rongiu
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giovedì 10 febbraio 2011
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serendipità.
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“Into Paradiso” può diventare un neologismo, una nuova parola. Indica il felice connubio tra popoli diversi, presentato attraverso il racconto di “storie migranti”. Un po’ come il termine serendipità, che sta ad indicare lo stato emozionale che si prova nel vivere una situazione totalmente nuova, imprevista. Non è ciò che capita a Gayan, \ Saman Anthony /, ex campione di cricket giunto a Napoli da squattrinato, ma con un sogno indotto… ?
Il termine serendipità, è originato da Serendip, il nome con cui i Persiani chiamavano lo Sri Lanka, ovvero “l’isola risplendente”. C’è una famosa frase di un cittadino americano, guarda caso bioricercatore, che descrive la serendipità.
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“Into Paradiso” può diventare un neologismo, una nuova parola. Indica il felice connubio tra popoli diversi, presentato attraverso il racconto di “storie migranti”. Un po’ come il termine serendipità, che sta ad indicare lo stato emozionale che si prova nel vivere una situazione totalmente nuova, imprevista. Non è ciò che capita a Gayan, \ Saman Anthony /, ex campione di cricket giunto a Napoli da squattrinato, ma con un sogno indotto… ?
Il termine serendipità, è originato da Serendip, il nome con cui i Persiani chiamavano lo Sri Lanka, ovvero “l’isola risplendente”. C’è una famosa frase di un cittadino americano, guarda caso bioricercatore, che descrive la serendipità. “Serendipity is looking in a haistack for a needle and discovering a farmer’s daughter.” “La serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino”. (dr. Julius H. Comoroe). Non è ciò che capita al nostro scienziato disoccupato, Alfonso D’onofrio \ Gianfelice Imparato / nel momento in cui si rivolge al politico mangiatutto, Vincenzo Cacace \ Peppe Servillo /? Quali e quante sorprese gli riserva questa amicizia politica?
La comunità singalese, ha preso sede, in un quartiere nei pressi di Piazza Dante; Il “Cavone” di Napoli. Questa location è il luogo dove le vicende di Gayan cercheranno di fagocitare, quelle del dr. D’Onofrio. Mai location fu più adatta. Non è forse Parthenope una leggiadra fanciulla dotata di una fervida fantasia, che trascorre molte ore seduta sugli scogli a guardare il mare e sognare altri paesi da visitare?
Le provocatorie, gravi, ipoacusie del dr. D’onofrio, sono l’apporto nuovo nella narrazione. Tali ipoacusie, creano, infatti, nuove dimensioni temporali. All’interno di questi nuovi spazi virtuali è il ricercatore che tenta di trovare, una logica soluzione vitale, al proprio vissuto. Darà alla propria vita un “svolta”. Sarà pragmatica o ascetica? Le musiche di Fausto Mesolella donano calore e colore al percorso psichico dei protagonisti.
Le storie migranti, se storie vere, aprono sempre un dibattito. Quella raccontataci dalla regista Paola Randi, milanese di nascita e professionista itinerante, sicuramente lo è. I temi sono tanti; il dibattito è aperto.
Good click!
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giuliacanova
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mercoledì 9 febbraio 2011
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delizioso!
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Un film veramente delizioso. Ironico e qui e là surreale, con uno sguardo lucido ma poetico allo stesso tempo sul mondo sbrindellato che abbiamo intorno, che gioca amabilmente sullo sgomento di chi conserva ancora l'incanto. Gli attori tutti nella parte. Napoli poteva essere qualsiasi altra città del mondo, nei cui territori suburbani le storie si somigliano tutte. Bellissimo il sonoro, sempre puntuale nell'accompagnare la sceneggiatura. E i titoli di coda un gioiellino in più. Mi è piaciuto molto e sono certa che nella sala, dove sicuramente andrò a rivederlo, si farà apprezzare anche di più. Anche la fotografia molto bella, soprattutte nelle punte più gotiche.
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Un film veramente delizioso. Ironico e qui e là surreale, con uno sguardo lucido ma poetico allo stesso tempo sul mondo sbrindellato che abbiamo intorno, che gioca amabilmente sullo sgomento di chi conserva ancora l'incanto. Gli attori tutti nella parte. Napoli poteva essere qualsiasi altra città del mondo, nei cui territori suburbani le storie si somigliano tutte. Bellissimo il sonoro, sempre puntuale nell'accompagnare la sceneggiatura. E i titoli di coda un gioiellino in più. Mi è piaciuto molto e sono certa che nella sala, dove sicuramente andrò a rivederlo, si farà apprezzare anche di più. Anche la fotografia molto bella, soprattutte nelle punte più gotiche. E' un film che denota un lavoro fatto da professionisti affiatati e che sicuramente si sono divertiti in questa avventura cinematografica un pò fuori dal coro.
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nino quincampoix
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mercoledì 16 febbraio 2011
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una bella sorpresa!
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Era da tanto tempo che non mi capitava di uscire dal cinema con un grande senso di soddisfazione! Into Paradiso è un bel film italiano, capace di intrattenere e divertire, mai banale, montato egregiamente, con un bravissimo Gianfelice Imparato (nella parte del professore precario tontolone), un altrettanto bravo Peppe Servillo e una serie di ottimi comprimari. Le scene in cui la fantasia e le elucubrazioni del protagonista entrano (fisicamente) nella realtà sono veri e propri colpi di genio (specie quella in cui Alfonso decide di "parlare con" la polizia: simpatica anche la soluzione degli attori che entrano portando con sé la scenografia). I colori predominanti qui sono il giallo, l'arancione e il rosso della bandiera cingalese, ma anche quelli del tramonto napolitano con il Vesuvio in lontananza o dei vicoli stretti e popolati del centro.
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angelo umana
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venerdì 11 febbraio 2011
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l'immaginazione al potere
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“Io sono un ex campione sfortunato” dice lo srilankese Gayan emigrato a Napoli in cerca di una vita migliore; “Io sono un ex ricercatore precario licenziato” gli risponde il già anziano Alfonso D’Onofrio (Gianfelice Imparato). In questo breve dialogo c’è molto di tutto il film: sono gli stranieri – che si adattano a molti lavori, Gayan per esempio farà il badante e sua cugina Giacinta, che diventerà amica quasi amore di Alfonso, legge il futuro ai clienti - a star peggio in una società disastrata o simpaticamente scombiccherata come la nostra e come la regista ce la mostra, oppure gli italiani ormai fuori mercato che si adattano a espedienti per sopravvivere? Può capitare invece che si diano alla politica inchinandosi alla criminalità organizzata , del resto “un politico mangia tutto”, come Vincenzo Cacace (Peppe Servillo degli Avion Travel) oppure alla manovalanza sonnacchiosa del boss camorrista don Fefé, macchietta esilarante per la quale – si spera – la malavita non accuserà la regista di vilipendio dell’”istituzione” camorra e non la minaccerà come ha fatto con Roberto Saviano.
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“Io sono un ex campione sfortunato” dice lo srilankese Gayan emigrato a Napoli in cerca di una vita migliore; “Io sono un ex ricercatore precario licenziato” gli risponde il già anziano Alfonso D’Onofrio (Gianfelice Imparato). In questo breve dialogo c’è molto di tutto il film: sono gli stranieri – che si adattano a molti lavori, Gayan per esempio farà il badante e sua cugina Giacinta, che diventerà amica quasi amore di Alfonso, legge il futuro ai clienti - a star peggio in una società disastrata o simpaticamente scombiccherata come la nostra e come la regista ce la mostra, oppure gli italiani ormai fuori mercato che si adattano a espedienti per sopravvivere? Può capitare invece che si diano alla politica inchinandosi alla criminalità organizzata , del resto “un politico mangia tutto”, come Vincenzo Cacace (Peppe Servillo degli Avion Travel) oppure alla manovalanza sonnacchiosa del boss camorrista don Fefé, macchietta esilarante per la quale – si spera – la malavita non accuserà la regista di vilipendio dell’”istituzione” camorra e non la minaccerà come ha fatto con Roberto Saviano.
Ognuno insomma s’arrangia, cerca una sponda, “più sponde equivalgono a più possibilità”, se proprio non si ha una “sponda secca”. Tutto questo è Into Paradiso: Paradiso è il nome del fondaco occupato promiscuamente da srilankesi e nativi napoletani, ma forse è anche il tetto della casa dove D’Onofrio e Cacace si ritrovano dopo una fuga dai malavitosi, il primo si era rivolto all’altro in cerca di lavoro o di una “sponda”. Sul tetto conoscono Gayan e la sua dolce cugina Giacinta. Gayan diventa uno dei pochi extracomunitari, rara avis, che dopo pochi giorni d’Italia vogliono tornare al proprio paese; dice “basta!” ad Alfonso che cerca di spiegargli la complessità del soprav-vivere da noi.
Il film è realizzato come in un set teatrale, pieno di sonorità musicali e popolari, più voci da un mondo multiculturale, Servillo e Imparato sono impareggiabili. Il ritratto del nostro arrangiarsi richiama i recenti Qualunquemente di Albanese, Che bella giornata di Zalone e, perché no, Un’altra vita di Luchetti. Ci viene servito da Paola Randi in un piatto di sogni e fantasia, così la realtà sembra meno amara. D’Onofrio si mette i tappi nelle orecchie per seguire un mondo suo, dove diventa regista di un film, dove vede gli eventi svolgersi come in sogno. In una scena parla al telefono con Cacace e gli descrive immagini di una festa srilankese, il fantastico che contrasta con le parole del politico angosciato, minacciato da don Fefé.
Da quest’aria di disperazione ma festaiola il finale ci fornisce una satira elegante e giocosa, l’immaginazione al potere: è il sermoncino che Alfonso fa a don Fefé nel covo di costui, circondato dagli scagnozzi, “a pensarci bene non la voglio più la raccomandazione, tanto tra un po’ siamo tutti morti. Siete cellule impazzite che non comunicano più tra loro, cancro da estirpare come voi tutti”. Gli spari che seguono, dove ognuno ammazza l’altro, sembrano più petardi, non una vera e propria carneficina; Alfonso scappa alla chetichella (come Gianfelice Imparato-Don Ciro nel finale di Gomorra) e Cacace legato a una sedia con le rotelle lo insegue. Sarà un’allegoria, un politico legato alla sedia?
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cima1
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mercoledì 9 febbraio 2011
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la bellezza di napoli!
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Un'ottima interpretazione da parte di tutti gli attori. Bella fotografia per una storia abbstanza realistica in questi tempi. Giganteggiano Servillo e Imparato con momenti di teatro allo stato puro. Musiche origilnali e coinvolgenti. Notevole la scena finale con la similitudine tra Cancro e Camorra. Sicuramente da visionare.
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algernon
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mercoledì 9 febbraio 2011
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notevole
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regia originale e brillante, storia un po' surreale, spirito multietnico, ottima fotografia, ottima musica. molto bravo Gianfelice Imparato, attore attonito con stile. bravi anche gli attori srilanka, e Peppe Servillo. bello anche il messaggio di speranza. ottima opera prima di Paola Randi. mi è piaciuto molto. grazie anche a mymovies per l'anteprima web.
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ale9191
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giovedì 10 febbraio 2011
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il paradiso è proprio qui
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Cara Paola, in questo tuo primo lungometraggio, hai proprio fatto centro. Nel bel mezzo di una Napoli multiculturale si incontrano due personaggi agli antipodi tra di loro: Vincenzo, politico in ascesa, che per raggiungere l'apice della propria carriera è disposto a scendere a patti con la mafia e Alfonso, un ingenuo disoccupato, che decide sotto consiglio di rivolgersi al vecchio amico molto addentro alle istituzioni per farsi raccomandare, perchè tanto "così fan tutti". In tutto ciò un giovane asiatico il quale si troverà con gli altri in un turbine di ricatti e fraentendimenti tali da sconvolgere, nel bene e nel male, la loro vita. Questo film è un'altra vittoria per il cinema italiano, non sarò commerciale come i vari Zalone o Albanese (ahimè) ma sicuramente contribuirà a far capire all'estero che in Italia non esiste solo De Sica&Boldi.
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Cara Paola, in questo tuo primo lungometraggio, hai proprio fatto centro. Nel bel mezzo di una Napoli multiculturale si incontrano due personaggi agli antipodi tra di loro: Vincenzo, politico in ascesa, che per raggiungere l'apice della propria carriera è disposto a scendere a patti con la mafia e Alfonso, un ingenuo disoccupato, che decide sotto consiglio di rivolgersi al vecchio amico molto addentro alle istituzioni per farsi raccomandare, perchè tanto "così fan tutti". In tutto ciò un giovane asiatico il quale si troverà con gli altri in un turbine di ricatti e fraentendimenti tali da sconvolgere, nel bene e nel male, la loro vita. Questo film è un'altra vittoria per il cinema italiano, non sarò commerciale come i vari Zalone o Albanese (ahimè) ma sicuramente contribuirà a far capire all'estero che in Italia non esiste solo De Sica&Boldi. Ottima la colonna sonora, il finale mi sembra un po' forzato ma è stupendo il monologo finale dove Alfonso paragona le cellule cancerogene alla malavita. Film consigliatissimo
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(di cannedcat)
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pepito1948
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giovedì 10 marzo 2011
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una commedia dark di cui si sentiva il bisogno
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INTO PARADISO
Gradevilissima commedia dark (forse non è l’aggettivo più appropriato, ma non me ne viene in mente uno migliore) a tinte rosa, dove ironia e dramma si fondono magnificamente in un tutto ben equilibrato, dove si ride ma senza dimenticare il quadro di violenza che fa da sfondo; violenza che è abilmente stemperata dalla connotazione caricaturale dei camorristi, dipinti più come balordi impacciati e rimbambiti che come implacabili soldati della più solida e produttiva associazione di malaffare italiana.
Sono molte le componenti che si rifanno all’attualità: il politico opportunista e succube dei poteri forti (quelli illegali, naturalmente), il disoccupato un po’ imbranato che cerca soluzioni “collaterali” e si trova impantanato in situazioni più grandi di lui da cui riesce ad uscire con grinta e furbizia , il potere ipnotizzante della televisione più becera, cioè quella delle telenovelas, la dimensione della multietnicità e la dinamica interculturale, e via dicendo.
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INTO PARADISO
Gradevilissima commedia dark (forse non è l’aggettivo più appropriato, ma non me ne viene in mente uno migliore) a tinte rosa, dove ironia e dramma si fondono magnificamente in un tutto ben equilibrato, dove si ride ma senza dimenticare il quadro di violenza che fa da sfondo; violenza che è abilmente stemperata dalla connotazione caricaturale dei camorristi, dipinti più come balordi impacciati e rimbambiti che come implacabili soldati della più solida e produttiva associazione di malaffare italiana.
Sono molte le componenti che si rifanno all’attualità: il politico opportunista e succube dei poteri forti (quelli illegali, naturalmente), il disoccupato un po’ imbranato che cerca soluzioni “collaterali” e si trova impantanato in situazioni più grandi di lui da cui riesce ad uscire con grinta e furbizia , il potere ipnotizzante della televisione più becera, cioè quella delle telenovelas, la dimensione della multietnicità e la dinamica interculturale, e via dicendo.
Il tutto si svolge nella periferia scalcinata ma viva e simpatica di Napoli, che ricorda un po’ quella di “Passione”, ed in particolare in una “Napoli nella Napoli”: un fondaco abbandonato ed occupato da una comunità srilankese, apparentemente diversa ma non poi tanto dai napoletani veraci, almeno quanto a colori e temperamento. Ed è proprio l’arrivo di un ex campione di cricket cingalese squattrinato che in qualche modo sbroglia l’intricata matassa in cui si erano inviluppati il politicante Vincenzo e lo scienziato senza lavoro Alfonso a causa del solito ricatto della camorra. Da una situazione senza sbocco i nostri usciranno sfoderando astuzia, mutuo soccorso e tanta, tanta fortuna, in mezzo ad un turbinio di pallottole sibilanti.
Il film si articola perlopiù in siparietti, alcuni piuttosto esilaranti (Servillo legato e narcotizzato davanti ad un televisore acceso, la festa variopinta nel fondaco, il duetto cerebrale tra il cingalese-badante e la nobildonna arrogante, la grande fuga in mezzo all’inferno chi con le proprie gambe chi su una sedia a rotelle…).
Gli stacchi con scene di animazione dànno divertente risalto ai pensieri onirici e sublimano l’atmosfera di riflessiva ironia che si respira dall’inizio alla fine.
Il segnale edificante che si riceve è che in una grande città dove sono marcate le diversità a stretto contatto solo lo spirito di attiva collaborazione tra realtà autoctone e componenti di derivazione esterna consente di massimizzare la pacifica convivenza ed il raggiungimento di interessi comuni: solo il confronto e la solidarietà fra diversi può avere la meglio sul bieco opportunismo e la cieca forza.
Brava la regista e sceneggiatrice Paola Randi, credo alla prima prova cinematografica, a miscelare e dosare al meglio così tanti ingredienti, assicurando in ogni scena, anche le più forti, un gradevole tocco di leggerezza; bravo Gianfelice Imparato, qui nel ruolo di protagonista, che già avevamo apprezzato in Gomorra; bravo (ma lo sapevamo) l’altro Servillo a dare corpo al cialtrone di turno, che, per quanto miserabile, non riesce ad essere antipatico; bravo il cingalese-badante, tirato a lucido come un attore holliwoodiano, che sa sprizzare umorismo a iosa dalle sue occhiate stralunate e furbesche e dai tentativi prima maldestri poi rassegnati di adattarsi alla nuova movimentata realtà sociale, da cui trarrà comunque un’importante lezione di vita.
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renato volpone
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giovedì 17 febbraio 2011
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una favola napoletana
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Napoli ci regala di nuovo un bel film. Si tratta di una favola urbana nella quale Il protagonista viene licenziato e, affidandosi al consiglio di un amico, cerca una raccomandazione, così facendo si ritrova invischiato in un affare di camorra. Fuggendo ad un agguato finesce "into paradiso" un angolo di Napoli abitato da immigrti dallo Sri Lanka. Con un susseguirdi di gag comiche, immagini oniriche e un ritmo musicale incalzante si sviluppa una stora divertente, dai toni delicati e poetici.
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luca scialò
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giovedì 24 marzo 2011
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le piaghe di napoli in salsa grottesca
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Alfonso D'Onofrio è un timido, impacciato e ancora mammone (benché la madre sia morta) ricercatore precario ormai cinquantenne. Un giorno riceve una lettera di licenziamento e un amico, il quale gestisce un cinema a luci rosse, gli consiglia di recarsi da un amico in comune, politico in ascesa, già consigliere comunale e in campagna elettorale: Vincenzo Cacace. Quest'ultimo a sua volta deve un favore ad un Boss: consegnare una pistola a dei precari. Così, coglie la palla al balzo per far compiere l'ardita missione all'ignaro Alfonso. Ma qualcosa va storto e così i due sono costretti a trovare riparo presso una comunità srilankese sita nel quartiere Materdei, chiamata appunto Into Paradiso.
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Alfonso D'Onofrio è un timido, impacciato e ancora mammone (benché la madre sia morta) ricercatore precario ormai cinquantenne. Un giorno riceve una lettera di licenziamento e un amico, il quale gestisce un cinema a luci rosse, gli consiglia di recarsi da un amico in comune, politico in ascesa, già consigliere comunale e in campagna elettorale: Vincenzo Cacace. Quest'ultimo a sua volta deve un favore ad un Boss: consegnare una pistola a dei precari. Così, coglie la palla al balzo per far compiere l'ardita missione all'ignaro Alfonso. Ma qualcosa va storto e così i due sono costretti a trovare riparo presso una comunità srilankese sita nel quartiere Materdei, chiamata appunto Into Paradiso. Qui entrano in contatto con Gayan, ex campione di criket nel campionato inglese, giunto in Italia con la speranza di fare una vita di lusso. I guai dei tre finiranno dunque inevitabilmente per incrociarsi.
Primo film per Paola Randi, seminarista nientepopodimenoche di Werner Herzog, del quale pare aver assimilato un pò di astrattività e surrealismo. Into Paradiso è per lei un esordio di tutto rispetto, poiché la regista non si limita al "compitino" della semplice commedia sulle ormai note amarezze di Napoli (tornate spesso in auge al Cinema negli ultimi anni), ma cerca di andare oltre, con sequenze che si gongolano sulla fantasia, il surrealismo, una prospettiva anche visionaria. Ne sono un esempio i vari sogni di Alfonso (Gianfelice Imparato) che messosi i tappi nelle orecchie, si estranea della realtà costruendola a proprio piacimento. Qualche "buco" di tanto in tanto nella sceneggiatura e qualche rallentamento, sono pecche che le si possono perdonare.
La Randi, che napoletana non è, affronta molte piaghe di Napoli e dell'Italia in generale: la politica immischiata con la camorra, la precarietà dei ricercatori, i sogni infranti degli immigrati, la solitudine. Gradevoli i protagonisti, Gianfelice Imparato e Peppe Servillo, conosciuto ai più come musicista degli Avion Travel. Servillo, un cognome, una garanzia.
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