Anton Giulio Onofri
Close-Up
La malattia terminale, e in genere il lutto e la sua eventuale elaborazione, sono temi che più e più volte il cinema di ogni epoca ha raccontato e rappresentato con varietà di toni ed intenzioni. Inutile sarebbe qui citare nomi, autori e titoli che a ciascuno torneranno in mente sull'onda del ricordo di esperienze personali abbinate a film visti nei diversi momenti della propria vita segnati purtroppo dal dolore della perdita di un congiunto, di un amico, o di altra persona cara. Neppure inedita è, al cinema, la formula della morte da cui nasce la vita, in nome della circolarità del ciclo naturale che prevede entrambe come tappe culminanti di un percorso a tutti comune, ma anche della morte come esperienza che attraverso il dolore profondo e devastante di un lutto ingiusto e contronatura, come la morte di un figlio o, più in generale, di qualcuno in ancor giovane età per un incidente o per un male incurabile, può condurre ad una accettazione della tragedia elaborata grazie a quell'istintività che ci assimila agli animali, e che ci permette di ricominciare a vivere insieme al peso del vuoto, e a considerarlo come parte "necessaria" di un "qui ed ora" che va comunque affrontato, impossibile da eludere. [...]
di Anton Giulio Onofri, articolo completo (5974 caratteri spazi inclusi) su Close-Up 18 maggio 2020