tonimorris
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venerdì 18 novembre 2011
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una storia d'altri tempi
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Intervistato durante un programma radiofonico, Pupi Avati ha dichiarato di aver tratto ispirazione per la sceneggiatura di questo film dalla storia dei suoi nonni a cavallo del ventennio fascista, quando era indiscusso il ruolo egemone del maschio e la donna, succube, era destinata a sopportarne, con infinita pazienza, non solo le mattane ma anche le continue infedeltà, vissute, queste ultime, non alla stregua di adulteri veri e propri, ma piuttosto come la soddisfazione di impellenti necessità fisiologiche; tradimenti consumati quindi “innocentemente”, quasi fini a se stessi, incapaci di minare la stabilità di un rapporto coniugale e verso cui le mogli erano ormai abituate e rassegnate.
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Intervistato durante un programma radiofonico, Pupi Avati ha dichiarato di aver tratto ispirazione per la sceneggiatura di questo film dalla storia dei suoi nonni a cavallo del ventennio fascista, quando era indiscusso il ruolo egemone del maschio e la donna, succube, era destinata a sopportarne, con infinita pazienza, non solo le mattane ma anche le continue infedeltà, vissute, queste ultime, non alla stregua di adulteri veri e propri, ma piuttosto come la soddisfazione di impellenti necessità fisiologiche; tradimenti consumati quindi “innocentemente”, quasi fini a se stessi, incapaci di minare la stabilità di un rapporto coniugale e verso cui le mogli erano ormai abituate e rassegnate. La vicenda ruota intorno alla diversa esistenza condotta da due famiglie, una ricca, quella degli Osti, con due figlie entrambi in attesa di un principe azzurro che mai si presenta all’orizzonte e l’altra, quella dei Vigetti, povera ed indigente, in cui vive Carlino (Cesare Cremonini), giovane spiantato senza arte né parte, noto nel circondario per i robusti appetiti sessuali ed incubo dei genitori di ragazze in età da marito che egli ammaliava, complice un alito al “biancospino” che, solo su di esse, produceva un tale effetto afrodisiaco da farle capitolare subito nelle sue braccia. Ed ecco che proprio a Carlino viene offerta la possibilità di cambiar vita scegliendosi una moglie tra le due ricche ma bruttine e segaligne zitelle, non senza però il miraggio di una scattante Moto Guzzi e dell’appannaggio gratuito di dieci anni del fondo dove la sua famiglia conduce la grama esistenza. L’occasione è ghiotta e tutto sembra andare per il meglio, ma i piani falliscono per il fatale quanto fortuito incontro con Francesca, terza figlia adottiva di Osti, con il promesso sposo. Un vero e proprio colpo di fulmine scocca tra i due e dà il via ad una serie di tragicomici avvenimenti che portano lo scompiglio nella vita dei due nuclei familiari. Dopo gli anni della sua giovinezza narrati con cinica ironia ne Gli amici del bar Margherita (2009), Pupi Avati seguita a raccontarci come eravamo dipingendo un godibile e pittoresco affresco di un’epoca lontana in cui compenetrarsi con le proprie reminiscenze. Particolarmente versatile nella formazione del cast, il regista bolognese si dimostra ancora una volta abile ad ottimizzare le perfomance dei suoi attori riuscendo a trasformare Cremonini, cantautore di successo con piccole esperienze di recitazione, in un godibile e ruspante latin lover e far interpretare, sdoganandolo dai consueti ruoli gigioneschi, ad Andrea Roncato (papà Vigetti), una parte intensa e sofferta che lo fa particolarmente apprezzare, cosa peraltro già accaduta con Ezio Greggio, premiato con il Nastro d’argento 2008 come miglior attore non protagonista nel film Il papà di Giovanna (2008). Ancora una citazione per il bravo Gianni Cavina (Sisto Osti) e Micaela Ramazzotti (Francesca) che rende al meglio la figura della donna innamorata disposta a tutto per coronare il suo sogno d’amore.
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archipic
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giovedì 9 febbraio 2012
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leggero ma grottesco
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Quest'ultimo film dei Avati si lascia guardare facilmente, forse troppo; una storia leggera ambientata in un'Italia (seppur appena appena accennata) dove l'uomo comandava a bacchetta e le donne o sottostavano o facevano le meretrici vivendo meglio (ma sottostavano lo stesso). Qualche spunto spiritoso, qualche altro (pochi) più introspettivo. La cosa che, a mio parere, salta agli occhi è lo spirito grottesco e caricaturale che l'autore/regista ha voluto dare a quasi tutti i personaggi della storia, facendo venir fuori un ritratto di famiglia che si lega si ai tempi (italia anni '30) ma che ben presto si caratterizza più per la bizzarria delle situazioni che per lo svolgimento della storia in sè.
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Quest'ultimo film dei Avati si lascia guardare facilmente, forse troppo; una storia leggera ambientata in un'Italia (seppur appena appena accennata) dove l'uomo comandava a bacchetta e le donne o sottostavano o facevano le meretrici vivendo meglio (ma sottostavano lo stesso). Qualche spunto spiritoso, qualche altro (pochi) più introspettivo. La cosa che, a mio parere, salta agli occhi è lo spirito grottesco e caricaturale che l'autore/regista ha voluto dare a quasi tutti i personaggi della storia, facendo venir fuori un ritratto di famiglia che si lega si ai tempi (italia anni '30) ma che ben presto si caratterizza più per la bizzarria delle situazioni che per lo svolgimento della storia in sè. Un pò irritante il personaggio "interpretato" da Cremonini che vive solo e soltanto in funzione della gnocca; vabbè che è un illetterato bifolco di campagna ma a tutto c'è un limite. Molto sopra le righe le interpretazioni degli altri attori, più attenti a dare un tocco farsesco al loro recitare cheinvece tratteggiare, come era forse preferibile, un'umanità all'epoca in perenne lotta con le convenzioni e lo stato sociale. L'unico attore che mi è sembrato più calato nella parte è Andrea Roncato, che ha delineato con maestria la figura di in padre umile ma mortificato dalla imbecillità del figlio e dalla cattiveria e la meschinità del padrone della terra che lavora. In conclusione un film che non disturba più di tanto ma che non lascia molto dietro di sè.
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bertold
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martedì 13 novembre 2012
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novella in forma di film, tra verismo e romanico
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Carlino è uno spirito semplice, analfabeta, figlio maggiore di uno dei dieci mezzadri di Sisto Osti. Questi è un arricchito proprietario terrierlo, puzzolente, che si esprime più con il fucile che con le parole. In un mondo dove i matrimoni combinati, più d'affari che d'amore, sono la regola, Sisto accetta l'iniziativa della moglie di sistemare almeno una delle due figlie legittime, cresciute ed appassite in casa, dandola in moglie a Carlino. Questi è il giovaneseduttore del borgo, le cui fanciulle affascina col profumo del biancospino naturale, che germina nel cespouglio ove ama le sue donne e dove, come narra, lui stesso è stato concepito.
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Carlino è uno spirito semplice, analfabeta, figlio maggiore di uno dei dieci mezzadri di Sisto Osti. Questi è un arricchito proprietario terrierlo, puzzolente, che si esprime più con il fucile che con le parole. In un mondo dove i matrimoni combinati, più d'affari che d'amore, sono la regola, Sisto accetta l'iniziativa della moglie di sistemare almeno una delle due figlie legittime, cresciute ed appassite in casa, dandola in moglie a Carlino. Questi è il giovaneseduttore del borgo, le cui fanciulle affascina col profumo del biancospino naturale, che germina nel cespouglio ove ama le sue donne e dove, come narra, lui stesso è stato concepito. ra tutte, però, il cuore di Carlino batte per l'unica che non può avere, perchè amata da un sedicente cugino del Duce.Il padre convince Carlino ad accettare il matrimonio, con la promessa di una fiammante moto Guzzi per lui e, soprattutto, della mezzadria per dieci anni per tutta la famiglia.Quando Carlino deve scegliere tra le due sorelle, sopraggiunge la figlia "adottiva" segreta di Sisto, cresciuta Roma, bella, istruita e dal parlare romanesco.I due ragazzi si innamorano e, seppur tra contrasti e traversie, si sposano.
Ma proprio la prima notte in viaggio il casuale incontro col primo irrealizzato amore, rischia di rovinare tutto...
I personaggi e la storia sembrano usciti da una novella verista, trasferita in Emilia pochi decenni dopo, durante il ventennio fascista, negli anni della gioventù e dei ricordi del'Autore, che cerca in fondo al cuore grande delle ragazze l'energia vitale di quel mondo di "vinti". Un po' come Carlino, che porta sempre nel cespuglio dove fu concepito ogni suo nuovo amore, incurante del rudere diruto poco più in là..
i personaggi incarnano i ruoli familiari e sociali dell'epoca, con contraddittori rappiorti tra vizi e virtù; uomini che devono dare sicurezza alla famiglia, anche se poi, al momento delle decisioni irreversibili determinante è il ruolo della donna. Il velo di una memoria amara avvolge la storia, tra grevi penombre e scene solari solo per l'amore dei giovani; tra fede e superstizione, riti e tradizioni, analfabetismo e opinabile sapienza popolare, perbenismo ed affarismo. Quest'alone quasi romanico si ritrova anche nei volti, maschere profondamente segnate e butterate, Anche la bellezza del volto di Francesca, sposa bella e innamorata, è marcata sin quasi a farne una maschera.
Fanno eccezione solo i semplici e gli ingenui: Carlino; il suo primo vero amore, sedotta e lasciata dal "cugino del duce"; sua sorella, che ingrassa a letto nella vana attesa della prima mestruazione, il fratello minore, cronista - a suo tempo - della vicenda nel suo diario di terza elementare ed ora voce narrante.
Il film ha buoni spunti, ma non coinvolge. Non è un dramma e non ha l'ironia leggera della retrospettiva disincantata.
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ultimoboyscout
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lunedì 4 marzo 2013
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la figlia sbagliata.
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Siamo negli anni '30 e Carlino viene spedito dal padre mezzadro a corteggiare le due figlie del padrone, nella speranza che sposandone una salvi il podere. Ma Carlino perde completamente la testa per la terza figlia, quella che non doveva nemmeno vedere, e ricambiato (l'alito al biancospino pare faccia miracoli...) ribalta i piani del padre sposandola comunque. Tipico film alla Pupi Avati che celebra altri tempi e la gente della sua terra, un racconto che tutto sommato funziona abbastanza bene anche grazie a due attori assolutamente sorprendenti: l'ex Lunapop Cremonini piace per quella faccia da schiaffi, per quella sfacciataggine naturale al limite tra cialtroneria e poesia, la Ramazzotti invece colpisce per la tenerezza e la testardaggine che ci mette, con le quali vuole tenersi il suo uomo ma soprattutto per la sua romanità che cozza estride in quell'ambiente così diverso e lontanissimo dalla sua città.
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Siamo negli anni '30 e Carlino viene spedito dal padre mezzadro a corteggiare le due figlie del padrone, nella speranza che sposandone una salvi il podere. Ma Carlino perde completamente la testa per la terza figlia, quella che non doveva nemmeno vedere, e ricambiato (l'alito al biancospino pare faccia miracoli...) ribalta i piani del padre sposandola comunque. Tipico film alla Pupi Avati che celebra altri tempi e la gente della sua terra, un racconto che tutto sommato funziona abbastanza bene anche grazie a due attori assolutamente sorprendenti: l'ex Lunapop Cremonini piace per quella faccia da schiaffi, per quella sfacciataggine naturale al limite tra cialtroneria e poesia, la Ramazzotti invece colpisce per la tenerezza e la testardaggine che ci mette, con le quali vuole tenersi il suo uomo ma soprattutto per la sua romanità che cozza estride in quell'ambiente così diverso e lontanissimo dalla sua città. Avati osserva la famiglia che a ben guardare è la vera protagonista del film, e ci restituisce un ritratto attento ma non approfondito, pungente ma non caustico, romantico e a tratti buffo, giocando con la nostalgia e coi ricordi. Tra i film recenti del regista, questo è il peggio riuscito, lo spaccato rurale stracolmo di ricordi palesa problemi e difetti a cominciare dal fatto che non fa mai ridere nemmeno quando vorrebbe o almeno dovrebbe e che esagera con uno script da pornosoft. Storia che si lascia guardare e scivola via senza intoppi, ma fiacca, per niente innovativa, a volte noiosa. Labreve durata e il tono leggero mascherano e aiutano una pellicola poco ironica e decisamente troppo grottesca.
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bertold
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lunedì 12 novembre 2012
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Carlino è uno spirito semplice, analfabeta, figlio maggiore di uno dei dieci mezzadri di Sisto Osti. Questi è un arricchito proprietario terrierlo, che si esprime più con il fucile che con le parole ed al quale i soldi non hanno levato il tanfo, nè insegnato la pulizia.
In un mondo dove i matrimoni combinati, più d'affari che d'amore, sono la regola, Sisto accetta l'iniziativa della moglie di sistemare almeno una delle due figlie legittime, cresciute ed appassite in casa, dandola in moglie a Carlino. Questi è ilgiovane conquistatore del borgo, le cui fanciulle affascina e seduce col profumo del biancospino naturale, che germina nel cespouglio ove ama le sue donne e dove, come narra, lui stesso è stato concepito.
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Carlino è uno spirito semplice, analfabeta, figlio maggiore di uno dei dieci mezzadri di Sisto Osti. Questi è un arricchito proprietario terrierlo, che si esprime più con il fucile che con le parole ed al quale i soldi non hanno levato il tanfo, nè insegnato la pulizia.
In un mondo dove i matrimoni combinati, più d'affari che d'amore, sono la regola, Sisto accetta l'iniziativa della moglie di sistemare almeno una delle due figlie legittime, cresciute ed appassite in casa, dandola in moglie a Carlino. Questi è ilgiovane conquistatore del borgo, le cui fanciulle affascina e seduce col profumo del biancospino naturale, che germina nel cespouglio ove ama le sue donne e dove, come narra, lui stesso è stato concepito.
Tra tutte, però, il cuore di Carlino batte per l'unica che non può avere, perchè amata da un sedicente cugino del Duce.
Il padre convince Carlino ad accettare il matrimonio, con la promessa del dono dai futuri suoceri di una fiammante moto guzzi per lui e, soprattutto, della mezzadria per dieci anni per tutta la famiglia.
Quando i tempi sembrano ormai maturi per la scelta di Carlino tra le due sorelleed il matrimonio, sopraggiunge la figlia "adottiva" segreta di Sisto, cresciuta ed educata a Roma, bella, istruita, dal parlare "straniero" romanesco.
I due ragazzi si innamorano e, seppur tra contrasti e traversie, si sposano.
Ma proprio la prima notte in viaggio di notte, il casuale incontro col primo irrealizzato amore del passato, rischia di rovinare tutto......
C'è un che di verista in questo film.
I personaggi e la storia sembrano usciti da una novella di Verga o Capuana, trasferita in Emilia pochi decenni dopo, durante il ventennio fascista, negli anni della gioventù e dei ricordi del'Autore.
Il velo amaro di questa memoria avvolge la storia,ne rallenta -a nche troppo - l'azione, tra grevi penombre e scene solari essenzialmente dedicate all'amore dei giovani; tra fede e superstizione, riti e tradizioni, analfabetismo e opinabile sapienza popolare, perbenismo ed affarismo di piccola società contadina.
Questo misto di unodierno e passato, sacro e profano, immaginazione, realtà e travisamento, che ricorda gli ambiti e le figure romaniche, si ritrova nelle scene e nei volti, maschere profondamente segnate e quasi butterate, come fregi scolpiti erosi dal tempo e dall'usura.
Sono personaggi che incarnano i ruoli familiari e sociali dell'epoca, con uomini che devono dare sostegno e sicurezza alla famiglia, anche se poi, al momento delle decisioni irreversibili, per ricchi come per poveri, determinante è la scelta della donna. Perchè il cuore grande delle ragazze, diviene poi la bilancia del consiglio delle mogli e delle madri, nonostante torti e tradimenti, vizi e virtù dai dubbi confini.
Anche la bellezza del volto di Francesca, la sposa bella e innamorata, è marcata sin quasi a snaturarla e farne una maschera.
Gli unici a mantenere i loro lineamenti naturali, giovanili, sono i semplici e gli ingenui, portati dalla storia, anche quando ne sembrano mprotagonisti: Carlino, dal fascino elementare dell'alito profumato; il suo primo vero amore, sedotta e lasciata dal "cugino del duce"; sua sorella, che vegeta ed ingrassa a letto nella vana attesa della prima mestruazione, ed infine il fratello minore, cronista - a suo tempo - della vicenda nel suo diario di terza elementare ed ora voce narrante.
Il film non manca di spunti, pur non essendo un capolavoro. E' un riandare meditabondo ed introverso dell'Autore ad un tempo della vita vissuto, ma non rimpianto, cercando a suo modo in fondo al cuore grande delle ragazze l'energia vitale di quel mondo di "vinti". Un po' come Carlino, che porta sempre nel cespuglio dove fu concepito ogni suo nuovo amore, incurante del rudere diruto poco più in là.
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domenica 5 aprile 2015
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il cuore grande di pupi avati
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Quando l'allievo imita il maestro, può stare certo di aver già fatto una cazzata: il maestro si supera semmai. Chi osa è colui che emula, non colui che ripropone. Pupi Avati mi sta simpatico, non lo considero un grandissimo regista ma non lo sottovaluto nemmeno, ma lui, insieme a tanti altri, la devono fare finita di imitare Fellini. Capisco l'ispirazione e mettersi a citarlo in molte scene, ma riproporre servilmente cose quasi viste e sentite (vedi: scena delle figlie del padrone con Carlino) infonde anche un certo patetismo. E questo è già un punto, il peggio arriva nello scorrere del film: inutile dire che la trama è inesistente, ma via via che scorre diventa sempre più noioso, e si conclude in una maniera a dir poco imbarazzante.
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Quando l'allievo imita il maestro, può stare certo di aver già fatto una cazzata: il maestro si supera semmai. Chi osa è colui che emula, non colui che ripropone. Pupi Avati mi sta simpatico, non lo considero un grandissimo regista ma non lo sottovaluto nemmeno, ma lui, insieme a tanti altri, la devono fare finita di imitare Fellini. Capisco l'ispirazione e mettersi a citarlo in molte scene, ma riproporre servilmente cose quasi viste e sentite (vedi: scena delle figlie del padrone con Carlino) infonde anche un certo patetismo. E questo è già un punto, il peggio arriva nello scorrere del film: inutile dire che la trama è inesistente, ma via via che scorre diventa sempre più noioso, e si conclude in una maniera a dir poco imbarazzante. Mi correggo: questo film è inconcludente, pare come se Avati avesse una scadenza nel realizzarlo e fosse talmente tanto alle strette da doversi sbrigare a finirlo. Perché il film in se parte bene, prosegue un discesa e non finisce. Potrebbe anche essere interessante lo spaccato sociale classista e sessista sull'Italia contadina degli anni '20, che, mi dispiace per qualcuno, ha poco a che vedere col fascismo: un film di redneck negli Stati Uniti meridionali, dove il fascismo non è mai arrivato, avrebbe tirato fuori uno spaccato identico. Qui i redneck invece sono italiani, rozzi e ignoranti, e tra questi spicca la figura di Carlino Vigetti, un ragazzo analfabeta e dalle dubbie capacità intellettive, che diventa il giuramento di fedeltà di una famiglia povera sotto il vassallaggio di un'altra ricca e potente. Il sedicente patriarca di quest'ultima decide di offrire questo omaggio umano a una delle sue intoccabili figlie in cambio di una Guzzi al rozzo Carlino, ma il matrimonio combinato non andrà buon fine, soprattutto dopo l'entrata in scena di Francesca, la figlia adottiva del sor padrone. E non andrà nemmeno in porto l'unione tra questi due, anzi, ci andrà ma con una serie di "sventure", inutili e fuori contesto: sviluppi di trama inutili, senza senso e buttati lì come un panettone a ferragosto. Un film noioso e imbarazzante, come la stessa recitazione di Cremonini e la sguaiataggine forzata di Ramazzotti: il primo, personaggio pessimo come la musica che realizza; la seconda almeno ti lascia un sospiro di sollievo solo perché è una bella ragazza, ma escluso "Posti in piedi in paradiso" non trovo un film in cui riesco a digerirla. Un film da non considerare assolutamente nella filmografia di Pupi Avati, che ti fa preferire "Una cena per farli conoscere".
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elgatoloco
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sabato 20 agosto 2016
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avati, un romantico
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Probabilmente non c'è regista cinematografico(italiano ma non solo)capace, come Pupi Avati, di ri-creare il passato, fatto di tradizioni, il che vuol dire anche lacci e lacciuoli di superstizioni, credenze, idee ricevute, altro ancora. Ne"IL cuore grande delle ragazze"(anche in forma di romanzo, mi sembra, dello stesso Pupi Avati, ma forse mi sbaglio, non riuscendo più a rintracciare l'eventuale informazione a suo tempo letta)tutto questo è, per così dire, all'ennesima potenza e i rituali legati al matrimonio diventano quasi ossessivi. Anni Trenta del 1900, ossia la cultura-civiltà(civilisation è termine più inclusivo, in tal senso)contadina, rurale, dove un giudizio non può prescindere dallo specifico, appunto antropologico dell'epoca e della cultura della Bassa Padana, pena non capire nulla di quanto si vede e si sente nel film.
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Probabilmente non c'è regista cinematografico(italiano ma non solo)capace, come Pupi Avati, di ri-creare il passato, fatto di tradizioni, il che vuol dire anche lacci e lacciuoli di superstizioni, credenze, idee ricevute, altro ancora. Ne"IL cuore grande delle ragazze"(anche in forma di romanzo, mi sembra, dello stesso Pupi Avati, ma forse mi sbaglio, non riuscendo più a rintracciare l'eventuale informazione a suo tempo letta)tutto questo è, per così dire, all'ennesima potenza e i rituali legati al matrimonio diventano quasi ossessivi. Anni Trenta del 1900, ossia la cultura-civiltà(civilisation è termine più inclusivo, in tal senso)contadina, rurale, dove un giudizio non può prescindere dallo specifico, appunto antropologico dell'epoca e della cultura della Bassa Padana, pena non capire nulla di quanto si vede e si sente nel film. Anche il tema della"punizione"inflitta al marito fedifrago, solo perché"non riesce a resistere", può sembrare una deformazione grottesca del reale, ma in realtà caratterizza una"mentalità"che esisteva(e forse in alcuni luoghi ancora esiste)con accenti(disperazione, lotta, contrasti)e modalità decisamente insoliti se rapportati all'oggi; ma Avati è, per così dire, un cantore dell'epoca passata, quasi un"laudator temporis acti", mai acritico, però, un"alieno"nell'epoca della nanotecnologia e dell'"effervescenza teconologica"e iper-tale... Da valutare dunque con attenzione, facendo molta attenzione anche a come Avati(non era certo il caso dei registi dì un tempo, certo grandi ma ancorati a visioni in qualche modo ottocentesche come Fellini, Pasolini, Visconti, mentre Antonioni rappresentava una parziale eccezione)concepisce la donna, in modo ben diverso dal machismo e dal maschilismo soprattutto(ma certamente non solo)italiano, dominante un tempo e in parte tuttora. In Avati, cioè, la donna ha una sensibilità particolare, ma non per questo è priva di logica e di razionalità, anche quando può sembrare che queste doti derivino da puro e mero"buon senso"e vicinanza ai bioritmi. Interessante, ma non sempre riuscitissimo l'aver lavorato con interpreti non più giovani(Erika Blanc)e invece ai"rampanti"(Micaela Ramazzotti), con un occhio alle generazioni intermedie(Isabelle Adjani), per non dire di altre figure che popolano il film; forse, anzi quasi certamente il"play"era voluto, ma poi le scelte delle singole persone può essere sfuggito a Avati, essendo invece condizionato dai produttori del film. Gianni Cavina e Andrea Roncato(decisamente meglio il primo)a dimostrazione del voler ancorare i personaggi negli interpreti, anche con le coloriture della campagna subappenninica del Bolognese. Le musiche di Dalla(una delle ultime performances del grande vulcanico Lucio)sono pienamente in stile, rispondendo anche alla volontà di rendere un favore all'attore-quasi coetaneo di Avati, che il regista-autore"odiava"per le sue capacità musicali. Avati sempre, anche nei momenti"deboli"rimane uno dei pochi veri"autori"del cinema made in Italy. El Gato
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elgatoloco
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domenica 21 ottobre 2018
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film non solo"storico"
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Sarebbe senz'altro riduttivo archiviare"Il cuore grande delle ragazze"(2011, Pupi Avati)come un film "storico". Scritto per intero da Pupi Avati, che mi sembra abbia pubblicato il testo anche come romanzo(ossia, non solo la"scneggiatura"), questo film è certamente "situato"storicamente negli anni Trenta dell'atroce dittatura fascista, ma per esempio l'ambientazione geografica rimane"sospesa": si potrebbe pensare, vista l'alternanza della pronuncia romana.-emiliana o anche romagnola, ma in realtà il film è stato girato nelle Marche-si potrebbe pernsare alla zona "di confine"con la Romagna, ossia il Pesarese o l'Urbinate, invece no, le località coinvolte sono Fermo, Porto S.
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Sarebbe senz'altro riduttivo archiviare"Il cuore grande delle ragazze"(2011, Pupi Avati)come un film "storico". Scritto per intero da Pupi Avati, che mi sembra abbia pubblicato il testo anche come romanzo(ossia, non solo la"scneggiatura"), questo film è certamente "situato"storicamente negli anni Trenta dell'atroce dittatura fascista, ma per esempio l'ambientazione geografica rimane"sospesa": si potrebbe pensare, vista l'alternanza della pronuncia romana.-emiliana o anche romagnola, ma in realtà il film è stato girato nelle Marche-si potrebbe pernsare alla zona "di confine"con la Romagna, ossia il Pesarese o l'Urbinate, invece no, le località coinvolte sono Fermo, Porto S. Giorgio ossia la zona centrale delle Marche.Dunque non"astorico", ma"alocalizzato", il film in questione. Emergono i sentimenti, le speranze(il matirmonio sempre rinviato, anche a caso delle intemperanze erotiche di lui, in passato grande"amatore"in senso casonoviano, certo di levatura culturale molto più bassa, dato che si tratta di un contadino analfabeta...). Le donne del film sono veramente appassioante-anche nell'accezione fisica, ma non solo...-"destinate" a perdonare, indubbiamente condizionate dal clima culturale dell'epoca. Avati, lo si voglia o no, è l'ultimo vero autore del cinema italiano, capace di coniiugare atmosfera, natura, sentimenti(impagabili le scene del ragazzone conteso da due sorelle, che non hanno mai avuto nessun"moroso", dove poi lui opta per l'altra sorella, la romana...), captando benissimo anche il tema delle differenze sociali(io sono più aduso a dire"di classe", ma...), quando i matrimoni erano tout court combinati ed erano invece rari e comunque limitati i casi in cui invece il matrimonio si realizzava come"scelta d'amore).Le musiche sono di Lucio Dalla, temo l'ultimo sound-track che Lucio sia riuscito a scrivere prima della sua prematura dipartita, ossia dell'amico/nemico di Avati(Pupi ha dichiarato e scritto più volte che lui aveva pensato di ucciderlo, quando pensava di fare il musicista jazz, segnatamente il sassonfonista, ma la competizione musiclae con il più giovane ma assolutamente superiore Lucio l'aveva spaventato, giustamente). Interpreti di qualità quelli della "vecchia guardia"omce Gianni Cavina e Andrea Roncato, Erika Blanc, Sydne Rome, Gisella Sofio, Alessandro Haber, ma anche le "new entries"Micaela Ramazzotti, bravissima come sposa e Cesare Cremonini, che interpreta uno sposo tra l'irruente e il"titubante", quando lei non vuole più, avendo lui combinato"una delle sue"durante il viaggio di nozze... El Gato
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riccardo76
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lunedì 21 novembre 2011
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una commedia mediocre su ogni aspetto
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Dopo il bellissimo e drammatico Una Sconfinata Giovinezza, Pupi Avati ritorna con un’esile commedia, deludendo alla grande. L’intenzione del regista era - così afferma lui stesso - quella di raccontare la storia d’amore dei suoi nonni. L’idea poteva essere interessante, peccato che nel realizzarla Avati si sia lasciato andare ad una serie di elementi favolistici quanto assurdi, che impediscono di rendere credibile la storia. Si pensi, tanto per cominciare, all’alito al biancospino del protagonista, che fa innamorare di sé ogni ragazza che lo assapori: davvero un espediente ridicolo e alquanto imbarazzante; per non parlare poi dell’evidente, quanto fuori luogo, citazione alla fiaba di Cenerentola, con tanto di sorelle brutte e stolte da maritare, alle quali il “principe” preferisce la bella sorellastra.
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Dopo il bellissimo e drammatico Una Sconfinata Giovinezza, Pupi Avati ritorna con un’esile commedia, deludendo alla grande. L’intenzione del regista era - così afferma lui stesso - quella di raccontare la storia d’amore dei suoi nonni. L’idea poteva essere interessante, peccato che nel realizzarla Avati si sia lasciato andare ad una serie di elementi favolistici quanto assurdi, che impediscono di rendere credibile la storia. Si pensi, tanto per cominciare, all’alito al biancospino del protagonista, che fa innamorare di sé ogni ragazza che lo assapori: davvero un espediente ridicolo e alquanto imbarazzante; per non parlare poi dell’evidente, quanto fuori luogo, citazione alla fiaba di Cenerentola, con tanto di sorelle brutte e stolte da maritare, alle quali il “principe” preferisce la bella sorellastra. Si potrebbe chiudere anche un occhio su tali elementi, considerandoli magari come innocui divertissement dell’autore, ma il problema è che ad essi si accompagna una sceneggiatura del tutto mediocre, con dialoghi a tratti assurdi e situazioni mal realizzate e involontariamente ridicole, come, ad esempio, il pianto del protagonista nel momento della scelta tra le due sorelle.
Certo, gli attori non aiutano alla riuscita del film, e, tralasciando l’incomprensibile scelta del cantante Cremonini (con tutti i bravi attori che ci sono in giro!) anche la brava Micaela Ramazzotti finisce per perdersi in questa assurda operazione, rendendo il suo personaggio una ridicola macchietta. Tale appare infatti la ragazza che s’innamora del protagonista alla prima alitata, e si ostina a proteggere la sua verginità in una società meschinamente maschilista, dove il fine di un matrimonio è costituito dal mero bisogno fisiologico di sesso: emblematica è la frase di Cremonini: “Non posso aspettare così tanto ! Dobbiamo sposarci subito! Io devo fare l’amore! Non ce la faccio più!”.
Come suggerisce il titolo, l’intenzione di Avati è quella di dimostrare quanto grande fosse l’amore delle mogli di una volta, disposte a perdonare i tradimenti dei mariti, resi leciti dal maschilismo vigente, figlio dell’ideologia fascista; ma nel farlo non sembra preoccuparsi di denunciare una società disgustosamente antifemminile, anzi, finisce per sembrare di compiacersi con essa, sforzandosi di farci apparire simpatico uno dei protagonisti tra i cosiddetti “buoni” più antipatici e disgustosi apparsi sul grande schermo.
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(di martialis12)
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lunedì 21 novembre 2011
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il cuore grande delle ragazze, di pupi avati
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Il Cuore Grande delle Ragazze, un Film di Pupi Avati.
Il film del Regista Sceneggiatore racconta una Storia che ha dell'inverosimile, e raccontata in una campagna marchigianna, narra di un giovane semianalfabeta che si divertiva ad amoreggiare di tutte le più belle ragazze del paese.
Proveniente da una famiglia di contadini che avevano una casa povera in un potere di un ricco villico, aveva un piccolo fratello e una strana sorella che non usciva mai dalla sua stanza, perchè non aveva il periodo del ciclo mestruale.
Il villico convince i genitori perchè il giovanotto di buona prestanza fisica (Cesare Cremonini), potesse sposare una delle sue due figlie da maritare e abbastanza bruttine, in cambio di una sicura rimanenza nella loro casa e di una Motoguzzi.
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Il Cuore Grande delle Ragazze, un Film di Pupi Avati.
Il film del Regista Sceneggiatore racconta una Storia che ha dell'inverosimile, e raccontata in una campagna marchigianna, narra di un giovane semianalfabeta che si divertiva ad amoreggiare di tutte le più belle ragazze del paese.
Proveniente da una famiglia di contadini che avevano una casa povera in un potere di un ricco villico, aveva un piccolo fratello e una strana sorella che non usciva mai dalla sua stanza, perchè non aveva il periodo del ciclo mestruale.
Il villico convince i genitori perchè il giovanotto di buona prestanza fisica (Cesare Cremonini), potesse sposare una delle sue due figlie da maritare e abbastanza bruttine, in cambio di una sicura rimanenza nella loro casa e di una Motoguzzi.
Così il giovane passava giornate con le due giovanette, e a dimostranza della sua capacità amatoriale, alitava loro il suo fiato che a loro dire profumava di Biancospino, fiore che quando fioriva per loro, dava speranza e buonodore.
Ma il giovane non si decideva, e quando arriva da Roma la figlia adottiva del villico, egli, sempre facendo sentire l'odore del suo alito, la fa invaghire di lui tanto al punto che ella tenta il suicidio, perchè la seconda moglie del villico, anch'ella romanaccia, la chiude in camera.
Così si convincono a farli sposare, ed anche il villico che l'aveva cacciato di casa si riappacifica con i contadini.
Ma, una vota per il matrimonio, raggiunta la chiesa, il contadino si era frainteso con il prete, e, la chiesa era chiusa.
Non trovando un'altro prete, comunque tutti partono per l'osteria del pranzo del matrimonio, ma succede la lite, perchè il villico li rinuncia di nuovo.
Il contadino ha un malore, e dopo le pregherie oratorie al padreterno, muore d'infarto.
I due si sposano privatamente e partono per un viaggio di nozze, ma nella prima notte il giovane incontra una cameriera che era una sua vecchia fiamma ed invece di andare a letto con la moglie, va con lei.
La moglie parte per la puglia da una zia, e dopo numerose lettere di perdono, le arriva un telegramma della morte per suicidio per impiccaggione del giovane.
Arrivata al paese per il funerale l'incontra perchè lui le ha fatto questo brutto scherzo.
Allora c'è una forte lite ma lei viene convinta a forza da lui a seguirla, ed arrivati alla pianta di biancospino vicino la vecchia casa consumano il loro matrimonio.
Avranno poi quattro figli.
E' una storia divertente, surreale, e forse anche vera, nello stile di Pupi Avati.
Recensione di Stefano Guadagnoli/ stefanoguadagnoli@libero.it
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(di riccardo76)
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