Vita di Pi |
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Un film di Ang Lee.
Con Suraj Sharma, Irrfan Khan, Tabu, Rafe Spall, Gérard Depardieu.
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Titolo originale Life of Pi.
Avventura,
Ratings: Kids,
durata 127 min.
- Cina, USA 2012.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 20 dicembre 2012.
MYMONETRO
Vita di Pi
valutazione media:
3,64
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Ragazzo e tigre portano avanti una lotta solitariadi Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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lunedì 6 aprile 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
VITA DI PI (USA/TAIW, 2012) diretto da ANG LEE. Interpretato da SURAJ SHARMA, IRRFAN KHAN, SHRAVANTI SAINATH, ADIL HUSSAIN, RAFE SPALL, GéRARD DEPARDIEU
A partire da zero c’è il romanzo fortunato e venduto in numerosissime copie di Yann Martel, pubblicato nel 2001 e premiato nel 2002 con il Booker Prize: da questo straordinario testo scritto, lo sceneggiatore David Magee ha tratto un film che si barcamena efficacemente tra il realismo e la magia, la favola di formazione e il racconto d’appendice, una pellicola che accompagna lo spettatore in un’avventura ai confini della realtà che si fa metonimia e paragone della ricerca di un’entità superiore capace di governare dall’alto gli eventi terreni e di imprimere cambiamenti epocali e radicali tanto nella vita degli umani quanto in quella degli animali. Non a caso il protagonista Piscine Patel, detto Pi, è affiancato nel suo viaggio dalle variegate e bizzarre bestie dello zoo in cui lavorano i suoi genitori, suo padre come proprietario del giardino botanico e sua madre come addestratrice professionista. Obbligati da una direttiva ministeriale a trasferire gli animali in Canada, i famigliari di Pi s’imbarcano su una nave che attraversa il Pacifico in linea retta, ma sfortunatamente il veicolo va incontro ad una furibonda tempesta oceanica che provoca un disastroso naufragio, i cui unici sopravvissuti sono il ragazzo diciassettenne e quattro quadrupedi: una iena, una zebra, un orango e soprattutto un maschio adulto di tigre chiamato Richard Parker per una svista nell’immatricolazione sui registri dello zoo, in cui il nome del felino e quello del cacciatore che l’aveva catturato sono stati invertiti. Morte le prime tre bestie, Pi è costretto a convivere, tra una scialuppa di salvataggio e una zattera da battaglia da lui stesso fabbricata, con l’intransigente e feroce maschio di tigre, al quale però riconosce, nel racconto a posteriori che fa al giornalista statunitense interessato alla sua storia, il ruolo indispensabile e insostituibile di aiutante nella lotta per la sopravvivenza. Dopo aver appreso come comunicare con il felino a strisce e aver trascorso giorni su giorni a vagabondare per la superficie oceanica verso una destinazione casuale, il giovane viaggiatore sbarca su un’isola carnivora popolata da suricati, una vegetazione fitta e intricata e resti umani degli altri malcapitati che ebbero la disgrazia di approdarvi in passato. Ai pescatori cinesi che lo recuperano, Pi inventa fandonie che permettano comunque di svelare la morte tragica e violenta dei suoi genitori insieme alla scomparsa dell’intero equipaggio (nel quale c’era anche un cuoco francese, interpretato sagacemente dall’infallibile Depardieu). L’idea di alternare i flashback evocati da Pi adulto (cui giova la recitazione funzionale e pragmatica di I. Khan) con il diario personale, preciso e dettagliato, del protagonista mentre galleggia in mare aperto cercando una soluzione alla drammatica situazione che si ritrova ad affrontare, dà i suoi frutti ai fini narrativi di una vicenda che sa distinguersi per precipua originalità e sapiente mescolanza di toni allegri, comici, patetici, sarcastici, epici e fiabeschi. Dietro le cadenze di un film fantasy contaminato non troppo pesantemente da generi di diverso stampo, si nasconde un formidabile esercizio stilistico che sfiora il virtuosismo e permette al regista taiwanese A. Lee (premiato con l’Oscar grazie a quest’opera, nella cerimonia del 2013) di inscenare una prova attoriale ad individuo unico che centra il bersaglio per i temi accumulati e concentrati in un discorso che si ricollega conclusivamente alla speranza riposta in Dio, alla superiorità della natura sulla limitatezza umana e all’alternanza fra menzogna e sincerità nel linguaggio atto a scoprire i significati reconditi in un’esistenza avventurosa ma al tempo stesso anche meditabonda e riflessiva. Tra i contributi tecnici più ragguardevoli, segnalo Claudio Miranda (fotografia), David Gropman (scenografie) e la squadra di disegnatori informatici che s’è occupata della computer-graphic per la riproduzione della tigre.
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