everlong
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giovedì 3 febbraio 2011
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commedia del metalinguaggio
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La rosa purpurea del Cairo è sicuramente uno dei film più riusciti del genio di Woody Allen. Una commedia così complessa, profonda, filosofica ma allo stesso tempo semplice e immediata nel suo essere fortemente diretta. In quest'opera metalinguistica Allen riesce a parlare della vita, del cinema, dell'arte, dell'immaginazione in un colpo solo senza essere mai banale, superfluo o eccessivamente romantico. Realtà fisica e realtà immaginata diventano due forme altrettanto plausibili in cui la vita può scegliere di svolgersi, equidistanti da una verità assoluta così irraggiungibile e semanticamente effimera per cui lo sguardo relativista non può che essere il ponte fra livelli interpretativi diversi (i personaggi e la realtà del film/personaggi e realtà concreti).
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La rosa purpurea del Cairo è sicuramente uno dei film più riusciti del genio di Woody Allen. Una commedia così complessa, profonda, filosofica ma allo stesso tempo semplice e immediata nel suo essere fortemente diretta. In quest'opera metalinguistica Allen riesce a parlare della vita, del cinema, dell'arte, dell'immaginazione in un colpo solo senza essere mai banale, superfluo o eccessivamente romantico. Realtà fisica e realtà immaginata diventano due forme altrettanto plausibili in cui la vita può scegliere di svolgersi, equidistanti da una verità assoluta così irraggiungibile e semanticamente effimera per cui lo sguardo relativista non può che essere il ponte fra livelli interpretativi diversi (i personaggi e la realtà del film/personaggi e realtà concreti). Il sogno e l'immaginazione, per la protagonista, nascono da un desiderio semplice e così umano, ossia dal bisogno di cambiare, di disinnescare la spirale di una quotidianità asfissiante che vincola e irrigidisce la fantasia stessa (si pensi alle reazioni "burocratiche" degli spettatori comuni, o degli addetti ai lavori che non sembrano neppure sorpresi dalla surreale uscita dallo schermo di uno dei personaggi del film, tutti presi e concentrati sui problemi che da ciò potrebbero derivare, al livello economico e sociale soprattutto). Questa fusione tra realtà compresenti diventa l'occasione per la protagonista di uscire dalla "burocratizzazione" della vita e scegliere il meta-reale come un'opportunità per compensare i vuoti lasciati da una vita amara. Ma quanto accade non risulta essere un sogno allucinato della protagonista ma un evento oggettivo che coinvolge tutti, seppur con reazioni profondamente diverse ("Che non sia mai accaduto non significa che non possa accadere"). Ed è in questo che emerge l'elemento artistico come discriminante che divide chi ne è attratto e ne ha bisogno da chi non si rende nemmeno conto di essere in sua presenza. E' l'arte che provoca questo rimescolamento della realtà ma solo alcuni sono disposti a comprenderla e a desiderarla. Pertanto, si tratta di un desiderio fortemente umano, dettato da un innato bisogno di essere felice. L'artista, in fondo, non fa che creare un universo. Egli ri-configura la realtà secondo prospettive originali, formando combinazioni nuove con gli elementi della realtà (si pensi a quando il personaggio del film confonde i registi/produttori con dio). Quindi, è lo spettatore a guardare e a vivere l'opera d'arte tuffandocisi dentro ma anche l'opera stessa a rivolgersi allo spettatore e alla realtà in cui egli è immerso. E' una comunicazione bi-direzionale incessante che crea un ponte semantico talmente forte da determinare la fusione della prospettiva artistica e della prospettiva della fruizione, due realtà che uniscono fisicamente, che collegano e mescolano, ognuna necessaria all'altra, imprescindibile dall'altra: il desiderio del personaggio del film di farsi reale, di scoprire e conoscere la realtà e il desiderio della protagonista di immaginarsi una possibilità di vita diversa. Ma quanto siamo disposti a crederci fino in fondo? Credo sia questa la domanda che si pone il film nel finale. Infatti, la protagonista viene posta di fronte ad una scelta: la versione umana dell'innamorato (ossia l'attore che intepreta il personaggio, figura mediatrice fra i due universi) o il personaggio da lui intepretato nel film che ha assunto vita propria? Quasi a sottolineare che in fondo siamo portati a suddividere, a categorizzare e ad aver paura del nostro essere fatti di fantasia, di arte e di immaginazione; siamo terribilmente spaventati da noi stessi per cui preferiamo riportare il tutto ad una condizione di normalità, di conservazione: vogliamo cambiare ma senza poi crederci fino in fondo in questo cambiamento, scegliendo ciò che ai nostri occhi sembra più ragionevole, plausibile, più sensato, meno drastico, per trovarci poi a non aver cambiato nulla.
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giugy3000
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giovedì 6 gennaio 2011
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fuori o dentro lo schermo?
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Nella vastissima e lunga produzione cinematografica di Allen "La rosa purpurea" si colloca senz'altro nella top-ten dei suoi più film più riusciti e, stranamente, senza che egli ne sia il protagonista. La trama è geniale e ben fatta, altamente filosofica anche se mai quanto più esplicitamente lo è stata in"Amore e guerra". Siamo nel periodo anni '80 e Allen ha come musa ispiratrice una struggente Mia Farrow, che rimane a mio parere sempre meno espressiva e talentuosa della precedente compagna di film Deane Keaton.
Ogni ragazza penso vorrebbe essere la protagonista di questa travolgente vicenda, assurda fino all'ennesima potenza ma allo stesso tempo così vicina ai nostri cuori.
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Nella vastissima e lunga produzione cinematografica di Allen "La rosa purpurea" si colloca senz'altro nella top-ten dei suoi più film più riusciti e, stranamente, senza che egli ne sia il protagonista. La trama è geniale e ben fatta, altamente filosofica anche se mai quanto più esplicitamente lo è stata in"Amore e guerra". Siamo nel periodo anni '80 e Allen ha come musa ispiratrice una struggente Mia Farrow, che rimane a mio parere sempre meno espressiva e talentuosa della precedente compagna di film Deane Keaton.
Ogni ragazza penso vorrebbe essere la protagonista di questa travolgente vicenda, assurda fino all'ennesima potenza ma allo stesso tempo così vicina ai nostri cuori. Cecilia ha una routine squallida ed infelice: lavora come cameriera e ha un marito che non solo la tradisce dinanzi ai suoi occhi, ma la tratta da serva senza rivolgerle piu parole affettuose da secoli. Cecilia ama il cinema e vede in esso la sua unica evasione; si appassiona casualmente così all'ultimo film proiettato vicino alla sala del bar in cui lavora, dal titolo "La Rosa purpurea del Cairo", il cui attore non protagonista è inaspettatamente carino e bravo nel suo ruolo. Cecilia vede il film in ogni momento libero della giornata, anche tre volte di seguito, fin quando un pomeriggio l'attore da lei adocchiato sguscia fuori dallo schermo e si invaghisce per davvero di lei, volendo far fiorire la loro storia d'amore e liberarsi dalla prigione delle sue battute e scene ripetute. Arriva però fra di loro anche il vero attore che nella realtà aveva dato vita al personaggio fuoriuscito dagli schemi del film, dalle medesime ovvie fattezze e preso dai medesimi sentimenti per lei. Cecilia è al bivio della sua vita: restare con il personaggio del film o con l'attore vero che lo impersonifica?
Si mischiano così due mondi: quello del cinema, dove Cecilia ha sempre pensato che le storie fossero troppo belle per essere vere e quello della realtà, che ha a suo favore il fatto di essere più tangibile e nella sua concretezza meno effimera. I punti focali del film sono riassunti in tre brevi battute del film. Il primo è quello secondo cui "chi appartiene alla realtà sogna un mondo di fantasia e chi è frutto dell'immaginario sogna di essere reale". Nella vicenda si nota quando desiderio abbia Cecilia di evadere dal suo mondo, costantemente fissa su quel film che tanto ama e che le da' un barlume di speranza nei suoi giorni più bui e quanto sia alta la voglia di evasione del personaggio uscito dallo schermo, stanco di recitare una storia tutta uguale e per lui risultante finta a lungo andare. In secondo luogo è importante la battura fatta dalla stessa Cecilia a metà della storia rivolta al vero attore in carne ed ossa del "suo" film: "Non importa se è solo un personaggio inventato, per me è l'uomo perfetto...e a volte ci si accontenta". Con queste parole si sottolinea l'estrema importanza umana di avere sempre bisogno di un ideale verso cui tendere e sognare e che alla fine, per quanto possa essere immaginario, se ci fa stare bene e ci rende delle principesse, poca importa da dove provenga e chi sia. La realtà è superiore per concretezza, ma non lo è detto che lo sia per godimento. In ultimo viene pronunciata la seguente battuta nei riguardi di Cecilia "Sei la sola a poter scegliere...del resto ciò che avete di bello voi umani è proprio il libero arbitrio". Cecilia alla fine si troverà fra la più bella favola della sua vita, ora resa possibile da quanto il personaggio è sceso dalla storia solo per lei e l'attore vero, invaghito da lei ma decisamente meno romantico e perfetto, calibrato insomma nei termini dell'umana medietà. Chi troppo vuole però nulla stringe e alla fine Cecilia tornerà fra qualche peripezia a rimanere sola e abbandonata, tradita ancora una volta da quella realtà a cui si era avvinghiata con le unghie, unico suo "dogma" in tutta quella vicenda confusa. Uno stupendo film dentro un film, un immagine metalinguistica e sincera dell'amore non solo per la settima arte ma per quello di tutto una vita, che forse, per definizione, resterà per sempre improgionato nei nostri sogni più belli.
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barmario
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mercoledì 30 dicembre 2009
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commedia delicata e romantica
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Commedia delicata e romantica, basata su uno geniale scambio di ruoli tra chi si rifugia nel cinema dalla propria vita grama e insoddisfatta, e chi è un personaggio del cinema ma desidererebbe vivere la vita reale. Nel mezzo, un personaggio a metà strada, ossia un attore.
Alla fine ognuno torna al proprio posto, ma almeno per un attimo ha vissuto il proprio sogno.
Allen sullo schermo non c'è, ma il suo genio fortunatamente sì.
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fedeleto
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domenica 29 luglio 2012
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oltre lo schermo..
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Woody Allen(il dormiglione,io e annie,zelig) e' un maestro del cinema,e questa tredicesima pellicola ne e' un ulteriore conferma.La trama si svolge nell'america della depressione ,dove una giovane donna(Mia Farrow) e'sposata con un uomo manesco e prepotente(Danny Aiello) e lavora come cameriera,avendo come punto di evasione solo una cosa:il cinema.Recandosi sempre in questo magnifico posto ,vede ripetutamente La rosa purpurea del Cairo,fino a quando uno degli attori principali esce dallo schermo perche' dice di essersi innamorato di lei.Tra l'assurdo e il surreale la situazione getta il panico,e l'attore che interpreta l'uomo uscito dallo schermo cerchera' il suo doppio,fino a quando con un autentico colpo di coda ingannera la povera Cecilia che con l'inganno scegliera' l'attore al pòersonaggio uscito dallo schermo,la vita reale non e' come quella del cinema,ma la prima forse e' piena di inganni e meschinita'.
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Woody Allen(il dormiglione,io e annie,zelig) e' un maestro del cinema,e questa tredicesima pellicola ne e' un ulteriore conferma.La trama si svolge nell'america della depressione ,dove una giovane donna(Mia Farrow) e'sposata con un uomo manesco e prepotente(Danny Aiello) e lavora come cameriera,avendo come punto di evasione solo una cosa:il cinema.Recandosi sempre in questo magnifico posto ,vede ripetutamente La rosa purpurea del Cairo,fino a quando uno degli attori principali esce dallo schermo perche' dice di essersi innamorato di lei.Tra l'assurdo e il surreale la situazione getta il panico,e l'attore che interpreta l'uomo uscito dallo schermo cerchera' il suo doppio,fino a quando con un autentico colpo di coda ingannera la povera Cecilia che con l'inganno scegliera' l'attore al pòersonaggio uscito dallo schermo,la vita reale non e' come quella del cinema,ma la prima forse e' piena di inganni e meschinita'.Allen crea una pellica originalissima firmandone sia il soggetto che la sceneggiatura,ma stranamente non interpretandola(e' per la precisione la seconda in cui non compare dopo Interiors),ma ad ogni modo avvolge lo spettatore in un turibine di avventure.E' doveroso pertanto soffermarsi anche su alcuni punti importanti del film ,che come sempre presenta dettagli profondi che sono mestiere di critici.Lo schermo e gli attori che vi recitano sono ovviamente finzione ma allo stesso tempo anche ripetizione,e in tal tematica della medesima e' da notare come questa ripetizione sia un mezzo che induce l'essere a divenire e non a staticizzare.Cecilia decide di cambiare vita anche alla fine ma poi ritorna appunto nella ripetizione,il personaggio si celluloide per quanto si sforzi decide di uscire dallo schermo ma poi ci ritorna per via della delusione d'amore ,quindi tutti i personaggi in realta' sono in trappola ,vittime di uno schema prestabilito o necessario ,ma allo stesso modo sono anche in uno stato di libero arbitrio,possono scegliere di uscirne da questo vincolo ma poi tale scelta deve essere portata avanti con il cuore.Allen non si limita a questo ma immerge il film anche di ironia,come viene detto nel film (probabilmente sono dei rossi!),per via di quello spirito liberale,il dialogo con le prostitute e' un confronto fra realta' e finzione,ma per quanto possa sembrare assurdo Allen indaga anche su una questione di carattere ontologico,effettivamente il riflesso di questi attori nella pellicola che prende vita,e' l'attore o l'attore nella pellicola?gli attori ottengono il loro successo attraverso il riflesso della pellicola ,l'essere filmati rimane una creazione dell'estraneita' dalla realta',riprendere e' immortalare e replicare attraverso appunto la sopra citata ripetizione,ma allo stesso tempo quest'ultima potrebbe estranearsi da se stessa e creare non piu' un immagine ma una persona.Attori quasi tutti bravi eccetto Jeff Daniels nella doppia parte che non convince molto.Amaro il finale dove forse la realta' scelta da Cecilia e' davvero forse l'eterna finzione,ma del resto come disse anche Truffaut solo nei film va tutto liscio la vita reale e' un altra cosa(effetto notte).Allen comunque rimane uno dei piu' grandi registi degli ultimi anni e questo film e' senza dubbio tra i migliori.Chissa' che un giorno si possa andare oltre lo schermo...
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leonard moonlight
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venerdì 11 gennaio 2013
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realtà o finzione?
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Uno dei film più impegnati di Allen che si cimenta in una commedia che ha molto in comune con i film d'autore.
Non tutto nella vita di tutti i giorni va per il verso giusto, e la mancanza di coraggio e di forza per reagire ci porta ad accettare situazioni in cui non siamo realmente felici. Allen presenta a questo punto l'arte (il cinema), come possibile via di fuga dalla realtà. La protagonista cerca di fuggire dalla realtà prendendo l'abitudine di andare al cinema a vedere il film "la rosa purpurea del cairo". A questo punto realtà e finzione, arte e vita reale si mescolano, fino a non distinguersi e fra la protagonista e il personaggio del film (che esce dallo schermo del cinema per vedere com'è la vita reale) nasce una storia d'amore.
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Uno dei film più impegnati di Allen che si cimenta in una commedia che ha molto in comune con i film d'autore.
Non tutto nella vita di tutti i giorni va per il verso giusto, e la mancanza di coraggio e di forza per reagire ci porta ad accettare situazioni in cui non siamo realmente felici. Allen presenta a questo punto l'arte (il cinema), come possibile via di fuga dalla realtà. La protagonista cerca di fuggire dalla realtà prendendo l'abitudine di andare al cinema a vedere il film "la rosa purpurea del cairo". A questo punto realtà e finzione, arte e vita reale si mescolano, fino a non distinguersi e fra la protagonista e il personaggio del film (che esce dallo schermo del cinema per vedere com'è la vita reale) nasce una storia d'amore. Non sapendo più cosa fare, per non suscitare scandali e compromettere la sua carriera, il vero attore tenta di convincere il falso a rientrare nello schermo e si imbatte nella ragazza.
Quando poi la ragazza dovrà scegliere fra arte e vita reale, per forza di cose, la sua scelta è obbligata. Non aggiungo altro...
Solo l'arte può raggiungere la perfezione, mentre la perfezione nella vita reale è solo una mera e triste illusione.
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great steven
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venerdì 29 maggio 2015
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splendido humour da racconto metacinematografico.
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LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO (USA, 1985) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da JEFF DANIELS, MIA FARROW, DANNY AIELLO, DIANNE WIEST, IRVING METZMAN, PAUL HERMAN, EDWARD HERRMANN, VAN JOHNSON
Negli anni della Grande Depressione Cecilia, un’imbranata cameriera appassionata di cinema va a vedere per ben cinque volte un romantico film d’avventure incentrato su una fantasmagorica rosa purpurea sita in Egitto, e alla quinta proiezione il protagonista della pellicola, l’attraente e impavido poeta-avventuriero-esploratore Tom Baxter, esce dallo schermo e dichiara all’accanita spettatrice il suo amore per lei. Cecilia vorrebbe ricambiare quest’immenso affetto, visto che anche lei s’invaghisce del personaggio, ma non vuole tradire il marito col quale tuttavia vive con molta infelicità.
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LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO (USA, 1985) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da JEFF DANIELS, MIA FARROW, DANNY AIELLO, DIANNE WIEST, IRVING METZMAN, PAUL HERMAN, EDWARD HERRMANN, VAN JOHNSON
Negli anni della Grande Depressione Cecilia, un’imbranata cameriera appassionata di cinema va a vedere per ben cinque volte un romantico film d’avventure incentrato su una fantasmagorica rosa purpurea sita in Egitto, e alla quinta proiezione il protagonista della pellicola, l’attraente e impavido poeta-avventuriero-esploratore Tom Baxter, esce dallo schermo e dichiara all’accanita spettatrice il suo amore per lei. Cecilia vorrebbe ricambiare quest’immenso affetto, visto che anche lei s’invaghisce del personaggio, ma non vuole tradire il marito col quale tuttavia vive con molta infelicità. Quando poi si fa vivo Gilbert Sheppard, l’attore di Hollywood che interpreta Tom Baxter, la faccenda si complica ulteriormente, dato che pure l’interprete finisce per innamorarsi della giovane inserviente. Mentre i gestori del cinema e gli stessi personaggi del film strepitano e fanno il diavolo a quattro affinché Tom ritorni nella storia immaginaria e non crei altri problemi per la continuazione della vicenda, Cecilia deve decidere se le conviene lasciare il burbero e violento marito per ricominciare una nuova vita sentimentale con Tom, non appartenente al mondo reale, o con Gilbert, che invece non è immaginario. La scelta non è certo delle più semplici, ma Cecilia finirà comunque per rimanere irrimediabilmente insoddisfatta, malgrado propenda infine per la decisione più giusta. Il quattordicesimo film del maestro Allan Königsberg (questo il suo nome di battesimo, e risultano chiare la sua origine e formazione ebraiche) è un omaggio al cinema fantasy che però non rientra a pieno titolo in un genere sapientemente non esplorato a fondo per rimanere nei dettami stilistici di una commedia agrodolce che sa divertire e al tempo stesso innescare riflessioni più profonde di quanto sembrano sul mestiere di attore e sul combattimento insistente fra realtà e fantasia, da tempo immemorabile fulcro di un determinato cantone della vita umana. La superba fotografia di Gordon Willis divide l’opera fra il bianco e nero del film che Cecilia (una M. Farrow straordinaria per delicatezza, inibizione e sincerità) guarda senza mai stancarsene, e il colore dell’esistenza reale che dona agli spettatori uno spaccato narrativo costituente un godibilissimo scenario di passioni vissute e viscerali. Uno dei rari casi cinematografici in cui Allen risulta migliore quando è solo regista e non anche attore: la sua presenza esclusivamente dietro la macchina da presa aggiunge un punto considerevole alla compattezza della storia e gli impedisce di divagare con digressioni inutili o poeticismi manierati, ed entrambe le cose avrebbero rovinato l’esito conclusivo. Almeno un terzetto di scene riuscitissime: la scazzottata fra Monk e Tom Baxter nella chiesa; l’arrivo dell’intrepido e sbarazzino esploratore nella casa di tolleranza; il piccolo concerto canoro improvvisato con ukulele e pianoforte nel bazar. Uno strepitoso J. Daniels (con la voce italiana dell’attore televisivo Paolo Maria Scalondro), abilissimo in un favoloso sdoppiamento che gli permette di operare su due fronti totalizzando un successo recitativo davvero impressionante, soprattutto per la carica inesauribile di buffoneria e simpatia che sa mettere dentro la sua meravigliosa interpretazione. Ma anche D. Aniello non scherza, col suo marito buzzurro appassionato solo di bevute e giochi a bocce nella periferia del quartiere in cui abita con la consorte che l’ha sposato senza amarlo. Golden Globe 1986 a W. Allen per la sceneggiatura.
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