Un film letterario, rigorosamente filologico, estetico. Non una biografia, ma un inno, poesia esso stesso, alla breve e struggente vita del poeta John Keats, "la più impoetica della creature", consumata in un soffio, come una candela accesa a scrutare le profondità del "mist", alla ricerca del "salto", del principio della bellezza che è verità. Fanny Brawne, la sua stella - egli realmente la chiama così nelle sue immortali lettere - non è la sua musa, ma - come meravigliosamente intuisce e restituisce allo spettatore la Campion - emblema, simbolo, allegoria viva e vitale della "bellezza" che Keats disperatamente cerca e appassionatamente celebra ogni giorno della sua effimera esistenza. In questo senso il loro legame trascende i confini della concretezza temporale, diventa una sorta di metafora, straziante e stupenda perché non concettuale, ma sensuale - Keats non è un filosofo, Fanny non è la donna angelicata -, agita, vissuta, del rapporto tra un poeta-profeta dell'immaginazione e l'oggetto stesso della sua poesia, ossia il creato, la natura, fonte della "truth in beauty, beauty in truth" che trova il suo significato proprio nella necessità per il poeta di cantarla. Per questo il dolore immenso di Fanny alla fine del film commuove e spezza il cuore: è il pianto del creato intero, della natura, della bellezza, che ha perso per sempre gli occhi ed il cuore del suo adoratore più devoto. Keats è morto davvero, nel febbraio del 1821, a soli venticinque anni, quasi dissolvendosi nella sua "negative capability" in un modo che il film efficacemente rappresenta; e Fanny, la "thing of beauty" rischia davvero di morire anche lei, perché la voce di Keats, la sua parola evocatrice e ricreatrice della bellezza, si è spenta per sempre. Il film è perfetto, riuscito, bellissimo, per l'assunto che sottintende, e che realmente rende giustizia alla figura storica di questo ragazzo autodidatta, convinto di aver fallito tanto da far scrivere sulla sua tomba "qui giace uno il cui nome fu scritto sull'acqua" e invece assurto a colonna del romanticismo e precursore del simbolismo e di tutta la poesia moderna: per Keats scrivere la vita e vivere la poesia sono state, singolarmente, davvero la stessa cosa.
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supreme81
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lunedì 14 giugno 2010
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obbrobrio
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Solo chi non ha la minima idea di cosa significa fare un film, figuriamoci il romanticismo e Keats- può considerare l'obbrobrioso "Bright Star" UN film. é qualcosa di veramente stucchevole e addirittura irritante vedere svenduto, come ormai succede spesso al cinema, a misero ometto col faccino da modello di Dolce e Gabbana una figura storica come quella di Keats, reso come un giovincello con atteggiamenti piattamente sdolcinati. Ma, tralasciando lo stupro fatto al romanticismo e Keats, la regia è terrificante: una carrellata noiosa e lenta di luoghi comuni- che secondo "l'idea" del regista dovrebbero far pensare al romanticismo....si quello dei baci perugina- i cui dialoghi sfiorano quelli dei talk show condotti da Maria de Filippi (escluse le parti dove si leggono, con pessima dizione, le poesia del poeta).
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Solo chi non ha la minima idea di cosa significa fare un film, figuriamoci il romanticismo e Keats- può considerare l'obbrobrioso "Bright Star" UN film. é qualcosa di veramente stucchevole e addirittura irritante vedere svenduto, come ormai succede spesso al cinema, a misero ometto col faccino da modello di Dolce e Gabbana una figura storica come quella di Keats, reso come un giovincello con atteggiamenti piattamente sdolcinati. Ma, tralasciando lo stupro fatto al romanticismo e Keats, la regia è terrificante: una carrellata noiosa e lenta di luoghi comuni- che secondo "l'idea" del regista dovrebbero far pensare al romanticismo....si quello dei baci perugina- i cui dialoghi sfiorano quelli dei talk show condotti da Maria de Filippi (escluse le parti dove si leggono, con pessima dizione, le poesia del poeta). Penso sia uno dei peggiori film dei ultimi anni e sconsiglio a tutti coloro che abbiamo un minimo senso estetico di andarlo a vedere, sono due ore perse della propria vita per vedere smontato come meglio non si potrebbe una delle epoche più belle che la cultura occidentale ha visto nascere.
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hollygoli
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martedì 15 giugno 2010
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a supreme81
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Solo chi non conosce Keats può parlare di "figura storica" riferendosi a lui. L'esistenza di Keats è assolutamente impoetica: non ha ostentato le gesta e le avventure di Lord Byron, non ha vissuto la vita bohemienne di Shelley, nè ha avuto la sua romantica fine tra le procelle di un mare in tempesta: è stato ragazzo di modeste origini, niente affatto contemplativo ma anzi, pragmatico e pignolo, certo non bello a giudicare dal paio di ritratti che ne abbiamo, abbastanza incompreso e non considerato dall'elite letteraria della sua epoca, che ha frequentato alcuni salotti con pretese culturali - casa Hunt, casa Reynolds - ma sostanzialmente covi di parvenu di quella borghesia inglese amante, più che della vera arte, del "pittoresco" che più tardi Forster prenderà di mira così bene in Camera con vista o Casa Howard, ha voluto un gran bene alla sua famiglia, in particolare a quel che ne è rimasto - suo fratello George e la cognata Georgiana, emigrati in America, la sorellina Fanny, che si chiamava come la Brawne e che è stata, in definitiva, l'unico essere di sesso femminile che lui abbia amato davvero come un essere umano (e questo il film lo dice benissimo, altro che dialoghi da baci Perugina! Dire così è fare sfoggio di esorbitante ignoranza keatsiana!) -, che ha idolatrato Shakespeare, del quale si portava sempre appresso un ritratto che attaccava ogni volta, come primo atto, quando prendeva possesso di una nuova stanza da letto, che ha scritto una trentina di sonetti, un paio di opere - Enyimion, Hyperion, La Belle dame Sans Merci - e che è morto di tisi a venticinque anni, lontano da tutti, come l'uomo oscuro di Marguerite Yourcenair, nelle braccia di Joseph Severn, un pittore che quasi nemmeno conosceva.
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Solo chi non conosce Keats può parlare di "figura storica" riferendosi a lui. L'esistenza di Keats è assolutamente impoetica: non ha ostentato le gesta e le avventure di Lord Byron, non ha vissuto la vita bohemienne di Shelley, nè ha avuto la sua romantica fine tra le procelle di un mare in tempesta: è stato ragazzo di modeste origini, niente affatto contemplativo ma anzi, pragmatico e pignolo, certo non bello a giudicare dal paio di ritratti che ne abbiamo, abbastanza incompreso e non considerato dall'elite letteraria della sua epoca, che ha frequentato alcuni salotti con pretese culturali - casa Hunt, casa Reynolds - ma sostanzialmente covi di parvenu di quella borghesia inglese amante, più che della vera arte, del "pittoresco" che più tardi Forster prenderà di mira così bene in Camera con vista o Casa Howard, ha voluto un gran bene alla sua famiglia, in particolare a quel che ne è rimasto - suo fratello George e la cognata Georgiana, emigrati in America, la sorellina Fanny, che si chiamava come la Brawne e che è stata, in definitiva, l'unico essere di sesso femminile che lui abbia amato davvero come un essere umano (e questo il film lo dice benissimo, altro che dialoghi da baci Perugina! Dire così è fare sfoggio di esorbitante ignoranza keatsiana!) -, che ha idolatrato Shakespeare, del quale si portava sempre appresso un ritratto che attaccava ogni volta, come primo atto, quando prendeva possesso di una nuova stanza da letto, che ha scritto una trentina di sonetti, un paio di opere - Enyimion, Hyperion, La Belle dame Sans Merci - e che è morto di tisi a venticinque anni, lontano da tutti, come l'uomo oscuro di Marguerite Yourcenair, nelle braccia di Joseph Severn, un pittore che quasi nemmeno conosceva. Keats è tutto lì, nelle sue poesie e nelle sue lettere, che ne sono appendice senza soluzione di continuità e che costituiscono, esse sì, un caposaldo della cultura occidentale, quanto e più delle sue poesie. I dialoghi del film - i tre giorni da farfalla, il tatto che ha memoria e via discorrendo - sono tratti quasi interamente dalle lettere di Keats, come sa benissimo chiunque abbia cognizione delle medesime. Dunque, caro/a supreme81, di film non lo so, ma di Keats mi sembri alquanto scarsino.
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hollygoli
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martedì 15 giugno 2010
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tender is the night
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E, naturalmente, ho dimenticato, le Odi: le meravigliose Odi all'Autunno, a Psiche, sopra un'Urna Greca, e, la più conosciuta, quella con il famoso verso: "Already with thee! Tender is the night", che è la meravigliosa Ode all'usignolo; con la quale, come ultima scelta felice, la Campion ci congeda dal suo Keats, facendola declamare tutta, al posto della colonna sonora, sui titoli di coda (e lì - doppiaggio a parte - ho veramente rimpianto di non aver visto il film in lingua originale...)
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francesca50
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domenica 20 giugno 2010
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interessante ma non capolavoro
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Il mio giudizio nasce da una non fine conoscenza di Keats, premetto. Da esperta di cinematografia, però,ho trovato il film un po'lento e che poteva essere meglio costruito per farci capire la grandezza di Keats che io non ho assolutamente percepito. Mi è sembrata una poesia troppo estetizzante la natura e un po' melensa. Forse il poeta è così, ma non mi ha affascinato nè commosso.Mentre "Lezioni di piano" lo ricordo come un bel film questo non mi rimarrà, né mi ha fatto venire la voglia di conoscere Keats meglio. Tuttavia ho apprezzato la scenografia e gli attori per cui non lo boccio ma lo declasso a 2-3 stelle.
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alesya
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martedì 22 giugno 2010
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a supreme81 (la pietra)
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caro supreme81...mi dispiace molto per te...ma è chiaro che al posto del cuore hai una particella di sodio...solo una pietra potrebbe disprezzare in modo così violento una pellicola meravigliosamente poetica e romantica come bright star senza coglierne la grandezza...lo stupro vero lo hai fatto tu paragonando questo capolavoro a schifezze come maria de filippi o a frasi da cioccolatini scritte da quel mostro di moccia;forse sarai un grande esperto di poesia-non so visto che non ti conosco-,ma da come scrivi si evince che la vivi come un'esperienza meramente didattica e metrica e che hai completamente dimenticato le emozioni...mi ricordi una scena de "l'attimo fuggente",quando il professor keating invita gli studenti a strappare l'introduzione del testo in cui si parla della poesia come di un teorema matematico.
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caro supreme81...mi dispiace molto per te...ma è chiaro che al posto del cuore hai una particella di sodio...solo una pietra potrebbe disprezzare in modo così violento una pellicola meravigliosamente poetica e romantica come bright star senza coglierne la grandezza...lo stupro vero lo hai fatto tu paragonando questo capolavoro a schifezze come maria de filippi o a frasi da cioccolatini scritte da quel mostro di moccia;forse sarai un grande esperto di poesia-non so visto che non ti conosco-,ma da come scrivi si evince che la vivi come un'esperienza meramente didattica e metrica e che hai completamente dimenticato le emozioni...mi ricordi una scena de "l'attimo fuggente",quando il professor keating invita gli studenti a strappare l'introduzione del testo in cui si parla della poesia come di un teorema matematico..beh certamente tu saresti rimasto a leggere diligentemente.resta pure nel grigiore e nello squallore delle tue opinioni...il mondo è pieno di uomini grigi...
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hollygoli
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mercoledì 23 giugno 2010
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per francesca50
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"...la grandezza di Keats che io non ho assolutamente percepito. Mi è sembrata una poesia troppo estetizzante la natura e un po' melensa". Ma è vero che la poesia di Keats prima delle odi è estetizzante, melensa, ridondante. La vera grandezza di Keats sta nelle sue Lettere (tradotte, tra l'altro, da Nadia Fusini, illustre docente universitaria di Lingue e Letteratura Inglese, e intitolate "Lettere sulla poesia") e nelle cinque Odi che egli scrisse poco prima di morire. Il resto, il grosso della sua produzione, non è propriamente un capolavoro immortale. Le stesse Odi sono opere in divenire: si ha la sensazione che sia morto prima ancora di cominciare a vivere, e che il mondo abbia perso il suo genio un attimo prima che potesse cominciare a dare i suoi frutti.
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"...la grandezza di Keats che io non ho assolutamente percepito. Mi è sembrata una poesia troppo estetizzante la natura e un po' melensa". Ma è vero che la poesia di Keats prima delle odi è estetizzante, melensa, ridondante. La vera grandezza di Keats sta nelle sue Lettere (tradotte, tra l'altro, da Nadia Fusini, illustre docente universitaria di Lingue e Letteratura Inglese, e intitolate "Lettere sulla poesia") e nelle cinque Odi che egli scrisse poco prima di morire. Il resto, il grosso della sua produzione, non è propriamente un capolavoro immortale. Le stesse Odi sono opere in divenire: si ha la sensazione che sia morto prima ancora di cominciare a vivere, e che il mondo abbia perso il suo genio un attimo prima che potesse cominciare a dare i suoi frutti. Rimane, di lui, solo un istante infinito di eterna e incorrotta bellezza, ferma e congelata nel tempo, come la scena dipinta sull'Urna Greca da lui cantata nella migliore delle sue Odi.
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