simo79
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mercoledì 16 agosto 2023
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banale e pesante
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Una delusione... contavo sugli attori ma lho trovato pesante e lento... senza una vera trama... surreale il loro rapporto e surreale e troppo calcato il xsonaggio di lui artista esaurito.. non credibile.. bocciato proprio... nonmi ha lasciato nulla... zero emozioni..peccato
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caliste
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lunedì 27 luglio 2020
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assolutamente da vedere
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Forse semplice... ma azzeccato ed efficace nel portare il suo messaggio. Gli interpreti sempre molto bravi. La sceneggiatura, meno banale di quel che potrebbe apparire a un primo sguardo, regala alcuni momenti di una intensità straziante. Facile immedesimarsi...
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camarillo
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domenica 9 novembre 2014
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una sessualità espansa e sudaticcia
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Questo auspicava,con aria ispirata e folle,un acerbo Moretti nell'urgente e folgorante Ecce Bombo.Un film che distrugge i luoghi comuni nel momento stesso della loro creazione e prende di mira la feroce carica conservatrice insita in ogni rappresentazione autoassolutoria e autoreferenziale.Per farlo utilizza un sarcasmo impietoso e perfino crudele,a distruggere alla radice ogni tentazione autogiustificatoria e persino ogni processo di identificazione con i personaggi. Rivedere quel film rappresenta un buon antidoto a questo lavoro di Luchetti,che invece esclude l'unico elemento che poteva dare un indirizzo fecondo al film:l'autoironia.Ne deriva una costruzione nostalgica,che maschera dietro a categorie politiche e sociologiche di agghiacciante superficialità il contenuto autentico della storia:l'ansimare carnale della macchina da presa addosso ai corpi dei personaggi è narrativamente giustificato con il loro anelito,confuso e generoso,alla libertà artistica e personale;i protagonisti,confusi e generosi pure loro,van cercando questa libertà dietro a parole d'ordine che risultano,inutile dirlo,confuse e generose.
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Questo auspicava,con aria ispirata e folle,un acerbo Moretti nell'urgente e folgorante Ecce Bombo.Un film che distrugge i luoghi comuni nel momento stesso della loro creazione e prende di mira la feroce carica conservatrice insita in ogni rappresentazione autoassolutoria e autoreferenziale.Per farlo utilizza un sarcasmo impietoso e perfino crudele,a distruggere alla radice ogni tentazione autogiustificatoria e persino ogni processo di identificazione con i personaggi. Rivedere quel film rappresenta un buon antidoto a questo lavoro di Luchetti,che invece esclude l'unico elemento che poteva dare un indirizzo fecondo al film:l'autoironia.Ne deriva una costruzione nostalgica,che maschera dietro a categorie politiche e sociologiche di agghiacciante superficialità il contenuto autentico della storia:l'ansimare carnale della macchina da presa addosso ai corpi dei personaggi è narrativamente giustificato con il loro anelito,confuso e generoso,alla libertà artistica e personale;i protagonisti,confusi e generosi pure loro,van cercando questa libertà dietro a parole d'ordine che risultano,inutile dirlo,confuse e generose.Perché in fondo questi anni sono felici proprio in quanto confusi e generosi;e la perdita/conquista dell'innocenza non potrà che essere quella del bambino Luchetti,che saprà affacciarsi al nuovo decennio e uscire dalla confusione perché avrà conciliato talento e sentimento,e avrà compreso e perdonato i genitori perché avrà capito la reale sostanza della loro ricerca di libertà;infatti girerà uno spot pubblicitario,indirizzando il padre al nuovo percorso che suggella il finale del film:la autorivelazione della donna,la scoperta del privato (la nostalgia per la moglie) nel politico (l'arte che non si vende,ma impone la propria forma perché parla all'anima).Ne emerge un nuovo equilibrio,in cui si riscopre il sentimento e il talento si libera dalle pastoie ideologiche,perché ha imparato il senso della ricerca di libertà. Senza voler indugiare su cosa il binomio talento-pubblicità abbia poi inflitto al Paese,va appena notato come tale nuovo equilibrio sia realmente imperdonabile,perché giustifica retrospettivamente la violenza insita nel "parlare delle proprie interiorità come se fossero delle metropoli",come dice Vasco (no Rossi;quell'altro,quello bravo).E questa violenza è in realtà molto meno semplice da perdonare,anche quando la si nasconda dietro quadretti oleografici.
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camarillo
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domenica 9 novembre 2014
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una sessualità espansa e sudaticcia
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Questo auspicava,con aria ispirata e folle,un acerbo Moretti nell'urgente e folgorante Ecce Bombo.Un film che distrugge i luoghi comuni nel momento stesso della loro creazione e prende di mira la feroce carica conservatrice insita in ogni rappresentazione autoassolutoria e autoreferenziale.Per farlo utilizza un sarcasmo impietoso e perfino crudele,a distruggere alla radice ogni tentazione autogiustificatoria e persino ogni processo di identificazione con i personaggi.
Rivedere quel film rappresenta un buon antidoto a questo lavoro di Luchetti,che invece esclude l'unico elemento che poteva dare un indirizzo fecondo al film:l'autoironia.Ne deriva una costruzione nostalgica,che maschera dietro a categorie politiche e sociologiche di agghiacciante superficialità il contenuto autentico della storia:l'ansimare carnale della macchina da presa addosso ai corpi dei personaggi è narrativamente giustificato con il loro anelito,confuso e generoso,alla libertà artistica e personale;i protagonisti,confusi e generosi pure loro,van cercando questa libertà dietro a parole d'ordine che risultano,inutile dirlo,confuse e generose.
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Questo auspicava,con aria ispirata e folle,un acerbo Moretti nell'urgente e folgorante Ecce Bombo.Un film che distrugge i luoghi comuni nel momento stesso della loro creazione e prende di mira la feroce carica conservatrice insita in ogni rappresentazione autoassolutoria e autoreferenziale.Per farlo utilizza un sarcasmo impietoso e perfino crudele,a distruggere alla radice ogni tentazione autogiustificatoria e persino ogni processo di identificazione con i personaggi.
Rivedere quel film rappresenta un buon antidoto a questo lavoro di Luchetti,che invece esclude l'unico elemento che poteva dare un indirizzo fecondo al film:l'autoironia.Ne deriva una costruzione nostalgica,che maschera dietro a categorie politiche e sociologiche di agghiacciante superficialità il contenuto autentico della storia:l'ansimare carnale della macchina da presa addosso ai corpi dei personaggi è narrativamente giustificato con il loro anelito,confuso e generoso,alla libertà artistica e personale;i protagonisti,confusi e generosi pure loro,van cercando questa libertà dietro a parole d'ordine che risultano,inutile dirlo,confuse e generose.Perché in fondo questi anni sono felici proprio in quanto confusi e generosi;e la perdita/conquista dell'innocenza non potrà che essere quella del bambino Luchetti,che saprà affacciarsi al nuovo decennio e uscire dalla confusione perché avrà conciliato talento e sentimento,e avrà compreso e perdonato i genitori perché avrà capito la reale sostanza della loro ricerca di libertà;infatti girerà uno spot pubblicitario,indirizzando il padre al nuovo percorso che suggella il finale del film:la autorivelazione della donna,la scoperta del privato (la nostalgia per la moglie) nel politico (l'arte che non si vende,ma impone la propria forma perché parla all'anima).Ne emerge un nuovo equilibrio,in cui si riscopre il sentimento e il talento si libera dalle pastoie ideologiche,perché ha imparato il senso della ricerca di libertà.
Senza voler indugiare su cosa il binomio talento-pubblicità abbia poi inflitto al Paese,va appena notato come tale nuovo equilibrio sia realmente imperdonabile,perché giustifica retrospettivamente la violenza insita <>,come dice Vasco (no Rossi;quell'altro,quello bravo).E questa violenza è in realtà molto meno semplice da perdonare,anche quando la si nasconda dietro quadretti oleografici.
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elgatoloco
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giovedì 23 ottobre 2014
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questo cinema non è metafora di nulla
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Più che discutere sulla"bellezza"di certe inquadrature(Luchetti non è un"pivello", ha abbastanza esperienza e formazione tecnica per considerarsi un regista di un certo livello)preme segnalare, dal mio punto di vista, come questo tipo di cinema italiano, che non è il peggiore(da sottolineare comunque)non sappia essere espressione metaforica di nulla, dato che, a differenza del grande cinema italiano(Visconti, Pasolini, Antonioni, Ferreri, Fellini, ma anche , per citare solo un altro nome, Monicelli)non sa esprimere alcuna visione, non sa essere non dico"nottola di Minerva" del presente-futuro, ma, riferendosi al passato(il 1974 lo è, ormai, in ogni senso, decisamente)non sa darcene una lettura che vada al di là di un esercizio calligrafico.
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Più che discutere sulla"bellezza"di certe inquadrature(Luchetti non è un"pivello", ha abbastanza esperienza e formazione tecnica per considerarsi un regista di un certo livello)preme segnalare, dal mio punto di vista, come questo tipo di cinema italiano, che non è il peggiore(da sottolineare comunque)non sappia essere espressione metaforica di nulla, dato che, a differenza del grande cinema italiano(Visconti, Pasolini, Antonioni, Ferreri, Fellini, ma anche , per citare solo un altro nome, Monicelli)non sa esprimere alcuna visione, non sa essere non dico"nottola di Minerva" del presente-futuro, ma, riferendosi al passato(il 1974 lo è, ormai, in ogni senso, decisamente)non sa darcene una lettura che vada al di là di un esercizio calligrafico. "Libero amore versus matrimonio, coppie aperte gay versus coppie etero", ma tutto senza antevedere nulla, rimanendo anche indietro(e neppure di poco)rispetto a quanto si diceva allora, da parte, per es., di una Irigaray o di una Collange in ambito femminista. Cercherò di spiegarmi in modo più esplicito: ciò che disturba, nel film, non è il suo"frammentismo", dato che anzi l'"estetica del frammento"(e in qualche modo del "frammentismo")di per sé può essere feconda, ma il problema è che tale estetica non rimanda a nulla di più. IN"Modern Times"di Chaplin(si dirà: citi un capolavoro, forse non è comparazione opportuna; ma allora, al contrario, perché non farla proprio con i capolavori, con i classici del cinema, come della letteratura, della musica, dell'arte pittorica, scultorea, architettonica etc.?)poche sequenze esprimo l'alienazione meglio di interi trattati filosofici, sociologici, di antropologia culturale; qui, invece, a che cosa si rimanda, se non a qualche teoria orecchiata, non approfondita, monca di tutto? No, questo cinema italiano credo meriti decisamente poco; non è un caso che, dopo"Si può fare"(2007-2008, non ieri mattina)non ci siano film italiani significativi, al di là di premi, giurie etc. In altri termini, buoni film italiani di consumo(come questo, senz'altro)certamente vi sono, ma che cosa esprimono, se non ricordi, riflessioni(quando va bene...)dei loro autori? El Gato
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gabriella
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venerdì 14 febbraio 2014
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anni confusi
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Alcuni famosi registi che hanno avuto un'infanzia difficile e tormentata, hanno trovato una via fuga attraverso il filtro di una macchina da presa, come è stato per Ingmar Bergman, la necessità di fare cinema come reazione emotiva a un disagio esistenziale, o come per Steven Spielberg che sentiva la necessità d'imprimere le sue paure e fantasticare. Daniele Lucchetti, che non possiede il cinismo analitico del regista svedese, né l'impatto emotivo di Spielberg, riesce comunque a mantenere una certa sensibilità e attraverso lo sguardo di Dario( Lucchetti bambino), e la sua super 8, cerca di ritrarre una coppia di genitori ( i suoi) degli anni 70. Il padre, Guido è un artista che rinnega qualsiasi forma di tradizionalità in materia esprimendosi con il libero istinto creativo, la body art, o body painting in cui il corpo diventa territorio di scoperta, che poi con i corpi delle modelle si dilettava in altre forme espressive, è tutta da vedere; naturalmente ciò suscita la gelosia della moglie, innamorata e ingenua che cerca di partecipare alla vita e al lavoro del marito senza successo.
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Alcuni famosi registi che hanno avuto un'infanzia difficile e tormentata, hanno trovato una via fuga attraverso il filtro di una macchina da presa, come è stato per Ingmar Bergman, la necessità di fare cinema come reazione emotiva a un disagio esistenziale, o come per Steven Spielberg che sentiva la necessità d'imprimere le sue paure e fantasticare. Daniele Lucchetti, che non possiede il cinismo analitico del regista svedese, né l'impatto emotivo di Spielberg, riesce comunque a mantenere una certa sensibilità e attraverso lo sguardo di Dario( Lucchetti bambino), e la sua super 8, cerca di ritrarre una coppia di genitori ( i suoi) degli anni 70. Il padre, Guido è un artista che rinnega qualsiasi forma di tradizionalità in materia esprimendosi con il libero istinto creativo, la body art, o body painting in cui il corpo diventa territorio di scoperta, che poi con i corpi delle modelle si dilettava in altre forme espressive, è tutta da vedere; naturalmente ciò suscita la gelosia della moglie, innamorata e ingenua che cerca di partecipare alla vita e al lavoro del marito senza successo. L'occasione le capita quando le viene proposto un viaggio in Francia con una gallerista al quale aderisce e dove scoprirà l'amore saffico; la cosa , una volta a conoscenza, non viene digerita da Guido che non è “ l'esprit libre” che vorrebbe essere, così il rapporto finisce per sgretolarsi, e, ironia della sorte, proprio nel periodo più difficile, Guido emerge come artista. E mentre gli adulti cercano sé stessi, i bambini stanno a guardare e cercano di rimanere loro stessi, i due fratellini si tengono per mano, come avessero paura di volare via, tenendo ben saldi i piedi per terra, mentre le figure dei genitori gravitano attorno a loro, sfumano, si reintegrano in una dimensione tenera e affettuosa, spariscono di nuovo. Del resto non è che i genitori di Guido e Serena siano da meno, prestano poca attenzione ai figli e li criticano delle loro scelte e dei loro errori, lo stesso con i nipoti, avari di entusiasmi e d'infondere loro fiducia, tre generazioni che non s'incontrano, si sfuggono, non esiste un tipo di educazione simmetrico, nemmeno emerge quello di un solo genitore, tutto è un po' dato al caso. Ovviamente fare un film sugli anni 70 e quello che sono stati quelli anni sarebbe stato alquanto banale e anacronistico, tutto viene catalizzato all'interno di una famiglia e si evolve nello sguardo del figlio maggiore, Dario, per cui nessun accenno, giustamente, alle turbolenze politiche del periodo, ma si concentra nei ricordi infantili di un figlio ormai adulto ( la voce fuori campo), che rivivendoli e rivedendoli li trova anni felici.
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granvar
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venerdì 31 gennaio 2014
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classico film italiano
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Ho sempre stimato Luchetti da uno dei primi film, Domani accadrà a I piccoli maestri passando per il bellissimo Il portaborse.
Ma questa volta proprio ha sbagliato il film.
Non riesco a capire perchè i toni devono essere sempre così sommessi, liti, tensioni, gente che piange e che urla, attori con la faccia da stitici cronici (vedi i vari Mastandrea e appunto Rossi-Stuart).
E poi le scene pruriginose i baci saffici e i continui nudi, nell'era di youporn direi che sono superati.... non capisco proprio l'utilità di ripetere certe scene di orgasmi.
Se poi anche Rossi-Stuart tenta di limonare (parola molto anni '70) con l'altro attore siamo proprio alla frutta.
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Ho sempre stimato Luchetti da uno dei primi film, Domani accadrà a I piccoli maestri passando per il bellissimo Il portaborse.
Ma questa volta proprio ha sbagliato il film.
Non riesco a capire perchè i toni devono essere sempre così sommessi, liti, tensioni, gente che piange e che urla, attori con la faccia da stitici cronici (vedi i vari Mastandrea e appunto Rossi-Stuart).
E poi le scene pruriginose i baci saffici e i continui nudi, nell'era di youporn direi che sono superati.... non capisco proprio l'utilità di ripetere certe scene di orgasmi.
Se poi anche Rossi-Stuart tenta di limonare (parola molto anni '70) con l'altro attore siamo proprio alla frutta.
Ho resistito fino alla fine solo per vedere la reazione degli altri spettatori, come faceva Frank Capra, la maggior parte giocava con il cellualre e qualcuno se la dormiva beatamente.
Il problema del cinema italiano (e del Paese intero) è che manca di un minimo di ottimismo per poter vedere le cose sotto un'altra luce.
Poi non si lamentino degli scarsi incassi, perchè io semplice spettatore con i miei bei casini a casa e sul lavoro devo spendere dei soldi per andare a vedere gente infelice e nevrotica che piange e sbraita?
A questo punto viva i Cinepanettoni!
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[+] film infelice
(di oilitta)
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stefano73
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sabato 26 ottobre 2013
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vago
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Italia anno 1974. Periodo raccontato dal figlio di Guido e Serena, lui artista alternativo e trasgressivo, lei moglie innamorata dell'artista ma non dell'arte. Film ben inserito nel contesto storico, culturale e sessuale. Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti bravissimi ! Tema complesso e vagamente efficace. Voto : 6
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alex99
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mercoledì 23 ottobre 2013
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consigliabile.
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Buon film. Kim è veramente in ruolo e assolutamente credibile in un film di rievocazione degli anni settanta, confusi, in progress (sia da un punto di vista artistico che politico), ma ancora pieni di speranza, di fiducia nell'avvenire e soprattutto di voglia di credere in qualcosa. Tutti i personaggi sono ben tratteggiati nelle loro caratteristiche psicologiche e perfettamente calati nel periodo storico. Certamente non un capolavoro ma, considerato quello che passa il convento, da consigliare. Non va deluso il costo del biglietto che già la sola prova del protagonista ripaga completamente. Alex.
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rosalba22
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martedì 22 ottobre 2013
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grandissima delusione
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Posso essere una voce fuori dal coro?
Da Lucchetti mi aspettavo ben altro. I dialoghi sono un insieme di banalità disarmanti, infarciti di luoghi comuni che erano già tali negli anni '70 (quegli anni li ho vissuti, ero giovanissima ma me li ricordo molto bene), tutto il film è di una superficialità inattesa da un regista come lui. Ottimi gli attori, soprattutto i bambini, ma non basta a fare un bel film.
Nella prima mezz'ora pensavo ci fosse ironia, che la stupidità delle battute fosse una parodia di certi atteggiamenti di quegli anni. Ma no, voleva essere serio e ho avuto davvero la tentazione di andarmene. Mi succede molto di rado.
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