In ogni film di Ferreri c'è una donna-guida, un pesce pilota per la storia. E la storia ha sempre un'unità di spazio circolare, come una gabbia in cui l'azione deve crearsi e esaurirsi. Lo sfondo e il recinto sono le nuove unité de habitation della periferia parigina, funzionali, in ottimo stato, lussuose e progressiste come i centri commerciali che le circondano. La meraviglia è quello che non c'è: nessun problema di immigrazione, nessun minimalismo nell'arredamento o nella mente, nessuna assenza, nessun torpore da computer o compresenza sociale da sostenere, nessun nemico 'esterno' a cui imputare i propri fallimenti. L'attenzione è tutta sui corpi, sul loro destino associato, sulle mancanze e sui desideri.
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In ogni film di Ferreri c'è una donna-guida, un pesce pilota per la storia. E la storia ha sempre un'unità di spazio circolare, come una gabbia in cui l'azione deve crearsi e esaurirsi. Lo sfondo e il recinto sono le nuove unité de habitation della periferia parigina, funzionali, in ottimo stato, lussuose e progressiste come i centri commerciali che le circondano. La meraviglia è quello che non c'è: nessun problema di immigrazione, nessun minimalismo nell'arredamento o nella mente, nessuna assenza, nessun torpore da computer o compresenza sociale da sostenere, nessun nemico 'esterno' a cui imputare i propri fallimenti. L'attenzione è tutta sui corpi, sul loro destino associato, sulle mancanze e sui desideri. Il corpo invecchia e cade in occasioni sociali che lo svuotano, lo fermano, lo vestono: qui è ancora il momento della nudità post-hippie in cui si comincia a capire che il tempo sta per scadere. Ornella Muti è finalmente grandiosa e perfetta nella gestione poliforme degli affetti, emette, irradia e condiziona tutto quello che le si avvicina o che lei vuole possedere. Michel Piccoli fa da trait d'union con il mondo sociale e grottesco che non può mancare.
Un film senza pace che chiarisce la semplicità perdente perchè unidirezionale del comportamento e della sensualità maschile. Il cortocircuito, la propria negazione è la nemesi di una solitudine biologica, costruita e prevista socialmente, come quei balconi, quei vialetti di collegamento, questi quartieri costruiti per dormire.
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