
Titolo internazionale | See You Friday, Robinson |
Anno | 2022 |
Genere | Documentario |
Produzione | Francia, Svizzera, Iran, Libano |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Mitra Farahani |
Attori | Jean-Luc Godard, Ebrahim Golestan . |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 20 giugno 2024
Un'incredibile corrispondenza tra Jean-Luc Godard e Ebrahim Golestan.
CONSIGLIATO SÌ
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Ebrahim Golestan, pioniere del cinema iraniano e poeta e Jean-Luc Godard nume tutelare della Nouvelle Vague non si sono mai incontrati di persona. Hanno però avviato una corrispondenza che, ogni venerdì, li vedeva scambiarsi un messaggio via email. L'uno dalla sua lussuosa magione nel Sussex e l'altro dalla sua casa a Rolle nel Canton Vaud in Svizzera. Il film testimonia questo incontro a distanza entrando nelle vite di entrambi.
À vendredi, Robinson racconta il non sempre facile rapporto epistolare tra due personalità del mondo del cinema.
Per chi non lo conoscesse Ebrahim Golestan è stato il primo traduttore delle opere di Ernest Hemingway in farsi, membro del Partito Comunista e regista di documentari uno dei quali, Un incendio del 1961, ricevette una menzione alla Mostra del Cinema di Venezia. Dal 1975 si è trasferito nel Sussex dedicandosi alla scrittura. Jean-Luc Godard non ha bisogno di presentazioni.
Si tratta di due intellettuali il cui rapporto con il cinema (e non solo perché si potrebbe dire con la vita) è stato molto diverso senza però impedire loro la curiosità nei confronti dell'altro da sé. La regista e pittrice Mitra Farahani, che ha conosciuto anche la detenzione in un carcere iraniano, ha favorito questo incontro a distanza filmandolo con la giusta discrezione, attenta però ad assecondare i due diversi approcci all'arte dei soggetti (comunque non facili) posti sotto la lente di ingrandimento della telecamera.
Il suo sguardo esplora, ancor prima delle due personalità, le due 'isole' in cui questi novelli Robinson Crusoe vivono e da cui ogni Venerdì (ulteriore autoironico riferimento al romanzo di Defoe) si inviano messaggi. Golestani vive in una stupenda villa di cui Farahani sa cogliere la sontuosità ma anche la quotidianità (si veda la scena con la moglie in cucina) mentre Godard abita in una casa senza particolari pretese.
Per entrambi ci viene mostrato il progredire dell'età con le inevitabili conseguenze (Godard morirà a 92 anni e Golestani a quasi 101). Le loro sono riflessioni sul senso della vita e sul cinema che la regista ci propone sia aderendo allo sguardo del documentarista poetico e puro (Golestani) sia a quella del conoscitore e manipolatore di linguaggi (Godard).
Abbiamo così uno scambio non solo sul versante epistolare ma anche su quello della concezione della Settima arte. Ognuno dei due resta se stesso (non potrebbe essere diversamente) mentre tenta lo scambio con l'altro. I loro messaggi in bottiglia sono estremamente differenti.
Godard non smette di essere JLG neanche per un istante divertendosi a spiazzare continuamente l'interlocutore con pensieri criptici che l'altro non ha alcun timore a definire di fatto non decodificabili. Farahani però riesce a cogliere un'intimità inedita di quest'uomo la cui fama di personalità della cultura tendente all'autocompiacimento lo ha reso nell'immaginario collettivo quasi impossibilitato a slanci che potremmo definire, utilizzando un termine che lui rifiuterebbe, 'sentimentali'. Lo si osservi mentre, durante un'uscita da casa, trova un gatto con il quale si mette a giocare. Il sorriso ironico che lo contraddistinguerà quando nel finale risponderà, non rispondendo, a una domanda di Golestani qui si scioglie per acquisire una valenza diversa.
Dall'altro lato abbiamo un intellettuale che non ha smesso di vivere appieno, nella misura del possibile, la vita. Magari con qualche punta di maschilismo che però non nasconde in maniera ipocrita. La Farahani regista 'dipinge' due caratteri proponendoli da una prospettiva decisamente originale.