Anni felici |
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Un film di Daniele Luchetti.
Con Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Angélique Cavallari, Benedetta Buccellato, Martina Gedeck.
continua»
Commedia,
durata 100 min.
- Italia, Francia 2013.
- 01 Distribution
uscita giovedì 3 ottobre 2013.
MYMONETRO
Anni felici
valutazione media:
2,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Roberto Escobar
L'Espresso
Per lo più, la felicità abita il passato. Non la si vive, la si ricorda. Così capita al Dario (Samuel Garofalo) di "Anni felici" (Italia, 2013, 100'). Anzi, così gli capita quarant'anni dopo i fatti narrati da Daniele Luchetti e dai suoi cosceneggiatori Sandro Petraglia, Stefano Rulli e Caterina Venturini. Affidandosi alla voce fuori campo del Dario ormai cinquantenne, è lo stesso regista che torna indietro nel tempo, fino a quella che ora considera la propria antica felicità. Tra autobiografia e finzione, ritrova gli anni '70 negli occhi di se stesso adolescente. Ritrova il padre in Guido (Kim Rossi Stuart), la madre in Serena (Micaela Ramazzotti), il fratello nel piccolo Paolo (Niccolò Calvagna). E ritrova l'Italia d'un tempo non lontanissimo, eppure oggi tanto estraneo. In quell'Italia che sembrava decisa a mettersi in questione su tutto, dunque, Guido rincorre l'utopia di un'arte che non si acquieti nella banalità figurativa, e che sia uno scandalo rivoluzionario e antiborghese sempre più estremo. Ma forse quello che gli manca è proprio qualcosa da esprimere, un contenuto da raffigurare. Quanto a Serena, figlia di solidi commercianti, più che l'arte le interessa l'artista, cui si subordina con una passionalità invasiva. Il loro amore, i loro scontri, le loro riconciliazioni, tutto questo torna nella memoria di Dario. Ci tornano le generosità, le velleità, i fallimenti del padre. Ci torna la sua pretesa molto contenutistica, e nient'affatto rivoluzionaria, d'esser modello per i figli. Alla fine, ci torna lo sconcerto borghese che assale il povero Guido quando Serena scopre il femminismo, e con esso un amore lesbico. Da quel che Dario ne ricorda, si direbbe che abbia vissuto il tempo della propria adolescenza in solitudine e in disparte, costretto a osservare l'amore e il disamore fra i genitori, e a soffrirne il vitalismo narcisistico. Sono stati davvero felici, quegli anni lontani? La risposta sta forse in una piccola cinepresa, poco più che un giocattolo a passo ridotto, ricevuta in regalo dalla nonna. Attraverso il suo obbiettivo, il ragazzino impara a distanziarsi dal mondo e dalle sue emozioni, ma certo non a dimenticarsene. Anzi, nella strana magia della ripresa e del montaggio impara a ritrovare una memoria, in un certo senso a inventarla. Quarant'anni dopo, così ci par di capire, impara a usarla per congedarsi dai fantasmi. Meglio, per addolcirli e riconciliarsi con loro. È questa, per lo più, la felicità.
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