The Town

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Go Ben Go Valutazione 3 stelle su cinque

di Marce84


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sabato 16 ottobre 2010


The Town è il secondo film alla regia di Ben Affleck, dopo il successo dello splendido Gone Baby Gone: ancora una volta una delle protagoniste è la città (“The town”), o meglio una sua parte, il sobborgo disagiato, ed ancora una volta il film è piacevole e ben diretto, anche se un gradino sotto alla precedente opera. The Town, infatti, è un thriller poliziesco ben diretto, ben orchestrato e recitato, ma è privo dei colpi di scena e dell’originalità che caratterizzava il noir Gone Baby Gone. Tuttavia, l’ingrediente principale di un poliziesco è la suspence e la creazione di una certa tensione per tutto il film ed in questo, c’è da dire, che Ben Affleck non ha di certo fallito: anzi, lo spettatore, pur aspettandosi il più delle volte gli eventi che accadono in questo film, rimane incollato allo schermo senza cali di tensione, proprio per la bravura nell’allestimento delle scene in cui si mischiano dialoghi, azione, sentimenti e adrenalina, in un mix che non lascia indifferenti e che trascina lo spettatore fino al finale. Inoltre, Ben Affleck, come già aveva dimostrato nella sua opera precedente, riesce a farci entrare nell’America vera, quella dei ghetti, del disagio e della povertà, in maniera credibile e reale, mostrandoci la violenza e la realtà per quella che è, senza l’attenuazione e la sensazione di finzione e di buonismo che evidenziano molti film hollywoodiani. Lo sporco, il marcio è messo in risalto e filmato dalla parte del delinquente, del disadattato e lo spettatore alla fine non può che identificarsi con lui: ma non lo fa perché ammira le sue gesta, il suo mondo fatto di rapine, soldi facili, violenza, sesso e droga, ma perché ne comprende la sofferenza e il desiderio di riscatto, che sfocia nell’happy ending a metà. A mio avviso, la cosa più bella del film è proprio questa, l’atmosfera di sconfitta e di claustrofobia che pervade i componenti della banda, ed in particolare il personaggio interpretato da Ben Affleck ed il suo “fratellastro” interpretato da Jeremy Renner: bloccati da un destino di morte e di sconfitta che non lascia nessuna possibilità di redenzione, perché una volta entrati nel giro giusto di Charlestown non se ne può più uscire e si deve fare i conti costantemente con il proprio passato. In questo il film risulta compiuto, nella celebrazione dei losers, nell’ineluttabilità del destino; quello che invece stride è l’happy ending a metà, laddove nel romanzo originale il personaggio di Doug seguiva la stessa sorte dei compagni di scorribande e che forse sarebbe risultato più credibile. Ma si sa, dopo 120’ di amarezza, lo spettatore vuole un pizzico di dolce e il film, in questo caso, è andato incontro alle sue esigenze.
In sostanza, il “Town” è la piovra, la tenaglia che stritola la vita e il futuro, di chi, come Doug, ha animo buono e grandi abilità ( è un giocatore di hockey ad un passo dal professionismo ) e lo trascina alla sconfitta e alla perdita totale: ecco perché sono così numerose le riprese dall’alto della città di Boston, perché è Charlestown la protagonista del film, è lei che attanaglia metaforicamente i quattro losers. Le parti non convincenti sono quelle riguardanti il rapporto tra Doug e Claire, l’incontro, i dialoghi, la relazione, tutto sembra molto stereotipato e quasi scontato, tanto che lo spettatore si aspetta da un momento all’altro un colpo di scena ( la direttrice di banca riconosce i suoi rapitori?, Claire collabora fin dall’inizio con l’FBI all’insaputa di Doug? ), niente di tutto questo e tutto va via liscio senza alcuna alterazione della trama solitamente tipica del noir, dove la verità apparente che si cerca di svelare all’inizio non è mai quella finale. Tuttavia, nonostante queste pecche è un thriller godibile, ben orchestrato e da vedere, dove non mancano ironia e cinismo: da applausi l’interpretazione di Jon Hamm nel ruolo dell’agente FBI, dai modi poco ortodossi.
VOTO 6.5

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