filippo catani
|
venerdì 16 maggio 2014
|
vita da bar
|
|
|
|
Bologna 1954. Un giovane ragazzo racconta un anno di vita all'interno del bar Margherita di via Saragozza dividendosi tra i personaggi che popolano il bar e innumerevoli avventure.
Un Pupi Avati nostalgico ripensa un po' alla Bologna che fu ma soprattutto a quella vita da bar e a quei personaggi da bar che oggi ormai sono del tutto tramontati. Ecco allora le gare alla goriziana con gli altri locali, il fufantello, il cantante mancato e tutti sono diretti da un personaggio che è un po' il capobanda ed è interpretato da un valido Abbatantuono. Per il resto davvero grandi note di nostalgia dalla partita ascoltata in rigoroso silenzio davanti alla radio al locale notturno pieno di ragazze.
[+]
Bologna 1954. Un giovane ragazzo racconta un anno di vita all'interno del bar Margherita di via Saragozza dividendosi tra i personaggi che popolano il bar e innumerevoli avventure.
Un Pupi Avati nostalgico ripensa un po' alla Bologna che fu ma soprattutto a quella vita da bar e a quei personaggi da bar che oggi ormai sono del tutto tramontati. Ecco allora le gare alla goriziana con gli altri locali, il fufantello, il cantante mancato e tutti sono diretti da un personaggio che è un po' il capobanda ed è interpretato da un valido Abbatantuono. Per il resto davvero grandi note di nostalgia dalla partita ascoltata in rigoroso silenzio davanti alla radio al locale notturno pieno di ragazze. All'interno storie più o meno tragicomiche tra lo scherzo di Sanremo e il boicottaggio di un matrimonio. Insomma echi passati di un mondo che non c'è più specialmente nelle città dove ormai tutti vanno di corsa e ormai anche i bar hanno perso il loro status di luogo di ritrovo principe. Bene tutto il cast per un film veloce e piacevole.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
gianleo67
|
mercoledì 18 settembre 2013
|
sbiatito amarcord di mosche da bar
|
|
|
|
Il giovane Taddeo racconta con nostalgia ed ingenuo orgoglio giovanile le vicende ed i personaggi che ruotano attorno ad un famigerato locale bolognese, il Bar Margherita, nell'ormai lontano 1954. Tra gaudenti fannulloni,mariti fedifraghi,irridenti ricettatori meridionali e sprovveduti figli di famiglia in cerca di dote e di avventure galanti si alterna la varia umanità di un 'postribolo sociale' cui l'imberbe ed ingenuo Taddeo guarda con ammirazione e spirito di emulazione cercando in tutti i modi di entrarne a far parte. Riuscirà nel suo intento a spese di una madre lavoratrice single e del nonno vedovo sedicente campione di goriziana.
Quello di Avati, qui al solito sceneggiatore e regista, è il garbato refrain di un Amarcord in tono minore dove la vena nostalgica dell'autore bolognese è declinata secondo l'usuale schema di un racconto (filmato) di formazione in cui confluiscono tanto i riflessi di un lambiccato autobiografismo (la passione registica,la rievocazione di una provincia spensierata e gaudente, i rapporti con il gentil sesso, i luoghi dell'infanzia,etc.
[+]
Il giovane Taddeo racconta con nostalgia ed ingenuo orgoglio giovanile le vicende ed i personaggi che ruotano attorno ad un famigerato locale bolognese, il Bar Margherita, nell'ormai lontano 1954. Tra gaudenti fannulloni,mariti fedifraghi,irridenti ricettatori meridionali e sprovveduti figli di famiglia in cerca di dote e di avventure galanti si alterna la varia umanità di un 'postribolo sociale' cui l'imberbe ed ingenuo Taddeo guarda con ammirazione e spirito di emulazione cercando in tutti i modi di entrarne a far parte. Riuscirà nel suo intento a spese di una madre lavoratrice single e del nonno vedovo sedicente campione di goriziana.
Quello di Avati, qui al solito sceneggiatore e regista, è il garbato refrain di un Amarcord in tono minore dove la vena nostalgica dell'autore bolognese è declinata secondo l'usuale schema di un racconto (filmato) di formazione in cui confluiscono tanto i riflessi di un lambiccato autobiografismo (la passione registica,la rievocazione di una provincia spensierata e gaudente, i rapporti con il gentil sesso, i luoghi dell'infanzia,etc.) quanto la presentazione di una galleria di personaggi singolari e caratteristici che conservano da un lato lo spirito di una peculiare irriverenza emiliana (quanto romagnola poteva essere quella di memoria felliniana) e dall'altro la sconsolata trivialità di una masnada di perdenti, individui votati all'insuccesso di una esistenza inconcludente e imbelle (a partire dal protagonista voce-narrante di un giovane sfaticato che relega se stesso al ruolo di cavalier servente e servile di uno smargiasso e cinico 'Don Chisciotte'). Operazione riuscita in parte, anche grazie ad una nutrita compagine di buoni attori da commedia leggera (tra cui anche un vetusto e impenitente Gianni Cavina, attore feticcio di Avati) ed all'atmosfera rarefatta di un'epica provinciale che da sempre accompagna il cinema del nostro; mentre debole appare tanto per la struttura episodica delle vicende narrate (a volte solo pretesti per la messa in scena di goliardiche rimpatriate) quanto per l'insanabile macchiettismo che affligge i personaggi descritti (Abatantuono gigione come non mai, De Luigi risibile cantautore con ambizioni Sanremesi, Lo Cascio ricettatore siculo e irridente 'linfomane', Marcorè mite e bonario figlio di famiglia inesperto seduttore di furbe 'entreneuse' e chi più ne ha più ne metta). Da rilevare la usuale vena di cinica misoginia nella smaliziata doppiezza delle figure femminili quale degno contraltare di personaggi maschili deboli e incompetenti, come implacabile motore psicologico di equivoche relazioni sociali tra perbenismo di provincia e goliardiche trasgressioni. Scenograficamente furbesco, si riproducono gli scorci di una Bologna che fu tra Roma e Cuneo.
Sbiatito Amarcord di mosche da Bar.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|
|
d'accordo? |
|
artemisia1593
|
martedì 10 aprile 2012
|
avati ha fatto di meglio
|
|
|
|
Ho trovato questo film un po’ tirato via, come se il regista ci avesse voluto mettere tanti ingredienti buoni ma miscelati in fretta e senza cura. Risultato: poco divertente, molto scontato e poco coinvolgente.
|
|
[+] lascia un commento a artemisia1593 »
[ - ] lascia un commento a artemisia1593 »
|
|
d'accordo? |
|
il brandani
|
domenica 26 dicembre 2010
|
"la lenta vita" di avati
|
|
|
|
Bologna, 1954. Un timido giovane ha il sogno di diventare membro della comitiva del bar Margherita, un locale di via Saragozza, frequentato da personaggi eterogenei e singolari. Il bar rappresenta il paradigma della vita lenta italiana anni ’50, con le sue storie, le sue chiacchiere e le sue ghignate tipicamente provinciali.
Per il suo Gli amici del bar Margherita pare proprio, sin dalle prime scene, che Pupi Avati abbia preso Amarcord e I vitelloni di Federico Fellini come due grandi punti di riferimento.
Se del primo possiamo notare il carattere nostalgico che porta al riemergere di una realtà lontana dalla nostra, è del secondo la sua struttura non unitaria, episodica, fatta di aneddoti che coinvolgono i protagonisti.
[+]
Bologna, 1954. Un timido giovane ha il sogno di diventare membro della comitiva del bar Margherita, un locale di via Saragozza, frequentato da personaggi eterogenei e singolari. Il bar rappresenta il paradigma della vita lenta italiana anni ’50, con le sue storie, le sue chiacchiere e le sue ghignate tipicamente provinciali.
Per il suo Gli amici del bar Margherita pare proprio, sin dalle prime scene, che Pupi Avati abbia preso Amarcord e I vitelloni di Federico Fellini come due grandi punti di riferimento.
Se del primo possiamo notare il carattere nostalgico che porta al riemergere di una realtà lontana dalla nostra, è del secondo la sua struttura non unitaria, episodica, fatta di aneddoti che coinvolgono i protagonisti. Purtroppo tra i film sopracitati e questo vi è però un abisso che non permette particolari lodi di parentela bensì una sorta di sconcerto che alla fine, nonostante le risate qua e là, porta inevitabilmente ad affermare: “si poteva fare meglio”.
Le motivazioni sono molteplici. In primo luogo non c’è una solida sceneggiatura e non c’è profondità nei personaggi. Gli episodi si susseguono senza una tangibile appartenenza a un tutto che li deve racchiudere, sono isolati, soffrono di un sistema di vasi non comunicanti. La quasi totale mancanza dei dialetti, delle cadenze e degli accenti rende la rappresentazione artificiosa e plastica, elemento inverosimile se si tratta di ritrarre un ambiente popolare come quello di un bar. Il dialetto ha un ruolo essenziale nell’immersione dello spettatore nel contesto ed è proprio questa mancanza che pone Gli amici del bar Margherita a notevole distanza, in fatto di ricostruzione storica, da un Baarìa (tra l’altro nemmeno l’opera migliore di Tornatore, a mio parere).
Un altro punto debole sul quale vale la pena soffermarsi è la condizione di sagome in cui sono costretti a muoversi i personaggi. La maggior parte di essi grida invano per tutto il film nel tentativo di raccontare la propria storia ma vengono relegati in macchiette. In particolare è sconfortante vedere come il personaggio di Diego Abatantuono venga ulteriormente compresso, non pago del suo già modesto spessore, schiacciato sulla reiterazione di un tormentone a lungo andare indigesto. E così egli si manifesta come un Abatantuono di Mediterraneo di Salvatores che però vagheggia nei pressi della dimensione grottesca di Attila flagello di Dio.
Infine vi è la discutibile scelta, sebbene ammetto si tratti di pura opinione personale, di trasformare in cinepresa l’occhio di un personaggio che possiede fin troppi aspetti negativi per essere il protagonista di un film di questo tipo. Se in I vitelloni, il protagonista, Moraldo, che mantiene allo stesso modo un ruolo abbastanza passivo, da osservatore, è però proprio lui l'unico ad avere il coraggio di lasciare il paese e partire per Roma; nel film di Avati questo ruolo appartiene a Coso, che però non ha nessuna parabola, nessun riscatto, anzi, ambisce a far parte della comitiva del bar poiché gode proprio nell’osservare i suoi amici, che per lui sono più che amici, sono miti, ma in realtà miti non sono. Tutto lo sforzo di Moraldo nel lasciarsi alle spalle una realtà deleteria e maturare una visione più sobria di ciò che lo circonda, il suo sguardo amareggiato, viene sostituito dal sorrisetto beota di Coso che al contrario abbraccia quella realtà fatta di goliardia paesana e irresponsabile.
Che dire di buono, quindi, di questa grande occasione sprecata? Sicuramente l’aspetto “estetico”.
Scenografie e luci sono veramente eccezionali. I costumi bellissimi e coerenti. Infine gli interpreti dimostrano una bravura che riesce, fortunatamente, a rimanere indipendente dalla natura farsesca dei personaggi, da segnalare soprattutto Neri Marcorè, Fabio De Luigi (da antologia il suo provino per partecipare a Sanremo) e Luigi Lo Cascio (una risata tanto irritante quanto indimenticabile).
In sintesi un buon film, non eccezionale ma nemmeno sconsigliabile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a il brandani »
[ - ] lascia un commento a il brandani »
|
|
d'accordo? |
|
astromelia
|
venerdì 9 luglio 2010
|
film per chi se li fa
|
|
|
|
questi sono film fatti ad uso e consumo dei registi stessi,al pubblico non gli può interessare di meno,un'ora e mezza di noia.........
|
|
[+] lascia un commento a astromelia »
[ - ] lascia un commento a astromelia »
|
|
d'accordo? |
|
germi86
|
venerdì 25 giugno 2010
|
gli amici di pupi
|
|
|
|
Bologna 1954,pupi avati ci racconta la sua bologna,con un cast molto importante,ma la storia è senza mordente,mi aspettavo qualcosa di più,cmq il mio parere rimane positivo..ha fatto di peggio pupi avati....
|
|
[+] lascia un commento a germi86 »
[ - ] lascia un commento a germi86 »
|
|
d'accordo? |
|
doctorw58
|
giovedì 29 aprile 2010
|
bel film "nel suo piccolo"!
|
|
|
|
Un bel film dai toni piacevolmente nostalgici e dal tocco lieve e intelligente. Mi ha riconciliato con il cinema di Pupi Avati dopo il pessimo "La cena per farli conoscere". Dimostra come si possa fare del cinema di qualità, divertente e senza scadere nella facile volgarità (lontano quindi anni luce dal cinema dei Vanzina-De Sica). Ottimi gli attori, tutti perfettamente calati nella parte, bene la sceneggiatura. Sublime la festa di compleanno del protagonista che non vuole interrompere i festeggiamenti nonostante il nonno morente nella stanza attigua. Musiche di Lucio Dalla con una canzone sui titoli di coda di rara bruttezza. Comunque, "nel suo piccolo" (come dice ricorrentemente il personaggio di Abatanuono nel film), quattro stelle strameritate.
|
|
[+] lascia un commento a doctorw58 »
[ - ] lascia un commento a doctorw58 »
|
|
d'accordo? |
|
ultimoboyscout
|
domenica 24 gennaio 2010
|
nel suo piccolo...
|
|
|
|
...il film non è male (non amo per nulla Avati a dire il vero). Qualcosa di amici miei ce l'ha (ma meno comico), con un istrionico Abatantuono leader di un gruppo di amici frequentatori dell'omonimo bar. Che bello che ci si ricordi ancora del mitico Gianni Cavina!!
[+] dagli almeno 3 stelle!
(di giorgio)
[ - ] dagli almeno 3 stelle!
|
|
[+] lascia un commento a ultimoboyscout »
[ - ] lascia un commento a ultimoboyscout »
|
|
d'accordo? |
|
vittorio
|
giovedì 19 novembre 2009
|
spaccato dell'italia del dopo guerra!
|
|
|
|
Film gradevole, con una splendida fotografia e una storia semplice che riesce a coinvolgere lo spettatore. Uno spaccato dell'Italia del dopo guerra....le speranze verso il futuro, la voglia di mettersi in gioco e di apparire....la mano di Avati si vede e come!!
Film da vedere!!
|
|
[+] lascia un commento a vittorio »
[ - ] lascia un commento a vittorio »
|
|
d'accordo? |
|
dario
|
mercoledì 4 novembre 2009
|
senza sangue
|
|
|
|
Vicende convenzionali, trattate con superficialità e con qualche vezzo narcisistico. Sono personali, interessano poco, non incidono. Avati non riesce a prendere una strada, va continuamente per sentieri. Bella fotografia, al solito. Bravo Cavina, insopportabile Lo Cascio, impalpabile Abatantuono, non simpaticissimo il ragazzo narratore.
|
|
[+] lascia un commento a dario »
[ - ] lascia un commento a dario »
|
|
d'accordo? |
|
|