The Program |
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Un film di Stephen Frears.
Con Ben Foster, Chris O'Dowd, Dustin Hoffman, Lee Pace.
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Titolo originale The Program.
Biografico,
Ratings: Kids+13,
durata 103 min.
- Gran Bretagna 2015.
- Videa
uscita giovedì 8 ottobre 2015.
MYMONETRO
The Program
valutazione media:
2,73
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Troppo veloce per essere credibiledi Matteo FedeleFeedback: 1915 | altri commenti e recensioni di Matteo Fedele |
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venerdì 15 maggio 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film più impersonale di Stephen Frears corre. Vola quasi, come il suo antieroe protagonista. Va talmente veloce che viene da chiedersi come faccia a non fermarsi mai. Dà per scontate tutte le tappe della carriera di Armstrong. Sembra essere sicuro che il pubblico le conosca già. E quindi le riassume anziché approfondirle, le costeggia senza fermarsi e poi pedala via. Non cerca la frustrazione di Lance prima di iniziare col doping. Non mostra la sofferenza della malattia e la forza di volontà con cui ne è uscito. Non evidenzia il legame di fratellanza all'interno della sua squadra e l'ovvia paura di essere scoperti. E soprattutto non esterna il senso di colpa che l'ha portato da colpevole a pentito. Prima si atteggia a padrino mafioso, minacciando i colleghi a bassa voce durante le gare e facendo monologhi da delirio di onnipotenza mentre scende le scale. Poi il suo ex compagno di ventura confessa, e confessa anche lui. Si sentiva in colpa? Si è sentito meglio dopo la revoca dei suoi premi immeritati? Il film non ce lo dice perché anziché romanzare mantiene la dimensione giornalistica del libro-inchiesta da cui è tratto. Ed è questo il suo limite principale. Mentre il cast è il suo punto di forza. Ben Foster è ottimo nei panni di Armstrong e Jesse Plemons svetta in quelli del suo combattuto compagno Landis. Bravo anche Chris O’Dowd nel ruolo del giornalista David Walsh. La sua ardua indagine ricorda quella di “Tutti gli uomini del presidente” e questo parallelismo rende tutt'altro che casuale la breve presenza di Dustin Hoffman (omaggiato anche con un accenno di “Mrs. Robinson” in colonna sonora). Ma tutti loro avrebbero beneficiato di una narrazione meno forsennata. In sintesi un’opera solo discreta, che avrebbe potuto essere un ottimo dramma sportivo e giornalistico se non avesse scelto di fare la cronistoria di un'intera carriera e si fosse invece concentrato sui piccoli momenti. Come la scena in cui Lance rinuncia ai suoi impegni per stare con un bambino malato di cancro, una delle poche in cui vediamo il Lance autentico, l'unica in cui il film vola davvero.
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Ultimi commenti e recensioni di Matteo Fedele:
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