
Anno | 2025 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 81 minuti |
Regia di | Pippo Delbono |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 13 agosto 2025
Il film racconta la storia straordinaria e reale di Bobò, un uomo sordomuto, analfabeta e microcefalo che ha vissuto per 46 anni nel manicomio di Aversa.
CONSIGLIATO SÌ
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Omaggio di Pippo Delbono all'amico e collaboratore Vincenzo Cannavacciuolo, in arte Bobò, che fu un artista presente in tanti dei suoi spettacoli teatrali. Dagli albori del loro rapporto, quando Delbono nel 1995 lo incontrò per la prima volta nel manicomio di Aversa dove aveva trascorso decenni, e attraversando poi un numero smisurato di esperienze condivise sul palco preziosamente catturate nei tanti materiali d'archivio, si delinea una comunicazione atipica ma profondamente affettuosa, e un riconoscimento delle qualità uniche di un performer come pochi altri: "sordomuto, microcefalo e analfabeta", ma capace di incantare tra danza e recitazione.
Commovente in modo essenziale, senza fronzoli, il documentario più recente della filmografia di Pippo Delbono va a costituire un epitaffio e insieme una celebrazione di un amico che è stato parte integrante della prolifica produzione teatrale del regista.
"Tu di là, io di qua" ripete Delbono nella narrazione che accompagna le immagini, come a sottolineare più volte la fisicità della loro vicinanza, il supporto reciproco, quella sacra alleanza che nasce dal condividere un palco. A Bobò si rivolge spesso in prima persona, lamentandone la mancanza dopo che l'uomo si è spento all'età di 83 anni nel 2019. Ma fornisce anche il contesto e la storia di come tutto è cominciato, e di come si è trovato a frequentare il manicomio di Aversa in cui avvenne l'incontro, nonché del suo percorso personale e delle battaglie con la depressione. Su un impianto semplice e lineare, perlopiù costituito dalle immagini di repertorio dei tanti spettacoli, e cucito assieme dalle belle musiche originali di Enzo Avitabile, Delbono sa evocare attraverso la voce l'impressione per lo spettatore di entrare in una dinamica privata, e in una comunione artistica di cui poco è conosciuto. Allo stesso modo - nei passaggi più intimisti e attraverso immagini di Bobò girate non sulla scena ma nei momenti di corollario - offre uno spunto di riflessione indiretta sulla vita nei manicomi, sull'eredità di Basaglia, e sulla meraviglia delle menti e dell'umanità che possono regalare magia lontano dalle costrizioni.