paolo ciarpaglini
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martedì 8 gennaio 2008
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fine di una storia.
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Film purtroppo pressochè sconosciuto, al grande pubblico. Ralph Fiennes e Julian Moore sono gli splendidi interpreti di una profonda, dirompente, viscerale e controversa storia d'amore. Nella Londra della seconda guerra mondiale, sposata con un ricco uomo, battezzata ma non praticante, Shara Miles (la Moore) riscoprirà la fede nel momento che crederà Maurice (Fiennes), morto. La disperazione la 'costringe' a prostrarsi e pregare, ma proprio un istante prima che Maurice appaia dietro di lei ferito, ma ancora vivo, fa una promessa: 'giura a Dio che se vivrà, troncherà la storia'. Costretta interiormente a tener fede alla promessa, passeranno due anni prima che i due si rivedano. Gli splendidi dialoghi accompagnati da una superba colonna sonora, sono ricchi di spunti e fonte di grande riflessione.
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Film purtroppo pressochè sconosciuto, al grande pubblico. Ralph Fiennes e Julian Moore sono gli splendidi interpreti di una profonda, dirompente, viscerale e controversa storia d'amore. Nella Londra della seconda guerra mondiale, sposata con un ricco uomo, battezzata ma non praticante, Shara Miles (la Moore) riscoprirà la fede nel momento che crederà Maurice (Fiennes), morto. La disperazione la 'costringe' a prostrarsi e pregare, ma proprio un istante prima che Maurice appaia dietro di lei ferito, ma ancora vivo, fa una promessa: 'giura a Dio che se vivrà, troncherà la storia'. Costretta interiormente a tener fede alla promessa, passeranno due anni prima che i due si rivedano. Gli splendidi dialoghi accompagnati da una superba colonna sonora, sono ricchi di spunti e fonte di grande riflessione. Il film è narrato dallo stesso Maurice, scrittore, che fino all'ultimo resta profondamente ostile alla fede cattolica. Entrambi, il marito e Miles, amano, anche se in modo diverso Sarah. Bendrix arde di gelosia e passione, Henry Miles le è devoto. Dramma, che sfruttando con sapienza il fleshback, illustra quanto l'amore può ingannare, far morire, soffrire ed infine risorgere qualcosa, che non conosciamo o non sappiamo esistere dentro noi. La guancia prima deturpata del figlio dell'investigatore, poi guarita proprio grazie ad un bacio occasionale di Sarah, annuncia la conversione di Maurice. Proprio nelle ultime battute del libro che stà scrivendo, infatti, chiede a Dio di vegliare su di lei.
Film per palati fini ed amanti del cinema con la C, maiuscola.
Julian Moore paragonabile alla miglior Meryl Streep, fantastica.
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(di lavinia)
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nicorex
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mercoledì 30 dicembre 2009
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l'amore "oltre" e per sempre
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L'ho scoperto,colpevolmente, a 10 anni dalla sua uscita in questi giorni di feste natalizie, tutte improntate a riti pagani e minimamente cristiani.E' stata una folgorazione sotto tutti i profili perché raramente un film tratto,come altri, da un libro (= di Graham Greene), sovente delude la platea.Ma qui c'é tutto in questa Londra molto simile a se stessa e in questi due personaggi, veramente vissuti e autobiografici, splendidamente interpretati da Julianne Moore e Ralph Fiennes per non parlare del compassato ed espressivo Stephen Rea.Il film, difficilissimo da raccontare e nondimeno sapientemente intrecciato con i continui flash back, si condensa nella frase ripetuta da Shara: "l'amore non finisce quando non ci si vede più", e,quindi, esso va "oltre", cioè al di là di ogni limite umano, al di là della morte, esista o non esista,dopo di essa, una qualsivoglia "entità".
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L'ho scoperto,colpevolmente, a 10 anni dalla sua uscita in questi giorni di feste natalizie, tutte improntate a riti pagani e minimamente cristiani.E' stata una folgorazione sotto tutti i profili perché raramente un film tratto,come altri, da un libro (= di Graham Greene), sovente delude la platea.Ma qui c'é tutto in questa Londra molto simile a se stessa e in questi due personaggi, veramente vissuti e autobiografici, splendidamente interpretati da Julianne Moore e Ralph Fiennes per non parlare del compassato ed espressivo Stephen Rea.Il film, difficilissimo da raccontare e nondimeno sapientemente intrecciato con i continui flash back, si condensa nella frase ripetuta da Shara: "l'amore non finisce quando non ci si vede più", e,quindi, esso va "oltre", cioè al di là di ogni limite umano, al di là della morte, esista o non esista,dopo di essa, una qualsivoglia "entità".Quell'entità che Shara (figlia di madre cattolica e di padre ebreo,quindi per niente praticante) scopre nel momento più doloroso e drammatico della sua vita, quando, realizzata la morte fisica del suo irrinunciabile Maurice, prega Dio di mantenerlo in vita con la promessa di non più rivederlo, cioé di rinunciare al suo amore, alla sua unica ragione di esistere.Scelta drammatica e sublime nello stesso tempo, anche perché non esternamente percebibile dal suo Maurice.I dialoghi sono di una semplicità e profondità esemplari, accompagnati da una recitazione -lo si ripete- superba, mai fuori delle riga, in stretta aderenza con una storia di vita e di morte,struggente nella sua semplicità e nella tragicità che si avverte, come una premonizione, in quei ripetuti colpi di tosse, quel male che Shara non sente, pur nella sua gravità,perché ha sentito soltanto il cuore che le é stato tolto, visto che ormai "non sente" più niente del suo corpo."Fine di una storia" é il titolo del film, ma certamente non é la fine dell'amore né la fine di qualcos'altro, perché i segnali colti da Shara e vivificati nel dispiegarsi della sua vicenda umana, infine penetrano anche in Maurice il quale -si badi bene- inizia nel film a scrivere il suo romanzo autobiografico esprimendo un bisogno di odio verso tutti, anche verso Dio che pure nega, per poi ammetterne l'esistenza nella tenerissima invocazione finale che poi altro non é che il suo definitivo atto d'amore: che Dio abbandoni lui, non si curi di lui, ma vegli su di lei "per sempre" al pari del suo, del loro amore.
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danygor
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venerdì 7 settembre 2012
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un sentimento all'inglese
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"Film in pieno stile inglese, con una narrazione elegante e mai eccessiva, nonostante il drammatico finale. Ottima la direzione degli attori, mai sopra le righe a parte il personaggio dell'investigatore privato (ian Hart), autentica "chicca" della storia, con il suo essere maniacalmente preciso nell'espletare il proprio compit e richiamare alla mente il "Wolf" di "Pulp Fiction" o taluni personaggi di Alleniana memoria. La storia, tra racconto in flashback e scene ripetute ma viste dalle diverse ottiche dei vari protagonisti, scorre bene e sa far crescere nello spettatore la tensione drammatica man mano che si avvicina l'epilogo.
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"Film in pieno stile inglese, con una narrazione elegante e mai eccessiva, nonostante il drammatico finale. Ottima la direzione degli attori, mai sopra le righe a parte il personaggio dell'investigatore privato (ian Hart), autentica "chicca" della storia, con il suo essere maniacalmente preciso nell'espletare il proprio compit e richiamare alla mente il "Wolf" di "Pulp Fiction" o taluni personaggi di Alleniana memoria. La storia, tra racconto in flashback e scene ripetute ma viste dalle diverse ottiche dei vari protagonisti, scorre bene e sa far crescere nello spettatore la tensione drammatica man mano che si avvicina l'epilogo. Forse il tema della Seconda guerra mondiale con i bombardamenti tedeschi, che sfiora solo la trama, poteva essere più approfondito; mentre l'aurea di misticità, rafforzata ancor più dal miracolo della carezza guaritrice di Sarah (Julianne Moore) al figlio dell'investigatore Mister Parkis risulta esagerata e un po fuori luogo nella storia".
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francesco2
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lunedì 12 settembre 2011
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la fine di una storia (che non c'è)
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Peccando un pò di schematismo, il cinema dell'irlandese Jordan, (che peraltro trova non di rado difficoltà ad essere distribuito sugli sche(r)mi nostrani: a parte il pasticciato ma curioso "Garzone del macellaio", solo Sky, che mi risulti, ha dato visibilità al recente "Ondine"), si può suddividere in due categorie.
Alla prima appartengono i due film citati, ma per certi versi anche il più conosciuto "La moglie del soldato" e "Breakfast on Pluto". Un cinema visionario, che mantiene uno sguardo personale sulla vita e gli esseri umani.
Il film di c i sto per parlare, invece, appartiene alla categoria del Melodramma raffreddtao", quello cui va ascritto il troppo criticato (Dopo il Leone d'Oro a venezia)"Michael Collins".
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Peccando un pò di schematismo, il cinema dell'irlandese Jordan, (che peraltro trova non di rado difficoltà ad essere distribuito sugli sche(r)mi nostrani: a parte il pasticciato ma curioso "Garzone del macellaio", solo Sky, che mi risulti, ha dato visibilità al recente "Ondine"), si può suddividere in due categorie.
Alla prima appartengono i due film citati, ma per certi versi anche il più conosciuto "La moglie del soldato" e "Breakfast on Pluto". Un cinema visionario, che mantiene uno sguardo personale sulla vita e gli esseri umani.
Il film di c i sto per parlare, invece, appartiene alla categoria del Melodramma raffreddtao", quello cui va ascritto il troppo criticato (Dopo il Leone d'Oro a venezia)"Michael Collins". Venganoe esplorate vicende sociali o personali, resta l'impressione di una passione (in) seguita senza "Avvicinarsi troppo", mantenendo un elegante distacco che film come "Braveheart", per esempio, non avranno mai.
"Fine di una storia", purtroppo, parte già da un presupposto di difficile trasposizione (Uno scrittore che narra, che è asua volta un personaggio letterario(!) ed un film che è trasposizione di ciò che scrive, mediante i flashback, un qualche uso della voce fuori campo, ecc.). Ma il "Distacco", purtroppo, è solo apparente. Se sussiste una certa ironia di fondo, come quella sul detective assunto dall'amante e non dal marito, e situazioni curiose come il prete che smaschera il finto "malato", il film sceglie spesso la strada dei dialoghi mielosi, come: "Invidio quel bottone, che è sempre con te", ed anche, o soprattutto, tratta con superficialità argomenti c me la fede trovata o riacquistata, affidandosi a scene madri come quella in cui la Moore pensa che Neeson sia morto. All'inizio interessante, poi sdolcinata e dilatata, senza nessun approfondimento psicologico su temi come Dio, la diffrenza tra l'amore per l'immanenza, e quello per la trascendenza, ecc.).La musica, in altri contesti appropriata, rischia persino di
suonare un pò ridondante, ma non come gli stessi flashback ripetuti più volte, con i loro dialoghi "Letterariamente" pretenziosi.
Dopo avere visto questo film apprezzo ancor di più "Lontano dal Paradiso", che forse parte da uno spunto non originalissimo, ma che resta un eccellente ritratto di un'epoca tramite la narrazione di una vicenda personale.
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