Heimat 3 - Cronaca di una svolta epocale - Un film in 6 episodi |
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Un film di Edgar Reitz.
Con Henry Arnold, Salome Kammer, Michael Kausch, Mathias Kniesbeck, Peter Schneider.
continua»
Titolo originale Heimat 3 - Chronik einer Zeitenwende - Ein Film in sechs Teilen.
Drammatico,
durata 680 min.
- Germania 2004.
uscita venerdì 4 marzo 2005.
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Non crederete ai vostri occhi
di liaFeedback: |
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lunedì 7 marzo 2005 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Vedere per credere, o per restare increduli. Sembra di essere in uno spot per il target "ultrasessantenni facoltosi". Due figli degli anni 70, ricchi, fortunati e pure artisti, rinverdiscono a modo loro il mito del ritorno alla terra. Sono così stanchi degli hotel a quattro stelle, bisogna capirli. Non alleveranno polli, ma ristruttureranno una sinistra casa (dicono che ci si sia ammazzata la Günderrode, avete presente?) per gioire finalmente di "un punto fermo". Il locale movimento antimissilistico - not in our backyard, danke - li adotta grato: sono un plus di prestigio culturale. E poi loro sono sempre così ben pettinati. La vecchia cascina gliela riabilita una squadra di magici operai specializzati della appena aperta DDR (ma allora la provvidenza esiste) ai quali il co-sceneggiatore Thomas Brüssig affibbia in pratica il ruolo dell'intermezzo comico, o al più dei sette nani. Conoscevo Brüssig come buon "giovane scrittore" dell'ex ddr, ma mi sembra che comincia a marciarci, con il folclore degli ossis, e mi pare che qui si sia lasciato prendere la mano dalla sua vena comico-patetica. Intanto Hermann, sul cui viso si è fissato col tempo un rigido sorrisetto compiaciuto, fa carambola, in quanto la bicocca, ohibó, è a un passo dalla natia Schabbach. Occhio che i nostri eroi hanno un figlio a testa (si sa, gli anni settanta...): quella di lui è invisibile, l'altro resiste stoicamente a una nonna schiacciante (ce la fa perché sta tutto il giorno su internet). Per chi aveva lasciato Hermann e Clarissa amaramente separati alla fine della seconda parte, oggi la delusione è cocente. Per chi aveva visto in Reitz il cantore cinematografico di una Germania che vale la pena, il tonfo è fragoroso. Si spera che questa serie, che parte da un mieloso finale felice, acquisti un poco di spessore strada facendo. A reggere questo episodio c'è un'utopia potente, di derivazione goethiana: quella un popolo in cui il lavoro manuale, la tecnica, l'abilità, il fare, non siano in contraddizione con l'alta cultura, la musica, l'arte. Magnifico nel '700 e a casa di un latifondista illuminato; dopo, pericolosamente paternalista. L'armonico parallelismo cacciavite/archetto è suggerito senza sottigliezza alcuna dal film, che alterna le immagini di Hermann e Clarisse, uno a dirigere, l'altra a cantare, con le operazioni di salvataggio della vecchia casa. A questo punto voglio rivedere heimat 1 e 2. Chissà che, visti dopo questo, non mi riservino qualche brutta sorpresa.
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