vanessa zarastro
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martedì 5 luglio 2016
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solitudini nella città industriale
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“A Girl Walks Home Alone At Night” è un film, presentato al Festival del Cinema di Roma del 2014 e uscito nelle sale il 2015 ovunque eccetto che in Italia.
Bad City è una città surreale mediorientale che vive di una dimensione industriale. Pompe di petrolio e centrali termiche costituiscono l’ambiente e il paesaggio territoriale. I suoi abitanti sono o i ricchissimi che vivono in palazzi o poverissimi come i barboni homeless. In mezzo i disadattati, piccoli spacciatori, prostitute, delinquenti, eroinomani che cercano di ammazzare il disagio esistenziale, la solitudine, la “diversità” in questo non-luogo.
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“A Girl Walks Home Alone At Night” è un film, presentato al Festival del Cinema di Roma del 2014 e uscito nelle sale il 2015 ovunque eccetto che in Italia.
Bad City è una città surreale mediorientale che vive di una dimensione industriale. Pompe di petrolio e centrali termiche costituiscono l’ambiente e il paesaggio territoriale. I suoi abitanti sono o i ricchissimi che vivono in palazzi o poverissimi come i barboni homeless. In mezzo i disadattati, piccoli spacciatori, prostitute, delinquenti, eroinomani che cercano di ammazzare il disagio esistenziale, la solitudine, la “diversità” in questo non-luogo. Sono solo sei i personaggi narrati oltre a Mukira, un bellissimo e bravissimo gattone.
Il film è inquietante nel mettere a nudo la situazione sociale e urbana, ma contemporaneamente è ottimista nel proporre soluzioni nell’amore, nella dolcezza, nella solidarietà. “A Girl Walks Home Alone At Night” è anche un film ironico sempre border line con il paradosso come la scena dell’hamburger offerto da Arash alla giovane ed emaciata Vampira (probabilmente molto poco cotto…) a mezzanotte, di fronte alla centrale termica.
Il film in alcuni punti sembrerebbe girato cinquant’anni fa con l’uso suggestivo del bianco e nero, di giorno tutto grigio ma con le ombre della luce artificiale ben scandite e nette nella prevalente visione notturna. La città proposta vista come per la prima volta dal protagonista impasticcato assomiglia a una qualsiasi suburbia ormai globalizzata.
L’auto di Arash è una decapottabile degli anni Cinquanta e anche il suo modo di vestire e atteggiarsi è tipico di chi aveva a modello Elvis Presley, o meglio, James Dean (ricordate “Il Gigante?”). La Vampira è una sorta di “giustiziera della notte” che reinterpreta il velo tradizionale usato solo nelle scorribande notturne. Tutto il film è una sorta di fumetto, pochi e scarni i dialoghi, le scene staccate, foto belle con poco movimento.
La musica è un elemento dominante nel film: si alternano musica techno contemporanea con rock iraniano (White Lies, Kiosk, Free Electric Band, Dariush, Radio Tehran, Bei Ru, Farah).
Ana Lily Amirpour, la trentaseienne sceneggiatrice e regista di origini iraniane, è nata in Inghilterra e cresciuta in California, dove ha girato con attori iraniani fuoriusciti questo film, ambientato presumibilmente in Iran, che rimpasta sensazioni cinematografiche riprese da molti registi come David Lynch e Lars Von Trier con suggestioni tratte da Sergio Leone (pensiamo alla fuga di Arash in auto con sottofondo morriconiano) e costruendo una sorta di western-horror a metà fra due culture.
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flyanto
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lunedì 4 luglio 2016
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una 'strana' giustiziera ripulisce la città
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A tre anni dalla sua uscita, viene finalmente in questi giorni distribuito nelle sale cinematografiche l'opera prima dell'allora esordiente regista iraniana Ana Lily Amirpour "A Girl Walks Home Alone at Night". La ragazza del titolo è la giovane donna protagonista che durante le deserte strade di una immaginaria città "fantasma" chiamata Bad City si aggira di notte uccidendone tutti i delinquenti, quali spacciatori di droga, persone malvagie ed ogni sorta di tipologia di criminali. Ed il modo a cui ricorre per attuare il proprio piano di "pulizia" generale della città, è quello di mordere i soggetti sul collo con i suoi denti canini che all'occorrenza spuntano ben fuori allungandosi e diventando ben aguzzi.
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A tre anni dalla sua uscita, viene finalmente in questi giorni distribuito nelle sale cinematografiche l'opera prima dell'allora esordiente regista iraniana Ana Lily Amirpour "A Girl Walks Home Alone at Night". La ragazza del titolo è la giovane donna protagonista che durante le deserte strade di una immaginaria città "fantasma" chiamata Bad City si aggira di notte uccidendone tutti i delinquenti, quali spacciatori di droga, persone malvagie ed ogni sorta di tipologia di criminali. Ed il modo a cui ricorre per attuare il proprio piano di "pulizia" generale della città, è quello di mordere i soggetti sul collo con i suoi denti canini che all'occorrenza spuntano ben fuori allungandosi e diventando ben aguzzi. Nel contempo, la protagonista incontra e piano piano si innamora, ricambiata, dell'unico ragazzo innocente e ben lontano dal mondo del crimine e che pertanto salva dalla sua azione di giustiziere notturno. Le uniche persone, inoltre, che risparmierà nel corso delle sue azioni vendicative sono la prostituta, in quanto donna costretta dalla vita e dal forte bisogno economico a vendere il proprio corpo, ed un bambino che redarguisce affinchè non intraprenda la strada del crimine verso cui sembrerebbe già diretto. Terminata la propria opera vendicativa, attuata ovviamente in incognito e senza, forse, alcun sospetto da parte del suo amato, la giovane donna lascerà insieme a lui la città del peccato....
Opera prima, ripeto, della regista Ana Lily Amirpour e prodotta nei lontani Stati Uniti fuori dall'ingerenza e dalle severe leggi della censura dell'Iran, questa pellicola, guardandola, non può che non venire paragonata, per atmosfera e collocazione in una città "perduta" fortemente colpita da ogni sorta di crimine, a quella di "Sin City". Come in quest'ultimo, anche in codesto film vi è il protagonista (qui una figura femminile) che funge da tremendo "giustiziere" e ristabilitore dell'ordine in un contesto di elevato debosciamento e di vizi portati all'estremo. Ed occorre rilevare che la Amirpour, pur essendo, appunto, alla sua prima prova registica, riesce molto bene in questo suo intento di creare un film senza alcun dubbio molto lontano dagli schemi dei films iraniani che siamo abituati a vedere. La regia lineare e nitida, l'atmosfera "evanescente" , la storia inusuale nei contesti delle comuni opere iraniane, la splendida fotografia in bianco e nero che troneggia nel corso di tutta la storia e la musica moderna psichedelica e "proibita" per un paese quale l'Iran che fa da sfondo, costituiscono gli elementi che rendono quanto mai apprezzabile il film. Ma a questi elementi occorre aggiungere anche l'originale personaggio femminile protagonista della storia che ben alterna e scandisce due contrapposte espressioni passando da quella propria di donna crudele e terrificante quando si aggira di notte per le strade a compiere azioni di giustizia a quella dall'aria innocente, quasi timida, e pulita di giovane ragazza innamorata quando insieme al suo ragazzo. Vi è anche da rimarcare che in tutto questo contesto, la regista riesce perfettamente ad equilibrare non solo il clima di terrore ma anche un lato più ironico e nello stesso tempo poetico e quasi romantico (vedi il discorso che la donna pronuncia alla prostituta o la scena della "prova d'amore" che ella concede al ragazzo a cui permette di farsi bucare le orecchie con gli orecchini).
Insomma, una pellicola che sicuramente all'inizio rischia di "spiazzare" lo spettatore ma che nel corso del suo svolgimento riesce completamente a conquistarlo grazie proprio alla sua originalità ed ai suoi innumerevoli pregi
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fabiofeli
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giovedì 7 luglio 2016
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per comprare questa auto ho lavorato 2791 giorni
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Nella Bad City, la città malvagia, che può trovarsi ai sobborghi di Teheran o alla periferia di Dallas o anche in un’altra parte del mondo ormai globalizzato, si aggirano personaggi inquietanti e marginali: spacciatori, prostitute, tossicodipendenti, bambini che vivono di accattonaggio. La persona più “normale” è un ragazzo, Arash (Arash Marandi), un James Dean asiatico, che ha lavorato 2791 giorni – più di 7 anni - per comperarsi un coupé; accudisce il padre eroinomane con distaccata devozione, ma non esita davanti a furti facili: sottrae un gatto in una casa periferica e ruba costosi orecchini nella villa nella quale lavora. A sua volta deve cedere il coupé al pusher che rifornisce il padre per il grosso debito accumulato per la fornitura di droga.
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Nella Bad City, la città malvagia, che può trovarsi ai sobborghi di Teheran o alla periferia di Dallas o anche in un’altra parte del mondo ormai globalizzato, si aggirano personaggi inquietanti e marginali: spacciatori, prostitute, tossicodipendenti, bambini che vivono di accattonaggio. La persona più “normale” è un ragazzo, Arash (Arash Marandi), un James Dean asiatico, che ha lavorato 2791 giorni – più di 7 anni - per comperarsi un coupé; accudisce il padre eroinomane con distaccata devozione, ma non esita davanti a furti facili: sottrae un gatto in una casa periferica e ruba costosi orecchini nella villa nella quale lavora. A sua volta deve cedere il coupé al pusher che rifornisce il padre per il grosso debito accumulato per la fornitura di droga. Su quella stessa auto lo spacciatore costringe una prostituta ad un rapporto sessuale in cambio di una dose di stupefacente che non gli concede. Ma come un Angelo sterminatore, chiusa in un chador che è un grande mantello, appare una giovane che si aggira di notte nella Bad City , la ragazza che torna sola a casa (Sheila Vand): è un vampiro, la Nemesi che assale chi fa del male ai propri simili. Nel microcosmo disperato tutti sono destinati a mescolare le loro vite …
Un bianco e nero fotografato ai limiti della perfezione descrive atmosfere alla Lynch e paesaggi urbani e industriali alla Antonioni di Eclisse e Deserto rosso in un western crudele come quelli di Sergio Leone con molte domande e poche risposte: si potrà mai evadere dalla Bad City? Quale vita è possibile lasciandosi dietro le spalle la morte del padre per overdose, lo sterminio dei ritratti di famiglia, la centrale elettrica muta testimone di un tentativo di coesistenza tra umano e non-umano. Una storia fosca con musica indie-rock, assoli di trombe alla Morricone, canti sufi e campionamenti elettronici; un horror di vampiri veri e metaforici come le instancabili pompe dei pozzi di petrolio che succhiano da una terra paziente ed antica il prezioso liquido nero che rende più ricchi i ricchi e più poveri i poveri. La Amirpour dirige con mano sicura e non c’è da meravigliarsi: è nata “imparata”, a Londra da genitori iraniani poi seguiti negli USA, perché a 12 anni era già una bambina prodigio della regia cinematografica. Questo film ha già preso diversi premi, compreso quello prestigioso del Sundance Film Festival: da non mancare.
Valutazione *** e 1/2
FabioFeli
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silviusdl
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lunedì 5 novembre 2018
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immagini e musica
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La storia del film in sè è semplicissima, ma la resa in immagini, musica e sguardi lo rende un grande film. Con un ambientazione che potrebbe estraniare in qualsiasi altro contesto Ana Lily Amirpour ci dona un piccolo gioiello della cinematografia con citazioni leoniane: le poche parole della protagonista e i suoi occhi estremamente loquaci ci rimandano a Clint Eastwood, citazioni musicali che ci immergono in un Western atipico. Non c'è niente di cervellotico nell'amore tra queste due creature, niente di impossibile. La comunicazione tra loro va oltre la parola. A girl walks home alone at night è uno di quei film che quando finiscono vorresti i suoi protagonisti fossero reali, la sua potenza visiva rimane impressa oltre i titoli di coda.
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La storia del film in sè è semplicissima, ma la resa in immagini, musica e sguardi lo rende un grande film. Con un ambientazione che potrebbe estraniare in qualsiasi altro contesto Ana Lily Amirpour ci dona un piccolo gioiello della cinematografia con citazioni leoniane: le poche parole della protagonista e i suoi occhi estremamente loquaci ci rimandano a Clint Eastwood, citazioni musicali che ci immergono in un Western atipico. Non c'è niente di cervellotico nell'amore tra queste due creature, niente di impossibile. La comunicazione tra loro va oltre la parola. A girl walks home alone at night è uno di quei film che quando finiscono vorresti i suoi protagonisti fossero reali, la sua potenza visiva rimane impressa oltre i titoli di coda. A sottolineare la potenza del cinema: mondi, culture, tradizioni lontane tra loro nel tempo e nello spazio si ritrovano in un punto impensabile per dare vita ad un mondo poetico e potente.
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silviusdl
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lunedì 5 novembre 2018
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immagini e musica
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La storia del film in sè è semplicissima, ma la resa in immagini, musica e sguardi lo rende un grande film. Con un ambientazione che potrebbe estraniare in qualsiasi altro contesto Ana Lily Amirpour ci dona un piccolo gioiello della cinematografia con citazioni leoniane: le poche parole della protagonista e i suoi occhi estremamente loquaci ci rimandano a Clint Eastwood, citazioni musicali che ci immergono in un Western atipico. Non c'è niente di cervellotico nell'amore tra queste due creature, niente di impossibile. La comunicazione tra loro va oltre la parola. A girl walks home alone at night è uno di quei film che quando finiscono vorresti i suoi protagonisti fossero reali, la sua potenza visiva rimane impressa oltre i titoli di coda.
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La storia del film in sè è semplicissima, ma la resa in immagini, musica e sguardi lo rende un grande film. Con un ambientazione che potrebbe estraniare in qualsiasi altro contesto Ana Lily Amirpour ci dona un piccolo gioiello della cinematografia con citazioni leoniane: le poche parole della protagonista e i suoi occhi estremamente loquaci ci rimandano a Clint Eastwood, citazioni musicali che ci immergono in un Western atipico. Non c'è niente di cervellotico nell'amore tra queste due creature, niente di impossibile. La comunicazione tra loro va oltre la parola. A girl walks home alone at night è uno di quei film che quando finiscono vorresti i suoi protagonisti fossero reali, la sua potenza visiva rimane impressa oltre i titoli di coda. A sottolineare la potenza del cinema: mondi, culture, tradizioni lontane tra loro nel tempo e nello spazio si ritrovano in un punto impensabile per dare vita ad un mondo poetico e potente.
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dandy
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domenica 7 giugno 2020
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alone in the dark...
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Discreta prova d'esordio per la regista(anche sceneggiatrice),che tratteggia con efficace semplicità una storia inedita basata sul tema arciabusato del vampirismo.Dove la protagonista si aggira notte tempo in una immaginaria città iraniana(in realtà Taft in California)nutrendosi senza remore di umani spregevoli o emarginati,ma capace di provare sentimenti,quali l'amore.Il ritmo lento,quasi sospeso,conferisce un che di moderna favola dark malinconica.Orrore e romanticismo sono miscelati sapientemente,e seppur accennato funziona anche il tema dei giovani soli ma internamente vivi verso gli adulti allo sbaraglio ormai cadaveri inconsapevoli.Azzeccata la leggerezza con cui sono mostrati i lati oscuri della città(la fossa di cadaveri a cielo aperto),e la mancanza di scene forti una tantum non è un limite.
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Discreta prova d'esordio per la regista(anche sceneggiatrice),che tratteggia con efficace semplicità una storia inedita basata sul tema arciabusato del vampirismo.Dove la protagonista si aggira notte tempo in una immaginaria città iraniana(in realtà Taft in California)nutrendosi senza remore di umani spregevoli o emarginati,ma capace di provare sentimenti,quali l'amore.Il ritmo lento,quasi sospeso,conferisce un che di moderna favola dark malinconica.Orrore e romanticismo sono miscelati sapientemente,e seppur accennato funziona anche il tema dei giovani soli ma internamente vivi verso gli adulti allo sbaraglio ormai cadaveri inconsapevoli.Azzeccata la leggerezza con cui sono mostrati i lati oscuri della città(la fossa di cadaveri a cielo aperto),e la mancanza di scene forti una tantum non è un limite.Molto ben diretti i protagonisti.Ottimi sia il b/n che le musche,che uniscono rock a brani palesemente morriconiani.Tra le scene da ricordare,quella nella stanza al ritmo di "Death" dei White Lies e il finale in macchina.Un'opera prima personale che denota una bella sensibilità,nonchè la volontà di tenere i legami col proprio popolo(la regista è di origine iraniana e in originale i dialoghi sono esclusivamente in farsi).
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