I racconti della luna pallida d'agosto |
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Un film di Kenji Mizoguchi.
Con Machiko Kyô, Masayuki Mori, Sakae Ozawa, Mito Mitsuko, Mitsuko Mito, Kinuyo Tanaka.
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Titolo originale Ugetsu monogatari.
Drammatico,
b/n
durata 96 min.
- Giappone 1953.
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La storia di un pacato vasaio e un futuro samurai.di Great StevenFeedback: 70013 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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sabato 21 novembre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
I RACCONTI DELLA LUNA PALLIDA D'AGOSTO (GIAP, 1953) diretto da KENJI MIZOGUCHI. Interpretato da MASAYUKI MORI, MACHIKO KYO, KINUYO TAKANA, EITARO OZAWA
Giappone, fine del sedicesimo secolo: a causa dell’arrivo di un’orda di feroci guerrieri assetati di sangue e desiderosi di spargere razzie un po’ dappertutto, due fratelli (uno stimato vasaio e lo scemo del villaggio che sogna di diventare un samurai) sono costretti ad abbandonare le proprie case e, insieme alle mogli e ai figli, fuggono in cerca di un riparo dalla guerra. Attraversando un fiume, vengono però a sapere da un moribondo pescatore che le sue acque sono infestate dai pirati, così i due uomini convincono le consorti a rimanere a terra per evitare di incappare in pericoli più gravi, mentre loro proseguono la navigazione. Il vasaio, vendendo la propria bellissima merce ad un mercato rionale, incontra un’affascinante acquirente: una ricca ragazza proveniente da una famiglia benestante che in breve volger di tempo ne fa il suo amante e lo ospita nella sua sontuosa villa. Quanto all’altro fratello, riesce a farsi ammettere in un plotone militare di samurai facendo credere a tutti che ha ucciso un generale nemico (che in realtà era soltanto un soldato semplice), ma la realizzazione del suo sogno incontra ben prestò un amaro cambiamento quando viene a sapere che la compagna è diventata una prostituta. Infine, il vasaio si ricorda della sua vera famiglia e rivela la verità alla donna ricca che lo ospita, per tornare in conclusione dalla moglie e dal figlio e riprendere con loro la vecchia esistenza. Premiato col Leone d’Argento al Festival di Venezia 1953, è un superbo capolavoro di pathos, tensione, denuncia dei mali causati dall’uomo e conoscenza profonda dei moventi che lo animano, nel quale tutti questi elementi sono perfettamente amalgamati per fornire agli spettatori una storia avvincente ricca di colpi di scena tutt’altro che assurdi e piazzati male, che fa al tempo stesso riflettere ed emozionare, rispettivamente per la complessità del sottotesto introspettivo/psicologico e per il coordinamento di un’azione sapientemente congegnata e gestita con molta intelligenza. Mizoguchi è considerato non solo il più grande regista della sua nazione, ma addirittura uno dei più illustri ed eccelsi professionisti del cinema mondiale, e questo titolo gli spetta con ogni sorta di merito, perché da uno che è capace di trasformare un semplice artigiano dei vasi in un eroe popolare che si eleva, tramite i propri comportamenti e le proprie decisioni, a giudice di un periodo storico che muove una perspicace polemica contro i conflitti e la società feudale. Alla base del film ci sono due racconti tratti da una raccolta di novelle tradizionali, nelle quali il sentimento nei confronti del feudalesimo e della guerra è assolutamente identico a quello che mostrano le immagini audiovisive di quest’opera monumentale che, pur non risparmiando nessuno fra coloro che di mestiere diffondono la cattiveria, non manca di aprire una rosea speranza per un futuro dove le donne e gli uomini taglieggiati e perseguitati possano coesistere in pace come onesti lavoratori e capifamiglia assennati e tranquilli. Un bianco e nero di sublime suggestione. Mai doppiato in italiano, lo si può reperire in DVD con i sottotitoli nella nostra lingua. Il che non fa che aggiungere suggestione e magica delicatezza alla sua aura di magnificenza e splendore. Nominato agli Oscar 1956 per i migliori costumi. Avrebbe senz’altro meritato anche una candidatura come migliore film straniero.
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