gaara
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sabato 1 maggio 2010
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capolavoro di intelligenza!
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Eutanasia. Un tema troppo spesso maltrattato da punti di vista "condizionati" di una parte dell'umanità, viene in questo film sviscerato, riuscendo ad esaltare le sensazioni dei pesonaggi coinvolti e mettendo per una volta da parte i sentimentalismi evidenziati in film analoghi, comunque ben fatti, responsabili però di evidenziare solo un lato, forse quello maggiormente esposto, delle persone affette da questo "cancro". Mi è stato infatti difficile proseguire la visione del film e le riflessioni postume, evitando di accostarlo ad un altro capolavoro cinematografico: "Lo scafandro e la farfalla", dove il protagonosita Jean-Dominique Bauby, interpretato da Mathieu Amalric, riesce incredibilmente a superare il desiderio di morte, che invece in questo contesto pervade il film divenendo cardine della storia e trovando il suo feticcio in Javier Bardem, nei panni di Ramón, il quale ci regala una magnifica interpretazione.
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Eutanasia. Un tema troppo spesso maltrattato da punti di vista "condizionati" di una parte dell'umanità, viene in questo film sviscerato, riuscendo ad esaltare le sensazioni dei pesonaggi coinvolti e mettendo per una volta da parte i sentimentalismi evidenziati in film analoghi, comunque ben fatti, responsabili però di evidenziare solo un lato, forse quello maggiormente esposto, delle persone affette da questo "cancro". Mi è stato infatti difficile proseguire la visione del film e le riflessioni postume, evitando di accostarlo ad un altro capolavoro cinematografico: "Lo scafandro e la farfalla", dove il protagonosita Jean-Dominique Bauby, interpretato da Mathieu Amalric, riesce incredibilmente a superare il desiderio di morte, che invece in questo contesto pervade il film divenendo cardine della storia e trovando il suo feticcio in Javier Bardem, nei panni di Ramón, il quale ci regala una magnifica interpretazione. Incredibilmente il senso del film potrebbe essere riassunto con una citazione tratta dallo stesso: "Le persone che non possono correre imparano a piangere ridendo". Frase struggente, capace di farci cogliere le infime sofferenze che si nascondono anche dietro alle personalità più forti dei tetraplegici, ma ciò non basta a smuovere le dighe di una legge, sebbena dichiaratamente laica, cinica, fredda e spietata capace di strappare una libertà senza vita ad una vita senza libertà. Ciò nonostante Ramón difende il suo sogno provando a seguire i binari della legalità, senza chiedere di essere capito, ma Amato da chi sarà disposto a perseguirlo. Intelligentemente il regista riesce a non schierarsi mostrando egregiamente le difficoltà dei personaggi direttamente coinvolti nella storia, senza banalizzare l'uno o l'altro punto di vista, spesso anche attraverso l'uso delizioso della macchina da presa, riuscendo a far crollare le prese di posizione inevitabili dello spettatore, difronte ai risvolti della storia ed ai grovigli di sentimenti che la caratterizzano. Matura la scelta di trattare fugacemente gli sviluppi ecclesiastici e giuridici riguardanti il tema del film, senza risparmiarsi un'inappuntabile critica. I viaggi attraverso la piccola finestra della camera da letto di Ramón, destinati a raggiungere luoghi e persone amate, uniti ad una tocconte e profonda sceneggiatura sommergono lo spettatore di mare dentro.
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ucciolibero
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venerdì 26 febbraio 2010
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la dignità della vita nella scelta di morire.
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Nel film "Mare dentro" di Amenabar ci tuffiamo nella vita vissuta e nella morte sognata di Ramon (interpretato da una splendido Javier Bardem), soffriamo assieme al protagonista l'immobilità e la sofferenza di chi non può fare nemmeno un passo per abbracciare chi ama. Ci troviamo nella condizione di desiderare la morte di Ramon (che, a sua volta, la desidera con tutte le forze rimaste) e speriamo fino all'ultimo che questo accada nella maniera sognata dai protagonisti. Ci facciamo confondere dalla possibilità di un amore "praticamente impossibile" e accettiamo con liberazione l'atto d'amore finale. Insomma nella dialettica tra vita e morte, tra amore e malattia, tra mobilità e immobilità, sta la chiave di questo riuscito e profondo lungometraggio, in cui tutti i personaggi sono essenziali, necessari, in cui non c'è niente di superfluo o eccessivo, nemmeno le divagazioni oniriche di Ramon.
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Nel film "Mare dentro" di Amenabar ci tuffiamo nella vita vissuta e nella morte sognata di Ramon (interpretato da una splendido Javier Bardem), soffriamo assieme al protagonista l'immobilità e la sofferenza di chi non può fare nemmeno un passo per abbracciare chi ama. Ci troviamo nella condizione di desiderare la morte di Ramon (che, a sua volta, la desidera con tutte le forze rimaste) e speriamo fino all'ultimo che questo accada nella maniera sognata dai protagonisti. Ci facciamo confondere dalla possibilità di un amore "praticamente impossibile" e accettiamo con liberazione l'atto d'amore finale. Insomma nella dialettica tra vita e morte, tra amore e malattia, tra mobilità e immobilità, sta la chiave di questo riuscito e profondo lungometraggio, in cui tutti i personaggi sono essenziali, necessari, in cui non c'è niente di superfluo o eccessivo, nemmeno le divagazioni oniriche di Ramon. Quei sogni, quei voli immaginati hanno la delicatezza delle farfalle che planano tra gole e canaloni di un paesaggio aspro ma accogliente e arrivano al mare, grembo e conclusione di tutte le avventure, quel mare dove tutto inizia e tutto finisce, quel "mare dentro" che ci da la forza di iniziare, di cambiare, ma anche di morire. Il linguaggio del regista è asciutto (i dialoghi, la trama, i personaggi, non concedono nulla alla pietà né allo stereotipo della malattia invalidante), non c'è mai il tentativo (come spesso accade) di dettare regole che valgano per tutti. Amenabar prova a mettere al centro di tutto la dignità della vita e le scelte di ogni essere umano. Il finale, tragico e meraviglioso, dipinge un mare che continua ad agitarsi dentro di noi e non risolve (perché non può e perché non vuole) il dubbio che, fin dall'inizio, macera le nostre coscienze e i nostri cuori. Lo sguardo perso (forse incosciente) di Julia, la donna a cui Ramon invia la sua ultima poesia, ci fa pensare, ci fa parlare, ma non ci indica nessuna strada. Quella strada, sembra dire Julia, ognuno di noi, se vorrà, dovrà percorrerla da solo. "Buon viaggio, compagno!".
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luca1987
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lunedì 17 luglio 2006
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un successo nascosto
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Un film di commozione intensa, un film di riflessione e scelta, un film profondo quello di Amenabar che si discosta nettamente da un più surreale "The Others". Il giovane Javier è tetraplegico, costretto a letto, a una vita ("se così si può chiamare la sua" dirà egli stesso) di limiti e impedimenti pur circondato dal commovente affetto dei suoi cari. Chiede solo una cosa, morire per non soffrire, morire per una vita nell'aldilà sicuramente migliore di questa, morire per togliere il disturbo alla propria famiglia. Un film non sull'eutanasia ma con l'eutanasia, un film che si scontra duramente con gli ambienti cattolici ma riesce a raggiungere ugualmente il suo scopo, quello di raccontare la vita di un uomo inerme, incapace di poter rivolgere alla realtà una qualsiasi protesta fisica diversa dalla resa.
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Un film di commozione intensa, un film di riflessione e scelta, un film profondo quello di Amenabar che si discosta nettamente da un più surreale "The Others". Il giovane Javier è tetraplegico, costretto a letto, a una vita ("se così si può chiamare la sua" dirà egli stesso) di limiti e impedimenti pur circondato dal commovente affetto dei suoi cari. Chiede solo una cosa, morire per non soffrire, morire per una vita nell'aldilà sicuramente migliore di questa, morire per togliere il disturbo alla propria famiglia. Un film non sull'eutanasia ma con l'eutanasia, un film che si scontra duramente con gli ambienti cattolici ma riesce a raggiungere ugualmente il suo scopo, quello di raccontare la vita di un uomo inerme, incapace di poter rivolgere alla realtà una qualsiasi protesta fisica diversa dalla resa. Nonostante le premure e le richiesta della famiglia e degli ambienti ecclesiastici del suo paese, Javier decide di farla finita, di dimostrare a tutti che la forza di volontà di un uomo moralmente e psicologicamente distrutto va oltre i frivoli rigori di una moralità puramente religiosa ma che sorvola su un qualcosa che è più nascosto, più invisibile, il desiderio. E il desiderio di Javier è di abbandonare il proprio involucro fisico e di trascorrere l'eternità sotto forma di anima, lontano da un letto che lo bloccava da 20 anni. Come si può allora rifiutare di credere alle motivazioni di quel tetraplegico, di affondare la libertà di vivere e di morire di un uomo, di rifugiarsi nella parola di dio solo per non sentire le dure richieste del proprio cuore. Il film di Amenabar convince e convincono anche le interpretazioni di Bardem e Duenas....Profondo
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mariac
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domenica 12 dicembre 2010
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la vita dentro
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Di cosa si è padroni realmente nella vita se non del proprio corpo? La paura, la coscienza, la superficialità convincono l’uomo dell’idea che non capiterà mai di dover affrontare un dolore così grande, quello di dover perdere la padronanza del proprio corpo. Troppo spesso si è persuasi dalla certezza che è un tema che riguarda gli altri e su cui ci si può soffermare solo per esprimere opinioni , per dire farei così o così. Ciò dimostra che i fatti di cronaca non bastano, e dove non riesce la vita ci pensa il cinema.
Sì, perché ha la potenza di arrivare lì dove non arriva la telecronaca, i servizi giornalistici, i libri e le parole, perché è diretto, usa le immagini e quelle non puoi fare finta di non capirle.
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Di cosa si è padroni realmente nella vita se non del proprio corpo? La paura, la coscienza, la superficialità convincono l’uomo dell’idea che non capiterà mai di dover affrontare un dolore così grande, quello di dover perdere la padronanza del proprio corpo. Troppo spesso si è persuasi dalla certezza che è un tema che riguarda gli altri e su cui ci si può soffermare solo per esprimere opinioni , per dire farei così o così. Ciò dimostra che i fatti di cronaca non bastano, e dove non riesce la vita ci pensa il cinema.
Sì, perché ha la potenza di arrivare lì dove non arriva la telecronaca, i servizi giornalistici, i libri e le parole, perché è diretto, usa le immagini e quelle non puoi fare finta di non capirle.
Il mare dentro è uno di quei film che, scritti con pregio, offre l’opportunità di non scappare davanti a delle immagini nitide, da cui emerge il progetto di mostrare la vita di un uomo che non vuole imprigionare se stesso in un corpo slegato dalla propria mente, di un uomo che nella sua immobilità è capace di diffondere amore e di saperlo ricevere nelle forme più diverse, nascoste in un parente che ti prepara da mangiare, in uno che ti sbarba, in uno che ti aiuta a portare le parole oltre la prigione della tua camera.
Credo però che la forza del film sia non tanto nella descrizione di una lucida determinazione di ricercare una libertà sofferta ma quanto di volerlo fare con la partecipazione civile di una nazione, che si forgia di una civile costituzione, di un civile tribunale e di una società slegata dai dogmi del perbenismo e della religiosità. E cosa accade ancora? Che Ramòn così come chi ha vissuto e vive ancora la sua identità storia non può che trovare attraverso la clandestinità la sovranità del suo essere.
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jaky86
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mercoledì 23 febbraio 2011
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commovente bardem
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Amenabar affronta il difficile tema dell'eutanasia in maniera lucida e convinta. Un capolavoro impreziosito dalla magnifica e toccante interpretazione di Bardem, che dopo 30 anni costretto a letto chiede che la sua sofferenza possa avere fine. Il film ha la grande capacità di riuscire a raccontare l'uomo, e non il malato, ponendo l'eutanasia come un diritto inalienabile dell'uomo e come una scelta sofferta e dolorosa, ma unica via di fuga. Alcune scene sono memorabili, come il volo "immaginario" sotto le note di Nessun dorma, o il dialogo tra Ràmon e il prete, entrambi tetraplegici. Da far vedere nelle scuole, anzi, nelle chiese, a chi ancora si batte perchè un uomo condannato alla sofferenza non possa decidere della propria vita.
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Amenabar affronta il difficile tema dell'eutanasia in maniera lucida e convinta. Un capolavoro impreziosito dalla magnifica e toccante interpretazione di Bardem, che dopo 30 anni costretto a letto chiede che la sua sofferenza possa avere fine. Il film ha la grande capacità di riuscire a raccontare l'uomo, e non il malato, ponendo l'eutanasia come un diritto inalienabile dell'uomo e come una scelta sofferta e dolorosa, ma unica via di fuga. Alcune scene sono memorabili, come il volo "immaginario" sotto le note di Nessun dorma, o il dialogo tra Ràmon e il prete, entrambi tetraplegici. Da far vedere nelle scuole, anzi, nelle chiese, a chi ancora si batte perchè un uomo condannato alla sofferenza non possa decidere della propria vita. Tratto da una storia vera.
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fedson
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martedì 19 febbraio 2013
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l'occasione di morire o la scelta di vivere?
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Alejandro Amenábar esercita un duro lavoro di regia raccontando la storia di un uomo (Javier Bardem) reso tetraplegico a causa di un incidente: un tuffo mal finito. Film spagnolo basato sulla conoscenza di se stessi (in tal caso del protagonista Ramòn), sulla voglia di vivere e sul desiderio di morire, ma che fa riflettere sui valori di ciò che abbiamo e delle piccole cose che ci portano avanti nella vita di tutti i giorni. La pellicola si avvale di una linea pesantemente drammatica che scorre lenta, con un ritmo ipnotico e quasi immobile (proprio come il protagonista) in grado di intimidire lo spettatore fino a coglierlo nel cuore, suscitandogli grandi e profondissime emozioni che pochi film sanno ormai regalare.
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Alejandro Amenábar esercita un duro lavoro di regia raccontando la storia di un uomo (Javier Bardem) reso tetraplegico a causa di un incidente: un tuffo mal finito. Film spagnolo basato sulla conoscenza di se stessi (in tal caso del protagonista Ramòn), sulla voglia di vivere e sul desiderio di morire, ma che fa riflettere sui valori di ciò che abbiamo e delle piccole cose che ci portano avanti nella vita di tutti i giorni. La pellicola si avvale di una linea pesantemente drammatica che scorre lenta, con un ritmo ipnotico e quasi immobile (proprio come il protagonista) in grado di intimidire lo spettatore fino a coglierlo nel cuore, suscitandogli grandi e profondissime emozioni che pochi film sanno ormai regalare. Ma si tratta anche di un film ottimamente interpretato da un immenso Bardem (candidato al Golden Globe ma premiato con una meritatissima Coppa Volpi), da una Lola Duenas veramente da premio Oscar in una memorabile performance dell'avvocatessa affetta da CASADIL, e dal resto del cast che non guasta e combacia con gli altri attori. Tante sono le emozioni, tanto grandi sono gli interpreti e tanto grande è il film, premiato nientemeno che un Premio Oscar al miglior film straniero. Ottime colonne sonore che rendono benissimo la vena sentimentale che circonda il film in tutta la sua durata. Un film di una tale sensibilità che nemmeno l'imperatrice Hollywood è in grado di produrre. Con questa interpretazione, Bardem si aggiudica un posto tra i miei attori preferiti e non c'è nulla che gli possa togliere dalle mani un futuro secondo (e speriamo meritato) Oscar. Grande film di grandi interpreti.
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julianne
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giovedì 17 ottobre 2013
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un inno alle vita nella descrizione di una morte
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Alejandro Amenàbar narra la toccante storia (vera) di Ramòn Sampedro, primo spagnolo ad aver chiesto l'eutanasia poichè paralizzato da più di vent'anni. Una storia emozionante, intensa, in cui amore, sogno, rimpianto, paura e speranza si fondono in un'opera che arriva dritta al cuore, grazie agli interpreti - primo fra tutti l'incredibile Javier Bardem nei panni di Sampedro, poi ancora Lola Duenas e Belén Rueda - alle musiche - composte dallo stesso Amenàbar, anche sceneggiatore e produttore - alla fotografia e ai dialoghi. Momenti romantici e poetici si intrecciano ad altri ilari e leggeri, raggiungendo un'intensità che sfiora il lirismo.
Oscar e Golden Globe come Miglior Film Straniero, Leone d'Argento e Miglior Attore al Festival di Venezia, Oscar Europeo per Miglior Attore e Miglior Regia e ben 14 Premi Goya per questo capolavoro spagnolo.
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Alejandro Amenàbar narra la toccante storia (vera) di Ramòn Sampedro, primo spagnolo ad aver chiesto l'eutanasia poichè paralizzato da più di vent'anni. Una storia emozionante, intensa, in cui amore, sogno, rimpianto, paura e speranza si fondono in un'opera che arriva dritta al cuore, grazie agli interpreti - primo fra tutti l'incredibile Javier Bardem nei panni di Sampedro, poi ancora Lola Duenas e Belén Rueda - alle musiche - composte dallo stesso Amenàbar, anche sceneggiatore e produttore - alla fotografia e ai dialoghi. Momenti romantici e poetici si intrecciano ad altri ilari e leggeri, raggiungendo un'intensità che sfiora il lirismo.
Oscar e Golden Globe come Miglior Film Straniero, Leone d'Argento e Miglior Attore al Festival di Venezia, Oscar Europeo per Miglior Attore e Miglior Regia e ben 14 Premi Goya per questo capolavoro spagnolo. Il film del giovane Amenàbar non è una semplice pellicola sull'eutanasia, ma un autentico inno alla libertà e, soprattutto, alla vita, che, come ricorda più volte Sampedro (Bardem) "è un diritto, non un obbigo".
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stefanocapasso
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venerdì 11 aprile 2014
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su malattia e potere personale
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Amenabar senza sentimentalismi o moralismi sul tema della disabilità. Ramon costretto da 28 anni a letto, immobile, conduce da tempo una battaglia per ottenere l’eutanasia legale. Il suo caso diviene un caso nazionale e suscita l’attenzione di molti che per motivi opposti cominciano ad interessarsi al suo caso. Così la sua vita assisterà ad un improvviso ripopolarsi di figure, attenzioni ed amori. Ma questo non servirà a dissuaderlo dal suo intento.
Il film ha il suo tema principale sull’eutanasia.
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Amenabar senza sentimentalismi o moralismi sul tema della disabilità. Ramon costretto da 28 anni a letto, immobile, conduce da tempo una battaglia per ottenere l’eutanasia legale. Il suo caso diviene un caso nazionale e suscita l’attenzione di molti che per motivi opposti cominciano ad interessarsi al suo caso. Così la sua vita assisterà ad un improvviso ripopolarsi di figure, attenzioni ed amori. Ma questo non servirà a dissuaderlo dal suo intento.
Il film ha il suo tema principale sull’eutanasia. Non entro nel merito, piuttosto porto l’attenzione sul tema che c’è alla base, quello della malattia, e su come questa infici il potere personale dell’individuo ed in sostanza la capacità generatrice. E’ un mondo, quello descritto da Amenabar, dove nei diversi ruoli ogni protagonista è soprattutto preso dal proprio compito esistenziale, perché questo è quello che porta linfa vitale. Il tessuto sociale è quello di persone che portano con se grandi ideali e necessità di autoaffermazione e che per questo un poco perdono il contatto con il se più profondo, quello capace di vivere ed apprezzare il momento. Cosi Ramon che pure si trova a vivere una storia di amore in piena regola, e che tutto sommato riesce a sviluppare le sue risorse e i suoi talenti in modi diversi, rimane attaccato alla sua idea che è quella di una vita senza dignità. E nessuno di chi gli sta intorno, preso anche lui, da idealismi e compiti, riesce a fargli vedere quanta vita Ramon riesca a vivere. Tutto sommato la comunicazione tra le persone intorno a lui è incentrata sul proprio ideale di vita piuttosto che su un vero ascolto dell'altro. Ramon, sceglie di puntare su quello che non può piuttosto che su quello che è possibile e in un atto di estremo esercizio di potere riesce ad organizzare con una adeguata messa in scena la sua fine davanti alle telecamere.
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midnightmoonlight
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lunedì 12 ottobre 2015
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un mare di emozioni in tempesta
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Golden Globe, EFA, Coppa Volpi, Premio Goya a Bardem e, dulcis in fundo, l'Oscar come miglior film straniero. Con mare dentro, Amenàbar racchiude, nello scrigno della sua delicata eppur penetrante regia, una piccola, scintillante perla cinematografica, capace di far breccia anche nel cuore dello spettatore più duro. Il regista porta in scena un tema così delicato, quello dell'eutanasia, senza teatralizzare il tutto ma, anzi, avvicina, con grande concretezza, lo spettatore alla quotidianità di un tetraplegico, dipendente in tutto e per tutto da terzi, anche per compiere le azioni più banali, come cambiare la postura a letto. Gli ingredienti utilizzati sono quattro mura, un letto, e un mostro di bravura, il madrileno Javier Bardem, che dà cuore e anima alle vicende del pescatore galiziano Ramòn Sampedro.
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Golden Globe, EFA, Coppa Volpi, Premio Goya a Bardem e, dulcis in fundo, l'Oscar come miglior film straniero. Con mare dentro, Amenàbar racchiude, nello scrigno della sua delicata eppur penetrante regia, una piccola, scintillante perla cinematografica, capace di far breccia anche nel cuore dello spettatore più duro. Il regista porta in scena un tema così delicato, quello dell'eutanasia, senza teatralizzare il tutto ma, anzi, avvicina, con grande concretezza, lo spettatore alla quotidianità di un tetraplegico, dipendente in tutto e per tutto da terzi, anche per compiere le azioni più banali, come cambiare la postura a letto. Gli ingredienti utilizzati sono quattro mura, un letto, e un mostro di bravura, il madrileno Javier Bardem, che dà cuore e anima alle vicende del pescatore galiziano Ramòn Sampedro. Il movimento corporale, per quel poco che è presente, passa assolutamente in secondo piano di fronte al vortice di emozioni originato dai sussurri di Ramòn, dal suo sguardo così profondo, come il mare, e da quel sorriso, colmo di tristezza, che le sue labbra riescono a disegnare. Ramòn porta fuori da sé quel mare di emozioni, sensazioni, profumi, colori e odori che le persone normodotate danno per scontate. Mettendo la mano sul cuore di chi lo guarda, con estrema sensibilità e sfrontata determinazione, Ramòn fa entrare il pubblico nel suo piccolo regno, dove l'unico obiettivo è raggiungere l'eterno riposo, quella pace che gli è stata data e tolta dall'amore della sua vita, e che giungerà attraverso lo stesso liquido. L'acqua, dunque, si trasforma in un elemento ambivalente, fonte di vita, morte e pace, e la morte stessa perde quell'accezione negativa data dalla maggioranza della gente, trasformandosi in un' oasi sommersa che aspetta solo di essere scoperta.
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aristoteles
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mercoledì 13 aprile 2016
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un tuffo nell'anima
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Sinceramente non pensavo che Bardem potesse arrivare a questi livelli,è assolutamente strepitoso in questa pellicola.
Il mare,una famiglia unita,scelte difficili.
Nella semplicità di alcune immagini,come l'immaginarsi di poter volare liberi o rituffarsi in quell'acqua agrodolce,riusciamo ad ascoltare l'anima vibrante di Ramon.
Vengono le lacrime agli occhi,impossibile non emozionarsi,impossibile rimanere indifferenti.
Nonostante temi cos' pesanti da affrontare il regista riesce nella difficile opera di non arrivare al mattone che si piazza sullo stomaco dopo i primi trenta minuti,riuscendo a regalarci un prodotto dall'altissimo valore etico ed artistico.
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Sinceramente non pensavo che Bardem potesse arrivare a questi livelli,è assolutamente strepitoso in questa pellicola.
Il mare,una famiglia unita,scelte difficili.
Nella semplicità di alcune immagini,come l'immaginarsi di poter volare liberi o rituffarsi in quell'acqua agrodolce,riusciamo ad ascoltare l'anima vibrante di Ramon.
Vengono le lacrime agli occhi,impossibile non emozionarsi,impossibile rimanere indifferenti.
Nonostante temi cos' pesanti da affrontare il regista riesce nella difficile opera di non arrivare al mattone che si piazza sullo stomaco dopo i primi trenta minuti,riuscendo a regalarci un prodotto dall'altissimo valore etico ed artistico.
La scelta finale si può condividere o meno,ma il punto vero è che non esiste giusto o sbagliato quando la sofferenza interiore raggiunge un livello inaccettabile.
Capolavoro da far vedere nelle scuole superiori.
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