biso 93
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giovedì 1 settembre 2016
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ladruncoli in gabbia
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Don't breathe( riportato in italia come man in the dark ), e' un film del 2016, secondo lungometraggio del regista Fede Alvarez, autore del remake della casa di Sam Raimi. Don't breathe e' un film intenso, vivace, violento che intrattiene benissimo trasmettendo la necessaria tensione nello spettatore. Ho apprezzato l'attenzione al particolare in questo film in cui il ritmo e' piuttosto frenetico nonostante il silenzio e i piccoli rumori la giocano da padroni. Davvero un buon thriller/horror che riserva anche qualche sorpresa nella parte finale, intelligente variante dell'home invasion diretta bene e sceneggiata ancora meglio. A me e' piaciuto parecchio grazie anche all'ottima performance fisica di Stephen Lang, azzeccatissimo in questo ruolo e forse un po sottovalutato.
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Don't breathe( riportato in italia come man in the dark ), e' un film del 2016, secondo lungometraggio del regista Fede Alvarez, autore del remake della casa di Sam Raimi. Don't breathe e' un film intenso, vivace, violento che intrattiene benissimo trasmettendo la necessaria tensione nello spettatore. Ho apprezzato l'attenzione al particolare in questo film in cui il ritmo e' piuttosto frenetico nonostante il silenzio e i piccoli rumori la giocano da padroni. Davvero un buon thriller/horror che riserva anche qualche sorpresa nella parte finale, intelligente variante dell'home invasion diretta bene e sceneggiata ancora meglio. A me e' piaciuto parecchio grazie anche all'ottima performance fisica di Stephen Lang, azzeccatissimo in questo ruolo e forse un po sottovalutato. Consigliatissimo.
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andrea diatribe
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venerdì 16 settembre 2016
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il gatto è cieco ma sa cacciare
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In Man in the dark tre ragazzi di Detroit svaligiano case ricavando ogni volta all’incirca diecimila dollari, aiutati dall’avere nel gruppo il figlio di una guardia giurata, con le chiavi degli appartamenti da derubare. I giovani vengono a sapere di un veterano di guerra, che ha ricevuto come risarcimento trecentomila dollari in seguito alla tragica morte della figlia avvenuta in un incidente. Tentano allora il colpaccio incoraggiati dal fatto che l’ex militare ha perso la vista, a causa delle schegge di una granata. Pare un colpo facile: una volta però che i ragazzi si sono introdotti in casa del veterano capiranno che da predatori sono diventati prede, in balia del proprietario della casa.
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In Man in the dark tre ragazzi di Detroit svaligiano case ricavando ogni volta all’incirca diecimila dollari, aiutati dall’avere nel gruppo il figlio di una guardia giurata, con le chiavi degli appartamenti da derubare. I giovani vengono a sapere di un veterano di guerra, che ha ricevuto come risarcimento trecentomila dollari in seguito alla tragica morte della figlia avvenuta in un incidente. Tentano allora il colpaccio incoraggiati dal fatto che l’ex militare ha perso la vista, a causa delle schegge di una granata. Pare un colpo facile: una volta però che i ragazzi si sono introdotti in casa del veterano capiranno che da predatori sono diventati prede, in balia del proprietario della casa.
Il regista uruguaiano Fede Alvarez, al suo secondo lungometraggio dopo il remake del 2013 de La casa, dirige questo film di genere ambiguo, un po’ più thriller ma comunque horror, che non percorre un rigido binario narrativo impendendo in questo modo di prevedere facilmente il destino dei protagonisti. Girato con un budget contenuto e in una Budapest come scenografia sostitutiva di Detroit, Man in the dark (ma il titolo originale è Don’t Breathe) ha in sé un realismo d’eccellenza, di una violenza cruda (basti pensare che mettere in scena un pestaggio femminile è un’affermazione d’intenti decisa), per vivere da vicino la tremenda situazione in cui tutti i protagonisti sono coinvolti. Il film non scende mai nello splatter e riesce a spaventare bene tenendo sempre alta la tensione per tutto il film, senza quasi mai lasciare allo spettatore il tempo di prendere fiato.
Merita di essere citata su tutte, per la sua particolarità, la scena – girata con una telecamera ad infrarossi – di caccia al buio nei sotterranei della casa: il film punta infatti molto sull’aspetto sonoro, oltre che visivo; i dialoghi tra l’altro sono pochi e a contare sono piuttosto i respiri, le urla, gli spari, le botte e le colluttazioni durante tutta la vicenda ambientata all’interno della casa.
Ha una fotografia diretta all’essenzialità della visione, con movimenti di macchina semplici, senza virtuosismi, ma studiati, con la telecamera che sta sempre appresso ai personaggi e non abbandona mai l’abitazione, se non all’inizio e verso l’epilogo.
È un ottimo film anche per la presenza di un buon cast che vede nei panni dei tre ragazzi Jane Levy (Rocky), che aveva già recitato nel precedente film di Alvarez La Casa, Daniel Zovatto (Money), presente in It Follows, Dylan Minnette (Alex), interprete in Piccoli brividi; il ruolo del veterano è invece di Stephen Lang, già attore nel famoso Avatar.Quest’ultimo sicuramente è quello che fa da collante del film, con un sua interpretazione molto fisica e insieme espressiva.
Alla fine tutto questo gioco del gatto con i topi riesce e il sentimento che prevale è quello di pietà per l’orrore della brutalità che incombe e viene attuata sia dai ragazzi che dal veterano. Non si capisce infatti di chi siano le colpe nel film: tutti sono colpevoli e allo stesso tempo vittime; sta allo spettatore volere giudicare i protagonisti, per delimitare il confine che c’è tra il bene e il male.
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noia1
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domenica 8 gennaio 2017
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gioiellino dark con pochi mezzi e tanta passione
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Tre ragazzi decidono di derubare la casa di un vecchio ex-militare ormai cieco … ma molto più agguerrito di quanto non possa sembrare.
Convinto che avrei visto un film horror, lì per lì quasi sono rimasto deluso, più che altro si tratta di un thriller, i toni a tratti sono un po’ forti e la tensione è al cardiopalma, tutto sommato resta un thriller. Ecco come thriller invece è uno dei più belli che abbia mai visto, il ritmo sostenuto è dosato nel modo giusto e fino al punto giusto con alti e bassi da far credere di essere sul vagone delle montagne russe. Piani sequenza da capogiro e non solo perché sono bellissimi ma soprattutto perché trasmettono la claustrofobica sensazione, stessa dei protagonisti, dello stare tra quattro mura dove da dovunque può apparire la prossima minaccia.
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Tre ragazzi decidono di derubare la casa di un vecchio ex-militare ormai cieco … ma molto più agguerrito di quanto non possa sembrare.
Convinto che avrei visto un film horror, lì per lì quasi sono rimasto deluso, più che altro si tratta di un thriller, i toni a tratti sono un po’ forti e la tensione è al cardiopalma, tutto sommato resta un thriller. Ecco come thriller invece è uno dei più belli che abbia mai visto, il ritmo sostenuto è dosato nel modo giusto e fino al punto giusto con alti e bassi da far credere di essere sul vagone delle montagne russe. Piani sequenza da capogiro e non solo perché sono bellissimi ma soprattutto perché trasmettono la claustrofobica sensazione, stessa dei protagonisti, dello stare tra quattro mura dove da dovunque può apparire la prossima minaccia. La telecamera non perde mai di vista i soggetti pur mantenendo una certa eleganza stando intanto attenta ai ribaltamenti, perfetti nei tempi e nella messa in scena.
L’ambientazione della casa sembra più quella propria di un labirinto e l’azione mischiata ad un ritmo frenetico crea una trama, che costringe ad aspettarsi qualsiasi cosa dall’agguerrito antagonista, dove domina un senso d’angoscia cosicché i disperati sospiri affannosi dei protagonisti assumono un valore ben più tridimensionale rispetto alla semplice farsa.
Quattro persone dentro una casa diroccata quasi completamente al buio in ogni angolo, sembra impossibile eppure ci si può fare un film anche senza troppi effetti speciali e senza apparizioni di fantasmi, non è un’opera d’autore dove ognuno si deprime parlando dei propri affari, bensì un vero e proprio film con gli attributi capace d’intrattenere come qualsiasi altro film costato il triplo. Una trama che prosegue con sentieri che si scavano e scoperte in un microcosmo presente più nelle vite stesse dei protagonisti che nei metri quadrati della casa, niente è sparato a raffica o invece troppo dilatato, una pozione perfetta attentamente equilibrata che vive dei propri scossomi mantenendo la propria coerenza di ferro.
Nota di merito poi alla costruzione della vicenda con il giusto peso all’importanza dei protagonisti, tutti hanno una storia e delle motivazioni, un duello dove il più importante si guadagna il proprio podio coi minuti che avanzano. Miseria, stupidità, ingenua inettitudine o follia, tutto viene messo in chiaro e ciò che davvero interessa è sapere chi avrà ragione.
Sentimenti vividi, fastidiosi a tratti, in una lotta per sopravvivere cruda da sentirsela addosso, una cosa però si sente su tutto e cioè l’assenza di pietà e morale in uno squarcio di società – estrema e persa – forse tanto reale da apparire assurda.
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supersantos
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lunedì 4 dicembre 2017
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non si ruba a casa dei ladri
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Un buon thriller dove tre arzilli rapinatori ,comprensivi di fanciulla ,verranno sculacciati a dovere dal padrone di casa,cieco e bastardo quanto basta.
Una rapina all'apparenza semplice si trasformerà in una estenuante battaglia all'utimo sangue.
Il tutto sarebbe anche accattivante ma ad un certo punto si esagera di brutto,sopratutto dopo una macabra scoperta che non sto qui a raccontarvi ed il tentativo,diciamo così,di rifarsi una famiglia.
In aggiunta c'è fin troppa agilità nelle movenze del padrone di casa e mi è sembrato,complessivamente,tranne il primo rapinatore, che gli altri abbiano una pellaccia fin troppo dura.
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Un buon thriller dove tre arzilli rapinatori ,comprensivi di fanciulla ,verranno sculacciati a dovere dal padrone di casa,cieco e bastardo quanto basta.
Una rapina all'apparenza semplice si trasformerà in una estenuante battaglia all'utimo sangue.
Il tutto sarebbe anche accattivante ma ad un certo punto si esagera di brutto,sopratutto dopo una macabra scoperta che non sto qui a raccontarvi ed il tentativo,diciamo così,di rifarsi una famiglia.
In aggiunta c'è fin troppa agilità nelle movenze del padrone di casa e mi è sembrato,complessivamente,tranne il primo rapinatore, che gli altri abbiano una pellaccia fin troppo dura.
Comunque un senso claustrofobico il film lo trasmette pure ,l'angoscia dell'oscurità è ben presente e quel cane maledetto fa venire voglia di amare i gatti.
Avrei evitato,ripeto,gli eccessi di fine pellicola ma tutto sommato va bene così nella ragionevole descrizione che è meglio non sottovalutare le eventuali prede di turno.
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elgatoloco
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lunedì 25 marzo 2019
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veramente notevole, thiller-horror
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Come thriiller-horror, questo"Don't Breathe"(2016, vero titolo, non"Man in the Dark", regia di Fede Alvarez, anche co-autrice della sceneggiatura), ha tutti i requisiti, che comunque possiede anche come film tout court, ossia extra le ristrettezze o meglio i limti del genere: è claustrofobico, angosciante, problematico, mettendo continuamente in discussione quanto è avvenuto o sembra avvenire. Decisamente notevole, pone anche la questione"eccessi della legittima difesa", dove naturalmente il discorso è volto agli States ma, per estensione, può valere anche extra tali confini.... per non dire per la situazione italiana, dove senz'altro i "giochi"a livello politico, culturale e giuridico sono comunque molto, molto diversi.
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Come thriiller-horror, questo"Don't Breathe"(2016, vero titolo, non"Man in the Dark", regia di Fede Alvarez, anche co-autrice della sceneggiatura), ha tutti i requisiti, che comunque possiede anche come film tout court, ossia extra le ristrettezze o meglio i limti del genere: è claustrofobico, angosciante, problematico, mettendo continuamente in discussione quanto è avvenuto o sembra avvenire. Decisamente notevole, pone anche la questione"eccessi della legittima difesa", dove naturalmente il discorso è volto agli States ma, per estensione, può valere anche extra tali confini.... per non dire per la situazione italiana, dove senz'altro i "giochi"a livello politico, culturale e giuridico sono comunque molto, molto diversi. Se il merito è, in primis, del regisita,, anche gli/le interpreti, da Stephen Lang(il cieco derubato violento)a Jane Levy(la ladra che fa irruzione nella casa, quasi"capobanda")a Dylan Minnette a Daniel Zovatto(i"colleghi di furto"), pur se decisamente meno profilati e anche meno importanti nell'economia generale della vicenda, hanno i loro meriti, per rendere un'atmosfera che altrimenti rimarrebbe decisamente sospesa, tanto da rimanere monca, opinabile, poco chiara al punto da rasentare lo stucchevole. UN errore che il film evita in pieno, riuscendo invece a comunicare quell'impasse che è la caratteristica del kairòs attuale.... El Gato
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gennaro
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venerdì 13 dicembre 2019
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stessa minestra con l'allungamento di brodo
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Nutrivo grandi speranze perché La casa diretto dallo stesso regista di questo film, mi aveva lasciato soddisfatto.
Dopo la visione, mi ha lasciato basito. Sarà meglio cominciare dall'inizio.
Attenzione Spoiler.
Tre adolescenti con vite, si fa per dire, miserabili, decidono di rapinare una casa. Il proprietario è un ex soldato cieco.
Da qui parte il doppio messaggio: il primo è quello di violare la proprietà privata tanto da far credere che il cieco sia il protagonista e i tre, antagonisti. Da qui parte il secondo quello di difendersi, peccato che poi non è vero, anzi il proprietario diventa un'antagonista spietato e malvagio.
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Nutrivo grandi speranze perché La casa diretto dallo stesso regista di questo film, mi aveva lasciato soddisfatto.
Dopo la visione, mi ha lasciato basito. Sarà meglio cominciare dall'inizio.
Attenzione Spoiler.
Tre adolescenti con vite, si fa per dire, miserabili, decidono di rapinare una casa. Il proprietario è un ex soldato cieco.
Da qui parte il doppio messaggio: il primo è quello di violare la proprietà privata tanto da far credere che il cieco sia il protagonista e i tre, antagonisti. Da qui parte il secondo quello di difendersi, peccato che poi non è vero, anzi il proprietario diventa un'antagonista spietato e malvagio. L'idea di base è completamente inutile; non solo si viene a scoprire che il cieco è un rapitore, ma non ci sono giustificazioni in quello che fa. Colpi di scena forzati tutti uniti da coincidenze terribili. Faccio due esempi: Rocky, quella che vuole scappare con la figlia, dopo essere fuggita dal cane e finita nel condotto dell'aria, viene presa dall'ex soldato proprio nel momento in cui era quasi riuscita a fuggire. Poi c'è tipo la finta morte di Alex, Dylan Minnette che appare in una perla chiamata Prisoners, per poi morire in un modo stupidissimo. Ma la scena più brutta che è anche stata un allungamento di brodo è la scena dell'auto. Oltre a essere inutile, mi ha fatto capire quando l'horror può diventare insoddisfacente.
La tensione è stata fatta benissimo; infatti rispetto ad altri film che ho visto, questo è uno dei più spaventosi.
L'interpretazione di Stephen Lang è ben fatta, ma come al solito gli viene dato un ruolo che tende a esagerare in maniera atroce come è successo nel colonello di Avatar.
Il semi finale è positivo e fa pensare a un seguito. Comunque, è un horror uguale agli altri con le solite fughe e le solite debolezze dei protagonisti. Tutte le scene sembrano situazioni viste e riviste in altri horror per poi unirle tutte.
Peccato, perché l'idea non era male, ma se fanno il seguito dovrebbero almeno dargli un minimo di spessore o un minimo di originalità.
Concludo dicendo che per fortuna esistono film horror capaci di essere soddisfacenti.
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il critico 89
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giovedì 10 novembre 2016
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quando il cieco vede oltre di chi ha la vista
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Guardando il trailer e leggendo la trama potrebbe sembrare un film banale ma in realtà non è così.
Certo la premessa non è nulla di eccezionale,un gruppo di ragazzi che per vivere deruba le abitazioni e che credendo sarà tutto facile deruba questo cieco.Ma purtroppo per loro non andrà tutto nel verso giusto.
In realtà poi senza addentrarsi troppo nel film per evitare spoiler il film riserva forti emozioni,sorprese,momenti di tensione ed un ottimo finale.
Insomma un thriller come non se ne vedono molti e che realmente trasmette tensione e fa rimanere con il fiato sospeso.
Consigliato.
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gianleo67
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martedì 22 novembre 2016
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il cieco, il cane e...la bionda
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Tre giovani topi d'appartamento, dopo una serie di colpi fortunati, decidono di svoltare con un furto all'apparenza facile e che gli garantirebbe di abbandonare le loro misere vite nella periferia degradata e povera di Detroit. La loro vittima designata, un ex reduce cieco che vive isolato con un bel malloppo sotto il mattone, si rivelerà una persona molto diversa da quella che avevano immaginato.
Ribaltando l'assunto per cui l'inerme vittima di un furto dovrebbe essere il soggetto più indifeso e il diritto di ogni cittadino americano a difendere la proprietà privata con l'uso incondizionato della forza un principio costituzionalmente garantito, il giovane regista uruguayano Fede Alvarez asseconda il target thriller-horror della Ghost House dello specialista Sam Raimi in questo dramma dell'assedio che parte con le solite riflessioni sociali sulla deriva microcriminale del sogno americano per rivelarsi nel prevedibile gioco al massacro di una 'Casa nera' trasformata nel cul-de-sac di una trappola per topi.
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Tre giovani topi d'appartamento, dopo una serie di colpi fortunati, decidono di svoltare con un furto all'apparenza facile e che gli garantirebbe di abbandonare le loro misere vite nella periferia degradata e povera di Detroit. La loro vittima designata, un ex reduce cieco che vive isolato con un bel malloppo sotto il mattone, si rivelerà una persona molto diversa da quella che avevano immaginato.
Ribaltando l'assunto per cui l'inerme vittima di un furto dovrebbe essere il soggetto più indifeso e il diritto di ogni cittadino americano a difendere la proprietà privata con l'uso incondizionato della forza un principio costituzionalmente garantito, il giovane regista uruguayano Fede Alvarez asseconda il target thriller-horror della Ghost House dello specialista Sam Raimi in questo dramma dell'assedio che parte con le solite riflessioni sociali sulla deriva microcriminale del sogno americano per rivelarsi nel prevedibile gioco al massacro di una 'Casa nera' trasformata nel cul-de-sac di una trappola per topi. Forte di una sceneggiatura che sa creare empatia con i tre giovani scapestrati che vogliono staccare il facile biglietto per una lontana destinazione tropicale e delineando un rapido spaccato sociale di insoddisfazioni e frustrazioni familiari, il film di Alvarez si preoccupa prevalentemente di imbastire la sua anima action nel virtuosismo scenografico di una messa in scena che sa sfruttare abilmente spazi chiusi, scarsa illuminazione e regole di ingaggio che sciolgono la tensione accumulata nei frequenti e sanguinosi colpi di scena all'arma bianca. Insomma, un film di genere senza lode e con qualche infamia che imbastisce il suo repertorio citazionista mescolando il robbery-movie alla The Town (se non è Boston, è Chicago o Detroit; poco cambia) con la prevedibile autodifesa di uno strampalato Zatoichi che ha adottato un cane idrofobico alla Sam Fuller e che si comporta nè più nè meno come un laido carceriere alla The Captive (o Prisoners, fate voi), solo con motivazioni appena meno infamanti. Detta così fa un pò sorridere e per la verità tra una scena splatter e l'altra, il ridicolo involontario di questa caratterizzazione di un cattivo dagli occhi bianchi, abile nell'uso della spada come in quello delle pipette per l'inseminazione artificiale, non stenta ad emergere finendo per alleggerire la tensione e concedere le meritate pause per una sana risata liberatoria. Sbrigativo e superficiale nel primo quarto d'ora di preparazione al colpo, diventa meccanico e un pò ripetitivo nella rimanente parte di una esecuzione criminale (capitale?) che, tra istinto di sopravvivenza e brama del possesso, fa di tutto per non brancolare nel buio. Caruccia la scena nella quale la bella biondina di turno con esperienze pregresse, salva capra e cavoli riuscendo, mentre lei ne esce, ad intrappolare in macchina il feroce mastino a guardia del bottino. Attori tanto inesperti quanto gli sprovveduti rapinatori che sono chiamati ad impersonare. Finale che preannuncia un possibile sequel, con lei che fugge sulla West Coast ed il suo omertoso paparino putativo che si ripromette una sanguinaria adozione filiale...non a distanza.
"Non c'è niente che un uomo non possa fare una volta che ha accettato il fatto che Dio non esiste". Sì, tipo un film come questo!
"E tu che intanto sogni ancora
sogni sempre sogni di fuggire via...
di andare lontano lontano
andare lontano lontano..."
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