La classe - Entre les murs

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Un film di Laurent Cantet. Con François Bégaudeau, Nassim Amrabt, Laura Baquela, Cherif Bounaïdja Rachedi, Juliette Demaille.
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Titolo originale Entre les murs. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 128 min. - Francia 2008. - Mikado Film uscita venerdì 10 ottobre 2008. MYMONETRO La classe - Entre les murs * * * - - valutazione media: 3,46 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

CHI STA NELLA PRIGIONE? Valutazione 4 stelle su cinque

di THEOPHILUS


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lunedì 9 dicembre 2013

ENTRE LES MURS
 
Chi pensasse che la crisi della scuola italiana abbia una sua specificità o che il suo degrado non sia paragonabile a quello delle altre scuole europee, è bene che vada a vedere Entre les murs, di Laurent Cantet.
Il titolo del film evoca una doppia domanda. La risposta alla prima è quasi automatica. I muri ci conducono ad una barriera, che può essere protettiva od oppressiva. Chi ci sarà all’interno di questi muri? In questo caso, invece, la soluzione non è immediata. In una prigione c’è chi sta da una parte, chi dall’altra di una porta. Nel film, invece, i ruoli non sono chiaramente separati. Non c’è qualcuno al di qua o al di là di qualcosa, ma tutti sono all’interno del medesimo perimetro. Il “clima” non è differenziato. Non scorgiamo una tensione reale che possa riscaldare o raffreddare, ma solo una rappresentazione in cui gl’insegnanti tentano di restare aggrappati ad un ruolo che non ha più né un centro né contorni. In questa commediaprof balbettano solo il ricordo di una dignità che fingono di possedere ancora, non potendo barattarla col vuoto che hanno di fronte. Gli studenti, quando non riescono a limitarsi a scaldare i banchi per cinque ore, lanciano sfide l’uno all’altro e aggrediscono chi hanno di fronte con le armi dell’insolenza, dell’indifferenza, del fastidio, dell’incomprensione. Non accade nulla nel film se non la riproposizione continua di una stasi culturale, di una inamovibilità di problemi che non si scalfiscono neppure e che verranno rimandati all’anno successivo. Non c’è alcuna compensazione fra gli elementi che si scontrano. Alla reale incapacità di capire da parte degli studenti, al loro vuoto di contenuti culturali e interiori si adegua la remissività dei docenti che non hanno i mezzi per superare un passato di cui non possono fare alcun uso con gli studenti, ma di tanto in tanto tentano di agitare il fantasma di un’autorità che non detengono più. Cantet ci mostra le due classiche, ma solo apparenti, strade parallele che infatti subito si avvinghiano in un vuoto comune. Solo esteriore è la diversità fra chi sembra avere il coltello dalla parte del manico ma non sa come tenerlo in mano e chi si acquatta nei panni di vittima di un carnefice che non esiste.
La metafora della prigione prende un peso più concreto per lo spettatore quando Cantet fa le riprese dall’alto di un ambiente esterno tutto cemento, adibito alla ricreazione degli studenti.
I protagonisti di La classe sono attori improvvisati, ma il ruolo del professore di lettere è impersonato da un ex insegnante, François Bégodeau, autore del libro omonimo da cui è stato tratto il film.
Gli schemi della famiglia sono riproposti, identici, nella scuola. Gl’insegnanti appaiono accattoni che mendicano l’amicizia e il cameratismo degli studenti. La risoluzione della conflittualità domestica che si sprigiona in assenza di una figura guida che sappia imporsi ed imporre dei limiti viene demandata alla scuola. Il professore è chiamato a surrogare il ruolo dei genitori e, come quelli, il più delle volte temendo il rapporto con i ragazzi, fallisce.
Cantet è stato definito da qualcuno il Ken Loach francese. La tematica sociale svolta dal regista nei suoi lungometraggi non è mai retorica, non appare di parte, non condanna A per assolvere B, ma segue una linea che gli consente di valorizzare una tensione etica in funzione estetica. Il pubblico ha di fronte un insegnante che deve sopportare la massa d’urto di un’intera scolaresca che gli si oppone. Questo terzo soggetto della narrazione resta sospeso. Chi vede se stesso, chi i propri figli. Tutti sono però coinvolti in un flusso che impone l’autocritica, il ripensamento, lo specchiarsi in una condizione a cui siamo giunti insieme senza rendercene conto. Ognuno è chiamato a trovare una via d’uscita.
 
Enzo Vignoli,
6 dicembre 2008.

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