paride86
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domenica 1 marzo 2009
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molto bello
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"Gerry" è sicuramente un film fuori dal comune, sia per la trama che per i tempi cinematografici; nella filmografia di Gus Van Sant rappresenta una drastica svolta, visto che si colloca dopo i didascalici "Genio Ribelle" e "Scoprendo Forrester".
La storia è quella di due ragazzi, entrambi di nome Gerry, che si smarriscono nel deserto - forse metafora della vita, vista come una bellissima trappola mortale, oppure simbolo di una difficile prova da superare.
Per come è stato girato, questo film è pieno di "vuoti" narrativi che devono essere colmati dai sentimenti e dallo stato d'animo dello spettatore; lo si può leggere in tanti modi: un discorso sull'esistenza, sul viaggio, sui rapporti umani, a seconda dell'inclinazione con cui lo si guarda.
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"Gerry" è sicuramente un film fuori dal comune, sia per la trama che per i tempi cinematografici; nella filmografia di Gus Van Sant rappresenta una drastica svolta, visto che si colloca dopo i didascalici "Genio Ribelle" e "Scoprendo Forrester".
La storia è quella di due ragazzi, entrambi di nome Gerry, che si smarriscono nel deserto - forse metafora della vita, vista come una bellissima trappola mortale, oppure simbolo di una difficile prova da superare.
Per come è stato girato, questo film è pieno di "vuoti" narrativi che devono essere colmati dai sentimenti e dallo stato d'animo dello spettatore; lo si può leggere in tanti modi: un discorso sull'esistenza, sul viaggio, sui rapporti umani, a seconda dell'inclinazione con cui lo si guarda.
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(di pippodt)
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g. romagna
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venerdì 18 febbraio 2011
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gerry
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Gerry (Matt Damon) e Gerry (Casey Affleck) partono a piedi, nel deserto, verso meta ignota, sostenendo che "tutte le strade portano nello stesso posto". Ben presto si perdono, ed il caldo e la disidratazione dovute al mancato rinvenimento dell'acqua mettono presto duramente alla prova la loro amicizia e la loro vita... Piani sequenza interminabili, magnifici scenari desertici a perdita d'occhio, dialoghi minimi e scarni, sonoro in presa diretta e musica essenziale che descrive appieno gli stati, fisici e d'animo, dei protagonisti. Gus Van Sant riprende, con uno stile sperimentale e d'avanguardia, un viaggio che si fa metafora della vita, splendido cammino fianco a fianco dal senso latente ed irto di difficoltà che possono anche mettere in crisi quei legami che ritenevamo più solidi.
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Gerry (Matt Damon) e Gerry (Casey Affleck) partono a piedi, nel deserto, verso meta ignota, sostenendo che "tutte le strade portano nello stesso posto". Ben presto si perdono, ed il caldo e la disidratazione dovute al mancato rinvenimento dell'acqua mettono presto duramente alla prova la loro amicizia e la loro vita... Piani sequenza interminabili, magnifici scenari desertici a perdita d'occhio, dialoghi minimi e scarni, sonoro in presa diretta e musica essenziale che descrive appieno gli stati, fisici e d'animo, dei protagonisti. Gus Van Sant riprende, con uno stile sperimentale e d'avanguardia, un viaggio che si fa metafora della vita, splendido cammino fianco a fianco dal senso latente ed irto di difficoltà che possono anche mettere in crisi quei legami che ritenevamo più solidi. Raramente può affrontarsi un tema così grande senza scadere nello scontato o nel retorico, ma un film del genere vi riesce pienamente, immergendo lo spettatore in un percorso che scandaglia l'anima, le speranze, le gioie, gli errori, le inquietudini e le angosce in una parabola che si fa forza delle sole immagini: il deserto diviene così dimensione totalizzante dell'esistenza, e l'interminabile e via via sempre più disperato vagare dei due capace di imprimere in sè il senso alla vicenda, senza che debbano intervenire le parole ad esplicare delle sensazioni troppo più grandi di noi per ottenere una spiegazione razionale. In questa pellicola Van Sant riesce a racchiudere la più grande forza del cinema: suggestionare con la pura immagine, emozionare con la magnificenza e, allo stesso tempo, semplicità del paesaggio e con il dramma del singolo gesto umano. Bravissimi in tal senso sono Affleck e Damon, coautori, assieme al regista della sceneggiatura. Un'esperienza cinematografica quasi mistica, da vivere assolutamente. Indimenticabile.
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ennio
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lunedì 15 ottobre 2018
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van sant è una garanzia anti-hollywoodiana
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Gerry è un documentario paesaggistico dentro un film, e una lunga camminata filosofica dentro la ferocia della realtà. Tre opere in una.
Quante volte le nuvole, i temporali sembrano voler dissetare i nostri due protagonisti perduti nello spietato deserto tra la California e il Nevada, e tutte le volte, senza pietà, la regìa nega all'assetato spettatore una soluzione tranquillizzante e convenzionale.
La forza di Van Sant sta anche nel "costringere" due grandi attori di Hollywood a recitare una cosa diversa dalle solite. Per gli appassionati di questo regista non mancheranno i lunghi silenzi, che non sono mai silenzi del pensiero ma solo silenzi di parole al vento.
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stefano capasso
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martedì 1 ottobre 2019
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consapevolezza del qui ed ora
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Due ragazzi che hanno lo stesso nome, Gerry, decidono di andare a fare un’escursione nel deserto. Sottovalutando le insidie presenti si inoltrano fino a perdersi. Senza acqua, ne cibo e nessuna attrezzatura adatta, si incamminano per giorni alla ricerca della salvezza, ma poco a poco si arrendono alla vastità del deserto cominciano a spegnersi.
Gus Van Sant produce un racconto di viaggio estremo. Dilata al massimo i tempi narrativi, adottando lunghissimi piano sequenza e di fatto rinunciando alla costruzione del montaggio. Una scelta che ricalca perfettamente il percorso dei due protagonisti impegnati in un viaggio verso la ricerca della vita. Le lunghe e ipnotiche sequenze danno modo allo spettatore di calarsi sempre più profondamente in una dimensione altra, che non è nemmeno raccontata o mostrata ma che appartiene decisamente alla propria interiorità.
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Due ragazzi che hanno lo stesso nome, Gerry, decidono di andare a fare un’escursione nel deserto. Sottovalutando le insidie presenti si inoltrano fino a perdersi. Senza acqua, ne cibo e nessuna attrezzatura adatta, si incamminano per giorni alla ricerca della salvezza, ma poco a poco si arrendono alla vastità del deserto cominciano a spegnersi.
Gus Van Sant produce un racconto di viaggio estremo. Dilata al massimo i tempi narrativi, adottando lunghissimi piano sequenza e di fatto rinunciando alla costruzione del montaggio. Una scelta che ricalca perfettamente il percorso dei due protagonisti impegnati in un viaggio verso la ricerca della vita. Le lunghe e ipnotiche sequenze danno modo allo spettatore di calarsi sempre più profondamente in una dimensione altra, che non è nemmeno raccontata o mostrata ma che appartiene decisamente alla propria interiorità. Insieme ai protagonisti riflettiamo sulla vita, sull’importanza del percorso piuttosto che sulla destinazione finale, in fin dei conti uguale per tutti. Perdersi nel deserto equivale alla possibilità di perdersi nella vita, intesa come modalità per vivere consapevolmente ogni momento del presente. Cosa estremamente necessaria ai due vagabondi per sperare di uscire indenni dalla traversata.
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