nerazzurro
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lunedì 20 aprile 2020
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p.s. hoffman una prova "a sangue freddo".
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Un film in cui Hoffman si getta anima e corpo rendendo il personaggio di Capote davvero reale. Una caratterizzazione unica specialmente nel finale: Il titolo del suo libro alla fine rispecchia se stesso. Si è immerso a sangue freddo nella vicenda fino ad avere dopo 6 anni il suo romanzo,a alla fine il rimorso prende il sopravvento fino a provare empatia verso i 2 assassini. Un grande film.
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greatsteven
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giovedì 21 settembre 2017
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uno scrittore che investiga sull'animo umano.
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TRUMAN CAPOTE – A SANGUE FREDDO (USA, 2005) diretto da BENNETT MILLER. Interpretato da PHILIP SEYMOUR HOFFMAN, BRUCE GREENWOOD, CHRIS COOPER, CLIFTON COLLINS JR., CATHERINE KEENER, BOB BALABAN, MARK PELLEGRINO
Tratto da una storia vera. Nell’autunno 1959, nel Kansas, l’intera famiglia Clutter viene brutalmente massacrata. Tempo pochi mesi, e nel gennaio 1960 vengono arrestati, grazie all’efficientissimo agente di polizia Alvin Dewey, i responsabili dei quattro omicidi di primo grado: Perry Smith e Richard Hickock.
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TRUMAN CAPOTE – A SANGUE FREDDO (USA, 2005) diretto da BENNETT MILLER. Interpretato da PHILIP SEYMOUR HOFFMAN, BRUCE GREENWOOD, CHRIS COOPER, CLIFTON COLLINS JR., CATHERINE KEENER, BOB BALABAN, MARK PELLEGRINO
Tratto da una storia vera. Nell’autunno 1959, nel Kansas, l’intera famiglia Clutter viene brutalmente massacrata. Tempo pochi mesi, e nel gennaio 1960 vengono arrestati, grazie all’efficientissimo agente di polizia Alvin Dewey, i responsabili dei quattro omicidi di primo grado: Perry Smith e Richard Hickock. La notizia della famiglia assassinata giunge alle orecchie di Truman Capote, reporter del New Yorker e celebre autore di Colazione da Tiffany, il quale, insieme alla volenterosa collega Harper Lee, si mette ad indagare sulla vicenda. Comincia così per il romanziere americano un continuo andirivieni dal carcere di stato del Kansas per conoscere a fondo le motivazioni che hanno spinto i due uccisori a commettere un atto così violento. Grazie al contatto con un avvocato, Capote riesce a rimandare l’esecuzione capitale dei due colpevoli di qualche tempo, siccome la giuria si era espressa a favore di una condanna a morte per entrambi. Truman riesce a stringere un rapporto speciale di amicizia e complicità soprattutto con Perry, cui regala i propri libri e di cui conosce la sorella e ne scopre le origini di nativo americano. La storia prosegue fino al 1965, finché Smith e Hickock non salgono sul patibolo e vengono impiccati, e quello per Truman, che dal principio dei suoi incontri con la coppia di detenuti, aveva avuto l’idea di fondare un nuovo genere narrativo – quello del romanzo-documento – raccogliendo le testimonianze di ambedue in un romanzo intitolato A sangue freddo, è un giorno nel quale rimane profondamente scosso. Come si evince dai titoli di coda, A sangue freddo renderà Truman Capote lo scrittore statunitense più famoso della sua epoca, ma dopo di quello non scriverà mai più. Morirà nel 1984 per alcolismo. Il film di Bennett si concentra fortemente su un protagonista tanto insolito quanto straordinario: un Seymour Hoffman (con la voce italiana di Roberto Chevalier, magistrale nell’attribuirgli un tono svenevole e languido) in perfetta forma, costantemente sotto le righe salvo le rare ed esilaranti eccezioni delle feste e dei ricevimenti di gala, che conferisce ad un personaggio realmente esistito una personalità dalla caratura umana caritatevole e dal cuore d’oro, impegnato in una lotta civile atta a restituire dignità a due mascalzoni che volevano uccidere per soldi, ma hanno fallito nel loro scopo perché male informati: vuole insomma riabilitarli agli occhi dell’intera nazione per recuperare quei brandelli di umanità e fratellanza che credono d’aver perduto, ma che in realtà posseggono ancora. Il suo tentativo di trarre un prodotto artistico dal calvario giudiziario di una cronaca che prosegue per oltre un quinquennio e coinvolge perfino la corte suprema del Kansas è un altro merito notevole che aggiunge onore ad una pellicola che attinge a piene mani tanto dal giallo quanto dal cinema drammatico, fondendo le due cifre narrative in una mistura infallibile che permette di adorare il suo memorabile personaggio principale, e non solo per i suoi modi fuori dal comune e le sue abitudini stravaganti. Unica nota leggermente stonata: la traversata in Spagna sulla Costa Brava, che consente sì un efficace confronto tra scrittori, ma si poteva benissimo evitare perché non in linea col tono conformemente triste, laconico e prezioso dell’intero film. Tra gli altri personaggi, come non dimenticare la bravissima Keener nei panni di Harper Lee, con le sue deliziose conversazioni con Truman e il suo carattere ardito e implacabile? Clifton Collins jr. brilla senza il minimo dubbio di luce propria nella parte di Perry Smith, assassino non per necessità e neanche per vocazione, ma per una ragione oscura e profondamente nascosta che tenta di scoprire durante i lunghi e significativi colloqui con Capote. Bene anche C. Cooper nelle vesti del poliziotto Dewey, essenziale e didattico. Una delle sequenze meglio riuscite riguarda il discorso che Truman tiene davanti ad un folto pubblico leggendo alcune frasi tratte da A sangue freddo, in fase di lavorazione e non ancora ultimato. A proposito di tale libro, è considerevole come l’opera metta in mostra la fatica, il dolore e il patimento che impegnano Truman nell’atto di comporlo, in un parto maieutico davvero complicato e denso di difficoltà conturbanti. In generale, un ottimo gioco di squadra fra gli attori e dei contributi tecnici, specie il montaggio e la scenografia, che ritraggono i bigi e freddi paesaggi degli Stati Uniti centrali con la maestria della sobrietà e il piglio infallibile della veridicità. Difficile trovargli una collocazione se si dovesse discutere di generi cinematografici, per cui è preferibile asserire che si tratta di una trama serena ma avvincente che ridà speranza ai disperati e investiga fin nelle profondità remote delle decisioni che ogni uomo deve prendere nei momenti cruciali della propria esistenza. Golden Globe e Oscar a Hoffman come attore protagonista, ma l’Academy Award, sebbene già candidata, l’avrebbe meritato anche la stupenda sceneggiatura non originale: capace di alternare i momenti poetici alle riflessioni ponderate sul senso della vita e ai cavilli psicologici che si annidano attorno all’emozionante ma complesso mestiere dello scrittore. Soprattutto se i libri circolano attorno a fatti di cronaca che più reali e agghiaccianti di così non si potrebbe.
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luigi chierico
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domenica 17 luglio 2016
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unico
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Unico l’atroce crimine della famiglia Clutter : il sig. Herbert, sua moglie Bonnie, il loro figlio Kenyon e la loro figlia Nancy, compiuto il 14 novembre del 1959 nel tranquillo e ridente villaggio Holcomb nel Kansas dove, come si legge nel testo,”A ogni aprile stormi di pappagalli volano in alto,rossi e verdi,verdi e arancio….,cantano recando la primavera d’aprile…”.
Unico il romanzo frutto di una lunga indagine-inchiesta condotta dal giornalista scrittore,drammaturgo e sceneggiatore Truman Capote, lo stesso autore di “Il buio oltre la siepe” e “Colazione da Tiffany” ed da cui sono stati tratti altrettanti ottimi film. Unico questo film perfetta trasposizione della storia di questo romanzo, un film condotto scrupolosamente con rigore ed attenzione dal regista Bennett Miller, candidato all’Oscar.
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Unico l’atroce crimine della famiglia Clutter : il sig. Herbert, sua moglie Bonnie, il loro figlio Kenyon e la loro figlia Nancy, compiuto il 14 novembre del 1959 nel tranquillo e ridente villaggio Holcomb nel Kansas dove, come si legge nel testo,”A ogni aprile stormi di pappagalli volano in alto,rossi e verdi,verdi e arancio….,cantano recando la primavera d’aprile…”.
Unico il romanzo frutto di una lunga indagine-inchiesta condotta dal giornalista scrittore,drammaturgo e sceneggiatore Truman Capote, lo stesso autore di “Il buio oltre la siepe” e “Colazione da Tiffany” ed da cui sono stati tratti altrettanti ottimi film. Unico questo film perfetta trasposizione della storia di questo romanzo, un film condotto scrupolosamente con rigore ed attenzione dal regista Bennett Miller, candidato all’Oscar. Unico, soprattutto unico,il contributo dato dall’ottimo ed indimenticabile attore Philip Seymour Hoffman nella parte di Trunan Capote, tanto da ottenere l’Oscar quale migliore attore. Non si può raccontare un film del genere, va solo visto ed apprezzato in ogni sua parte, il dialogo, l’ambientazione, la musica, la vicenda,la ricostruzione storica dei luoghi e dei fatti, e per finire, ancora una volta soprattutto, per l’interpretazione fatta di Truman Capote. Una storia in una storia, un dramma in una tragedia, un crimine ed un’analisi profonda delle sue cause. Uno scrittore apprezzato giornalista i cui risvolti umani gli fanno dire: "Quando qualcuno ha un'idea su di te è impossibile riuscire a fargliela cambiare. Fin da quand'ero piccolo la gente pensava di avermi etichettato, per via di quello che sono, cioè per come parlo, e si sono sempre sbagliati. Capisci quello che voglio dire?". Sembra che sia Philip Seymour Hoffman a dirlo, non posso dimenticare la sua parte nei film: “Il dubbio”, “The master” e “Onora il padre e la madre”. Un attore completo,così diverso dagli altri , dotato di una personalità non comune, non ha il fascino del divo holliwoodiano ma la tempra del grande attore di teatro. A ben vedere è così che recita nei suoi film e non solo in quelli che ho voluto ricordare. In pochi anni ha raccolto tanti consensi e premi, peccato ci abbia lasciato a soli 46 anni con ben pochi film che la tv fa rivedere. L’impegno profuso dal corrispondente del giornale di New York “ New Yorker “ per conoscere a fondo le psicologie dei due assassini il trentunenne Perry Edward Smith (Clifton Collins jr.) e il ventottenne Richard Hickock (Mark Pellegrino) pare aver tanto preso l’interprete che tutto il film assume le caratteristiche di un film verità,quasi documentaristico. Pfilip e Truman sono la stessa persona, hanno lo stesso impegno a tentare di andare oltre quel che si vede ed è stato. Occorre penetrare nell’animo umano dei due feroci assassini, conoscere il loro passato,le tendenze, i loro affetti, le loro famiglie e condizioni sociali per poter capire e cercare nel profondo di ciascuno quel seme di pietas che è mancato, per poter far chiedere perdono.”Sarebbe senza senso chiedere perdono di quel che ho fatto. E’ fuori luogo. Ma lo faccio. Chiedo perdono” pronuncia Perry prima di salire “gli scalini, di chiudere gli occhi e sentire il colpo che indica un collo spezzato dalla corda” come conclude il cronista per voce del grande Philip Seymour Hoffman, raccolto in un momento di mestizia, giustizia è fatta ma i fatti restano. Non è un film per tutti per cui pur essendo eccezionale non posso enumeralo tra i capolavori.chibar22@libero.it
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[+] un piccolo lapsus
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bomber89
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venerdì 30 ottobre 2015
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la travagliata genesi dell'opera ultima di capote
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Una vicenda di cronaca che diventa un ossessione, è ciò che succede allo scrittore Truman Capote, partito per documentare con un articolo l'omicidio di un'intera famiglia in un peasino del Kansas, e ben presto convinto di scriverci un libro. In un film fatto di tanti dialoghi ruba la scena Philip Seyomour Hoffman che interpreta il protagonista, vera e propria attrazione di ogni dialogo: espressioni facciali, gestualità e tono di voce rubano la scena e a tratti mettono in secondo piano il contenuto stesso del discorso. L'atmosfera è quasi crepuscolare e ciò sembra adattarsi bene con lo stato d'animo dello scrittore che è completamente immerso nella vicenda che vuole trasformare in libro; talmente immedesimato che si spinge oltre le facoltà di un uomo esterno alla vicenda, aiuta i due assassini (con uno dei quali ha un fitto e duraturo dialogo) e di fatto permette di far rinviare continuamente la loro esecuzione, perché vuole sentire dalla bocca dell'assassino il racconto della notte di sangue.
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Una vicenda di cronaca che diventa un ossessione, è ciò che succede allo scrittore Truman Capote, partito per documentare con un articolo l'omicidio di un'intera famiglia in un peasino del Kansas, e ben presto convinto di scriverci un libro. In un film fatto di tanti dialoghi ruba la scena Philip Seyomour Hoffman che interpreta il protagonista, vera e propria attrazione di ogni dialogo: espressioni facciali, gestualità e tono di voce rubano la scena e a tratti mettono in secondo piano il contenuto stesso del discorso. L'atmosfera è quasi crepuscolare e ciò sembra adattarsi bene con lo stato d'animo dello scrittore che è completamente immerso nella vicenda che vuole trasformare in libro; talmente immedesimato che si spinge oltre le facoltà di un uomo esterno alla vicenda, aiuta i due assassini (con uno dei quali ha un fitto e duraturo dialogo) e di fatto permette di far rinviare continuamente la loro esecuzione, perché vuole sentire dalla bocca dell'assassino il racconto della notte di sangue. In Truman convivono affetto-attrazione verso uno dei due assassini e sadismo nel dargli vane speranze di salvezza solo per finire la sua opera. L'ossessione per "il suo libro", per la sua "opera ultima" è lampante e l'umanità verso una vicenda talmente drammatica è sacrificata sull'altare del successo!
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lidini
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domenica 17 agosto 2014
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non solo genio
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Nonostante tutti i lati positivi del film, non ho potuto fare a meno di provare un senso di nausea per il personaggio Capote.Si puo' essere anche dei geni,ma il cinismo e la vigliaccheria che secondo me traspaiono da questa inerpretazione non trovano scusanti nemmeno nel travaglio interiore di cui sicuramente egli e'stato vittima.Ho provato invece una profonda pena per uno degli assassini, anche se sonu del parere che bisogna pagare per il male commesso
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howlingfantod
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sabato 16 agosto 2014
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domande aperte
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Questa volta vado al buio, non so niente di Truman Capote tranne che ha scritto Colazione da Tiffany, non so niente del libro e del film che immagino autobiografico sulla creazione del suo ultimo romanzo completo. Non ho letto alcuna rassegna stampa al tempo in cui è uscito nelle sale qui in Italia e tantomeno negli Stati Uniti, le leggerò dopo quest’articolo, immagino al tempo negli Stati Uniti abbia aperto il solito dibattito insanato ed imperituro sulla pena di morte, magari avendo calcolato al botteghino quanto avrebbe potuto fruttare affrontare il tema dall’ottica delle rievocazione di un grande scrittore, come dicono loro, gli americani, “business as usual”. Qui da noi nella Vecchia umanistica e dotta Europa più verosimilmente si sarà parlato più del ruolo e la funzione sociale dell’arte, in primo luogo della letteratura e ci si domanda spontaneamente cosa avrebbe dovuto fare l’intellettuale e quindi quale è il suo ruolo nella società, nel caso specifico del film, dalla forza del suo pulpito il grande letterato unanimemente riconosciuto e mainstream per i tempi ai quali si riferisce avrebbe dovuto salvare due omicidi? Due vite umane? Se non lo ha fatto perché, anzi lo ha fatto fino a un certo punto, forse per il mero narcisismo artistico, ancora la domanda sull’arte.
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Questa volta vado al buio, non so niente di Truman Capote tranne che ha scritto Colazione da Tiffany, non so niente del libro e del film che immagino autobiografico sulla creazione del suo ultimo romanzo completo. Non ho letto alcuna rassegna stampa al tempo in cui è uscito nelle sale qui in Italia e tantomeno negli Stati Uniti, le leggerò dopo quest’articolo, immagino al tempo negli Stati Uniti abbia aperto il solito dibattito insanato ed imperituro sulla pena di morte, magari avendo calcolato al botteghino quanto avrebbe potuto fruttare affrontare il tema dall’ottica delle rievocazione di un grande scrittore, come dicono loro, gli americani, “business as usual”. Qui da noi nella Vecchia umanistica e dotta Europa più verosimilmente si sarà parlato più del ruolo e la funzione sociale dell’arte, in primo luogo della letteratura e ci si domanda spontaneamente cosa avrebbe dovuto fare l’intellettuale e quindi quale è il suo ruolo nella società, nel caso specifico del film, dalla forza del suo pulpito il grande letterato unanimemente riconosciuto e mainstream per i tempi ai quali si riferisce avrebbe dovuto salvare due omicidi? Due vite umane? Se non lo ha fatto perché, anzi lo ha fatto fino a un certo punto, forse per il mero narcisismo artistico, ancora la domanda sull’arte. Il film non si mostra subito nei suoi significati profondi, parte lentamente, non si snoda, aumenta la sua tensione intrinseca per la profondità dei temi affrontati ad ogni passaggio, strada facendo, con frasi scandite, dialoghi drammatizzati ed intensi che sembrano sempre voler dire l’ultima parola, con una fotografia netta, semplice pulita e a tinte fosche. I temi sono forti, la colpa e la sua condivisione,Truman Capote partecipa all’esecuzione e immagino ed il dialogo stesso lo suggerisce ne sarà partecipe ancora, quindi l’espiazione, il ruolo dell’arte e la dicotomia realtà e finzione, tematiche profonde e pressanti che lasciano come tutto il film, da qualunque parte dell’oceano lo si guardi domande aperte alle nostre coscienze. Quasi dimenticavo, eccezionale l’interpretazione non per niente da Oscar del compianto Philip Seymour Hoffmann.
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harry manback
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martedì 8 luglio 2014
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affascinante ma pesante
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Mi rattrista non riuscire ad esprimere un giudizio totalmente positivo su questo film di Bennett Miller, prima di tutto per via della magistrale interpretazione regalataci da Philip Seymour Hoffman, un attore che avevo già avuto modo di apprezzare nel suo ruolo, neanche tanto marginale, in "Magnolia", ma che ho amato alla follia in "The Master", sempre dello stesso regista (Paul Thomas Anderson) , dove a mio modestissimo parere raggiunge le più alte vette attoriali di questo secolo.
In secondo luogo, per via del lato tecnico praticamente eccelso del film, una regia che straripa di inquadrature pesanti come macigni, che non possono che rimanere impresse, ed una fotografia praticamente perfetta, che a tratti ricorda quella di "Era mio padre" di Sam Mendes.
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Mi rattrista non riuscire ad esprimere un giudizio totalmente positivo su questo film di Bennett Miller, prima di tutto per via della magistrale interpretazione regalataci da Philip Seymour Hoffman, un attore che avevo già avuto modo di apprezzare nel suo ruolo, neanche tanto marginale, in "Magnolia", ma che ho amato alla follia in "The Master", sempre dello stesso regista (Paul Thomas Anderson) , dove a mio modestissimo parere raggiunge le più alte vette attoriali di questo secolo.
In secondo luogo, per via del lato tecnico praticamente eccelso del film, una regia che straripa di inquadrature pesanti come macigni, che non possono che rimanere impresse, ed una fotografia praticamente perfetta, che a tratti ricorda quella di "Era mio padre" di Sam Mendes.
La sceneggiatura, invece, per quanto anch'essa ottima, è l'unica mia perplessità.
Se nella prima parte del film risulta interessante e ritmata, nella seconda parte , invece , diventa fiacca ed eccessivamente pesante.
Non sono uno di quelli che critica i film per la loro lentezza, perché è ovvio che non sia sinomino di noia, ma in questo caso, ho fatto davvero fatica ad arrivare alla fine del film.
Il rapporto che si instaura tra Truman e Perry è certamente interessante, ma l'assiduità dei loro incontri, spesso inconcludenti e ripetitivi anche a livello di dialoghi, non fanno che incrementare la pesantezza e la lentezza del film.
La colonna sonora si addice perfettamente al ritmo del film, in quanto lenta, morbida, delicata, e per questo anche poco incisiva.
Non mi ha entusiasmato, nonostante stimi il compositore Mychael Danna, e ricordi per certi versi lo stile di Thomas Newman.
Un film, quindi, da vedere assolutamente per ammirare l'incredibile bravura di Philip Seymour Hoffman (la cui interpretazione è stata rovinata da un doppiaggio italiano non all'altezza) e la perfezione stilistica di Bennett Miller, ma che purtroppo non offre nient'altro di interessante.
VOTO 7
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anita intra
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mercoledì 31 ottobre 2012
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una personalita' in conflitto con se stessa
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Truman Capote : a sangue freddo di Bennet Miller e' dunque la storia di come lo scrittore scrisse il suo libro piu' anomalo e fortunato; ed e' nello stesso tempo il ritratto di lui, di due assassini, di una piccola citta' rurale americana all'inizio degli anni Sessanta. Interessante il modomin cui e' presentata la personalita' direi sconcertante del protagonista, in conflitto con se stessa tra la cinica ricerca del successo e la consapevolezza umana di una giustizia senza riscatto.
Questo e' il bellissimo ritratto di Truman Capote, suggestiva la sceneggiatura nella quale si alternano magnifici paesaggi sconfinati , interni di case isolate che sembrano destinate a qualsiasi azione delittuosa, mondanita' e isolamento in cui solo la legalizzazione della morte libera la coscienza della societa'.
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Truman Capote : a sangue freddo di Bennet Miller e' dunque la storia di come lo scrittore scrisse il suo libro piu' anomalo e fortunato; ed e' nello stesso tempo il ritratto di lui, di due assassini, di una piccola citta' rurale americana all'inizio degli anni Sessanta. Interessante il modomin cui e' presentata la personalita' direi sconcertante del protagonista, in conflitto con se stessa tra la cinica ricerca del successo e la consapevolezza umana di una giustizia senza riscatto.
Questo e' il bellissimo ritratto di Truman Capote, suggestiva la sceneggiatura nella quale si alternano magnifici paesaggi sconfinati , interni di case isolate che sembrano destinate a qualsiasi azione delittuosa, mondanita' e isolamento in cui solo la legalizzazione della morte libera la coscienza della societa'. Un film intenso, in cui e' evidente l'ambiguita' dei personaggi, soprattutto quella dello scrittore, che a un certo punto sceglie se stesso e non aiuta fino in fondo l'amico che ama . Bellissima la fotografia, originale la recitazione del protagonista.
ANITA INTRA
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blackredblues
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mercoledì 14 settembre 2011
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come parassitare le emozioni.
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Sullo sfondo di un'indagine circa un massacro finalizzata alla scrittura di un romanzo-verità, viene tratteggiata la complessità dell'uomo Capote. Perennemente in balia di un forte narcisismo e quindi in costante ricerca del consenso altrui emerge con forza la lettura psicoanalitica piuttosto superata che vuole nella ricerca della triangolazione narcisismo-autocentramento-omosessualità la sua ragion d'essere. Lo scrittore non esita ad entrare in confidenza con uno degli assassini, dimostrandosi se necessario, piuttosto falso (prima di tutto con sè stesso) e manipolatore pur di ottenere la linfa utile alla costruzione del suo successo letterario.
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Sullo sfondo di un'indagine circa un massacro finalizzata alla scrittura di un romanzo-verità, viene tratteggiata la complessità dell'uomo Capote. Perennemente in balia di un forte narcisismo e quindi in costante ricerca del consenso altrui emerge con forza la lettura psicoanalitica piuttosto superata che vuole nella ricerca della triangolazione narcisismo-autocentramento-omosessualità la sua ragion d'essere. Lo scrittore non esita ad entrare in confidenza con uno degli assassini, dimostrandosi se necessario, piuttosto falso (prima di tutto con sè stesso) e manipolatore pur di ottenere la linfa utile alla costruzione del suo successo letterario. Pagherà, sempre secondo l'ottica proposta dalla pellicola, tutto ciò non riprendendosi mai più completmente implodendo in qualche modo in se stesso. Stilisticamente il film è ineccepibile, la recitazione di Philip Seymour Hoffman vince contro qualsiasi altra possibile remora nel vedere la pellicola.
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filippo catani
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giovedì 14 luglio 2011
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seymour hoffan sbalorditivo
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Il film narra la gestazione del capolavoro A sangue freddo di Truman Capote. Il giornalista, scrittore e sceneggiatore va ad indagare su un brutale plurimo omicidio avvenuto in una fattoria di un tranquillo paese di campagna. La stesura dell'opera finirà per diventare un ossessione per lo scrittore che nel frattempo inizierà ad intrattenere rapporti con uno dei due killers.
Il film nel suo impianto e nel suo svolgimento rende perfettamente conto del travaglio interiore del già affermato Capote (già autore di Colazione da Tiffany). La ciliegina sulla torta la mette Philip Seymour Hoffman che nella parte di Capote supera se stesso dando vita ad una interpretazione straordinaria.
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Il film narra la gestazione del capolavoro A sangue freddo di Truman Capote. Il giornalista, scrittore e sceneggiatore va ad indagare su un brutale plurimo omicidio avvenuto in una fattoria di un tranquillo paese di campagna. La stesura dell'opera finirà per diventare un ossessione per lo scrittore che nel frattempo inizierà ad intrattenere rapporti con uno dei due killers.
Il film nel suo impianto e nel suo svolgimento rende perfettamente conto del travaglio interiore del già affermato Capote (già autore di Colazione da Tiffany). La ciliegina sulla torta la mette Philip Seymour Hoffman che nella parte di Capote supera se stesso dando vita ad una interpretazione straordinaria. In sostanza da solo riesce a reggere l'intera architettura della pellicola. Un viaggio all'inferno e ritorno per un dramma inspiegabile come tanti che purtroppo vediamo passarci sotto gli occhi con tremenda regolarità.
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