paolorol
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venerdì 28 luglio 2023
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catabolismo plastico
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PLASTICA PLASSTICA PLASTICA e poi ancora PLASTICA.
Con la plastica si distrugge il mondo ma si fanno soldi a palate. La Mattel ha pienamente centrato il suo unico obiettivo, ovviamente non quello di diffondere chissà quali più o meno profondi o insulsi messaggi, ma di fare banalmente soldi, altri soldi oltre a quelli accumulati nei secoli spacciando orrendi mostriciattoli di plastica destinati a plastificare e a rimbecillire le povere vittime. La scena più emblematica e geniale di questo patrocchio drogato di colori e suoni ipersaturi, è quella iniziale.Gli scimmioni di Kubrick mutati in dolci e tenere bambine che accudiscono ancora più dolci e tenere creature e che ci mettono meno di un nanosecondo per abdicare dal loro ruolo di madri amorevoli per trasformarsi in assassine feroci e sanguinarie che frantumano i crani delle loro bambine come se fossero scarafaggi da schiacciare con rabbia e schifo.
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PLASTICA PLASSTICA PLASTICA e poi ancora PLASTICA.
Con la plastica si distrugge il mondo ma si fanno soldi a palate. La Mattel ha pienamente centrato il suo unico obiettivo, ovviamente non quello di diffondere chissà quali più o meno profondi o insulsi messaggi, ma di fare banalmente soldi, altri soldi oltre a quelli accumulati nei secoli spacciando orrendi mostriciattoli di plastica destinati a plastificare e a rimbecillire le povere vittime. La scena più emblematica e geniale di questo patrocchio drogato di colori e suoni ipersaturi, è quella iniziale.Gli scimmioni di Kubrick mutati in dolci e tenere bambine che accudiscono ancora più dolci e tenere creature e che ci mettono meno di un nanosecondo per abdicare dal loro ruolo di madri amorevoli per trasformarsi in assassine feroci e sanguinarie che frantumano i crani delle loro bambine come se fossero scarafaggi da schiacciare con rabbia e schifo. Che noia e che disgusto cambiare i pannolini e stirare i vestitini di quelle creature inette, dipendenti e bisognose di aiuto in tutto. Meglio una compagna di giochi che faccia sognare un mondo inesistente e pertanto irraggiungibile, una che si cambi i vestiti almeno 20 volte al giorno, "per affrontare tutte le sfide", come recita la pubblicità di uno shampo che ha come testimonial la Ferragni, plastificatissima barbie de noantri, e che dedichi tutto il suo tempo alle frivolezze, lontana mille miglia dalla realtà. La barbie gigante convince le bambine ad abbandonare il ruolo materno per calarsi in quello di sognanti principesse del condominio.
Il grande messaggio del filmaccio, che per quanto mi riguarda sarebbe già potuto finire dopo questo incipit, è questo. Poi tutta una paccottiglia di plastica sui ruoli, sul femminismo tarocco.. Ma per favore !! Mercanzia per sottosviluppati mentali, solo apparentemente innocua. Si sa che nelle fiabe tutto è possibile, nel bene e nel male. Ma questa fiaba monocromatica ha prodotto gravi danni Barbie & Compagnia brutta (vedi Audrey Hepburn) da sempre sono citate come esempi di tossicità letale per le menti in fase evolutiva, e non solo. Quel corpo sgraziato ed innaturale ha ispirato desideri di emulazione fallita che hanno contibuito a far MORIRE migliaia di donne. Povere donne, vittime fino al Novecento dei bustini con stecche di balena e poi schiave della linea e delle diete impossibili.
A parte lo schifo che questo personaggio fa, il film ovviamente è ricco di tutto, decisamente troppo ricco. La sceneggiatura è sconclusionata ed eccessiva e appesantisce un racconto inconsistente che sarebbe stato meglio confinare al suo ruolo di semplice pretesto narrativo Un pò come i dialoghi dei film porno. A chi interessano ? Vabbè, sale piene e piene le tasche della Mattel la quale ha investito saggiamente somme considerevoli per la pubblicità. Film in plasica per un pubblico plastificato.
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giovedì 27 luglio 2023
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film con un messaggio apprezzabile, che parte del pubblico non vuole (o finge di non)capire
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Appena uscita dal cinema ho pensato subito che il film, anche se molto gradevole e con un bel messaggio di fondo, fosse in realtà abbastanza mainstream. Insomma, non dice nulla di particolarmente controverso e se non fosse per l'utilizzo del brand Barbie il successo sarebbe stato molto più contenuto. Poi mi capitano sul web di leggere commenti in cui più di una persona fraintende completamente il messaggio del film (e fortuna che la voce narrante lo dice chiaro e tondo qual è il messaggio!), E capisco che chiaramente il pubblico oltre ad avere una scarsa comprensione del testo non riesce neanche a comprendere i messaggi che gli vengono dettati esplicitamente dal film. Barbie è un film che sa prendersi in giro, non è mai eccessivamente serio e sono lanciate frecciatine contro il patriarcato sì, ma anche contro l'idea di una società matriarcale.
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Appena uscita dal cinema ho pensato subito che il film, anche se molto gradevole e con un bel messaggio di fondo, fosse in realtà abbastanza mainstream. Insomma, non dice nulla di particolarmente controverso e se non fosse per l'utilizzo del brand Barbie il successo sarebbe stato molto più contenuto. Poi mi capitano sul web di leggere commenti in cui più di una persona fraintende completamente il messaggio del film (e fortuna che la voce narrante lo dice chiaro e tondo qual è il messaggio!), E capisco che chiaramente il pubblico oltre ad avere una scarsa comprensione del testo non riesce neanche a comprendere i messaggi che gli vengono dettati esplicitamente dal film. Barbie è un film che sa prendersi in giro, non è mai eccessivamente serio e sono lanciate frecciatine contro il patriarcato sì, ma anche contro l'idea di una società matriarcale. Anche la stessa Mattel non è risparmiata dalle critiche. È un film che nonostante il messaggio profondo che vuole fare passare sa fare ridere, la visione del film è adatta per un pubblico almeno adolescenziale semplicemente perché i bambini si perderebbero i numerosi riferimenti/frecciatine al mondo reale. Barbieland è ricreata rimanendo fedele ai numerosi giocattoli e accessori usciti nel corso degli anni, è una gioia (rosa) per gli occhi. Se la prima parte, in cui Barbie abbandona barbieland e scopre il mondo reale, risulta la più forte, la seconda si perde un po' e risulta eccessivamente prolissa con troppi personaggi. Si perde il focus proprio sulla protagonista, Barbie, che si riprende nel finale. Anche Ken ha un ruolo importante nella seconda parte del film, e se l'attore visivamente non è l'ideale per essere Ken sa recitare bene la sua parte. Tutte le cose che potrebbero fare storcere il naso in Barbieland (quelle che vi faranno ridere, ma riflettendo risulteranno ingiuste) sono affrontate nella seconda parte. Il finale non delude, il messaggio che vuole far passare è ESPLICITAMENTE raccontato dalla voce narrante, quindi chi fraintende o lo fa in malafede o si è addormentato nell'ultimo quarto d'ora del film. In conclusione, Barbie risulta un ottimo prodotto, lo strepitoso successo è dovuto (oltre che al brand famoso) alla sua capacità di sapere attirare un pubblico vasto (non solo donne o bambine), ma anche grazie alle critiche (ingiustamente) ricevute per quello che ad alcuni appare come un messaggio di superiorità femminile. Insomma, qualcuno si è rivisto troppo in Ken :)
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francesco
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lunedì 24 luglio 2023
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un’occasione mancata di uscire dal dualismo
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Il pregio di barbie film è avere all’origine un operazione di affermazione del femminismo, del diritto al frivolezza che non è superficialità, al ribaltamento dei ruoli maschile /femminile, attingendo all’ironia del banale e del prevedibile come linguaggio narrativo.
La produzione è di altissimo livello, con musiche e scenografie estremamente curate, ma la scrittura non è all’altezza ed il film non osa, ma si limita a giocare sul sicuro.
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Il pregio di barbie film è avere all’origine un operazione di affermazione del femminismo, del diritto al frivolezza che non è superficialità, al ribaltamento dei ruoli maschile /femminile, attingendo all’ironia del banale e del prevedibile come linguaggio narrativo.
La produzione è di altissimo livello, con musiche e scenografie estremamente curate, ma la scrittura non è all’altezza ed il film non osa, ma si limita a giocare sul sicuro.
Resta però un’occasione mancata, una riflessione sul femminismo che non vuole o non riesce a fare il passo successivo.
La Gerwig gioca solo sulle contrapposizioni ma non ci mostra un nuovo modello capace di uscire dal semplice dualismo maschi contro femmine, patriarcato contro matriarcato, stereo-tipo contro strambo-(etero-) tipo. In Barbie, le categorie sono sì rovesciate ma rimangono intatte. Non c'è tentativo di superarle, neanche in maniera ideale: è questa la vera occasione mancata.
Manca l'approfondimento del rapporto madre/adolescente, che si risolve in un nulla cosmico e senza esplorare il disagio delle nuove generazioni, che non si riconoscono più nel femminismo di genere. Non si approfondisce né si risolve il rapporto Barbie/Ken, che non arriva a proporre una soluzione, una vera riconciliazione, ma si limita al ME contro TE, sicuramente né nuovo né originale, in cui Barbie vince su Ken e si riprende il controllo di se stessa e del suo mondo.
Alla fine il senso del viaggio di Barbie, metafora del viaggio del femminismo, è quello di ritornare al mito del femminino=procreazione.
E’ davvero questo che il massimo a cui potevamo auspicare?
Perché il nostro futuro, quello a cui auspichiamo, dovrebbe essere più di una semplice lotta o contrapposizione, dovrebbe presentare un modello diverso, ideale, senza più distinzioni, dove non esistono più i muri, ma c’è solo un’unica umanità, senza genere ma anche senza razza o preconcetti.
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paolo p
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lunedì 24 luglio 2023
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orribile
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La trama è incoerente, la scrittura è pessima e l'unico messaggio che lancia è "Odiare gli uomini è giusto, uomini e donne devono stare per i fatti loro". Orribile sia a livello di trama incoerente, incosistente, fiacca, stupida, ipocrita, senza linearità e logica, sia a livello di messaggi e significati, intrisi di odio di genere tossico.
Piccolo Fun-fact. Il baord dell'azienda "Mattel" nel film è rappresentato da soli uomini. In realtà il consiglio di amministrazione della Mattel è composto da 6 persone, di cui 5 sono donne.
Grandi aspettative, ma brutto brutto brutto.
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La trama è incoerente, la scrittura è pessima e l'unico messaggio che lancia è "Odiare gli uomini è giusto, uomini e donne devono stare per i fatti loro". Orribile sia a livello di trama incoerente, incosistente, fiacca, stupida, ipocrita, senza linearità e logica, sia a livello di messaggi e significati, intrisi di odio di genere tossico.
Piccolo Fun-fact. Il baord dell'azienda "Mattel" nel film è rappresentato da soli uomini. In realtà il consiglio di amministrazione della Mattel è composto da 6 persone, di cui 5 sono donne.
Grandi aspettative, ma brutto brutto brutto. Peccato.
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montefalcone antonio
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lunedì 24 luglio 2023
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come on barbie, let''s go…to the real world!
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“Barbie” è il primo lungometraggio live-action dopo numerosi film animati al computer e rivolti alla tv.
Dopo un’astuta campagna promozionale, di marketing e commerciale che ha fatto crescere attese, aspettative e una vera e propria Barbie-Mania, ecco finalmente arrivare nelle sale cinematografiche l’ultimo film diretto da Greta Gerwig (“Lady Bird” e “Piccole donne”), basato sull’omonima e famosa linea di fashion doll nata dalla mente di Ruth Hendler e commercializzata dalla Mattel a partire dal 1959.
“Barbie”, sceneggiata con acume e arguzia dalla regista assieme al compagno Noah Baumbach (“Storia di un matrimonio”), è una pellicola ambiziosa in cui l’omaggio alla bambola più iconica di sempre, non solo è forte di un’estetica elegante e di un cuore surrealista intriso di ricche e colte citazioni e riferimenti cinefili, ma diventa anche occasione per ragionare su cosa significhi essere donna oggi, nonché sulle difficoltà e le lotte quotidiane che questo porta con sé.
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“Barbie” è il primo lungometraggio live-action dopo numerosi film animati al computer e rivolti alla tv.
Dopo un’astuta campagna promozionale, di marketing e commerciale che ha fatto crescere attese, aspettative e una vera e propria Barbie-Mania, ecco finalmente arrivare nelle sale cinematografiche l’ultimo film diretto da Greta Gerwig (“Lady Bird” e “Piccole donne”), basato sull’omonima e famosa linea di fashion doll nata dalla mente di Ruth Hendler e commercializzata dalla Mattel a partire dal 1959.
“Barbie”, sceneggiata con acume e arguzia dalla regista assieme al compagno Noah Baumbach (“Storia di un matrimonio”), è una pellicola ambiziosa in cui l’omaggio alla bambola più iconica di sempre, non solo è forte di un’estetica elegante e di un cuore surrealista intriso di ricche e colte citazioni e riferimenti cinefili, ma diventa anche occasione per ragionare su cosa significhi essere donna oggi, nonché sulle difficoltà e le lotte quotidiane che questo porta con sé.
L’opera non è solo celebrativa, ma è anche un mix di critica (vedi le stoccate a Hollywood, alla Mattel – qui nella figura del CEO interpretato da Will Ferrell, a tutte le umane contraddizioni) e satira sociale (i controversi standard di perfezione e bellezza associati a Barbie), oltre che un cinema che parla di emancipazione femminile direttamente dalle voci sensibili di Margot Robbie e Greta Gerwig.
In questa brillante, eccentrica e fantasiosa pellicola, la bambola più famosa al mondo sperimenta la sua crescita personale, il passaggio da un mondo utopico ad uno reale, e in sostanza la sua evoluzione nel diventareessere umana e essere donna.
La protagonista sperimenta su di sé il valore delle donne e trasmette l'impossibilità della perfezione estetica (e non solo); e soprattutto afferma un forte senso di umanesimo da dover rispettare e portare avanti.
Non può esserci consapevolezza, maturità e rinascita senza (aver provato prima) sofferenza e dolore.
Il film è godibile, divertente ma anche diseguale. Alterna momenti molto riusciti ad altri meno risolti.
I suoi più efficaci punti di forza sono l’ironia, la fotografia color pastello, la scenografia dolcemente in rosa di Barbieland, i costumi, le convincenti interpretazioni di tutto il cast, le ben coreografate sequenze musical tra canzoni e balletti (c'è anche Dua Lipa – sua la hit “Dance the Night”), la colonna sonora composta da Alexandre Desplat, alcune folgoranti idee della coinvolgente sceneggiatura (valga su tutte l’incipit rievocativo del monolite di “2001: Odissea nello spazio”).
Tra i punti di debolezza, un eccessivo peso dato sia all’aspetto “sovversivo” verso ciò che ha da sempre raffigurato e rappresentato la bambola in plastica Barbie (l’ideale di corpo femminile irrealizzabile dal comportamento consumista e anarco-capitalista), sia nei riguardi di una specifica ambizione didascalica che, se potrebbero funzionare ad affermare l’intento educativo della pellicola, dall’altra frenano parecchio la fluidità narrativa, una maggiore inventiva in essa profusa, e in definitiva la carica empatica/emozionale.
Malgrado questo non equilibrio di fondo e malgrado una mescolanza di generi, toni e registri poco coesi tra loro, la pellicola è stratificata e, andando oltre le superficiali apparenze, nasconde molto di più di quel che mostra e che si potrebbe ricavare da una sua prima lettura.
Apprezzabile sono in tal senso i concetti di esistenzialismo e individualismo che in un qualche modo sono stati argomentati e trattati negli intrecci di vicende e personaggi: sia Barbie sia Ken intraprendono percorsi simili che li porterà alla consapevolezza di se stessi, dopo essersi avventurati nel mondo reale e aver scoperto che si tratta di una società patriarcale repressiva e divergente dall'utopia matriarcale di Barbieland; un mondo reale in netto contrasto con l’autonomia di pensiero di una persona, con il rispetto dell’altro nelle sue differenze da noi, e con l’idea di ciò che ci rende umani.
Il pensarti dunque come un individuo autodeterminante ti fa mettere in discussione norme e aspettative condizionanti della società.
Inoltre, sceneggiatura, stile di regia e messinscena si muovono in modo funzionale anche al principale discorso ideologico che è alla base dell’intera opera (quell’essere semplicemente se stessi che è già abbastanza; oppure quel fatto che ogni ragazza è libera di trasformare la propria fashion doll Barbie in qualcosa di alternativo all’icona bionda ed elegante progettata originariamente dalla Mattel), però ciò malgrado lungo tutto il percorso, in precario equilibrio tra fedeltà e ribellione aziendale, rimangono un po’ troppo prigionieri di questi validi “messaggi” e della propria natura intellettuale, lasciando un po’ disordinate e disorganiche le modalità con le quali si sono affrontate le tematiche accennate, oltre che un po’ lacunosi e incompleti i loro approfondimenti (soprattutto nell'atto centrale e nell'epilogo).
Al netto di ciò, al netto di rinunce e limiti (generati anche dalla voglia di parlare a tutti e a tutte, ad ogni generazione), il film resta un intrattenimento divertente, intelligente e umanistico che si può apprezzare sia nella sua dimensione visiva-sonora, molto curata e raffinata, sia in quella più socialmente/esistenzialmente “educativa”…
Voto: 6 / 7 su 10.
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domenica 23 luglio 2023
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le barbie riconquistano il potere ma con la seduzione. come le nostre nonne?
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Condivido tutto e aggiungo, purtroppo non è mancato neppure lo stereotipo, se così vogliamo definirlo, di come le donne / Barbie riconquistano il potere a Barbiland: seducendo i Ken e facedoli ingelosire con altri Ken. Qui il film x me ha perso punti.
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felicity
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sabato 22 luglio 2023
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riflessione sul rapporto uomo/donna
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Barbie è un film serio. Dietro la dimensione giocosa e fuori dalle righe si nasconde una riflessione sulla femminilità, il potere e il rapporto uomo/donna. Certo è tutto inserito in una cornice da blockbuster di lusso e quando dietro la macchiana produttiva c'è la stessa Mattel, il tutto porta ad alcuni gustosi cortocircuiti narrativi che trascinano volutamente il film in una dimensione a cavallo tra il demenziale e la screwball comedy più classica.
Barbie gioca con gli stereotipi, li ribalta e li rimastica, sovvertendoli spesso con trovate esilaranti e con una riflessione sulla natura contraddittoria di Barbie stessa: bambola che nella forma base rappresenta una femminilità ormai superata che si esplica nella necessità di avere Barbie più al passo con i tempi; così ecco Barbie Premio Nobel, Barbie Presidente, Barbie Medico.
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Barbie è un film serio. Dietro la dimensione giocosa e fuori dalle righe si nasconde una riflessione sulla femminilità, il potere e il rapporto uomo/donna. Certo è tutto inserito in una cornice da blockbuster di lusso e quando dietro la macchiana produttiva c'è la stessa Mattel, il tutto porta ad alcuni gustosi cortocircuiti narrativi che trascinano volutamente il film in una dimensione a cavallo tra il demenziale e la screwball comedy più classica.
Barbie gioca con gli stereotipi, li ribalta e li rimastica, sovvertendoli spesso con trovate esilaranti e con una riflessione sulla natura contraddittoria di Barbie stessa: bambola che nella forma base rappresenta una femminilità ormai superata che si esplica nella necessità di avere Barbie più al passo con i tempi; così ecco Barbie Premio Nobel, Barbie Presidente, Barbie Medico. Ma è una necessità merceologica in cui le conquiste sociali e culturali delle donne sono un prodotto da vendere e inscatolare. Solo nella magica e coloratissima Barbieland si è convinti che tutto questo abbia portato a durature affermazioni nel mondo reale e non è un caso che sarà proprio un cortocircuito tra queste due realtà a rimettere in ballo questo assunto in cui Ken, da sempre accessorio di Barbie, avrà un ruolo fondamentale nel voler ridefinire il suo essere e la sua identità. Perché anche nelle pieghe più plasticose ci può essere una umanità verso la quale anche le bambole posso aspirare.
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