventure e ricerche il protagonista finalmente riuscirà a svelare il mistero approdando ad una verità per lui molto agghiacciante e del tutto inaspettata. Il regista Spike Lee qui riprende di pari passo la vicenda del precedente film, appunto, di Park Chan-wook e senza, purtroppo, raggiungerne l'alto livello artistico nonchè originalità. Ma, se visto e considerato come un film a sè stante, cioè come un thriller dalla trama violenta ed assai particolare, in generale esso risulta ben fatto e conferma l'abile regia di Lee, E sebbene egli abbia prodotto delle opere di maggior pregio e di più ampia ispirazione, qui però scaturiscono chiaramente proprio le sue elevate qualità di regista tali da non ridurre la pellicola ad una mera copia del precedente. Il ritmo serrato ed incalzante, l'inquadratura delle scene sia violente che non, i dialoghi vivi e fortemente espliciti ed infine la scelta degli azzeccatissimi attori (James Brolin, il protagonista, Elizabeth Olsen, la giovane donna medico e Samuel L.Jackson, l'assoldato carceriere) sono gli elementi che contraddistinguono il film e lo innalzano ad una buona riuscita e ad un meritato apprezzamento. Insomma, da considerarsi come un thriller da non perdersi affatto anche perchè sicuramente un pubblico molto ristretto avrà avuto l'opportunità di confrontarlo con il precedente coreano.
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stormz
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venerdì 6 dicembre 2013
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film imprevedibile che sorprende le aspettative
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Se devo essere sincero, dal "nuovo" Oldboy non mi aspettavo più del solito remake in stile puramente americano. Ottima performance di Josh Brolin come protagonista, dal carattere freddo e sicuro allo stesso tempo per quasi tutta la durata del film ma che poi dovrà affrontare la dura verità. La verità, è il punto centrale di questo film, quanto costa ottenerla? Spesso costa molto più di quanto ci si sarebbe mai potuti aspettare, e forse a volte, sarebbe meglio non scoprirla. Anche per gli spettatori coinvolti nella visione sembrerà di avere la verità in tasca fino a quando scopriranno che in realtà è tutto un altro paio di maniche. Di certo non un colossal e nemmeno un film che incasserà tanto, ma assolutamente consigliato a chi piace il "buon cinema" fatto di sorprese e non dai soliti film super lineari.
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Se devo essere sincero, dal "nuovo" Oldboy non mi aspettavo più del solito remake in stile puramente americano. Ottima performance di Josh Brolin come protagonista, dal carattere freddo e sicuro allo stesso tempo per quasi tutta la durata del film ma che poi dovrà affrontare la dura verità. La verità, è il punto centrale di questo film, quanto costa ottenerla? Spesso costa molto più di quanto ci si sarebbe mai potuti aspettare, e forse a volte, sarebbe meglio non scoprirla. Anche per gli spettatori coinvolti nella visione sembrerà di avere la verità in tasca fino a quando scopriranno che in realtà è tutto un altro paio di maniche. Di certo non un colossal e nemmeno un film che incasserà tanto, ma assolutamente consigliato a chi piace il "buon cinema" fatto di sorprese e non dai soliti film super lineari. Oldboy 2013 è un film che appassiona al punto giusto, e sopratutto che cambia gli equilibri. Consigliato
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tommygeno92
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mercoledì 11 dicembre 2013
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vendetta all'americana
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Quando ci si trova di fronte ad un remake, è inevitabile guardare all'originale. Si può dire che, con la dovuta obiettività, il confronto sia necessario; aiuta a capire se la ‘reinterpretazione’ sia effettivamente necessaria. E tutto ciò è particolarmente vero nel caso del nuovo Old Boy di Spike Lee, con il bravo Josh Brolin nel ruolo di uno sfortunato pubblicitario, che viene rapito e segregato per vent'anni in una stanza d’albergo. Ruolo e trama sono infatti copincollate da un thriller coreano del 2003, sorprendente successo di critica e pubblico, a sua volta ispirato ad un manga dallo stesso titolo del 1997. Da molti, compreso chi scrive, è considerato un classico moderno e com'era prevedibile molti si sono lamentati del film ancor prima che uscisse.
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Quando ci si trova di fronte ad un remake, è inevitabile guardare all'originale. Si può dire che, con la dovuta obiettività, il confronto sia necessario; aiuta a capire se la ‘reinterpretazione’ sia effettivamente necessaria. E tutto ciò è particolarmente vero nel caso del nuovo Old Boy di Spike Lee, con il bravo Josh Brolin nel ruolo di uno sfortunato pubblicitario, che viene rapito e segregato per vent'anni in una stanza d’albergo. Ruolo e trama sono infatti copincollate da un thriller coreano del 2003, sorprendente successo di critica e pubblico, a sua volta ispirato ad un manga dallo stesso titolo del 1997. Da molti, compreso chi scrive, è considerato un classico moderno e com'era prevedibile molti si sono lamentati del film ancor prima che uscisse. D’altronde, Hollywood è famosa per remake poco ispirati che hanno tradito lo spirito dell’originale in cerca di guadagni facili. Ma ci sono anche molti cineasti che hanno saputo creare qualcosa di fresco e ben fatto sulle basi solide di un successo straniero (vedi l’acclamato The Departed di Scorsese, e il più che valido Vanilla Sky). Il film di Lee si lascia guardare con piacere e il dovuto trasporto, anche se probabilmente sapere già la storia toglie all’esperienza molta della tensione su cui l’impianto narrativo è costruito. Chi entra in sala digiuno dell’originale saprà godersi questa truce storia molto di più, la storia di un uomo che cerca vendetta, una figlia perduta e delle risposte. Per tutti gli altri, il confronto lascerà un po’ l’amaro in bocca. Molte delle scene più iconiche del vecchio Old Boy sono state ‘omaggiate’ qui in modo piuttosto letterale e la storia, a parte qualche modifica sul finale, è praticamente la stessa. Salta subito all'occhio la decisione di dare più spazio al personaggio di Brolin prima del rapimento, stabilendo con qualche cliché le sue debolezze e i suoi numerosi difetti caratteriali. Questa caratterizzazione negativa toglie al film un po’ di quella brutalità insensata che contraddistingueva il predecessore e cerca invece la morale un po’ più facile, più ordinaria. La prigionia, qui allungata a vent’anni, è matrice di un processo di maturazione e presa di coscienza simile a quello del primo film, ma in cui la contemporanea discesa nella follia non è altrettanto accentuata, e la storia ne risente. Non mancano comunque i momenti spettacolari; tra la tortura di Samuel L. Jackson e il finale teso e intenso, spiccano in particolar modo due piani sequenza che sono da soli un motivo sufficiente per guardare questo film: uno di questi è la spettacolare riproposizione dello scontro con l’orda di sgherri, in cui l’antieroe è armato solo di un martello. Le scene d’azione sono ben dirette, le performance sono più che buone, anche se Sharlto Copley nei panni del cattivo non convince appieno come è solito fare. Anche la bellissima Elizabeth Olsen dà corpo a un personaggio che, nonostante i suoi sforzi, finisce con il rimanere appiattito sullo sfondo, funzionale alla trama e poco più. Detto questo, si tratta di un remake di Hollywood, e porta con sé tutti i pregi e i difetti di una produzione di questo tipo. Alcune sbavature di sceneggiatura del tutto evitabili abbassano la credibilità di un film che, seppur ben diretto, fotografato e interpretato, perde qualcosa di importante nella traversata oceanica dalla Corea alla California, e nel processo rinuncia anche ad un po’ della sua anima nera.
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