enzo70
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giovedì 27 febbraio 2014
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un capolavoro sulla forza dell'amore
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Un capolavoro per denunciare uno, dei tanti, torti della Chiesa cattolica. Il perdono di Philomena alla suora che non le ha consentito di incontrare il figlio ricercato per una vita intera è il simbolo della forza della fede, quella vera. Stephen Frears indovina tutto, a partire dalla protagonista, una clamorosa Judi Dench, già diretta in Lady Henderson. Il film tocca le due anime dello spettatore, quella del sentimento, eper i più fragili consiglio di armarsi di abbondante dose di fazzoletti, e quella della razionalità, con un coraggioso attacco ai conventi irlandesi dove, appena sessanta anni fa, venivano sostanzialmente incarcerate le ragazze condannate ad una vita da dannate per il peccato della lussuria.
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Un capolavoro per denunciare uno, dei tanti, torti della Chiesa cattolica. Il perdono di Philomena alla suora che non le ha consentito di incontrare il figlio ricercato per una vita intera è il simbolo della forza della fede, quella vera. Stephen Frears indovina tutto, a partire dalla protagonista, una clamorosa Judi Dench, già diretta in Lady Henderson. Il film tocca le due anime dello spettatore, quella del sentimento, eper i più fragili consiglio di armarsi di abbondante dose di fazzoletti, e quella della razionalità, con un coraggioso attacco ai conventi irlandesi dove, appena sessanta anni fa, venivano sostanzialmente incarcerate le ragazze condannate ad una vita da dannate per il peccato della lussuria. Questo tema già era stato trattato, e bene, da Peter Mullan in Magdalene nel 2002. Ma c’è spazio nel cinema per film come questo. Philomena si caratterizza per il tono sempre moderato della narrazione, la classe non ha bisogno di esuberi e la compostezza del film non elide lo straordinario impeto emotivo. E Frears riesce anche a divertire, il film scorre che è una bellezza, nessuna scena è di troppo, tutto serve a rendere il senso del racconto. La storia delle ragazze madri recluse nei conventi irlandesi fa male, ma fa ancor più male alla Chiesa che dovrebbe su questo tema chiedere il perdono che spesso difficilmente concede ai propri fedeli. Comunque, correte al cinema a vedere questo capolavoro.
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jacopo b98
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lunedì 23 dicembre 2013
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un capolavoro con una grande judi dench
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Philomena Lee (Dench da anziana, Kennedy Clark da ragazza), una donna irlandese, viene costretta ad abbandonare suo figlio dopo averlo partorito in un convento. Cinquant’anni dopo la donna, con il giornalista Martin Sixsmith (Coogan), si mette alla ricerca del figlio, venduto dalle suore ad una famiglia americana. Verrà alla luce una verità sconvolgente. Scritto magnificamente da Jeff Pope e Steve Coogan (che, oltre a recitare, è anche produttore), tratto dal romanzo (2009) di Martin Sixsmith (ex membro del comitato stampa del governo Blair) Il figlio perduto di Philomena Lee (edito in Italia da Piemme), è la storia bellissima storia vera di questa donna, attualmente vivente in Irlanda.
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Philomena Lee (Dench da anziana, Kennedy Clark da ragazza), una donna irlandese, viene costretta ad abbandonare suo figlio dopo averlo partorito in un convento. Cinquant’anni dopo la donna, con il giornalista Martin Sixsmith (Coogan), si mette alla ricerca del figlio, venduto dalle suore ad una famiglia americana. Verrà alla luce una verità sconvolgente. Scritto magnificamente da Jeff Pope e Steve Coogan (che, oltre a recitare, è anche produttore), tratto dal romanzo (2009) di Martin Sixsmith (ex membro del comitato stampa del governo Blair) Il figlio perduto di Philomena Lee (edito in Italia da Piemme), è la storia bellissima storia vera di questa donna, attualmente vivente in Irlanda. I due sceneggiatori hanno affidato la regia al grandissimo Stephen Frears (The Queen) che ne ha tratto uno dei suoi film migliori. Storia di vita vissuta reale e terribile, ma raccontata con straordinario humour english e grande ironia. Il punto di forza del film, oltre alla già citata sceneggiatura, sono la classica regia di Frears e i personaggi, in particolare Philomena, cui Judi Dench presta anima e corpo in un’interpretazione, tanto per cambiare, magistrale, riconfermandosi come una delle più grandi attrici viventi. Signora anziana, amante dei romanzi rosa e dei film demenziali, è un personaggio umano, cui lo spettatore si sente vicino e in cui ci si immedesima facilmente. È un film sul perdono, che Philomena sul finale elargisce alle suore cattive con sofferenza ma con altrettanta convinzione. Altrettanto umano è Sixsmith, interpretato da un ottimo Coogan, che invece fatica a perdonare (Se Gesù fosse qui le tirerebbe un calcio e la farebbe cadere da quella ca**o di sedia dice nel momento del confronto con suor Hildegard). Film spietato, eppure godibile, mai troppo oppressivo e tantomeno noioso. Frears ha dichiarato la sua volontà che, se possibile, Papa Francesco lo veda: speriamo che sia così. Un film perfetto, cui giovano la fotografia grigia di Robbie Ryan e le musiche di Alexandre Desplat. Tre nomination ai Golden Globe: miglior film drammatico, attrice e sceneggiatura.
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andrea giostra
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giovedì 9 gennaio 2014
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l'amore materno trionfa sempre!
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Judi Dench aveva dato ampia prova della sua immensa bravura recitativa e della sua classe cristallina nel bellissimo e conturbante “Diario di uno scandalo” di Richard Eyre del 2006. Adesso, con “Philomena”, supera se stessa e alla fama mondiale, raggiunta nel 1995 interpretando “M” in GoldenEye, il diciassettesimo film della serie 007, conferma la consacrazione artistica quale interprete tra le più convincenti e apprezzate del panorama internazionale della settima arte. Il film è tratto dal romanzo di Martin Sixsmith “The lost child of Philomena Lee”, pubblicato negli USA nel 2009, e racconta la storia di una donna irlandese, oramai avanti negli anni, che si mette alla ricerca del proprio figlio sottrattole da ciniche suore senza cuore e prive di umana fede del convento di Roscrea nel quale adolescente, dopo essere rimasta incinta, era stata rinchiusa dai suoi genitori.
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Judi Dench aveva dato ampia prova della sua immensa bravura recitativa e della sua classe cristallina nel bellissimo e conturbante “Diario di uno scandalo” di Richard Eyre del 2006. Adesso, con “Philomena”, supera se stessa e alla fama mondiale, raggiunta nel 1995 interpretando “M” in GoldenEye, il diciassettesimo film della serie 007, conferma la consacrazione artistica quale interprete tra le più convincenti e apprezzate del panorama internazionale della settima arte. Il film è tratto dal romanzo di Martin Sixsmith “The lost child of Philomena Lee”, pubblicato negli USA nel 2009, e racconta la storia di una donna irlandese, oramai avanti negli anni, che si mette alla ricerca del proprio figlio sottrattole da ciniche suore senza cuore e prive di umana fede del convento di Roscrea nel quale adolescente, dopo essere rimasta incinta, era stata rinchiusa dai suoi genitori. Judi Dench, con l’aiuto del giornalista Steve Coogan, inizia una ricerca, che è anche un viaggio di emozioni forti nel passato e nel presente, e che traccia dolorosi solchi nello spettatore che lascerà il cinema turbato ma al contempo soddisfatto di essersi goduto una vera opera d’arte cinematografica. Insieme a “Magdalene” di Peter Mullan, uscito nelle sale nel 2002, Philomena di Stephen Frears, con la sceneggiatura del co-protagonista-attore Steve Coogan, rappresenta una delle più intense e drammatiche denuncie sociale contro la violenza e la cinica sopraffazione di indegni preti e suore della chiesa irlandese del secolo scorso, su giovani e indifese ragazze “colpevoli” - dal loro malefico punto di vista - di possedere un’effervescente vivacità e una straripante voglia di vita e di amore terreno.
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flyanto
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domenica 29 dicembre 2013
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quanti danni può fare una religione troppo cieca
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Film tratto da una storia vera pubblicata da un giornalista inglese in cui si racconta di una donna irlandese, di nome appunto Philomena, alla quale le suore del convento presso cui da giovane lavorava vendono a sua insaputa il bambino, considerato come "frutto del peccato" in quanto ragazza non era sposata. La giovane, che nel film vediamo ormai anziana, non si è mai rassegnata di aver perso il proprio figlio di cui non sa più nulla e vivendo appunto sino quasi alla fine dei suoi giorni con l'enorme curiosità sul destino del piccolo.
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Film tratto da una storia vera pubblicata da un giornalista inglese in cui si racconta di una donna irlandese, di nome appunto Philomena, alla quale le suore del convento presso cui da giovane lavorava vendono a sua insaputa il bambino, considerato come "frutto del peccato" in quanto ragazza non era sposata. La giovane, che nel film vediamo ormai anziana, non si è mai rassegnata di aver perso il proprio figlio di cui non sa più nulla e vivendo appunto sino quasi alla fine dei suoi giorni con l'enorme curiosità sul destino del piccolo. E' a questo punto che ella si rivolge ad un giornalista inglese, ormai radiato immeritatamente dall'establishment di Blair, al fine di rintracciare il pargolo sottrattole anni prima e riuscendo dopo svariate e molteplici ricerche a scoprirne il destino, trovando finalmente la tanto agognata pace dello spirito dopo anni di tormento. Questa pellicola di Stephen Frears, a parte la trama in sè, forse un pochino strappa lacrime, è volta soprattutto a denunciare l'assurda e quanto mai chiusa mentalità della Chiesa che intorno agli anni '50/'60 vigeva e soprattutto influenzava le persone ingenue e piene di buoni principi cristiani. L'ottusità e la cattiveria di una certa parte del clero, in questo caso di uno stuolo di suore che ritenevano molto deplorevole, nonchè quasi "sacrilego", il fatto di diventare madre fuori dal matrimonio, comportandosi a loro volta in maniera peggiore vendendo al miglior offerente le innocenti creature, non è una tematica del tutto nuova al cinema in quanto già precedentemente è stata rappresentata da altri registi. Ma il suo pregio di questa pellicola sta soprattutto nella sublime interpretazione di Judi Dench, per la quale va il forte rammarico di non avere vinto la meritata Coppa Volpi nel corso del Festival del Cinema di Venezia dove il film è stato presentato. Un vero peccato perchè, appunto, su di lei poggia praticamente tutto il film, sebbene non siano da trascurare anche l'interpretazione di Steve Coogan nella parte del giornalista, e la sceneggiatura ben calibrata tra humour e dramma costruita da Frears che mette a confronto due differenti, ma rispettosi l'uno dell'altro, modi di intendere ed abbracciare la religione e la fede.
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