I diari della motocicletta |
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Un film di Walter Salles.
Con Gael García Bernal, Mercedes Morán, Jean Pierre Noher, Mia Maestro, Rodrigo De la Serna.
continua»
Titolo originale Diarios de motocicleta.
Avventura,
Ratings: Kids+16,
durata 126 min.
- Argentina, Brasile, Cile, Perù, USA 2004.
- Bim Distribuzione
MYMONETRO
I diari della motocicletta
valutazione media:
3,00
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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In viaggio con “Che” Guevaradi FefyFeedback: 0 |
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giovedì 10 gennaio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Buenos Aires, gennaio 1952. Due giovani amici, Fùser (il furibondo Sern, dal cognome della madre, Celia de la Serna) e Miàl (mio Alberto, come con affetto l’apostrofava l’amico), decidono di intraprendere un viaggio epico in America Latina in cerca d’avventura e forse, ancor di più, per osservare e capire quel continente conosciuto solo attraverso i libri. In sella alla “Poderosa”, la motocicletta di Alberto, una Norton 500 del 1939 percorreranno più di diecimila chilometri attraversando l’Argentina, il Cile, il Perù fino ad arrivare, quasi sette mesi dopo, in Venezuela. Le strade polverose, le regioni aride e desertiche, la neve delle Ande segneranno il carattere di quei ragazzi, ma ancor più a cambiare la loro vita, forse per sempre, sarà l’incontro con la miseria e l’ingiustizia sociale che schiacciano le genti che abitano l’America Latina, non padrone della loro vita e incapaci di scrivere la propria storia. I due ragazzi erano Ernesto Guevara de la Serna, allora ventitreenne studente di medicina che poi sarebbe diventato il Comandante “Che”, e il ventinovenne Alberto Granado, biochimico, che otto anni dopo questa loro avventura fu chiamato da Ernesto a Cuba e qui fondò una scuola di medicina. Il film, diretto da Walter Salles (Central do Brasil – 1998), non è un film politico, piuttosto un racconto di formazione che non indugia in sentimentalismi, ma narra, descrivendolo in modo efficace, il mondo fatto di ideali e sentimenti coraggiosi di due giovani che volevano cambiare il mondo. L’uso dei campi lunghi e lunghissimi non è mai sfruttato per regalare panorami mozzafiato, ma semmai per descrivere nel modo più sincero possibile un continente ricco per natura e tradizioni. L’utilizzo, in alcune scene, della cinepresa a mano, invece, ci avvicina in modo più intimo ai personaggi rendendoci quasi partecipi degli avvenimenti. Giova molto, ed è decisiva, l’interpretazione dei due attori protagonisti, Gael Garcia Bernal (Ernesto) e Rodrigo de la Serna (Alberto), molto bravi, spontanei e intensi, specialmente il primo già bravo interprete di “Amores perros”. Gli attori di contorno, tra i quali ricordiamo Mia Maestro (Frida 2002), sono altrettanto bravi e sapientemente orchestrati dal regista che attraverso loro delinea con più precisione le figure dei due protagonisti. In sostanza si tratta di un bel film, uno di quei film che ti fanno venire voglia di andare in libreria ad acquistare i libri che hanno ispirato la pellicola o che in qualche modo ne fanno parte. In questo caso si tratta di “Latinoamericana” scritto da Ernesto “Che” Guevara, edito in Italia da Feltrinelli, che è il diario di quel viaggio, e di “Un gitano sedentario”, la autobiografia di Alberto Granado (ora ottantaduenne), edita da Sperling&Koupfer, e che prende il titolo dal soprannome che Ernesto diede ad Alberto nell’ultima lettera che il “Che” gli inviò.. In una scena del film, osservando a Machu Picchu le rovine della civiltà Inca, Ernesto si chiederà: “Come si può avere nostalgia di qualcuno che non si è conosciuto?”, è la stessa domanda che ci poniamo noi uscendo dalla sala cinematografica…
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