Il Sacrificio del Cervo Sacro

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Un film di Yorgos Lanthimos. Con Colin Farrell, Nicole Kidman, Barry Keoghan, Raffey Cassidy.
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Titolo originale The Killing of a Sacred Deer. Drammatico, durata 109 min. - Gran Bretagna, USA 2017. - Lucky Red uscita giovedì 28 giugno 2018. MYMONETRO Il Sacrificio del Cervo Sacro * * 1/2 - - valutazione media: 2,98 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

LA MACUMBA Valutazione 2 stelle su cinque

di johnny1988


Feedback: 5224 | altri commenti e recensioni di johnny1988
giovedì 5 luglio 2018

Dunque, mosso innanzitutto dalla presenza della Kidman prima ancora del film, ho visto IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO (a cui dedico il sottotitolo: LA MACUMBA). ATTENZIONE AGLI SPOILER sotto!

Ora, al di là che la Kidman senza filtri e senza veli appare ANCORA tonica e liscia come nel '99 ai tempi di Kubrick e questo (forse) basta a pagare il biglietto, meno certezze mi ha lasciato il suo regista, un greco, che di greci ora fa tanto trandy dissertare tanto ai festival quanto alla UE.

Yorgos Lanthimos ha fatto parlare molto di sé sulla scena internazionale negli ultimi anni (per chi lo desidera, recuperi almeno THE LOBSTER). A me, e non solo, questi appare un po' il Sorrentino dell'altra costa, iperbolico, simbolico, allegorico, illogico e un po' anarchico. Un sacco di -ico. C'è a chi piace perché non si capisce una mazza, c'è a chi non piace perché... non si capisce una mazza.

Poi ci sono gli indecisi, quei maledetti vagabondi della terra di nessuno, relativisti e cerchiobottisti, che dicono tutto il contrario di tutto, ma che speculano arbitrariamente. Eccomi, io, a testa china, che mi accodo come uno svizzero in questa fascia di pubblico.

Per farla breve: IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO è una rivisitazione liber(issim)a della tragedia di Ifigenia, sacrificata dal padre per placare la rabbia divina. E fin qui tutto bene. Bisogna accettare aprioristicamente che l'assurdo, la metafisica irrompente non devono rispettare pedissequamente una congruenza narrativa. La trama pone al centro il rapporto misterioso, quasi morboso, fra un sedicenne stalker e un cardiochirurgo che cerca, nel suo piccolo, di espiare un profondo senso di debito nei riguardi del giovane, rimasto orfano del padre dopo un intervento non riuscito. In qualche modo, il ragazzo si insinua nella famiglia del medico e ne turba disastrosamente l'armonia, fino a culminare, come suggerisce il titolo, in un sacrificio vero e proprio. Un sacrificio che paghi il prezzo di una perdita, quella del padre del ragazzo, e che ristabilisca l'equilibrio "cosmico" fra le parti. Insomma, una vita per una vita.

Il film è tutto strutturato sulla logica della vendetta, premeditata, lenta, servita come un piatto freddo. E a proposito di piatti, qui si apre uno dei tanti spunti simbolici che articola il tessuto della storia. Il cibo come nutrimento vitale, la vita stessa che diventa una merce di scambio, l'assenza di linfa vitale che sembra svuotare tutti i personaggi, che potano le siepi, cantano, fanno l'amore, ma inanimati e senza gioia. Dove vorrà mai portarci la letteratura metafisica di Lanthimos? Tutte domande quelle che la pellicola propone, lo scontro atavico del LOGOS e dell'IGNOTO, l'apollineo annichilente e il dionisiaco folle che caratterizzano l'umanità occidentale, lo svuotamento disforico dello spirito umano nell'ipermoderno, la sottolineatura - anche linguistica, propria dell'inquadratura, fredda, sicura, meccanica quasi KUBRICKIANA - che si aprono sì a mille congetture plausibili, ma che lasciano anche molto spazio alla risata involontaria. Colpa forse di una sceneggiatura ben ideata, ma tendenzialmente raffazzona nella stesura. 

Tutto è talmente assurdo che si cerca di recuperare la logica da quel (poco) che ci sembra agguantabile. 
Il piccolo stalker psicolabile e morboso pare tirare le iazze pesanti alla famiglia del medico a cui vuole far pagare la morte del padre (ma chi era, che sappiamo di lui? boh, non ha importanza). 
Il medico reo confesso della morte del paziente, il padre defunto del piccolo stalker psicolabile e morboso, deve trovare una soluzione per fermare il piccolo verme che gli ha tirato la macumba, a lui e a tutta la famiglia, i cui membri, per ragioni cliniche inspiegabili, si ammalano fatalmente (ma nessuno pensa a grattarsi le palle, giusto per scaramanzia). 
La moglie del medico - finalmente la Kidman liquida le smorfie irritanti degli ultimi 13 anni e abbraccia una recitazione degna del suo calibro - è anch'essa un medico, fredda, calcolatrice, sveglia, brava a fare tutto, da una limonata da chef a prendersi cura dei figli moribondi mentra fa l'amore con il medico, il quale, mesto e pensoso, deve trovare una soluzione alla questione spinosa della sfiga iettatrice sotto il suo tetto.

In conclusione, malgrado il film ti sappia tenere col fiato sospeso fino in fondo (bisogna dare il merito al povero Lanthimos, che guarda nostalgico ad Haneke, Kubrick e Von Trier), ti lascia tuttavia incompleto, con uno psicosomatico prurito ai genitali e un desiderio istintivo di eliminare per sempre dalla dieta il glutine - vedere la scena degli spaghetti per rivivere tale horror -, forse uno degli elementi "cosmici" a cui si devono i poteri paranormali dello stronzetto stalker.

Ora, al di là di tutto, bisogna essere pazienti e meno irriverenti quando non si capiscono le cose. Io mi permetto di sdrammatizzare quando e quanto posso, un po' perché penso non si debba prendersi troppo sul serio, un po' per nascondere una mia possibile impreparazione intellettuale.

Ma se vedo il medico, ridotto all'ultimo a compiere la grande scelta su quale membro della famiglia sacrificare e girare a occhi chiusi su se stesso con un fucile in mano e giocare alla roulette russa, mi fa pensare due cose: o che siamo davvero a un punto storico in cui bisogna rivalutare con attenzione il prezzo della vita, o che, come capita spesso ultimamente altrove, potrebbe essere questo un autoritratto del regista mentre cercava un finale col botto.

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