laurence316
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venerdì 24 agosto 2018
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storia ed emozione, e un tassista combattuto
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Uno dei più straordinari successi del cinema sudcoreano degli ultimi anni, A Taxi Driver del regista Jang Hoon (che prima aveva diretto un discreto film di guerra: The Front Line), è anche uno dei migliori prodotti di quel cinema commerciale che da diverso tempo dimostra di voler fare i conti con la storia del proprio paese (da ricordare, tra gli altri, almeno JSA – Joint Security Area di Park Chan-wook, e Memories of Murder, di Bong Joon-ho).
E nel caso di questo film, si tratta indubbiamente di una storia tragica e toccante, narrata dal regista e dal suo sceneggiatore per mezzo di una sapiente alternanza tra la commedia (il prologo un po’ sciocco ma che è utile ad introdurre la personalità del tassista e ad avvicinarlo agli spettatori) e, via via sempre più predominante, il dramma (tra le tante scene riuscite, sicuramente da ricordare almeno quella dell’eroico intervento dei tassisti in favore dei feriti sui quali i soldati continuano a sparare indiscriminatamente).
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Uno dei più straordinari successi del cinema sudcoreano degli ultimi anni, A Taxi Driver del regista Jang Hoon (che prima aveva diretto un discreto film di guerra: The Front Line), è anche uno dei migliori prodotti di quel cinema commerciale che da diverso tempo dimostra di voler fare i conti con la storia del proprio paese (da ricordare, tra gli altri, almeno JSA – Joint Security Area di Park Chan-wook, e Memories of Murder, di Bong Joon-ho).
E nel caso di questo film, si tratta indubbiamente di una storia tragica e toccante, narrata dal regista e dal suo sceneggiatore per mezzo di una sapiente alternanza tra la commedia (il prologo un po’ sciocco ma che è utile ad introdurre la personalità del tassista e ad avvicinarlo agli spettatori) e, via via sempre più predominante, il dramma (tra le tante scene riuscite, sicuramente da ricordare almeno quella dell’eroico intervento dei tassisti in favore dei feriti sui quali i soldati continuano a sparare indiscriminatamente).
Nonostante la non indifferente durata, il film regge, mantiene alta la tensione e costruisce situazioni emblematiche, talvolta esilaranti, talvolta commoventi, ma sempre capaci di far riflettere.
Il protagonista stesso subisce un processo di maturazione che lo porta alla consapevolezza e, di conseguenza, alla compartecipazione, mentre se Hinzpeter, il reporter, inizialmente viene tratteggiato come freddo e in parte distaccato, unicamente interessato al successo del proprio lavoro, man mano anch’egli finisce per rendersi partecipe delle vicende e delle agonie degli abitanti (fino a culminare nella scene dell’ospedale, che non scade né nel patetismo né nel sensazionalismo).
Le scene di massa sono efficaci tanto quanto quelle più raccolte, e per tramite dei due protagonisti e delle traversie in cui incorrono, il film rende presente la Storia allo spettatore senz’alcun inutile sottolineatura didascalica, e contribuisce non di meno a rivitalizzare e mantenere viva la memoria di uno dei momenti più cupi della storia sudcoreana del secolo scorso. La memoria di una vicenda fortemente sentita dai sudcoreani (anche per via di aspetti in parte ancora poco chiari legati a quanto avvenuto).
E’ un occasione di scoperta, questo A Taxi Driver, per lo spettatore occidentale, sia dei fatti accaduti (nel qual caso non ne fosse già a conoscenza), sia, per l’ennesima volta, delle qualità del cinema coreano migliore, troppo spesso poco valorizzato e mal distribuito in Italia e altrove.
Straordinaria la prova del protagonista Song, uno degli attori più celebri del cinema del paese e uno dei pochi conosciuti anche all’estero (protagonista, oltre a questo, anche di numerosi altri celebri film, tra i quali, ad esempio, The Host, Il buono, il matto, il cattivo, Snowpiercer).
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tmpsvita
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domenica 5 novembre 2017
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una storia che merita di essere conosciuta
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"A Taxi Driver" è un film sicuramente molto interessante che racconta una storia che merita di essere conosciuta soprattutto da persone come me che, di questo importante momento e segno indelebile nella storia coreana, sapevano poco o nulla.
Certo il film non è perfetto, ci sono alcuni problemi relativi alla sceneggiatura che presenta qualche forzatura e dei dialoghi non sempre scritti nella migliore delle maniere, però riesce, attraverso pochi e semplici elementi, a coinvolgere lo spettatore grazie ad una regia caparbia e delle interpretazioni notevoli.
Ho trovato singolare e coraggiosa la scelta di presentarlo nella prima mezz'ora quasi come se fosse una commedia e ciò ha reso ancor più emozionante e tosto il passaggio da una tranquilla parte iniziale ad una seconda ben più seria e triste.
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"A Taxi Driver" è un film sicuramente molto interessante che racconta una storia che merita di essere conosciuta soprattutto da persone come me che, di questo importante momento e segno indelebile nella storia coreana, sapevano poco o nulla.
Certo il film non è perfetto, ci sono alcuni problemi relativi alla sceneggiatura che presenta qualche forzatura e dei dialoghi non sempre scritti nella migliore delle maniere, però riesce, attraverso pochi e semplici elementi, a coinvolgere lo spettatore grazie ad una regia caparbia e delle interpretazioni notevoli.
Ho trovato singolare e coraggiosa la scelta di presentarlo nella prima mezz'ora quasi come se fosse una commedia e ciò ha reso ancor più emozionante e tosto il passaggio da una tranquilla parte iniziale ad una seconda ben più seria e triste.
È ormai noto, e questa è l'ennesima conferma, che i coreani con il cinema ci sappiano fare e anche piuttosto bene, sono davvero parecchi i film da loro prodotti che meritano di essere visti e questo si inserisce in questa lunga lista.
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ghisi
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sabato 27 febbraio 2021
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una presa di coscienza
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La Corea per anni ha rimosso il massacro di Gwang-ju, fino a che, nel 2017, è uscita la storia narrata probabilmente per unire la nazione e riconciliare le ferite lasciate dalle lotte intestine del passato.
La storia della Corea del Sud (istituita nel 1948) è contrassegnata dall'alternarsi di periodi di governo democratico e autocratico. A partire dagli anni Sessanta il Paese si è trasformato passando da una delle più povere nazioni dell'Asia in una delle più ricche del mondo, ed è considerato oggi una delle cosiddette “quattro tigri” emergenti dell'Asia meridionale assieme a Singapore, Hong Kong, e Taiwan.
Nel 1978 ci fu un colpo di Stato del maggiore generale Chun Doo-hwan che impose la legge marziale.
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La Corea per anni ha rimosso il massacro di Gwang-ju, fino a che, nel 2017, è uscita la storia narrata probabilmente per unire la nazione e riconciliare le ferite lasciate dalle lotte intestine del passato.
La storia della Corea del Sud (istituita nel 1948) è contrassegnata dall'alternarsi di periodi di governo democratico e autocratico. A partire dagli anni Sessanta il Paese si è trasformato passando da una delle più povere nazioni dell'Asia in una delle più ricche del mondo, ed è considerato oggi una delle cosiddette “quattro tigri” emergenti dell'Asia meridionale assieme a Singapore, Hong Kong, e Taiwan.
Nel 1978 ci fu un colpo di Stato del maggiore generale Chun Doo-hwan che impose la legge marziale. Le maggiori contestazioni furono portate avanti prevalentemente dagli studenti universitari e dai sindacati, ed esplose un violento scontro nella città di Gwangiu tra le forze armate e gli studenti dell’Università Nazionale di Chonnam che protestavano per la chiusura dell’Ateneo. Lo scontro si trasformò però in una sommossa per tutta la città e durò nove giorni. Le vittime civili furono stimate in 2000 morti. Il massacro fece crescere la collera pubblica che, in qualche modo, spianò la strada alle elezioni democratiche del 1987.
Il governo di Chun Doo-hwan cercò di insabbiare la vicenda ma, grazie al lavoro fatto dal reporter tedesco Jürgen Hinzpeter, il governo degli Stati Uniti tolse gradualmente il suo sostegno al regime.
Il film è tratto da una storia vera e narra la presa di coscienza di un cittadino coreano, un uomo medio, che si trova senza volerlo ad assistere al massacro del 1980.
Ma vediamo in particolare di che si tratta. Siamo a Seoul nel 1980. Kim Man-seob è l’equivalente di un “tassinaro albertosordiano”, un personaggio qualunquista, sempre indebitato, spesso al limite del truffaldino, vedovo, con una figlia piccola da crescere. Kim ha un passato da autista in Arabia Saudita per cui parla un pochino di inglese e riesce a soffiare un lavoro ben pagato (100 mila won) a un collega: portare in taxi un tedesco giù nel sud a Gwangiu.
Il tedesco si scoprirà essere Jürgen Hinzpeter, un reporter che era a Tokyo ma si era precipitato in Corea per filmare la repressione del regime e divulgarla all’estero. L’astuto Kim riuscirà a portare il tedesco in città bypassando attraverso piccoli escamotage i posti di blocco e il severo controllo delle forze armate. Lo scenario che i due protagonisti si trovano di fronte è agghiacciante: fonti giornalistiche oscurate, e decine e decine di morti e feriti. Da qui in poi il film prende una piega drammatica svelando tutta la violenza della repressione militare. Giovani inermi trucidati, popolazione civile massacrata senza differenziazione di età e di genere.
L’angosciosa situazione farà nascere una complicità tra i due. Kim prenderà coscienza rendendosi conto dell’importanza della missione del reporter tedesco quindi riuscirà a riportarlo all’aeroporto di Seul, tra mille ostacoli e coadiuvato dai colleghi tassisti di Gwangiu.
Secondo alcuni critici Thomas Kretschmann offre quella che è probabilmente la migliore interpretazione di un importante attore occidentale in un film asiatico. Song Kang-ho, invece, interprete principale del film, è sempre in pole position agli Oscar con “The Trone” del 2015, con “Age of Shadows” del 2016, fino a “Parasite” del 2019. Il regista Hun Jang, al suo terzo lungometraggio, con “A taxi driver” ha ottenuto un grande successo in patria. L’attuale Presidente ne ha così commentato il successo: «La verità sui fatti di Gwangju non è stata ancora interamente rivelata. È un compito che dobbiamo portare a termine e credo che questo film ci aiuterà a farlo».
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