Star Trek Beyond

Alieni, risate e pacifismo Star Trek compie 50 anni e non tradisce i fan

La cronologia non fa una grinza. Tre anni fa l'Enterprise e il suo equipaggio partirono per una missione quinquennale nello spazio profondo (il film era Into Darkness - Star Trek). Ai comandi del franchise c'era ancora JJ Abrams, che lo aveva rilanciato alla grande ma ora lo abbandonava per la ancor più celebre saga fantascientifica Star Wars. Prendeva la guida della mitica astronave Justin Lin, regista di quattro episodi di un altro franchise di successo, l'adrenalinico Fast &Furious; però suscitando legittimi sospetti: non rischiava, Lin, di trasformare Star Trek in un tripudio di botti e acrobazie, sacrificandone la componente "filosofica" tradizionalmente pacifista? A parte una sequenza in moto (che però non stona) il pericolo è sventato. Star Trek Beyond si rivela un ottimo film per il cinquantenario della saga (che debuttò sul piccolo schermo nel 1966), movimentato e ricco di senso dell'avventura pur senza tradirne né lo spirito originario né i personaggi. Riprendiamo il filo. Il comandante Kirk e il suo equipaggio sono al terzo anno della missione iniziata nell'episodio precedente, quando ricevono una richiesta di soccorso: una nave aliena è stata sequestrata in una nebulosa fuori dalle rotte conosciute. Si tratta però di un tranello, in cui li ha attratti Krall, supermalvagio dalla testa di rettile e dalle mire (ovviamente) distruttive. Isolati su un pianeta sconosciuto, i campioni della Federazione devono battersi ad armi impari per impedire la distruzione di una popolatissima stazione spaziale. A questo punto il film innesca un espediente che è anche la sua carta migliore: separati e divisi in coppie, i buoni vivono avventure diverse, che il film mette in scena alternandole secondo le più efficaci regole del cliff-hanger. Il capitano Kirk fa squadra con Chekov (lo sfortunato attore russo Anton Yelchin, morto in un incidente il mese scorso); Spock e McCoy formano il duo migliore, garantendo al film le parti comiche; Scotty (Simon Pegg, che firma anche la sceneggiatura assieme a Doug Jung) incontra Jaylah, una nativa del pianeta che si rivelerà fondamentale per la sopravvivenza del gruppo, mentre il tenente Uhura e Sulu cadono prigionieri di Krall. Al centro dell'intrigo c'è un pezzo di un'antica arma di micidiale potenza cui (lo ha già osservato qualcuno) compete il ruolo che Alfred Hitchcock affidava al McGuffin, l'oggetto-pretesto per eccellenza. Oltreché nei duetti tra Spock e il dottore, il film si concede momenti di humour per punteggiare e alleggerire l'azione pirotecnica. Come quando l'equipaggio dell'Enterprise interrompe la comunicazione "cybertelepatica" tra le astronavi aliene sparando a manetta musica rock nello spazio. Il tutto è divertente quanto occorre perché lo spettatore non si soffermi troppo sulla terminologia pseudo-scientifica usata dai personaggi, né sulla contrapposizione manichea tra le filosofie del buono e del cattivo: per Kirk occorre trovare strumenti d'intesa e pacificazione tra gli abitanti della galassia, là dove Krall sponsorizza la guerra di tutti contro tutti. E se nel film c'è un punto debole, probabilmente risiede proprio nell'antagonista (un irriconoscibile Idris Elba), la cui malvagità integrale non sopperisce a una certa povertà di carisma.
Da La Repubblica, 21 luglio 2016


di Roberto Nepoti, 21 luglio 2016