Roberto Nepoti
La Repubblica
Per diversi aspetti Autofocus fa pensare aConfessioni di una mente pericolosa, il film di George Clooney presentato a Berlino e d'imminente uscita italiana: una storia vera, un personaggio autodistruttivo, più o meno la stessa epoca e, motore di tutto, il potere crescente dei media. Basandosi sul libro di Robert GraysmithL'assassinio di Bob Crane, Paul Schrader parafrasa la vicenda di una media star televisiva popolare tra il 1965 e i primi anni del decennio successivo: Bob Crane, appunto, protagonista di una sit-com a molte puntate (Gli eroi di Hogan) ambientata in un campo di prigionia durante la seconda guerra mondiale.
Il successo mediatico innesca in Bob una repentina metamorfosi: sposato con figli, assiduo frequentatore della parrocchia, l'uomo si rende conto che l'apparire in tv gli attribuisce un irresistibile carisma agli occhi delle donne; vinte le prime resistenze, coglie ogni occasione sessuale, passando le serate nei cabaret di spogliarello e coronandole con un'immancabile orgia.
Gli fa da Lucignolo (Crane approfitta dei corpi femminili con la golosità indiscriminata di un ragazzino nel Paese dei Balocchi) John Carpenter, pionieristico esperto di tecnologie video, che instaura con lui un rapporto morboso sotto lo slogan scanzonato: "Un giorno senza sesso è un giorno sprecato". Divorziato dalla prima moglie, l'attore si risposa e divorzia di nuovo. Con due famiglie a carico si adatta a lavoretti e comparsate in tv, mentre la sua stella va declinando. Protagonista di un film Disney (in italiano s'intitolavaDai papà...sei una forza), perde l'immagine a causa delle continue scappatelle erotiche; il moralismo hollywoodiano lo schiaccia.
Sarà trovato morto in una stanza d'hotel, senza che il suo assassino venga mai incriminato. Il caso di cronaca è congeniale alla cupa morale calvinista di Schrader che, da sceneggiatore (Taxi Driver) come da regista (American Gigolo,Affliction), ci ha sempre raccontato la stessa vicenda: un uomo scende agli Inferi, senza possibilità di ritorno. Qui però c'è una nota d'originalità nuova. Autofocus, in fondo, è una storia dell'evoluzione della tecnologia raccontata attraverso il sesso (Crane riprende le performance con la telecamera, montando video a uso personale); Mefistofele è un tecnico-video e la televisione, pubblica o "privata", ha tutto l'aspetto di quell'inferno in cui il protagonista è destinato a sprofondare.
Da La Repubblica, 12 aprile 2003
di Roberto Nepoti, 12 aprile 2003