aleluca
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martedì 27 febbraio 2024
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visioni e ricordi
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Un film che ha come protagonista un singnore anziano, di nome Anthony, che soffre di una malattia celebrale. La storia non ha un vero filo conduttore, lo spazio e il tempo si fondono e confondono. Molto spesso durante la visione si percepisce un senso di smarrimento, lo stesso che prova il protagonista. E' complesso capire quando e dove siano accaduti i fatti e possiamo solo fare delle ipotesi dato che, il film, ci immerge nella mente malata di Anthony.
Ho apprezzato molto la figura di Anne, la figlia del protagonista, che si è presa cura, finchè ha potuto, del padre in una situazione non facile e l'ha fatto con molta pazienza e comprensione.
Il passato di Anthony si fonde con il presente e riaffiorano ricordi spiacevoli che poi svaniscono in un continuo turbinio di situazioni e figure che si riveleranno differenti da come si sono presentate inzialmente.
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Un film che ha come protagonista un singnore anziano, di nome Anthony, che soffre di una malattia celebrale. La storia non ha un vero filo conduttore, lo spazio e il tempo si fondono e confondono. Molto spesso durante la visione si percepisce un senso di smarrimento, lo stesso che prova il protagonista. E' complesso capire quando e dove siano accaduti i fatti e possiamo solo fare delle ipotesi dato che, il film, ci immerge nella mente malata di Anthony.
Ho apprezzato molto la figura di Anne, la figlia del protagonista, che si è presa cura, finchè ha potuto, del padre in una situazione non facile e l'ha fatto con molta pazienza e comprensione.
Il passato di Anthony si fonde con il presente e riaffiorano ricordi spiacevoli che poi svaniscono in un continuo turbinio di situazioni e figure che si riveleranno differenti da come si sono presentate inzialmente. Una malattia che degnera sempre di più durate il film per poi rivelarci nel finale, forse, la reale collocazione di Anthony e delle sue visioni.
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marilena
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lunedì 26 febbraio 2024
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quando gli occhi riflettono l''anima
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Incuriosita come sempre dal grande Hopkins, mi sono tolta lo sfizio di guardare anche questo film.
Terribilmente realistico ed emotivamente coinvolgente, sia il suo personaggio che tutti coloro che gli riuotano intorno....rimarchevole l'interpretazione della figlia Anne....che non ha molte battute di dialogo.....ma colma questa "pochezza di parole " con uno straordinario quanto intenso sguardo profondo che comunica agli spettatori piu di quanto possa esprimere verbalmente...... dolore, ma anche rabbia e rassegnazione.....
Originalissima la sceneggiatura ...in quanto non si intuisce se cio' che si vede sia effettivamente la realtà o sia frutto della mente del protagonista.
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Incuriosita come sempre dal grande Hopkins, mi sono tolta lo sfizio di guardare anche questo film.
Terribilmente realistico ed emotivamente coinvolgente, sia il suo personaggio che tutti coloro che gli riuotano intorno....rimarchevole l'interpretazione della figlia Anne....che non ha molte battute di dialogo.....ma colma questa "pochezza di parole " con uno straordinario quanto intenso sguardo profondo che comunica agli spettatori piu di quanto possa esprimere verbalmente...... dolore, ma anche rabbia e rassegnazione.....
Originalissima la sceneggiatura ...in quanto non si intuisce se cio' che si vede sia effettivamente la realtà o sia frutto della mente del protagonista.
Motivi musicali azzeccatissimi ad accentuare il dramma costante e perenne.
Storia toccante e senza tanti fronzoli......me l'immagino cosa si provi assistere al questo capolavoro su uno schermo gignte al cinema ...
Oscar stra-meritato...!!! da vedere assolutamente !!!!!!
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dandy
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mercoledì 4 ottobre 2023
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perso in se stesso...
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Il regista porta sullo schermo la sua omonima piece teatrale(dopo un adattamento del 2015,"Florida") e scegliendo di aderire totalmente al punto di vista del protagonista mette lo spettatore sullo stesso piano,facendogli provare lo stesso smarrimento e,col progredire degli eventi fino allo struggente finale rivelatorio,la stessa disperazione.Anthony(curioso che sia il nome dello stesso Hopkins)vede la realtà cambiargli di continuo davanti agli occhi,diventare ignoti e confusionari quelli che pochi momenti prima erano appigli certi e le persone che lo circondano assumere di volta in volta connotazioni sempre più ambigue ed inquietanti.Abilissima in tal senso la narrazione,che a tratti sembra virare nel thriller horrorifico,col senso di claustrofobia e oppressione accentuati dall'ambientazione perennemente in interni,e quasi del tutto nella casa del protagonista.
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Il regista porta sullo schermo la sua omonima piece teatrale(dopo un adattamento del 2015,"Florida") e scegliendo di aderire totalmente al punto di vista del protagonista mette lo spettatore sullo stesso piano,facendogli provare lo stesso smarrimento e,col progredire degli eventi fino allo struggente finale rivelatorio,la stessa disperazione.Anthony(curioso che sia il nome dello stesso Hopkins)vede la realtà cambiargli di continuo davanti agli occhi,diventare ignoti e confusionari quelli che pochi momenti prima erano appigli certi e le persone che lo circondano assumere di volta in volta connotazioni sempre più ambigue ed inquietanti.Abilissima in tal senso la narrazione,che a tratti sembra virare nel thriller horrorifico,col senso di claustrofobia e oppressione accentuati dall'ambientazione perennemente in interni,e quasi del tutto nella casa del protagonista.E Hopkins(premiato con un Oscar strameritato come la sceneggiatura non originale)torna ad offrire una performance veramente sensazionale dopo quasi tre decadi di lavori talvolta pessimi.Perfetto nel passare da uno stato d'animo all'altro nell'arco di pochi secondi rendendo appieno il lancinante dramma di un uomo sempre più devastato e alla deriva nella propria mente.Uno dei migliori film di sempre sul tema scabroso e delicato della peggior malattia che possa colpire nella vecchiaia,ma non proprio adatto a tutti.
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giulia de vivo
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mercoledì 5 ottobre 2022
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l’ho trovato offensivo
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Sono alle prese dirette con un problema del genere vissuto da una persona cara e non ci avrei capito nulla in questo film senza trama se non avessi letto una lunga spiegazione sulle intenzioni del produttore.
Non so se questo film abbia alcuna base scientifica e non so se esistano pazienti che vivono in un costante stato di delirio, che per definizione é un episodio transitorio.
Il paziente non é più in grado di produrre nuovi ricordi: questo sembrerebbe l'assunto. Ma di qui a fabbricare una realtà interamente basata su fatti 5 anni prima ce ne corre. Non possono essere definiti anche questi ricordi?
Il finale mi ha sconcertato e mi ha fatto riflettere sull’egoismo dei figli, che pur essendo stati curati e accuditi dai genitori, quando é il loro turno di occuparsene se ne disfano.
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cinephilo
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martedì 9 agosto 2022
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capolavoro
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Che film meraviglioso. Esordio incredibile di questo drammaturgo francese che sforna un film incredibile con attori diretti benissimo e una fotografia magnifica. Hopkins a livelli mai visti prima. Film claustrofobico che racconta un incubo, lo consiglio assolutamente.
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enzo70
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domenica 13 marzo 2022
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il dolce racconto del dramma dell''alzheimer
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Un film che mi ha colpito dritto al cuore, riaprendo ferite che mai si potranno rimarginare. Ho perso un fratello e mio padre, dopo qualche anno colpito dall’Alzheimer, si chiedeva dove fosse suo figlio. I particolari, la paura di essere derubato degli oggetti, per il protagonista del film, Antonhy, l’orologio, per mio padre il cannocchiale, dimostrano l’attenzione con cui il regista, Florian Zoller, ha affrontato il racconto di una malattia che ha mille sfumature: l’Alzheimer comporta paure, ossessioni, libertà espressive, ripetitività delle situazioni, un clima di perenne tensione che bisogna trovare la forza di smontare.
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Un film che mi ha colpito dritto al cuore, riaprendo ferite che mai si potranno rimarginare. Ho perso un fratello e mio padre, dopo qualche anno colpito dall’Alzheimer, si chiedeva dove fosse suo figlio. I particolari, la paura di essere derubato degli oggetti, per il protagonista del film, Antonhy, l’orologio, per mio padre il cannocchiale, dimostrano l’attenzione con cui il regista, Florian Zoller, ha affrontato il racconto di una malattia che ha mille sfumature: l’Alzheimer comporta paure, ossessioni, libertà espressive, ripetitività delle situazioni, un clima di perenne tensione che bisogna trovare la forza di smontare. E con un eccezionale Anthony Hopkins questo film rappresenta un momento importante per parlare di questa malattia e per raccontare la situazione che contraddistingue l’ultimo percorso di vita per molte persone e il travaglio dei familiari. Film delicato ed intelligente, giustamente premiato con due Oscar.
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felicity
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lunedì 31 gennaio 2022
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un dramma senza una storia
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The Father è un dramma in cui Anthony Hopkins e Olivia Colman impersonano una vera e propria situazione emotiva, per niente atipica. La storia è quella di Anthony, un uomo anziano probabilmente afflitto dal morbo di Alzheimer, che ne affronta i sintomi: smarrimento, confusione, sbalzi d’umore, deformazione della realtà; il tutto senza rendersi conto della malattia e del suo progredire, continuando a rifiutare l’aiuto continuo da parte della figlia, Anne, sempre più preoccupata e avvilita nel vedere il padre perdere lucidità. Nella ricerca di qualcuno che possa occuparsi di lui, i due affrontano – attraverso i rispettivi ruoli di padre e figlia, entrambi a proprio modo vittime di quella patologia atroce – l’avanzare della malattia e la perdita dell’identità, di ciò che lo rende quindi una persona.
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The Father è un dramma in cui Anthony Hopkins e Olivia Colman impersonano una vera e propria situazione emotiva, per niente atipica. La storia è quella di Anthony, un uomo anziano probabilmente afflitto dal morbo di Alzheimer, che ne affronta i sintomi: smarrimento, confusione, sbalzi d’umore, deformazione della realtà; il tutto senza rendersi conto della malattia e del suo progredire, continuando a rifiutare l’aiuto continuo da parte della figlia, Anne, sempre più preoccupata e avvilita nel vedere il padre perdere lucidità. Nella ricerca di qualcuno che possa occuparsi di lui, i due affrontano – attraverso i rispettivi ruoli di padre e figlia, entrambi a proprio modo vittime di quella patologia atroce – l’avanzare della malattia e la perdita dell’identità, di ciò che lo rende quindi una persona. L’ansia della figlia cresce quando comunica al padre che, per consolidare una nuova relazione, sta per trasferirsi in un’altra città.
Un dramma sobrio, per nulla mellifluo, che mette in risalto una realtà quotidiana pregna di dolore. È risaputo che, tendenzialmente, quando si ha una determinata malattia i “portatori” smettono di essere visti come persone e diventano malati. É importante superare lo stigma e iniziare a guardare oltre, riconoscere l’individualità della persona, che sebbene colpita dalla malattia non è per questo “scomparsa”. Anthony è ancora una persona, e uno che sta subendo la peggiore delle ingiustizie: perdere la propria memoria significa perdere la propria identità, quindi esistere smettendo di essere. E non è da meno chi deve stare a guardare, come Anne, costretta a piangere la perdita del padre anche se lui è ancora vivo.
C’è un puzzle da ricostruire, attraverso le suggestioni di un luogo, di un appartamento ove si è vissuta una vita, in attesa di quei pochi ricordi che il cervello riesce ancora a tenere in vita. Non a caso la scenografia ricopre un ruolo da protagonista: la storia si muove ipoteticamente in diversi spazi ma in realtà ne vive solo uno, l’appartamento, che sopravvive nei ricordi di Anthony; una sola location come punto di riferimento dove poter trovare se stessi, e al massimo sbirciare all’esterno dalla solita finestra sulla strada per verificare che sia tutto al posto giusto, un appartamento che fa da contenitore per le confusioni e i sentimenti dei suoi abitanti. L’ambiente ricorda l’aridità rimasta dopo una vita vissuta espressa dall’Amour di Haneke, in cui la casa esiste, respira, conosce ogni segreto. L’esterno è tutto in ordine, ben posizionato, quasi in attesa; ma dentro c’è uno caos che mette tutto in disordine.
The Father non è il primo film a trattare di Alzheimer o demenza senile, ma si distingue nel modo in cui la racconta: attraverso lo sguardo di chi ne è vittima, mostrando ciò che vede, sente, vive. Due interpreti maestri dell’emotività controllata portano addosso il peso di una storia, o forse non storia; un esperimento che parte dal teatro e passa per il cinema, ma che soprattutto vuole essere un’esperienza multimediale di narrazione in cui vengono manipolati luogo, tempo e spazio per arrivare a un fine. Siamo lontani dall’effetto de Il sesto senso o di Fight Club: non si cerca di “imbrogliare” lo spettatore attraverso la distorsione della realtà, ma di renderlo partecipe a questa forma di verità che esiste, che accade. Come Fincher ha dato al pubblico gli stessi occhi e orecchie di Edward Norton, facendolo entrare nella sua mente psicotica, Zeller fa lo stesso senza necessità del colpo di scena finale; il pubblico, messo in una condizione di sovrapercezione, qui è consapevole da subito del problema che affligge i personaggi. Ed é importante che lo sappia. Un gioco che spinge a chiedersi chi sia realmente il protagonista: gli attori o gli spettatori?
Ricordi, volti e luoghi si mescolano nella mente dell’anziano protagonista così come agli occhi del pubblico. In questo caso non c’è l’analisi della malattia o lo svilimento per la perdita che questa comporta, ma c’è la rappresentazione di un perenne stato confusionale che rende tutti partecipi della crudeltà intrinseca di una malattia che è cosi reale. Un declino interiore che ristagna nella perdita d’identità, che portata avanti nella consapevolezza crea una risposta di non accettazione, e lo si percepisce non solo dalle reazioni ma anche dai volti. Ma Anthony, seppur infrenabile, può soltanto limitarsi a seguire quel che succede – la narrazione – nel suo svolgersi univoco e senza controllo, nel dolore nostalgico per la perdita di mondi e tempi perduti.
Nel film la realtà vera prende forma attraverso il (non) racconto frammentato di Anthony, ciò che ricorda e che vede come dei flashback cinematografici, ricreando in un certo senso – sempre nel connubio memoria-cinema – il montaggio della sua esistenza.
La memoria rappresenta il meccanismo attraverso cui l’uomo costruisce una narrazione del sé, e il film il contenitore che imprime le immagini di questa memoria, come ricordi che prendono vita in proiezione. Sia nel film che nella memoria le sensazioni passate possono riaffiorare dal nulla; le memorie sono proiettate nella mente come in una sala. Nel film come nei ricordi il tempo non è lineare, ed entrambi fungono come mezzo per viaggiare tra passato e presente.
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xerox
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lunedì 11 ottobre 2021
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capolavoro perchè....
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... questo film divide in due la platea cinematografica. Da una parte chi ha conosciuto il dr. Alzheimer di persona, tramite un famigliare o un amico, e chi no. Solo chi ha visto di persona la TERRIBILITA' di questa malattia può capire il film.
Assolutamente inutile e banale parlare della grandezza di Hopkins. Da sottolineare invece la strepitosa interpretazione di Olivia Colman: semplicemente perfetta! Grandissima attrice! E naturalmente si finisce di vedere il film nella speranza di non diventare NOI come il personaggio di Hopkins!
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alberto
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giovedì 9 settembre 2021
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la realtà vista da una mente anziana
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Interessante come è strutturato il film perchè porta lo spettatore nella mente dell'anziano Anthony (si chiama così anche nel film), facendo in modo che stia dalla sua parte pensando "ma sì, ha ragione Anthony... era così, ho visto anch'io...". In realtà i fatti sono ben diversi, vengono presentati in modo confuso. Le persone cambiano ruolo, i fatti e gli ambienti vengono mescolati, il tempo viene distorto, quindi alla fine non si distingue la realtà dall'immaginazione facendo sentire lo stesso spettatore non in grado di capire in modo concreto che cosa sia vero e cosa non lo sia.
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Interessante come è strutturato il film perchè porta lo spettatore nella mente dell'anziano Anthony (si chiama così anche nel film), facendo in modo che stia dalla sua parte pensando "ma sì, ha ragione Anthony... era così, ho visto anch'io...". In realtà i fatti sono ben diversi, vengono presentati in modo confuso. Le persone cambiano ruolo, i fatti e gli ambienti vengono mescolati, il tempo viene distorto, quindi alla fine non si distingue la realtà dall'immaginazione facendo sentire lo stesso spettatore non in grado di capire in modo concreto che cosa sia vero e cosa non lo sia. Geniale da questo punto di vista. Il film si concentra più sull'aspetto psicologico e mentale, più che fisico, non sono infatti presenti scene in cui ci sono problemi dal punto di vista fisico (essendo incentrato su persona anziana potevano esserci benissimo cadute, sfuriate forti, invece no), il che rende il film fluido mantenendo per lo spettatore la concentrazione necessaria a seguire il film.
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