Changeling

Un film d’altri tempi, non solo per l’ambientazione (1920-30) ma anche e soprattutto per la compassata regia dell’ormai quasi ottantenne Clint Eastwood. Gli vanno comunque dati grandi meriti per aver portato sul grande schermo una storia intrigante e controversa com'è suo solito. Tuttavia gli appunterei una regia scialba, che lascia scivolare via le immagini senza un vero tocco personale e senza mai meravigliare. Colpa anche degli sceneggiatori che coprono ben poco le falle della regia sfruttando molto raramente le enormi potenzialità che può dare una Los Angeles negli anni 30 con i suoi tram, le Ford T e tutto il resto. Prova incolore anche degli interpreti: a cominciare da Angelina Jolie, mai troppo convincente dietro fiumi di lacrime e un naso fin troppo rosso, per finire al caro vecchio John Malkovich ormai troppo monotono e regolare nelle sue interpretazioni. Lo ricordo ancora nel simpatico Con Air e continuo a pensare che forse è stata l’unica volta che è riuscito a dar dell’originale alla sua interpretazione che, pur rimanendo di altissima qualità è, a mio avviso, troppo simile di film in film. A vedere lui, Changeling sembra il sequel di Burn After Reading. Per non parlare dei bambini. Inguardabili e talvolta irritanti le performance dei ragazzi chiamati a interpretare il vero e il “finto” figlio della Collins; un po’ meglio quelle del giovane della fattoria. Nel vederli viene da chiedere: “com’è possibile che il vecchio Clint abbia detto: ok questa è buona!”? Un po’ di colpa anche ai testi dei ragazzi e probabilmente ai doppiatori italiani. E’ un vero peccato perché alla fine questi ragazzi sono il fulcro del film con le loro storie incredibili (anche se vere), mal gestite e mal enfatizzate con il risultato che la storia scricchiola in più punti. Si ha l’impressione che la regia, non sapendo come dare credibilità a diverse situazioni, ci passi semplicemente su senza troppe spiegazioni. Ma il film non è solo questo. E’ anche un film d’amore, di passione e perché no anche un pò storico: ai titoli di coda ci si ferma a riflettere a com’era il mondo una volta e come si è giunti a quello che oggi: ai diritti delle persone, alle manifestazioni in piazza, al potere della stampa e alla cecità del potere. Il film regge a malapena all’inizio e poi è un crescendo rossiniano coadiuvato da un turbinio di emozioni nel finale che imputerei più che al film, all’incredibile storia. E’ quest’ultima che cataloga il film tra i “da vedere” ma non assolutamente tra gli “impedibili”.